† Disclaimers: D.Gray-Man © Katsura Hoshino. Questa
Fan Fiction è
stata scritta per puro diletto, senza alcun scopo di lucro. Nessuna
violazione
di © è dunque intesa.
†
Name:
Last
Kiss
†
Author:
Sorina_SA
† Characters: Tyki Mikk, Allen Walker,
Un Po’ Tutti
† Paring: Tyki/Allen
† Rating: Arancione
† Type: One Shot
†
Warning: Yaoi,
OOC, Alternative Universe
†
Notes: Mentre
scrivevo ho ascoltato
‘Homunculus’(©Ooshima Michiru),
l’OST di Full
Metal Alchemist. Vi consiglio caldamente di
metterla in sottofondo :3
Sono partita con
l’idea di creare una Fic dal tono serio...Lo ammetto, il
risultato non è
esattamente ciò che mi sono imposta. Prendetela
così come viene, vi do il
consenso di considerarla una no sense comica che
lascia piuttosto ad
intendere o_ò
E scusate se sarà troppo smielata D:
Tra un paragrafo e l’altro ci saranno tre
tipi di avvertimenti:
***
E’
trascorsa un’ora o più, ma meno di un giorno;
~~~
Sono avvenimenti che vanno in contemporanea o
quasi;
>>>
E’ passato un giorno o
più.
† Dedicate
to: A
Black_Eyeliner.
Semplicemente
perché ha fatto una recensione meravigliosa a Hatred,
Love, Desire...Grazie di cuore, donna :D
Comunque sia, spero
che tu possa apprezzare anche questo mio lavoro, seppur ben differente,
umile e
‘leggero’ dell’altro...
Auguro a te ed a
tutti:
Last
Kiss
Ti
amo.
[ Sotto
quel cielo
stellato si abbracciano.
Lei sussurra. “Non m’importa
dell’opinione degl’altri...
Noi continueremo a stare insieme.” ]
Ti
amo.
[ “Non
lasciarmi...”
Lei singhiozza, si aggrappa alla sua maglia. ]
Ti
amo.
[ Si
amano.
I sospiri languidi.
Fanno rumore i loro cuori.
Lei ha la voce spezzata.
“...I-io...Ti...Appartengo...” ]
Ti
amo...
[ Lei
guarda lontano.
“...Io...Ho
preso la mia decisione.” ]
Ti...
amo...
[ “...No...N-no...!
F-fermati...!”
Il coltello le perfora la cassa toracica, schizza ovunque di sangue.
Sulla lama sporca si scorge un breve riflesso d’argento
candido... ]
Ti...
a... mo...
Lo
amavo.
Affollava ogni mio pensiero, riempiva ogni mio gesto, per me non
esisteva altro che lui.
Lo amavo tanto da non poter respirare, tanto da sentirmi morire...
Signori,
signore, signorine...
Il
mio nome è Tyki Mikk.
Sono
qualcuno, un semplice nessuno.
Vi
racconterò una storia di cui sono protagonista.
mi
è solo permesso rivivere ricordi,
correre
fra le catene della memoria...
Una
memoria forse ormai corrosa anche per colpa loro,
di
quegl'uomini dalle menti pigre,
che
celano le grandi ali e
la
coda acuminata sotto vesti immacolate.
Mi
donano ambrosia che mi permette di sognare.
...E
di fare gli incubi più orribili.
con
aria mesta mi racconta cose vicine e lontane...
Ne
ridiamo, ne rimpiangiamo,
ne
piangiamo...
O
almeno, lui piange sempre.
Allora
gli carezzo la testa,
le
mie dita s'impigliano in fil di fiamma aggrovigliati.
E
ha pianto ancora.
Berrò
di nuovo questa fiele divina,
lascerò
che i ricordi prendano il sopravvento...
Verità
o no, è tutto ciò che so.
Io
ero il capo infermiere nell’istituto Dark Religious...
Che
tedio.
Facendo
a mio modo
parte del corpo insegnanti, quella mattina avrei dovuto essere in
palestra a
sorbirmi, con tutti gli altri, il discorso di benvenuto del preside ai
neo
arrivati...Tuttavia trovo decisamente più fruttuoso starmene
in infermeria a
leggere, sorseggiando una tazza di caffè fumante in completa
pace.
In conseguenza di ciò,
quotidiano sottobraccio ed espresso in mano, dalla sala insegnanti mi
accingo a
raggiungere la mia meta.
Ecco che varcando
l’entrata, mi ritrovo Lavi Bookman, chiassoso e saltellante
come suo solito.
Poso la tazza e il
giornale sulla mia scrivania, e percependo i primordi di una forte
emicrania,
infilo le dita fra i capelli. Sospiro. “Avanti, cosa ti sei
fatto stavolta?” M’impegno
di tutto cuore a far risultare il mio tono di voce sommamente
esoso. “Lo
scorso anno l’ho passato a curare le tue contusioni ed
ammaccature, facendoti
assumere quantità industriali di aspirine e sedativi. Mi hai
fatto penare più
di chiunque altro.
Dunque...Non credi che
presentarti qui il primo giorno di scuola sia particolarmente audace?”
“Se
con il tuo vicino
di banco fai a gara a chi riesce a tenere il maggiore numero di gomme
in bocca,
mi pare il minimo rischiare di strozzarsi. Ne
convieni?”
E comunque non sono
qui per me, ma per lui.” Si fa da parte,
e sul lettino dietro vedo steso
alla meno peggio un ragazzino.
Torna in palestra.
Penserò io a lui.”
Allungo una mano per
spostargli la lunga frangia di capelli innaturalmente bianchi che gli
celano il
viso. L’atipica luminosità della pelle lo fa
sembrare un dipinto ad olio...Il
ritratto Romantico di un fanciullo assopito, due petali di magnolia a
comporre
le labbra schiuse, e lunghi drappi di pregiata seta come ciglia,
così
aggraziato e così puro da sembrare una divinità
minore...
A sciancare un po’
questa immagine è una fine cicatrice rossa sulla fronte.
Posiziono la seggiola
lì accanto e sto a scrutarlo. Lo pungolo con un dito.
“Ehi, tu. Sei morto?”
Incomincio a scrollarlo un po’. Stupidamente, mi piego su di
lui per sentire se
respira.
Dopo quelli che mi
appaiono come minuti interi, si separa dalle mie labbra quanto basta
per
riuscire a guardarmi, permettendomi di affondare in quei grandi specchi
d’acqua
argentati.
Sorride – con quella
che avrei definito voluttà –
e dice “Non ti ricordi di me?”
Mi
ero laureato con il massimo dei voti alla facoltà di
medicina di Tokyo.
Pur
potendo accedere a cariche più elevate, feci richiesta di
assunzione come
infermiere in vari licei, lontano dal Kanto.
La
siringa in mano,
sto per somministrare l'anestetico ad un paziente ed improvvisamente si
sente
un fracasso assordante provenire dall’esterno.
Sporgendomi dalla
finestra del secondo piano, di fronte ai cassonetti
dell’immondizia travolti,
avvisto qualcuno – una bambina, penso – accasciato
a terra, un monociclo e
qualche pallina colorata intorno.
Fra i mormorii e la
curiosità collettiva dei passanti, mi faccio largo.
“Sono un medico, fate
passare. Per favore, spostatevi.” Con cautela, prendo in
braccio la bambina
priva di sensi e la porto all’interno della clinica. Avendo
il consenso del
responsabile, la faccio stendere sul divano del suo studio mentre lui
continua
ad occuparsi degl’altri pazienti.
Un’ora dopo la bambina
si risveglia mugugnando. Si tasta la fronte e ritrae immediatamente la
mano. “Ahi...”
Tiene la testa china,
i capelli opalescenti cadono a cortina sulla faccia, ma non abbastanza
da
offuscare il rossore d’imbarazzo.
“...G-Grazie...” Fruscia.
“Non dovresti
nasconderti con la frangia...Sei molto bella, sai?”
Disse
che da quel giorno non fece altro che pensare a me, che
soffrì alla notizia del
mio abbandono al lavoro di aiuto dentista ed al mio repentino
trasferimento.
Coi
mezzi a sua disposizione fece in modo di scoprire il nuovo impiego che
mi ero
trovato, e da quel momento cominciò a studiare quattordici
ore al giorno pur di
entrare in questo liceo, uno dei più prestigiosi del
Giappone.
Sono
rimasto senza
parole. Mi limito a fissarlo, piacevolmente sorpreso.
Sussulto appena quando
si avvicina di nuovo alla mia bocca, il fumo della sigaretta ancora
accesa
salire ad accompagnare le sue parole.
Allen
Walker, il nome di colui che avevo scambiato per una bambina qualche
anno
prima.
Dichiarò
di amarmi.
Non
mi conosceva, quello che sapeva di me erano solo dati alla rinfusa.
Non
gli avrei dovuto credere, avrei dovuto impedire una cosa del genere.
Eppure,
allora, ne fui solo contento.
Guarda
per l’ennesima volta l’orologio da polso e sbuffa
scocciato.
Seduto al suo posto, torna ad ascoltare pigramente il cianciare del
professor
Wenham che farnetica sul sacro e profano della geometria analitica.
Sbuffa ancora.
La sedia si rovescia assieme a lui mentre si accascia a terra.
“Professore...!
Walker! Walker è svenuto...!”
***
Compilo
il documento di richiesta di spedizione dei medicinali e di altre
cose confacenti, sperando che non vi fossero ritardi.
Non poche volte ho dovuto tollerare le lamentele –
interpretabili anche come logorroici
deliri – di Bookman, privato di
un’aspirina o di una fasciatura
adatta...Un’esperienza che preferirei non ripetere.
Anche se un degeneramento dell’incolumità di
Bookman l’avrei considerata una necessaria
fatalità.
...Con tutto rispetto, ovviamente.
“...Sir Mikkkkkk~! Dorme sul
lavoro??”
“...Al--...Walker...!
...Cos’ha...?”
Spero che non si sia accorto della nota di panico che mi percorre la
voce,
ne’ delle mie pupille irregolarmente dilatate, mentre lo vado
a prendere per
adagiarlo su uno dei lettini.
Poso la mano sulla fronte di Allen, passando poi al polso.
“Adesso vai.”
...A proposito, prima parlava da solo! Parlava di me, oltretutto! Se ha
qualcosa
da riferirmi, me lo dica in facc--...”
Farfuglia. “...M-mi...Scusi...”
Fa un mezzo inchino e se ne va velocemente.
“Allen...Allen...” Lo scuoto piano, quasi avendo
paura che si spezzi davanti ai
miei occhi. “Allen, sei...”
Lascio che la sua linguetta sfiori il contorno delle mie labbra, per
poi
infilarmela con forza nella bocca. Il bacio che ne segue, in pochi
istanti,
basta ad eccitarmi. Anche per questo, probabilmente, sono estremamente
contrariato quando non piano mi morde la lingua,
distaccandosi da me.
Mi copro la bocca con le mani. “Mi hai fatto
male...!” Biascico, stralunato
da quell’attacco
che sa
di vero e proprio terrorismo nei miei confronti.
“...Piuttosto...Hai detto delle cose davvero cattive a quel
ragazzo.”
Un’improvvisa ed impellente voglia di fumare mi stritola
all’altezza del
petto... “Lo fa apposta, è il suo hobby
torturarmi...” Mi sollevo da terra,
portandomi alla scrivania.
“Io
non penso che lo faccia apposta...Forse fa parte del suo carattere
essere
così espansivo...”
Mi
osserva. I suoi occhi di ghiaccio mi perforarono, quasi avidamente.
Scatenano la loro forza su di me, come piccoli dardi che mi carezzano,
sezionandomi
pezzo per pezzo, accuratamente, come a cercare un difetto, un pregio o
chissà
altro. Tutto questo non con petulanza, ma con ingenua
curiosità.
Nel guardarli, mi dimentico di espirare. Mi va di traverso il fumo.
Comincio a tossire.
“Quindi...E’ da tre anni che viene qui...”
Perché tu gli piaci.”
Che stupidaggine.
Nella mia testa scarto di netto quell’eventualità.
“Anche se fosse, meglio così. Non verrà
più a scocciarmi.”
...Altrimenti ti lascerò.
Non voglio avere a che fare coi cocciuti impertinenti.”
Allen si alza, facendo per andarsene.
Quello che sta accadendo in quel momento è impossibile...
“Non puoi farlo...! Non...Non è
giusto...!”
Capisce che non so che rispondere, e continua. “Prova a
ragionare a mente
fredda. Mi darai ragione.”
E, Tyki...Per nessuna ragione al mondo ti lascerei...
Se dovessimo dividerci...
...Sarai tu ad andartene. Non
dimenticarlo.”
>>>
Canestro.
“Uriyaa~!” Lavi solleva le
braccia in segno di vittoria e batte il
cinque ad un compagno di squadra.
Va a prendersi da bere a bordo campo, dove un annoiato Yu Kanda,
appoggiato
alla rete, osserva indolente la palla rimbalzare.
“Yu, vieni a giocare! Guarda che è
divertente!”
Dall’altro lato del campo, Tyki Mikk gli sta chiaramente
facendo cenno di
avvicinarsi.
Cosa...? Perché è qui?!
Ed a passo tentennante, rasente all’esagitato,
si dirige verso l'uomo.
~~~
Adesso
siamo faccia a faccia.
Prendo un lungo respiro. “...Bookman...”
Comincio a dire,
decisamente a disagio.
“...No, non così orribile...”
Ah,
Allen mi aspetta in infermeria...
“...Scusami, devo andare. Me lo dirai la prossima volta,
ok?” Faccio un
cenno di saluto frettoloso e, sollevato, cammino in direzione della
scuola.
~~~
Lavi
restituisce l’arrivederci con foga, ma ormai il signor Mikk
si è
girato.
Guarda le sue spalle allontanarsi.
Il vento spira per un attimo.
Un mormorio fievole.
Passavamo
molto tempo insieme.
Parlavamo di tante cose.
Stavo bene con lui.
A scuola la nostra relazione, naturalmente, era nascosta, ma chiunque
non poté
far a meno di notare che il primino Allen Walker si infortunava spesso,
superando persino i gloriosi annali di Bookman.
Apro
la vetrata che dà
sul giardino. Un sole piacevole ed una fragranza di rose si fanno
strada fino
alla camera.
Come se io non l’abbia
intuito fin dall’inizio. Ma va bene così, mia
piace vedere quella sua
espressione contrariata, minacciosa quanto quella di un micino
arruffato.
Facevamo
spesso l’amore.
In
quei momenti raggiungevo l’apice della felicità.
“Brutta
storia, Mikk.”
Cross si accomoda sull'intera metà della scrivania, fosco,
l’odore della sua Davidoff
Magnum spargersi all'istante.
“Sono affari anche
miei, Mikk.” Schiaccia il mozzicone nell’oggetto
offertogli, tirando su col
naso. “Come dovrei reagire se mi dedicasse simili attenzioni,
se non con
l’omicidio? Sarebbe legittima difesa, ma troppi cavilli
legali mi farebbero
sicuramente finire al fresco.”
Certe volte mi sembra
di vivere in un estenuante ed avariato film di
serie C. Una
raccapricciante versione di Arancia Meccanica alla
Happy Days, penso.
E quella conversazione
sta prendendo una piega azzardata. Riprendo la
penna in mano e continuo
a firmare fascicoli. “Sì.”
Stringo il pugno.
Sento le unghie conficcarsi nel palmo dolorosamente.
Che
rabbia...
E
quel sentimento si
placa al tocco delicato ed inconfondibile delle sue
braccia attorno a
me. Quel dolce profumo propagarsi nell’aria, dissolvendo
totalmente i rimasugli
di Davidoff Magnum...
“Oggi non fingi di
essere morto?”
“Hai origliato, vero?”
Sorrido.
Sono
certo che non si
rende conto di quanto è bello...
“Ho
avuto tante
relazioni e ho fatto tante promesse di poco conto, tutto qui.”
“La prima persona con
cui sei stato te la ricordi?”
Poi si calma, tornando
ad assopirsi.
[
...se me la...ricordo...? ]
“...La
prima...Era una
ragazza che amavo molto. Pensavo che fosse così anche per
lei...Ma mi tradì.”
Salgo sul letto, la mia mano che va a stimolare la sua erezione recinta
da
crudele stoffa.
La sua bocca sericea
recrimina altri baci, ansante.
Ma mi stacco quasi
subito da lui con un suono umido. “...Poi ho iniziato a
passare da una
relazione all’altra, senza dar peso a nulla. Pensandoci ora,
mi sento
ridicolo...Avrei voluto dimenticarla, ma inconsciamente...Ho sempre
cercato lei
in altre donne...Però, adesso...”
“S-ai...” Diminuisco
il vigore della mia mano per lasciarlo parlare.
“...A-anch’io ho amato una
ragazza. La conobbi...Nel periodo in cui studiavo ore ed ore al giorno
per
trovarti...Mi stavo quasi arrendendo, avevo iniziato a pensare che
quello
sforzo fosse del tutto inutile...
Comparve lei, come una
luce, una nuova speranza. Più tardi persi di vista il mio
obiettivo
originale...Mi ero...Innamorato di lei.
Era davvero
bella...Aveva proprio i capelli neri come i tuoi...” Aggiunge
pensieroso,
attorcigliando le dita nei miei capelli.
“...Ed era una bugiarda.”
Sfila la mano. “Io la feci finita.
Il suo tradimento
incrementò il mio desiderio di trovarti.”
Lei
non c’è più.”
Sorride, quasi beffardo. “Non fare quella faccia dispiaciuta.
E’ meglio
così...” Sposta le mie mani, immobili da un pezzo,
e mi costringe a mettermi
seduto. Gesti dettati dal desiderio e dall'urgenza.
Si posiziona a
carponi sul lettino e piega il capo. Lappa il mio membro che adesso
tiene tra
le dita. Sfiora poco delicatamente un punto oltremodo piacevole con la
punta
della lingua. Faccio un lungo sospiro, che prende il posto di quel
gemito
ghiacciatomi in gola.
Io
non mi riconoscevo più.
Dov’era
finito il vecchio Tyki Mikk?
Il
Tyki Mikk che arricciava il naso a simili storie, il Tyki Mikk che
aveva
costantemente vissuto come gran amatore del gentil sesso, il Tyki Mikk
che
avrebbe preferito morire piuttosto che essere dipendente [ossessionato]
da un quindicenne immaturo...
Già.
Quel Tyki Mikk non esisteva più.
“Come
non puoi!?”
Prorompe Allen, stizzito. “Mi vuoi mandare a spasso da solo
per Shibuya??”
Sono molto
dispiaciuto. Spero che dalla mia espressione contrita si potesse capire
almeno
un po’...E’ l’ultima delle mie
prerogative ferirlo.
Forse qualcosa nel mio
volto o nel mio modo di muovermi lo induce a portare avanti il discorso.
Distolgo lo sguardo
dalla sua reazione, volendo chiudere il discorso.
Sto in silenzio,
finché non sento Allen chiedermi di nuovo, forse sentendosi
in obbligo.
“Come...Come si chiamava...?”
Li riabbasso.
“Road.”
...Ma
tutto questo non era destinato a durare...
“Mpf...Dai,
mi fai male...!” Allen mi dà un piccolo
pugno sulla testa.
Non smetto di
mordicchiargli il lembo di pelle del fianco. “E’
quello che meriti dopo avermi
fatto pranzare da solo...”
Imprigiono il suo
labbro inferiore, voglio assaporarlo, sentirne la morbidezza.
La sua bocca mi cerca
più vorace, vuole essere anelata, amata da quei languidi e
passionali contatti.
E il respiro si fa
scosso, manca per l’ossigeno.
Sento le nostre carni
bruciare, già scalpitare, chiedono di più,
implorano di andare oltre.
Sconsiderati, sprofondiamo
in quella dolce tentazione...
>>>
“Sedetevi.”
Nulla tradisce le
nostre reali emozioni.
Parla piano. “...Il
professor Cross ha detto di avervi visto in...In comportamenti extra
curricolari...Impropri.” Fa
un’altra lunga pausa. “...Io non credo
avesse motivo di mentire, o screzi nei vostri confronti, per cui ho
immediatamente creduto all’accaduto. Eppure, voi mi
testimoniate il contrario.
Quindi...Penso che il professor Cross abbia potuto avere un abbaglio e
aver
scambiato altri per voi. Io...La penso così.” Si
toglie gli occhiali, posandosi
l'indice e il pollice della mano libera sulle tempie. Ci guarda, ci
vuole dire
cose che la sua posizione non gli permette.
Capiamo.
“Potete andare.”
Ci
avevano visti.
Disposizioni
disciplinari attendevano le relazioni tra insegnate ed alunno...Come
pure –
ancora più gravi – tra adulto e minore.
Mentimmo.
Fino
a quel momento è
stato ad occhi spalancati ad ascoltarmi, proibendo a quei bagliori di
tramutarsi in lacrime.
“No, NO! Non
voglio!” Si solleva dal divano di scatto,
rabbiosamente, con l’intenzione
di raggiungere l’uscio di casa.
Si lascia abbracciare
tremante. Lo stringo con forza. Ma allento subito la stretta, avendo
paura di
fargli male.
“...Per favore...”
E' la mia ultima preghiera.
Inevitabilmente.
Io gli carezzo la
testa, fino a quando le sue piccole spalle non smettono di scuotersi.
Sforzandosi, arpionando
la mia camicia con quel velo di disperazione, lo sguardo umido colmo di
muta
implorazione, pronuncia col fiato spezzato “...Sì...”
Qualche
settimana trascorse in questo modo.
Ci
sentivamo per telefono.
«
...tuu...tuu...tuu
...Pronto? »
...Sigh... »
...Mi
manchi...
»
...La
disfatta attendeva dietro l’angolo...
“...Soia...Presa.
Bambù...Preso.
Gamberetti già puliti...Presi.
Soba...Soba, soba...” Spinge il suo
carrellino in direzione della
sezione farina.
“La preferita di Tyki è la Sarashina...”
Dice tra se’ e se’,
esaminando la lista della spesa e tornando a guardare sugli scaffali.
Ah,
eccola.
Allunga
la mano per prenderli. Peccato che c’è qualcuno
che ha la medesima
idea.
Viene battuto sul tempo. “Ehi!” Fa, oltraggiato.
“Li ho visti prima io!”
“Sappi che sono minorenne...E che di solito porto gli
occhiali!”
Fortunatamente, qualcuno gli ruba dalla mano quell'arma improbabile.
“Yu,
ti metti addirittura a litigare per della soba?” Il nuovo
arrivato si stupisce
di constatare chi è l’altro litigante.
“Oh, guarda chi c’è! Germoglio
Di
Soia!”
Pare non turbarlo avere addosso lo sguardo assassino
del ragazzo in
questione. “Vero, Yu chan?” Gli chiede conferma,
con tutta l'innocenza
fattibile e sfacciata di questo mondo.
Nelle occasioni in cui abbiamo avuto a che fare purtroppo non eri
cosciente...”
“Yu! Che ne dici di andare a casa di Allen?”
Allora,
Yuuu? Che ne dici?”
Rifiuto.”
Quella
soba sarebbe per Tyki...Vabbè...
Scorreva
il tempo...
“...Signor
Mikk!
Quanto tempo...” Sorpreso, mi viene incontro. China il capo
educatamente. “E’
da tempo che non vengo più a disturbarla in
infermeria!” Fa una breve risata di
circostanza.
Quella sera si svolge
la tipica festa di mezza estate del quartiere. Fra tanta gente e
divertimento,
sarebbe stato più che normale che uno spensierato Allen
Walker s'imbattesse in
un incurante Tyki Mikk, no? E tutto ciò fatto alla luce del
sole, per cui non
si sarebbe potuto sospettare nulla.
O almeno, lo speriamo.
Procediamo tra la
calca di gente, Allen che mi guida.
Lo osservo
attentamente, standogli dietro. Indossa uno yukata di una delicata
tonalità
cerulea, ammorbidita ulteriormente dagli smorzati bagliori delle
lanterne di
carta rossa appese ai chioschi. La cintura e gli estremi della veste
fanno
sfoggio di una fantasia impalpabile che fa chiaramente richiamo
all’infrangersi
delle onde scosse dalla brezza marina.
L’abito non lascia
scoperto che il collo d’avorio e uno spicchio di petto
glabro, ma l’aderenza su
quelle forme sinuose mi inducono a desiderare di affogare
in quelle
pieghe di dolce tormenta...
Il
mio senso di
autocontrollo ne sta veramente risentendo.
Nelle mie più rosee
aspettative, non ho previsto lui.
Di corsa –
sorprendentemente agile seppur vestendo quello yukata verde dai vivaci
ghirigori – salta
addosso ad Allen, cosa
che mi lascia basito. Quando si sono conosciuti quei due? Riflettendo
in
fretta, concludo che sia accaduto nei giorni in cui è stato
prestabilito il
nostro ‘sorvegliamento’...
“Be’,
andiamo prima a
prendere da mangiare, no?”
A rinvigorire la
falsità della sua affermazione è un cupo
« gurgleee » che pare
sorprendere nessuno. Si stringe lo stomaco,
interdetto.
Bookman ride. “Okeeey...Visto
che mi pare tu voglia andare a tutti i costi al kingyo sukui, ci
divideremo.
Due di noi andranno a prendere i takoyaki e ci incontriamo
qui.”
E quanto trovo inviso
il fatto che abbia sempre la risposta pronta...
E maligno,
aggiungo.
“Perfetto! Su, andiamo
signor Mikk!”
~~~
Rimangono
soli.
A disagio, Allen lo
guarda, incontrando i suoi occhi affilati. “Ehm...Allora...Andiamo...?”
Allen si accovaccia,
tirandosi ai gomiti le maniche dello yukata. Infila lentamente
l’astina con
all’estremità il piccolo cerchio di carta, la
fronte aggrottata dalla concentrazione.
E che dire, consegue a tre fallimenti. Mugugna al cielo, inviperito.
“NOO...!
...Signore, un’altra per favore!!”
Un fruscio alle sue
spalle gli ricorda la presenza di Kanda, totalmente rimossa.
“Una partita.” Lo
sente dire al signore al bancone.
E questo gli fa alzare
la testa. Ma non ha ‘detto’ di non voler
giocare?
Allen borbotta, ma
ubbidisce.
Si rannicchia anche
Kanda, e prima che l’altro possa capacitarsene, pesca un
pesciolino che fa
scivolare nel proprio secchiello.
“Presta molta attenzione,
non te lo ripeterò una seconda volta.” La voce
bassa, per non assordarlo,
incrementa quella sensazione di imbarazzo... “E’
una questione di velocità. Non
puoi infilare così lentamente l’astina
nell’acqua, la carta si scioglie prima.
E non usare così tanta forza, spaventi maggiormente i pesci.
Bisogna far piano.
Guarda...” La sua mano guida quella di Allen a raccogliere un
pesciolino. Con
tale scioltezza da farlo sembrare semplice.
“Prova.” Si discosta
da lui.
E ce la fa. “...Oddio...”
E guarda sbigottito il pesciolino appena pescato nuotare nel secchio.
Si gira
verso Kanda, ancora incredulo. “Ce l’ho
fatta...” Poi la gioia. “CE L’HO
FATTA...!” Incomincia a saltellare, noncurante
della sua ridicolaggine, tra
le risate degli astanti.
***
La
cosa si è risolta –
più o meno – nel modo più pacifico
possibile.
Fradicio, Kanda ripone
il borsellino smagrito dopo aver rimborsato l’uomo del kingyo
sukui, alternando
i propri passi ad un “Tsk!”
inasprito.
~~~
“Eccociii~!
Scusate il ritardo!” Schiamazza Bookman.
Si
è fermato
praticamente ad ogni bancarella, declamando il
capriccio del momento.
Non ho potuto
protestare...Avrebbe continuato ad assillarmi tutta la serata...E non
ci
tenevo.
Le braccia di Bookman
e le mie sono colme di cibo ed articoli inutili.
I miei soldi?
Volatilizzati.
Chi
guarda? Seguo
i suoi occhi.
...L’amico di Bookman?
“Walker...Tieni...”
Non capisco...
...A
scuola scorgerlo era ormai impossibile.
Era
come se si nascondesse, come se non volesse vedermi...
“Ma
non ti piace la
tua classe? Non ti ho mai visto parlare con nessun altro a parte me e
Yu...”
Lavi ruba un gamberetto soffritto dall’obento-container
dell’albino.
Kanda gli scaglia un
pezzo di ravanello al vapore. Va a colpire la recinzione metallica che
circonda
il terrazzo, dopo che Lavi l’ha schivato.
“YU! Devi piantarla
con la tua mania di lanciare ortaggi alla gente! Non sta bene!”
“Meglio senza.”
...La
sua voce per telefono diventava sempre più scostante.
Le
cose da dirci si erano ridotte a lunghi silenzi imbarazzati...
«
...tuu...tuu...tuu...
...Pronto? »
>>>
Deambulo
in strada,
guardo una vetrina di tanto in tanto. Cerco ispirazione, pondero
espedienti,
adocchio regali fattibili. Solo perché voglio supplire
all’annullamento del mio
appuntamento con Allen. Mi è dispiaciuto infinitamente, e
voglio rimediare,
certamente anche lui sarà triste...
Mi indirizzo,
rinfrancato, in direzione del negozio di alimentari.
...
...Cazzo.
Che cosa avrei
cucinato? Mm...Mitarashi dango sicuro. Per primo,
invece...
E’ la voce di Bookman.
Il mio istinto di sopravvivenza mi porta a nascondermi dietro lo
scaffale.
Però, oltre alla sua, sento la voce di...
Stringo il manico del
cestello, convulsamente.
Allen...Perché mi
ha mentito?
>>>
«
...tuu...tuu...tuu
...Pronto? »
...Le
miei paure si avveravano una ad una...
E’
suonata la campana
del termine delle lezioni.
Corro attraverso il cortile,
faccio in tempo a fermarlo prima che varchi i cancelli. “Walker!”
Probabilmente
avrebbero fatto la strada di casa insieme...
Per un secondo ho
l'impressione che quel ragazzo mi stia osservando insistentemente. Ma a
guardarlo, annuisce, gli occhi scuri fissi su Allen che, timidamente,
sorride.
“...Va bene...Ci
vediamo tra un po’, allora...”
Silenziosamente, mi
supera. Io lo seguo.
Ho in mente solo lui,
adesso.
Lui non oppone
resistenza. Ha già intuito dove voglio portarlo.
Siamo di fronte alla
porta dell'infermeria. Apro, lui entra prima di me. Chiudo a chiave.
Cerco il
suo sguardo.
“Allen...Cosa ti sta
succedendo?”
E’... Lontano.
Con uno strattone si
scioglie dalla mia presa.
“Mi hai stufato.
Non voglio più
vederti.”
Prima
che possa
elaborare la gravità delle sue parole, seguita. “Sei
pesante. Dici e fai
le stesse cose. Non hai iniziativa, sono sempre io a chiederti di
uscire...O a
chiederti di fare l’amore. E’ assurdo che io debba
nascondermi per stare
assieme a qualcuno...Ed io non voglio stare con una persona priva di
personalità come te. Mi sono sbagliato sul tuo conto, ho
sbagliato tutto. Tu...Non
sei la persona giusta.
Tyki...
...Io
non ti amo più.”
Il
mondo mi precipitò addosso.
L’unica
certezza che credevo di avere si dissolse.
Io
non ti amo più
Io
non ti amo più
Mi
sento cedere le
gambe.
Sono stordito.
Perdo
il controllo.
Lo
abbranco per le
spalle, lo scaravento su un lettino.
Urlo. Non sento la mia
voce. Solo frastuono interminabile.
“...Tu...Tu
d-devi amarmi...! Tu mi ami...! ...Dillo...!”
Percepisco la
consistenza delle sue gracili ossa sotto i polpastrelli.
Lui piange. Ha paura?
Perché
ha paura...?
Cerca
di sottrarsi
disperatamente alla mia presa.
Perché
si comporta
così...?
Non
puoi lasciarmi,
Allen...Stammi vicino...
Io ti
amo...
“DILLO!”
Brandisco il
posacenere appoggiato lì a fianco.
Lo colpisco.
Ripetutamente.
Tonfi
duri che
assordano
[come
spari
nell’anima]
«
Whack »
dischiudono
sempre più
la vecchia ferita
[di
chi?]
« Whack »
quello
squarcio che
ancora pulsa
[la
mia
ferita]
« Whack »
e
fa male
« Whack »
fa
male
« Whack »
fa
male
« Whack »
fa
male
« Whack »
fa
male
...Se... m... pre...
«
...P-pant...Pant...Pant...
»
« Tunk »
Il mio corpo è in
preda a furiosi scossoni.
Sento il sangue
martellare violentemente nelle vene.
Il cuore sta per
scoppiarmi, mi rimbomba nelle orecchie.
Provo
a parlare.
Non ci riesco.
Riprovo.
“...A...Allen...” Un
mormorio roco, stentato.
“...Allen...” Ripeto.
Gli occhi sono chiusi,
umidi ancora di lacrime.
Si allarga una macchia
scarlatta sotto la testa, inzuppa le candide lenzuola.
...Sei morto...?”
Le sue labbra sono
tiepide.
Immobili.
Tingono
di liquido
rosso le mie.
[
...E’ cicatrice intrisa di acido per il mio errore
più
imperdonabile ]
Ero
terrorizzato.
...Non
mi avrebbe più potuto amare.
Seduto
alla mia
scrivania mi volto, percependo il suo sguardo addosso. “Ho
qualcosa di strano
in faccia?”
Un sorriso
meraviglioso.
“Tyki...Sono contento
di averti incontrato.”
Non
ricordai dove, ne’ ricordai come mi trovarono.
“Be’...A
domani a
scuola.”
Avrei voluto
accompagnarlo. Però, seppur fossero le undici passate, la
prudenza non è mai
poca...Farsi sorprendere insieme a quell’ora da conoscenti
avrebbe alimentato
le voci a dismisura...
Torno in salotto,
raccogliendo i bicchieri dal tavolino per riporli nel lavello.
Contemporaneamente suona il campanello.
Chi
può essere a
quest’ora?
Vado
ad aprire e mi si
dimezza il respiro.
Sento la mia anima
sgretolarsi addolorata a questa immagine...
Allen mi si è buttato
addosso, abbracciandomi per la vita, in lacrime. “...Ti
p-prego...Non...Non
farmi andare a casa...Stare s-senza di te è...
...Come morire...”
Ci
fu un processo.
Dallo
scranno su cui
sono chiamato come imputato, guardo le loro facce, una ad una.
Ho detto loro la
verità. Ho raccontato loro tutto, qualsiasi aspetto,
qualsiasi particolare. Il
nostro primo incontro, il nostro uscire di nascosto, il nostro amarci.
Il nostro essere
felici.
Io
amo Allen,
ho ripetuto più volte.
Poi scoppiavo a
ridere, rendendomi conto di quanto tutto ciò fosse palese.
Che
c’è da capire?
Ma
perché hanno quelle
espressioni? Perché mi guardano come se avessi fatto
qualcosa di male?
Io
amo Allen...! Io
non avrei voluto che se ne andasse...Io non volevo...Io non volevo...Non
volevo...
Venni
infine internato in un ospedale psichiatrico.
“Lasciatemi
andare da lui...!”, imploravo.
Grondo
di sudore,
impregna il camicione che ho indosso. Ho corso a lungo.
Quelle strade ormai da
troppo non le percorro più. Eppure, quelle strade, quante
volte sono state
percorse con lui? Le nostre mani strette,
camminando vicini, nascondendo
le dita intrecciate con delle buste di compere fatte...
Senza piangere, senza
fiatare, senza pensare. Qualsiasi cosa sarebbe stata superflua [vana]
in confronto alla voragine che mi squarcia il torace.
Un
dolore talmente
lancinante da sembrare un assaggio di morte.
Lo chiamo.
Via,
vai via.
Lo
chiama per nome.
Alzo lo sguardo.
E’ una suora. L’orlo
del lungo abito nero le sfiora le scarpe lucide, il velo di lino bianco
le
lascia scoperto solo il viso. Ha sì e no diciassette,
diciotto anni.
Va
via, vattene.
Sei
un'intrusa.
Va via.
“...Allen frequentava
la scuola di mio fratello, il preside Lee Komui. La famiglia di
Allen...E’ da
molti anni amica della nostra...
...Noi ci siamo
conosciuti quando ancora frequentavamo le medie.” Intravedo
con la coda
dell’occhio un sorriso melanconico. “Gli davo
ripetizioni. Diceva che voleva
entrate al Dark Religious a tutti i costi...”
E'
lei.
[
Lei
]
Traditrice.
Traditrice.
Le afferro la testa e
la sbatto contro la lapide. Senza fermarmi. Forte. Il più
dolorosamente
possibile.
Voglio
vedere il suo
cranio ridursi in schegge informi.
Traditrice.
Traditrice.
...Voglio che si
decomponga davanti ai miei occhi.
Concepisco che sono i
medici della clinica.
Grido, mi dibatto
selvaggiamente nella loro presa. Tanto da sentire ogni parte del mio
corpo
spezzarsi dolorosamente.
“TU...! TU...LURIDA
PUTTANA...! COME HAI POTUTO...!? DOVRESTI ESSERCI TU SOTTO QUATTRO
METRI DI
TERRA...!”
Nella
mia stanza imbottita, non smettevo di sognare.
“Come
ha fatto a
scappare?”
Uno dei due mi fa
aprire la bocca. “Ingoiala.” La pasticca scivola
sulla mia lingua e lui mi pone
un bicchiere d’acqua sulle labbra per farmene bere un sorso.
Riprendendo a
discorrere, mi lasciano lì seduto sullo sgabello di plastica
bianca e l’uomo
tarchiato che mi ha tenuto le braccia mentre ho preso la pillola li
segue,
serrando la porta con il codice numerico.
Passo qualche minuto
immobile. Poi, barcollante, mi sollevo e stordito mi reggo alla lattea
e liscia
parete, al lavabo d’acciaio, e mi lascio cadere sullo stretto
lettino.
Un’ultima visione di quella stanza spoglia e finalmente
sereno abbasso le
palpebre.
...
...
...
...Inspiro
profondamente e torno ansioso a controllare il suo stato.
“Allen...Allen...” Lo
scuoto piano. “Allen, sei...”
“...Mi ami...?”
E’ in piedi. Abbraccia
un ragazzo dagli scuri capelli lunghi...
“...Io adesso amo un
altro.
Tu ormai non mi servi
più.”
E
questa è la prima
fra tante.
Lasciavo
che la mia mente vagasse [mentisse],
rivoltavo il corso degli
eventi, la lasciavo rivivere ricordi fasulli, ricordi che annientassero
una
realtà crudele.
Una
realtà che calpestava. Asfissiava. Uccideva.
Coperto
dalle lenzuola
e accucciato tra le mie gambe, si appoggia al mio braccio, io la
schiena contro
la testiera del letto. Aspira con me l’aroma della sigaretta
che mi sono appena
acceso.
Sei mio, Allen...Dillo
che lo sei...”
Sì...” Sussurra piano
lui, accovacciandosi di più. “Io ti amo, Tyki.
Sarò per sempre tuo, nessuno mi
farà cambiare idea...”
...Rancore,
sdegno, mortificazione...
Vado
ad aprire la
porta di casa.
“...Sorpresa!”
E’
il gridolino di Allen dopo essermi saltato addosso.
Meravigliato,
chiudo
veloce l’uscio, lui sempre avvinghiato a me.
“Allen, potevano vederci, sta
attento!”
Apparentemente l'input
e la mia reazione non coincidono, per cui rincara. “Ahh,
l’età inizia a farsi
sentire, eh? Vecchietto!”
“Ehi,
sono un giovane uomo ancora nel fiore degli anni. Piuttosto,
dove sarebbe il mio regalo?”
Si
sfila piano il
cravattino. “Io,
no?”
Era
stata colpa di Allen.
Mi
ha preso in giro, ha giocato con me.
Ha
sempre mentito dicendo di amarmi.
“Questa
è l’ultima.”
Appoggio lo scatolone sul parquet del futuro soggiorno, dove
c’è steso Allen, a
pancia in giù, completamente stremato. “Piccolo,
ti ho detto che non c’era
bisogno che tu ti sforzassi tanto, e di lasciare a me le scatole
più pesanti.
Potevo farcela da solo. Hai pure spolverato e lavato
tutto...” Gli accarezzo la
nuca, sudata quanto la vecchia t-shirt che ha indosso.
Ho pagato solo solo il
trasporto della ditta di traslochi, per il resto ci siamo dovuti
arrangiare.
Ogni
parola,
ogni sguardo, ogni carezza, ogni
bacio...Tutte
menzogne!
Gli
ho dato quello che voleva.
Non
gli mancava nulla.
Aveva
tutto.
“Sei
sicuro? Farò
tardi...”
Io
ho te.”
Lui
voleva andarsene da me.
Mpf,
che sciocco è stato...!
Solo
io lo amavo, lo amavo per quello che era, amavo tutto di lui,
tutto.
[...anche
la sua libertà?]
...Altrimenti
chi altri poteva...?
“Dei
miei compagni di
classe mi hanno chiesto se domani vado con loro a fare un giro per
Akibahara.”
Sorride, dondolando sul lettino. “Non vedo l’ora.
Hanno detto che mi faranno
vedere un negozio dove vendono congegni di ogni sorta...”
E qualcosa dentro di
me si crepa.
“...Socializzare?” Mi
rendo conto di aver alzato la voce. “Perché mai?
Il poco tempo libero che
abbiamo è bene che lo passiamo insieme, no? Non è
il caso di dimezzarlo con
inutili uscite...”
I
suoi sospiri, i suoi gemiti, le sue labbra, il suo corpo, ogni
centimetro di
pelle...
Mi
appartenevano.
“Perché
ti comporti
così...? Non ti capisco!” Cammina veloce, quasi
marciando. Sta andando verso la
stazione per salire sul treno del ritorno, dopo la serata insieme alla
sala
giochi.
Le strade sono buie,
non c’è più nessuno. Io lo sto
seguendo, lo supero e mi paro davanti a lui.
Cerco di mantenere la calma, ma il mio tono è ringhioso.
“Cosa c’è da capire?
Forse credeva che non lo notassi, ma non ti ha tolto un attimo gli
occhi di
dosso da quando siamo entrati nella sala giochi! E quando si
è avvicinato
per...”
Sembra deluso...
“Senti, Tyki...Gli avvenimenti di oggi mia hanno
stancato...Vorrei tornare a
casa. Quando posso, ti chiamo...Devo andare, altrimenti perdo il
treno.” Mi
oltrepassa in fretta e inizia a correre.
Allen
era mio, mio soltanto.
[ Mio
]
Mio
e di nessun altro.
[ Solo
mio ]
...Mi
si irradia nelle
membra come veleno.
Lo afferro per la mano
e lo trascino nel vicolo lì affianco.
Protesta. “Che fai!?
Mollami, Tyki...!”
Lo getto con forza
contro il muro. Avverto un suo “Ahi” sommesso, vedo
i suoi occhi intimoriti
illuminati da un lampione.
[Non
mi importa]
Gli
serro i polsi, lui
continua ad agitarsi. Capisco che vuole gridare, me non può
far altro che
mugugnare. Inaspettatamente mi morde la lingua. Mi scosto. Sanguino.
Grida con tutto il
fiato che ha in gola, gli occhi gonfi. “TU SEI FUORI DI
TESTA...!”
Io? Fuori di testa...?
Io lo faccio per lui, solo per lui...Perché non capisce...?
Mi fa malissimo la
testa, intorno a me qualsiasi cosa vortica...
Gli libero un polso,
solo per sfilargli con una mano i pantaloni assieme ai boxer.
Smette di porre
resistenza, arresta quella lotta furiosa. Le mani, scosse, si serrano.
Le sue
iridi di bellezza liquida rimangono nascoste dalle sue palpebre
tremanti,
arrossate.
Sorrido perché ha
capito.
Ha
capito che lo amo.
...Ed
ora lo sarebbe stato in eterno.
mio
mio
Mi
sciacquo un’ultima
volta e prendo l’asciugamano lì appeso al muro per
frizionarmi i capelli.
“Lui era
innamorato.
Un amore contorto,
contraddittorio,
sbagliato.
Lui pensava di essere
sbagliato.
‘Non
può essere’, si
ripeteva.
Eppure era così.
La sua mente, il suo
cuore,
lo sapevano.
Il suo corpo,
lo sentiva.
...Amava
lei, sua
madre.
Lei era bellissima, di
una bellezza gravosa, che irradia tutto ciò che ha attorno.
C’è sempre stata col
suo sorriso. Un sorriso clemente, un sorriso che sembrasse poter
perdonare ogni
cosa.
Lo comprendeva
perfettamente. Era complice.
Lei
Lo
amava.
Il
loro amore non si
limitava al platonico.
Quando il padre non
era in casa, quante volte le lenzuola di quel letto matrimoniale si
erano
impregnate di sesso...
Un giorno, tornando da
scuola prima del solito, Lui sentì i sospiri di sua madre.
Sospiri che non gli appartenevano.
Lui
vide sua madre far
l’amore con un suo compagno di classe.
Lui era disperato,
soffriva, voleva morire.
‘Perchè...?’, si
struggeva.
‘Perchè...?’, il suo
corpo sudato e fremente unito a quello di lei.
Un giorno, il
telegiornale parlò dello sbandamento di
un’autovettura nel Tama, per
disfunzione anomala. Morirono un uomo e una donna.
Era l’auto di sua
madre.
Lui sapeva che lei e
il suo compagno uscivano a sua insaputa in un giorno prestabilito, il
giovedì.
Mercoledì Lui era entrato
in garage.
Lui ora viveva con il
padre.
Il padre lo ignorava,
per lui era come se non esistesse. Forse faceva finta di non sapere.
Lui passava molto
tempo con la sorellina, l’unica parente rimasta oltre al
padre. Lei era dolce
ed ingenua. Era un angelo.
Lui si innamorò di
Lei. Lei assomigliava così alla madre.
Lasciava lo stesso
odore sulle lenzuola.
Lei amava Lui.
Erano felici.
Finché lei non lo
tradì.
Lei aveva deciso di
divenire suora, donarsi a Dio, per espiare le colpe di quel amore
peccaminoso.
Lei lo aveva tradito.
Era una traditrice.
Lui la
uccise.”
Allen
mi manca, mi manca molto...
Se
potessi tornare indietro a quel giorno in infermeria,
non
aspetterei che mi baci.
Sarei
io a farlo...
Chiudo
il rubinetto
del lavabo. L’acqua rimasta scende nello scolo e lascia
dietro di se’ tracce
grumose di tintura nera.
Un sorriso lento.
Graduale.
Queste
gioie violente hanno fini violente.
Muoiono nel loro trionfo come la polvere da sparo
e il fuoco,
Che si consumano al primo bacio.
Romeo
e Giulietta, atto II, scena VI
†
Owari:
Accidenti
al Conte che
ha regalato quel posacenere letale e Tyki! xP Ed Allen è un
adolescente, è
normale che cambi idea in fretta :P (!?)
Scusate per le
infinite frasi fatte, le odio anch’io D:
E spero che a te in
particolare sia un po’ piaciuta, Black_Eyeliner :)
Alla prossima shot
x>
†
Approfondimenti&Sproloqui:
†
Signori, signore, signorine = In
nome di Senor,
Senora, Senorita di miyavi. Senza motivo;
†
Rasenshuriken
e Bankai = Due
termini che appartengono rispettivamente a Naruto(©Masashi
Kishimoto) e Bleach(©Tite
Kubo). Di quest’ultimo appartengono anche i riferimenti allo
shunpo,
alla Quarta Compagnia, a Hanataro Yamada ed ai venerabili –
da farci altari su
altari all’infinito
– Ulquiorra Schiffer, Szayel Aporro e
Grimmjow Jaegerjaques;
†
Seymour
e
Kuja =
appartengono rispettivamente a Final Fantasy X
e IX(©Square
Enix);
†
CLAMP
=
E’ rinomato che
queste quattro donne siano piuttosto ambigue ed oltre nelle loro opere;
†
Sebastian
=
Michaelis e Ciel Phantomhive,
Kuroshitsuji(©Yana Toboso). Puntata numero
!!!;
†
Uriyaa
=
E’ l’urlo di
battaglia che fa Reno di Final Fantasy VII(©Square
Enix) nell’Advent
Children;
†
Greentea Oishi = E’
una bevanda giapponese. Lo strawberry
è il migliore ♥;
†
At-Field
=
Evangelion(©GAINAX);
†
Scambio equivalente = C’è
un rimando al ‘battere le mani’ di
Edward Elric e allo ‘schioccare le dita’ di Roy
Mustang. Full
Metal Alchemist(©Hiromu Arakawa);
† Samurai
folle di D.Gray-Man = xD;
† Light =
Yagami, Death Note(©Tsugumi
Ohba&Takeshi Obata);
†
Yoite
=
Nabari(©Yuhki
Kamatani);
†
I flashback finali ovviamente non vanno in ordine. Scusate, se vi ho
confuso un po’ le idee... ;
†
Tintura = Naturalmente Tyki Mikk
non usa tinte, e non ha
assolutamente i capelli dai riflessi argentati come Allen. Ho rinnegato
la sua
stupenda e piacevolmente ondulata chioma corvina solo in funzione della
Fic.
†SS†