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Autore: Appleeatyou    10/09/2010    2 recensioni
Non puoi fare in modo che non gli capiti mai niente, dovrebbe non fare mai niente… sai che noia, povero Sergio! [Dori, tratto da Finding Nemo]
Questa storia ha partecipato all'ottava edizione dell' Original concorsi di Eylis, con la traccia "La stazione... e il Drago"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti^^
E' la prima volta che pubblico in questa sezione, quindi piacere di fare la vostra conoscenza.
Questa è una Originale che ho scritto in occasione dell'ottava edizione dell'Original concorsi indetto da Eylis sul forum di efp.
Questa volta il tema era La stazione e... il Drago. E io ho creato questa one-shot di cinquemiladuecento parole.
Ho deciso di usare la suddivisione del testo originale, in turni, perché in effetti era una storia un po' troppo lunga per essere pubblicata tutta in una sola botta. Fate conto però che sia una one-shot, infatti non tarderò ad aggiungere le parti che seguono.
Comunque, non saranno più di tre o quattro aggiornamenti^^
Con questa storia, mi sono classificata SESTA su ventisette partecipanti. Il giudzio e il banner lo inserirò nell'ultimo capitolo della storia^^
In ogni caso, spero vi piaccia^^




• Nick dell’autore: Erena[-chan]
• Titolo: Di pentimento e di partite.
• Tipologia: one-shot suddivisa. O luna mini-long fiction. Io comunque l’ho pensata come una oneshot suddivisa in momenti!
• Lunghezza: circa 5’200 parole. In tutto sono tredici pagine di storia, più una di commento.
• Genere: Drammatico, Introspettivo, Soprannaturale.

• Avvertimenti: Oneshot
• Rating: Giallo
• Credits Le prime due frasi in inglese appartengono alla canzone Because of you di Kelly Clarkson. La citazione è ripresa invece dal film di animazione Finding Nemo, e viene pronunciata dal personaggio Dori. Tutto il resto è di miaaaa proprietàààà! Gli avvenimenti qui descritti non sono davvero avvenuti.
• Età dell'autore: 18 anni
• Note dell'autore: Alla fine.
• Introduzione alla storia:
Non puoi fare in modo che non gli capiti mai niente, dovrebbe non fare mai niente… sai che noia, povero Sergio! [Dori, tratto da Finding Nemo]

 

 

Buona lettura!

 

 

 

 

 

Di pentimento e di partite.

 

 

You never thought of anyone else you just saw your pain…

[…]

Because of you I learned to play in a safe side so I don’t get hurt.

[K. Clarkson]

 

 

 

Non puoi fare in modo che non gli capiti mai niente, dovrebbe non fare mai niente… sai che noia, povero Sergio!

[Dori]

 

 

[Game is starting]

 

 

 

 

 

 

1. Prima Manches [Primo turno]

 

Era buffo che ci fosse il sole, in una giornata tanto funesta... e per Cyndia quella giornata era terribile, non sono funesta.

 

Il cielo era blu come poche volte l’aveva visto, in Scozia: un azzurro limpido, solcato da un paio di nuvolette bianche e pure come batuffoli di cotone. Faceva caldo, non caldo umido o afoso, non una pioggerellina che intrizziva le ossa, ma quel caldo piacevole che i depliant delle compagnie di viaggio assicuravano sempre per luoghi come la Florida o le Hawaii.

 

Oltretutto, la Stazione cui lei si trovava davanti non aveva nulla a che fare con la bigia struttura di Ring Scotland Cross, la stazione che collegava Iverness, capitale del distretto Highland, a tutto il resto della Scozia.

 

In verità, Cyndia ricordava solo quel particolare, e nulla più. Ma proprio niente. Niente di niente.

Ricordava il suo nome, ma solo perché doveva essere stampato a fuoco nella sua mente: tutto il resto era una nebbia nebulosa, che non sembrava diradarsi neppure di un millimetro per permetterle di vedere chi cavolo fosse questa Cyndia.

 

Perché, era pur vero che ricordava il suo nome, ma non le veniva alla mente neppure un minuscolo episodio della sua vita, né del suo carattere, né dei suoi affetti. Sarebbe potuta benissimo uscirsene con la domanda “Cyndia chi?” senza venirne a capo neppure per sbaglio. Era una sensazione assurda, quella di non sapere nulla di se stessi. Era inquietante e sinistro essere al mondo e non conoscere se stessi neppure quel grammo necessario ad immaginare il modo di reagire ad un’amnesia totale come era la sua.

 

Naturalmente qualcosa provava. Confusione, certo, e un vago senso di panico. Chissà se lei soffriva di attacchi di panico? O andava in iperventilazione? O, merda, era debole di cuore?

 

Oh, beh, particolari come quelli poteva scoprirli facilmente. Bastava aspettare e vedere se per caso veniva stroncata da un infarto alle coronarie.

Coronarie? Non si diceva un infarto al miocardio?

Sto divagando, si disse Cyndia, e ritenne di aver scoperto due cose su se stessa: era colta [o vedeva un sacco di talk show e imparava termini tecnici da lì] e tendeva a divagare. Anche se quell’ultimo particolare poteva essere benissimo un semplice sintomo di shock da oh-merda-chi-cazzo-sono.

Oh, a quanto pareva era anche una donna volgare. O pensava in maniera volgare. Forse era una Gangster, con il sigaro perennemente tra le labbra e un occhio semichiuso in un’espressione di fastidio e minaccia, come il compianto Humphrey Bogart in molti suoi film.

 

Cyndia 2 – Amnesia 0. Aveva scoperto anche di aver visto un sacco di film.

 

 Oh, beh, pazienza. Non poteva tornare indietro [c’era un muro dietro di lei, e non c’era né una finestra né una porta. Neppure chiusa. Da dove cavolo era entrata nella Stazione?], quindi non le restava che avvicinarsi al treno e sperare di trovare un biglietto nella tasca del jeans blu che indossava.

 

Cominciò a camminare a passo svelto verso il treno, accorgendosi con fastidio di avvertire un  dolore al bassoventre. Era come se le fossero venute le mestruazioni con tanto di crampi, ma non si sentiva bagnata. Le faceva solo male tra le gambe, e basta.

E poi il dolore scemava mentre si avvicinava al treno, quindi poteva essere benissimo un dolore causato da qualche posizione sbagliata che aveva assunto prima, dopo o durante il suo arrivo alla Stazione. Niente di preoccupante, insomma.

 

Si avvicinò sempre più agli archi che delimitavano le rotaie, chiedendosi vagamente perché il treno fosse così pieno. C’erano un sacco di persone che stavano facendo la fila per salire, la maggior parte in jeans e maglietta. Solo un paio erano vestiti di tutto punto, ma soprattutto c’erano anche dei soggetti vestiti in maniera piuttosto strana: c’erano due vestiti da pilota d’aereo, uno vestito da campagnolo e ben quattro in mutande.

 

Fu quello, il vedere quelle persone con addosso solo un paio di mutande che fece finalmente diradare la nebbia di shock che era calata su Cyndia. Improvvisamente fu perfettamente consapevole di essere un’estranea a se stessa, e che era totalmente sola. Ma sola sul serio.

Si fermò proprio a pochi metri dalla porta più alla destra del treno, immobile come uno stoccafisso, poi si premette una mano sulla bocca e cominciò a tremare violentemente.

 

Le veniva da vomitare e da ridere e da piangere, tutto insieme, come se il suo corpo fosse ancora più spaesato di lei e non sapesse per nulla in quale direzione reagire. Alla fine l’isteria ebbe la meglio, e Cyndia si lasciò cadere su una delle panchine alla stazione con il volto tra le mani.

Cominciò a ridere e piangere insieme, mentre l’imbuto emotivo che stava governando le sue reazioni in quel momento non accennava a ristabilizzarsi.

 

-“ Assurdo. Assurdo!”- borbottò la donna fra le lacrime, tentando di assumere un tono sprezzante alla propria voce tremula, ma il risultato che ottenne fu meno che mediocre: una specie di guaito da cane bastonato, e neppure ben articolato. Con la gola e il naso intasati dalle lacrime non riusciva a pronunciare correttamente le lettere, e il suono che le uscì fu un lamento incomprensibile.

 

Ci volle poco tempo perché Cyndia cominciasse a calmarsi, stemperando i singhiozzi disperati e strazianti in un pianto triste, ma fondamentalmente innocuo. Piangere poteva andare bene, ma ridere e piangere e strillare era una cosa… beh, da pazzi.

 

Ed era quella la più grande paura di Cyndia.

 

La parte della sua mente più crudele, quella zona maligna ed oscura della psiche che nutriva istinti suicidi e distruttivi, aveva cominciato a corroderle il resto della coscienza come un tarlo con una finestra. Come se fosse un Es privato delle sue pulsioni di vita dell’Eros, e l’energia aggressiva che era rimasta non trovasse altra valvola di sfogo che attraverso l’autodistruzione.

 

E… se fossi  impazzita?

 

Era possibile, tutto era possibile. Naturalmente pensare di essere pazza avrebbe dovuto indicare che lei non lo era… ma si poteva davvero ritenere affidabile un aforisma  creato da qualche buontempone?

 

Cyndia si asciugò le lacrime, mentre i singhiozzi non accennavano a diminuire. Ora le sembrava quasi che non si sarebbe fermata più, costretta per il resto della sua vita a singhiozzare come un’anima in pena.

 

I suoi respiri si fecero sempre più rapidi, mentre il petto le si sollevava in spasmi irregolari e lei non riusciva a calmarsi. Chiuse gli occhi, mentre due lacrime grosse e tonde le scivolavano dallo stesso occhio, quasi nascosto da tumefazioni di carne gonfie e grigiastre.

 

Prese un paio di respiri profondi –cosa non facile, dato che le sembrava di avere un mantice al posto dei polmoni- e i suoi singhiozzi disperati scemarono pian piano in un respiro concitato e singhiozzante, ma almeno abbastanza gestibile.

 

Aprì gli occhi, osservando stancamente il treno che sembrava ormai pronto a partire. La folla di gente si era diradata [Santo Cielo, c’era perfino un uomo vestito da trapezista! Certo che la gente era proprio strana.], ma le entrate al treno erano ancora intasate da qualche persona che pareva indecisa se partire o meno.

In realtà era più di una persona: Cyndia ne vide almeno sette che vagavano con aria leggermente stonata nella Stazione, ed un’altra decina -vicino alle porte del treno- che avevano fermato la lunga fila dietro di loro.  I vagabondi nella Stazione sembravano abbastanza risoluti e concentrati, anche se chiaramente spauriti, mentre coloro che si erano fermati sulle porte o vicino alle rotaie erano troppo lontani per distinguerne bene le espressioni.

 

Cyndia, per un solo fulgido istante, avvertì distintamente la convinzione di fare l’errore peggiore, salendo su quel treno. Nonostante ciò il suo corpo si mosse da solo, prima procedendo a passi incerti, poi quasi correndo; eppure, per quanto corresse, il treno si avvicinava troppo lentamente.

 

Doveva arrivare al treno, entrarvi dentro e andare da qualche parte. Da qualunque parte e a qualunque costo, col biglietto, senza biglietto o con la tariffa speciale per donne incinta…

 

La ragazza ebbe uno scatto improvviso, fermandosi quasi di botto. Cos’era quel pensiero? Ora non ricordava distintamente cosa avesse pensato, ma le sembrava qualcosa riguardo una tariffa speciale… per anziani, forse? Beh, lei vecchia non lo era, poco ma sicuro.

E neanche invalida. Oh, non poteva esserne sicura, ancora non aveva potuto vedersi allo specchio, ma data l’agilità dei suoi movimenti e –abbassò il capo per controllare- il suo seno decisamente sodo…

Ma perché non ricordava?

 

-“ Perché vuoi andare nel treno?”-

 

Ecco, era una buona domanda. Beh, per avere un punto di partenza. Per uscire da quella dannata Stazione che non aveva né entrate né uscite di emergenza, ma solo mura di pietra stile Vecchia Inghilterra…

 

Chi ha parlato?

 

Cyndia sollevò il capo come un gatto che scorge l’ultimo guizzo di una coda di topo sotto la paglia di un granaio: aveva parlato una delle così dette voci interne, quei simpatici ospiti abusivi della mente che ogni tanto parlavano e facevano domande del tutto inadeguate.

E stupide, anche. Chi diavolo poteva aver parlato? Lei stessa, chi altri? Aveva fatto una domanda retorica ad alta voce, tutto qui. Nessuno era vicino a lei, ed era troppo lontana perché un passeggero l’avesse notata e rivolto la domanda. Dietro c’era ancora il fottuto muro…

 

-“ Ho parlato io, sai?”-

 

Eh, no. Non poteva prendere in giro se stessa. Lei non aveva aperto bocca, e…

 

Cyndia girò il capo a destra, trovandosi di fronte un elemento che prima non c‘era –o che prima non aveva notato- vicino a lei.

 

Era una statua di spregevole frattura, probabilmente di pietra grezza, e raffigurava una specie di lucertola con le ali appollaiata su di un piedistallo. Il muso della lucertola era rovinato e scheggiato, e conservava ben poco delle caratteristiche dell’animale che ritraeva. Le narici erano più grosse, per esempio, e gli occhi di una lucertola erano più piccoli di…

 

-“ Lucertola? Io sono un Drago!”- replicò la statua seccamente… e le sue labbra si mossero, come se stessero davvero articolando parole!

 

Cyndia fissò con sguardo spaurito l’enorme statua, appoggiata su di una colonna alta più o meno quanto lei. Il corpo in pietra si mosse, e il brutto muso della lucert…del Drago si trovò a pochi centimetri dalla sua fronte.

 

Sentì una ventata d’aria calda sul viso, una specie di sbuffo che proveniva dalle narici della statua, e fu allora che Cyndia arretrò precipitosamente, mentre la sua bocca si spalancava per dare voce ad un urlo di terrore.

 

-“ Vuoi gridare? E grida, nessuno ti darà retta.”- borbottò il Drago, mentre il volto prima immobile si stirava per assumere un’espressione sorniona. Il Drago spalancò le lunghe ali, che a differenza di tutto il corpo apparivano come quelle dei pipistrelli e non scolpite nella roccia, e si accucciò su tutte e quattro le zampe squamose, come se fosse un gatto pronto a balzare su di un topo.

 

Vuole mangiarmi?, si chiese la ragazza atterrita, mentre un altro paio di passi la separavano dal suo orribile interlocutore.

 

-“ Mangiarti? Perché dovrei? Credi che abbia un apparato digestivo?”- le domande furono interrotte da una breve risata del Drago –“ E come potrei, dato che sono fatto di pietra?”-

 

Le ali si chiusero dolcemente sui fianchi del mostro, che la fissava palesemente divertito.

 

-“ Il massimo che potrei fare è schiacciarti col mio peso, ma non sono qui per questo.”-

 

-“ E allora cosa diavolo vuoi?”- strillò allora Cyndia.

 

-“ Oh, non l’hai intuito? Voglio provare a farti ragionare.”-

 

La risposta fu tanto simile a quella di un essere umano, la stessa di qualcuno che cerca di convincerti a non buttarti dal secondo piano o non spararti una pallottola nel cranio, che la ragazza rimase senza parole per qualche secondo. Il Drago ne approfittò per proseguire –“ Naturalmente non posso decidere per te, ma posso darti un consiglio del tutto disinteressato. Non salire su quel treno.”-

 

-“ Perché sei qui? Cosa vuoi da me?”-

 

-“ Se sono qui è perché ci sono sempre delle sciocche egoiste come te che pensano di mollare tutto e andarsene con l’Espresso. Da te, non voglio assolutamente nulla.”-

 

-“ C-cosa?”-

 

Il rettile sbuffò sonoramente –“ Senti, ho ancora da far da coscienza ad altre trentacinque persone prima della fine del turno, quindi non farla tanto lunga. Puoi salire o meno su quel fottuto treno. Se ci tieni tanto a mollate tutto, fallo. Io ti dico che sarebbe meglio di no.”-

 

Cyndia fissò quasi con odio lo stupido rettile, stringendo i pugni lungo i fianchi: la paura e lo sconforto erano nulla in confronto all’umiliazione per le offese di quell’idiota di un Drago. La stava letteralmente trattando come uno zerbino!

 

-“ Cosa diavolo stai insinuando? Io sarei una sciocca egoista?”-

 

Il Drago la fissò dritta negli occhi per la prima volta: il suo sguardo, occhi e pupille scolpite nella pietra grezza, erano allo stesso tempo umani e sovrumani. In loro si mescolavano nello stesso tempo due sentimenti contrastanti, spietatezza e pietà.

E questa realizzazione spiazzò Cyndia come nemmeno mille parole sarebbero riuscite a fare.

 

-“ Stai abbandonando tutto perché sei una donna debole d’animo. Non vedi altro che la tua sofferenza.”-

 

-“ La mia sofferenza? Di cosa stai parlando?”-

 

Il Drago la fissò freddamente, come se volesse dirle di piantarla di fare la finta tonta.

 

Il problema era che Cyndia davvero non sapeva a cosa si stesse riferendo. Poteva anche darsi che il Drago avesse ragione, che lei stesse scappando da qualcosa o qualcuno o per qualche motivo, ma il punto saliente era che lei stessa ne era all’oscuro. Non sapeva nulla di se stessa, figurarsi se sapeva chi o cosa c’entrava con la sua fuga…

 

-“ Le persone come te giocano sempre sul sicuro, vero? Non pensano mai che basterebbe una piccola fatica per avere un bene più grande.”-

 

Lei lo fissò stralunata. Inconsapevole. Ascoltava quel fiume di parole crudeli indirizzate verso di lei, ma non sapeva cosa ribattere. Perché la cosa più terribile di tutte era che forse il Drago aveva ragione.

 

Non sapeva cosa o come ribattere. Non lo sapeva. Ed era orribile non saper come difendere se stessi.

 

-“ Egoista.”- disse allora il Drago con disprezzo, mentre i suoi occhi di pietra divenivano per un secondo rossi come scintille di fuoco.

 

-“ Di cosa stai…?”-

 

-“ Del tuo parto.”- rispose il Drago interrompendola. –“ Del tuo parto, e del bambino che stai per abbandonare.”-


Continua




Chi volesse finire di leggere la storia in anteprima, può andare qui,  dove la storia è stata pubblicata dal giudice stesso. Lì troverete tutto: giudizio, banner e storia completa :D

  
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