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Autore: Lhea    10/09/2010    3 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo XX

Capitolo XX

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – Mosca, Garage di Dan

 

<< E con questo abbiamo finito, per oggi >> disse Dan, chiudendo con uno schiocco il cofano della Grande Punto bianca, la luce dei neon che lo percorse per qualche istante, << Olio, acqua,  filtri e pastiglie nuove… Non avrete problemi con quelli che ho montato, ve lo assicuro >>.

 

Irina annuì, mentre Dimitri, che stava con le braccia incrociate vicino alla 8C, non disse niente. Aveva la faccia di uno che si sarebbe vendicato personalmente, se le cose non fossero andate così.

 

<< Ci sono ancora diverse modifiche da fare, però >> aggiunse l’italiano, pulendosi le mani con uno strofinaccio, << E credo che sia meglio anche alzare un po’ l’assetto, lavorando sulle sospensioni… Bassa com’è ora potreste avere problemi, nei cumuli di neve >>.

 

<< Non lo so, voglio pensarci >> disse Irina, guardandolo, << Potrebbe influire sul comportamento dell’auto, e non voglio abituarmi a un nuovo stile di guida… >>.

 

In realtà, aveva anche qualche dubbio a lasciare che Dan mettesse le mani nella sua Punto: un conto era fargli cambiare olio, filtri e pastiglie dei freni, che facevano parte del check-up di qualsiasi auto, un altro era lasciargli fare delle modifiche che per quanto minime potevano cambiare il lavoro perfetto che aveva fatto Max.

 

<< Lasciamola così >> intervenne secco Dimitri, << Voglio provarla e vedere come va. E alle gomme penso io >>.

 

Dan lo guardò, l’aria dubbiosa.

 

<< Ok, come volete >> disse, << In ogni caso, se volete riportarla un’altra volta, possiamo vedere cosa si può fare ancora… Intanto vedo di procurarmi un liquido che eviti che la benzina congeli e ve lo faccio avere >>.

 

Irina sorrise. << Grazie mille, Dan >> disse, avvicinandosi alla Punto, << Sono in debito di un favore con te… >>.

 

<< E’ sempre un piacere mettere le mani su una Fiat >> ribatté l’italiano, sorridendo a sua volta.

 

Irina fece per aprire la portiera, quando vide Dimitri pararsi al suo fianco, l’aria imperscrutabile.

 

<< Guido io >> disse.

 

Irina lo guardò di sottecchi, senza aspettarsi quella richiesta. In realtà aveva più l’aria di un ordine, ma lui non sapeva distinguere tra ordini e richieste civili.

 

Titubante, Irina gli mise le chiavi nel palmo della mano, infastidita. Mai nessuno all’infuori di lei, tranne Xander, aveva mai guidato la sua Punto, ed era strano permettere proprio a Dimitri di farlo. Era un po’ come lasciargli guardare dentro di lei, dargli in mano un pezzettino di stessa.

 

Fece il giro della macchina e salì dalla parte del passeggero, mentre Dimitri si incastrava nel sedile del conducente con un grugnito. Gli rivolse un’occhiata, notando che sul suo viso c’era del disappunto.

 

Comprese al volo il perché della sua faccia: stava scomodo perché aveva le gambe più lunghe delle sue, e aveva anche bisogno di abbassare il sedile.

 

<< La leva è lì sotto >> disse Irina, avvicinandosi un po’ per indicargliela, nascosta di fianco al sedile.

 

Dimitri grugnì qualcosa, che lei interpretò come un Guidi con il volante in braccio…”.

 

<< Scusa tanto se non sono una spilungona come voi russi… >> ribatté, allacciandosi la cintura, << Vedi di trattarla bene, altrimenti dopo te la vedi con me… >>.

 

Dimitri le rivolse un’occhiata di sbieco, poi accese il motore e partì lentamente verso l’uscita, accendendo i fari al primo colpo, senza bisogno di suggerimenti per i comandi.

 

<< Se vuoi vedertela davvero con me, è ora che impari a tirare di boxe >> ribatté lui.

 

Irina lo guardò dritto in faccia per poterlo fulminare, ma lui fissava la strada già buia della città. E aveva un vero sorrisetto disegnato sul volto.

 

Non sapeva se essere sconcertata per il suo commento, o per la sua faccia… Dimitri era capace di sorridere?!

 

Spiazzata, rimase a guardarlo, senza nemmeno rendersi conto che aveva appena imboccato una super strada in direzione ovest, troppo presa dal memorizzare la sua espressione per pensare ad altro. Da quanto erano a Mosca, il massimo che era riuscito a fare era una smorfia mezzo divertita

 

Ma adesso, Dimitri stava sorridendo…

 

Dimitri stava sorridendo di una sua battuta, proprio davanti a lei. Ed era anche carino, quando lo faceva…

 

Come se se ne fosse accorto, il sorriso del russo mutò nella sua solita smorfia, anche se ancora divertita. Irina si riscosse e distolse immediatamente lo sguardo, pronta a una sua frecciatina: sapeva che odiava essere fissato.

 

<< Dove stai andando? >> domandò, sperando di non averlo fatto arrabbiare. Stava guidando la sua macchina, non voleva che gliela sfasciasse, visto che ricordava il suo stile di guida ai tempi di Challagher

 

<< Da nessuna parte >> rispose lui, << Voglio solo vedere cosa sa fare quest’auto… E capire se sei tu che hai meritato il terzo posto della Black List, oppure lei >>.

 

Questa era la vendetta per averlo fissato sfacciatamente.

 

<< Spiritoso… >> fece lei, guardando la strada che iniziava a sfrecciare velocemente sotto di loro, << Ho qui la lista per stilare tutti i difetti che troverai… Detta pure >>.

 

Fece finta di essere pronta a prendere appunti, ma Dimitri la ignorò. In risposta premette più a fondo sull’acceleratore.

 

<< Sei fortunata >> disse, << Il primo commento che ho da fare è un pregio: ottima accelerazione >>.

 

Irina fece una smorfia compiaciuta, ma appena sentì la Punto fiondarsi in avanti con uno strattone, afferrò la maniglia della portiera, colta alla sprovvista. I suoi occhi filarono dritti al tachimetro, che segnava i centottanta.

 

L’autostrada, forse complice il freddo invernale, era sgombra, a parte qualche raro tir che viaggiava lento sulla corsia di destra. Era la condizione perfetta per provare un’auto, e Irina era abituata alle alte velocità, ma in quel momento ebbe un po’ di paura. Di solito c’era lei dal lato del guidatore, il volante saldamente tra le mani e i piedi che scattavano sulla frizione e il freno, ma soprattutto perché quella era la sua macchina. Non avere la situazione sotto controllo la innervosì.

 

Conosceva lo stile di guida di Dimitri, sapeva che era più bravo di lei, ma non aveva mai avuto modo di essere nella stessa auto con lui durante una gara…

 

Gettò un’altra rapida occhiata al tachimetro, ormai sopra i duecento, e cercò di tranquillizzarsi.

 

“Devo fidarmi, devo fidarmi… Tanto in ogni caso dovremo guidare a turno, durante la Mosca-Cherepova, quindi mi devo abituare. Era il numero due della Black List, sarà in grado di tenere una macchina che è meno potente della GT che aveva…”.

 

Si appoggiò meglio al sedile, e fissò la strada davanti a lei. Sentì una folata di vento particolarmente forte tentare di spingere la Punto verso sinistra.

 

<< Falle un graffio e me la ripaghi per intero >> disse solo, facendogli cenno di iniziare il suo test.

 

<< Non ne varrebbe la pena… >>.

 

Dimitri schiacciò l’acceleratore a tavoletta, e la Punto schizzò avanti come un proiettile, incollando Irina al sedile. Un attimo dopo il russo iniziò a zigzagare in mezzo alla strada deserta, facendo stridere le gomme sull’asfalto, nel tentativo di far scomporre la macchina.

 

<< Buona tenuta di strada >> commentò Dimitri, << Però troppo sottosterzo… C’è qualcuno dietro di noi? >>.

 

Irina gettò uno sguardo dietro, ma non c’erano auto. Poi sentì la Punto girarsi di lato, in un perfetto testacoda controllato, sfiorando il guard-rail e inondando l’aria di uno stridore assordante. Si aggrappò alla maniglia, sentendo il cuore arrivarle in gola.

 

Dimitri riportò l’auto diritta, tornando ad accelerare, mentre Irina si mordeva la lingua per non dire niente, ma soprattutto per non insultarlo.

 

<< Vediamo a quanto arriva questa scatoletta… >> mormorò Dimitri, divertito.

 

180… 200… 230… 250…

 

Ormai il guard-rail era una striscia indistinta ai loro lati, gli alberi lungo la strada una macchia verde e senza contorni… E il cuore di Irina batteva decisamente più forte del normale. Sapeva che a quella velocità bastava anche una strisciolina di ghiaccio, qualche sasso di troppo sull’asfalto per fargli perdere il controllo dell’auto…

 

Con la coda dell’occhio guardò Dimitri, che fissava la strada: sembrava perfettamente concentrato, lo sguardo puntato sulla carreggiata, conscio del pericolo che correvano. Irina si sciolse un po’: stava dimostrando di non prendere la cosa sottomano.

 

Quando sentì che l’auto aveva smesso di accelerare e si era assestata su una folle e pericolosa velocità, Irina guardò il contachilometri.

 

La lancetta illuminata si era fermata tremolante su 270 km/h.

 

“Beh, è migliorata dall’ultima volta…” pensò, ricordando che la sua ultima prova di velocità massima risaliva a due anni prima.

 

<< Hai fatto togliere il limitatore? >> chiese Dimitri.

 

<< Sì >> rispose. Doveva essere stato Max, quando aveva fatto il cambio con il motore della BMW: di solito le M3 di serie erano limitate ai 250 km/h.

 

<< Bene… >> mormorò Dimitri, << Ora non ci resta che provare un’ultima cosa… >>.

 

Irina fece mente locale: accelerazione, comportamento in strada, velocità massima… Cosa mancava?

 

Quando capì, guardò Dimitri, agghiacciata.

 

<< Non puoi inchiodare in mezzo all’autostrada! >> gridò, terrorizzata.

 

Dimitri fece una smorfia divertita.

 

<< Non posso? >> ribatté, << Sto per farlo. Tieniti >>.

 

Il russo premette sul pedale del freno con tutta la forza che aveva a disposizione, e Irina sentì un peso enorme schiacciarle la nuca, spingendola in avanti, trattenuta solo dalla cintura di sicurezza. Appoggiò le mani sul cruscotto, digrignando i denti per la decelerazione, le orecchie invase dal suono stridente delle gomme sull’asfalto.

 

Quando la Punto rimase immobile in mezzo alla strada, avvolta in una nuvoletta di polvere di ghiaccio sollevata dalle ruote, Irina riprese fiato e tornò ad appoggiarsi sul sedile.

 

<< Frenata lunga… >> commentò a bassa voce Dimitri, tranquillo, << Cambiamo i freni >>.

 

Irina lo guardò, sbigottita, mentre lui rimaneva tranquillamente fermo nel bel mezzo dell’autostrada, deserta, ma pur sempre un’autostrada. Lui la guardò e disse, come a spiegare la sua poca fretta di sgombrare la carreggiata: << Non c’è nessuno nel raggio di chilometri >>. Poi ripartì lentamente.

 

<< Abbiamo finito? >> esalò Irina, osservando la strada ricominciare a sfilare di fianco a loro, a una velocità più accettabile di prima.

 

Dimitri mostrò un’altra smorfia divertita.

 

<< Sì, abbiamo finito >> rispose. Poi aggiunse: << Oggi che avresti potuto urlare, hai tenuto la bocca chiusa, come mai? >>.

 

<< Non ti avrei mai dato la soddisfazione di sentirmi dire “fermati” >> ribatté lei, incrociando le braccia.

 

Dimitri non aggiunse niente, e Irina puntò lo sguardo fuori dal finestrino, offesa. Stavano raggiungendo un’auto che procedeva solitaria in mezzo all’autostrada, ma che era ancora un piccolo puntino all’orizzonte. Sentì che Dimitri accendeva la radio, selezionando una delle canzoni preferite di Irina: molto probabilmente piaceva anche a lui.

 

Quando arrivarono nei pressi dell’auto, si accorse di una cosa, e il sangue si gelò nelle vene: sul tetto della macchina c’erano dei lampeggianti, ora spenti, e la livrea era quella di…

 

<< E’ la polizia! >> disse Irina.

 

In quel momento, le sirene della volante si accesero, e Dimitri scartò di lato per evitare che gli tagliassero la strada. Forse per via della loro velocità o per il tipo di macchina, sembravano aver capito che si trattava di piloti clandestini.

 

<< Merda… >> disse il russo.

 

La Punto schizzò avanti, guadagnando velocità, e Irina si voltò indietro per guardare: li avrebbero seguiti, ne era sicura, ma non sapeva come si sarebbe comportata la polizia russa. Non sapeva nemmeno se in caso di fermo li avrebbero lasciati andare, visto che collaboravano con i servizi segreti del loro paese…

 

<< Chiameranno rinforzi? >> chiese, mentre tornava a sedersi.

 

<< Li semino prima… >> borbottò Dimitri.

 

Irina lo vide accelerare al massimo, le sopracciglia aggrottate… Forse stava pensando a una via di fuga. Intanto la sirena dietro di loro continuava a suonare incessantemente, i fari della volante che lampeggiavano per intimargli l’alt.

 

Avrebbe voluto trovarsi lei al posto di Dimitri, in quel momento, ma sapeva che non potevano certo fermarsi e scambiarsi… Era sicura di poterli seminare in fretta, sfruttando come sapeva fare lei le doti della Punto, anche se non conosceva la zona…

 

<< Forse ci conviene uscire… >> disse, cercando con lo sguardo una rampa che li avrebbe portati fuori dall’autostrada.

 

Dimitri non rispose, ma gettò un’occhiata allo specchietto retrovisore. Qualcosa brillò nei suoi occhi grigi, facendola preoccupare. Irina si voltò di nuovo, e comprese il perché della sua reazione.

 

Una Subaru Impreza nera con due strisce gialle sul cofano li stava raggiungendo, o meglio, li stava seguendo affiancata alla volante della polizia. Aveva i finestrini oscurati, ma Irina era sicura che dentro ci fosse Vladimir Buinov.

 

<< Cavolo… Da quant’è che ci segue? >> chiese, allarmata.

 

<< Da quando abbiamo lasciato il garage di Dan >> rispose Dimitri.

 

Irina si morse il labbro: non s’e n’era accorta, e come sempre il russo aveva prestato più attenzione di lei.

 

<< Pensa che ci sia tu, alla guida >> disse il Mastino, << Probabilmente voleva incontrarti… Aspetta che seminiamo gli sbirri per sbarrarci la strada e costringerci a fermarlo… >>.

 

Dimitri portò la Punto a sinistra, poi scartò improvvisamente di lato e infilò la rampa di decelerazione che li avrebbe portati a Terletskiy Lesopark, a ovest di Mosca… La volante riuscì a seguirli, e Vladimir anche.

 

<< Ci rimangono dietro… >> mormorò Irina.

 

<< Lo so >> ringhiò Dimitri, << Ma non ho nessuna intenzione di farmi fermare >>.

 

Una volta usciti dall’autostrada, si ritrovarono in un quartiere fatto di casette basse e dalle strade larghe e ben illuminate dai lampioni. La Punto svoltò di lato, imboccando una stradina più stretta che sembrava portare a un parco.

 

Dimitri percorse la viuzza, poi svoltò bruscamente a sinistra, il suono della sirena della volante più attutito, ma i fari della Impreza ancora ben visibili nello specchietto. Irina vide il russo muoversi stranamente sul sedile, poi tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una pistola e gliela porse.

 

Irina la afferrò, chiedendosi cosa mai ci dovesse fare, poi le venne in mente che…

 

<< Tu non puoi avere una pistola! >> gridò.

 

<< Invece ce l’ho >> ribatté Dimitri, continuando a fissare la strada, << Togli la sicura… E se ti dico spara, tu spari >>.

 

Irina lo guardò, poi fu costretta ad aggrapparsi alla maniglia della portiera per non essere sballottata di lato mentre la Punto scartava nuovamente a destra, ora in un quartiere fatto di alti palazzi fatiscenti.

 

<< Io non gli sparo addosso! >> sbottò, mentre liberava la pistola della sicura e tornava a guardare dietro.

 

<< Sapevo già che non eri in grado di ammazzare nemmeno una mosca >> ringhiò Dimitri, << Spara alle gomme, almeno quello lo sai fare? >>.

 

Irina fece per ribattere, ma poi si accorse che la volante sembrava sparita.

 

<< La polizia non ci segue più… >> disse.

 

<< Spara a Vladimir. Della polizia non me ne frega un cazzo, e lui che non possiamo incontrare >>.

 

Irina rimase un momento immobile, la pistola in mano e la strada che sfrecciava alla sua destra, senza sapere che fare… Poi aprì il finestrino, l’aria gelida che invase l’abitacolo, e tirò fuori la mano con la pistola… Un attimo, il tempo di affacciarsi, e Vladimir non c’era più.

 

Interdetta, si guardò in giro, l’aria gelida a frustarle il viso, ma di Buinov non c’era traccia. Richiuse il finestrino, mentre Dimitri si lasciava andare a una smorfia.

 

<< Questo conferma quello che pensavo… >> mormorò, rallentando.

 

<< Perché è andato via? >> chiese lei, rimettendo in sicurezza la pistola.

 

<< Ha visto che c’ero anche io… >> fu la laconica risposta di Dimitri.

 

Svoltò a sinistra, percorrendo le strade buie e deserte a velocità sostenuta, per arrivare il prima possibile a casa ed evitare di incontrare di nuovo la polizia, o forse Vladimir. Per quanto non lo temesse, sembrava non volerlo mai incontrare in sua presenza, come se potesse metterlo in una posizione scomoda.

 

<< Come facevi ad avere questa pistola? >> chiese, insospettita, per cambiare argomento. Anche perché quello era abbastanza rilevante.

 

<< Credi davvero che abbia accettato di venire a Mosca senza nemmeno un’arma? >> ribatté lui, << Voi non me le avete fornite, ma questo non toglie che io non me le possa procurare >>.

 

Inchiodò di colpo e Irina si accorse che erano già a casa. In quell’istante il cellulare di Dimitri squillò e lui rispose, senza degnarla di ulteriore attenzione.

 

Per sua sfortuna, si mise a parlare in russo fitto, e l’unica cosa che riuscì a cogliere fu la parola “Vladimir” e il palese nervosismo del Mastino. Sembrava infuriato, e forse stava raccontando l’accaduto al suo interlocutore. Mentre parlava con la mano libera stringeva il volante, scendendo lentamente lungo la rampa del garage. Alla fine fermò la Punto al suo posto e chiuse la telefonata, uscendo dalla macchina.

 

Irina scese, ancora con la pistola in mano, e si fiondò a esaminare l’auto per vedere se c’erano danni: sembrava tutto a posto, tranne il paraurti davanti che portava i graffi dei sassolini che si erano sollevati mentre correvano lungo la strada sterrata. La vernice bianca si era scrostata, lasciando tanti puntini scuri come piccoli moscerini spiaccicati durante un lungo viaggio ad alta velocità.

 

Sbuffò, rassegnandosi al fatto che per un po’ avrebbe dovuto tenerla così: dove lo trovava un paraurti identico a quello, prima che iniziasse la Mosca-Cherepova? Oltretutto, forse non faceva nemmeno bene a cambiarlo, perché era sicura che durante la gara si sarebbe rovinato di nuovo.

 

Dimitri si affiancò e guardò il danno con distacco, come se non gli interessasse minimamente di quello che aveva combinato, e le sfilò la pistola dalle mani. Poi si avviò verso l’ascensore, infilandosela in tasca con noncuranza.

 

<< Stasera vado al Black Diamond >> disse, secco, << Se pensi di voler venire, fatti trovare pronta >>.

 

Irina alzò gli occhi al cielo e lo seguì, intuendo che il suo obiettivo era quello di andare a prendere a pugni qualcuno per scaricarsi… Vederlo darsele di santa ragione con degli armadi fatti di muscoli non la allettava, ma era il caso che facesse uno sforzo: forse poteva scoprire qualcosa sulla Mosca-Cherepova, oltre che evitare che magari si facesse macellare direttamente sul ring.

 

Mentre risalivano in ascensore, rimasero in silenzio, Dimitri con lo sguardo puntato per terra, Irina che lo guardava di sottecchi. Alla fine era stato bravo, non aveva maltrattato troppo la sua Punto, ed era anche fuggito dalla polizia con facilità. A parte il danno minimo al paraurti, non poteva lamentarsi. Si era fidata e aveva fatto bene.

 

Arrivarono all’ultimo piano e uscirono sul pianerottolo, poi il russo aprì la porta dell’appartamento, accendendo tutte le luci. Lei fece per entrare, ma Dimitri le prese la mano e le posò sul palmo le chiavi della Punto, guardandola dritta negli occhi e facendole scorrere un inspiegabile brivido lungo la schiena.

 

<< Cinquanta merito tuo, cinquanta merito della tua auto, Fenice >> disse, poi sparì velocemente di sopra, per prepararsi alla sua serata.

 

Irina rimase impalata, senza capire bene cosa avesse detto, e lo guardò risalire le scale a grandi passi. Poi si riscosse e lasciò che il suo cervello assimilasse quello che aveva detto il russo.

 

Guardò le chiavi che teneva nel palmo della mano, e sorrise.

 

“Ah, Dimitri… Se fossi solo leggermente meno scorbutico, saresti anche simpatico”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.00 – Mosca, Black Diamond

 

Irina raggiunse a passo rapido la porta dello spogliatoio di Dimitri, trovandola aperta. Si infilò dentro, ma prima che potesse rendersi conto che il Mastino era seduto su una sedia con del ghiaccio sul naso e una spessa benda sulla spalla, venne afferrata per un braccio da qualcuno, e la porta venne sbattuta violentemente dietro di lei. La faccia sfregiata di Emilian si parò a pochi centimetri dalla sua, gli occhi che dardeggiavano.

 

<< Lasciala entrare >> disse Dimitri, togliendosi il ghiaccio dal naso, << Aspettavo lei prima di chiudere la porta… Non è capace di bussare >>. Il tono era molto simile a quello che usava Challagher per prenderla in giro.

 

Emilian la lasciò andare, e Irina rimase a guardare la faccia divertita e distrutta di Dimitri: questa volta era andato avanti per più di un’ora, per quattro round consecutivi, a darsele con dei russi più simili a montagne di muscoli che a persone.

 

<< Scusa, non volevo venire a romperti, ma non ti vedevo tornare… >> disse lei, cercando di dimenticare che l’aveva appena sfottuta.

 

Aveva resistito un po’, poi alla fine del secondo round era uscita a prendersi qualcosa da bere ed era tornata solo alla fine del quarto, per vederlo andare via un po’ malandato ma ancora sulle sue gambe. Sapeva che l’avrebbe odiata a morte, ma la sua coscienza le imponeva di andare a vedere come stava, e avrebbe sopportato anche il suo tono infastidito.

 

A quella frase, la faccia sfregiata di Emilian divenne indecifrabile; ma la guardò in modo strano, come se non credesse alle sue orecchie.

 

<< Rimani >> fu la risposta di Dimitri, che tornò a rivolgere la propria allo specchio che aveva davanti, << Tanto stavamo parlando di qualcosa che ti riguarda >>.

 

Irina annuì, ma non riuscì a distogliere lo sguardo dal suo naso: perdeva sangue abbastanza copiosamente, e aveva l’aria di essere molto doloroso, oltre che messo proprio male.

 

<< Non è che ti ha rotto il naso? >> soffiò lei, avvicinandosi, << Forse è meglio che… >>.

 

<< Il mio naso è di plastica, Irina >> ribatté Dimitri, freddamente, << Me lo sono rotto tante di quelle volte che alla fine ho optato per uno finto… Fa più male a chi lo colpisce >>.

 

Emilian ridacchiò, poi passò a Dimitri uno straccio con il quale si ripulì la faccia. Si guardò nello specchio, poi si afferrò il naso e con uno scrocchio sinistro lo rimise a posto, neanche fosse un accessorio messo male. Irina rabbrividì, inchiodata dov’era, impressionata e mortificata per la sua risposta decisamente brusca. Lui notò la sua espressione e fece una smorfia.

 

<< Se hai intenzione di svenire, Emilian non avrà tempo per occuparsi anche di te >> disse.

 

Irina non ribattè nulla e si andò a sedere, sapendo di non meritare quella freddezza, ma conoscendolo abbastanza da accettarla. << Di cosa parlavate? >>.

 

<< Di Vladimir >> rispose Dimitri, scoprendo la ferita sulla spalla, profonda e sanguinante, << Gli ho raccontato quello che è successo… >>. Fece un cenno verso suo cugino.

 

Emilian tirò fuori un tampone di garza e lo bagnò con del disinfettante, porgendolo a Dimitri che ripulì rapidamente e rudemente la ferita, senza dare segno che potesse fargli male in qualche modo. Irina si accorse che il suo taglio aveva una forma particolare…

 

<< Ti ha morsicato?! >> gridò all’improvviso, inorridita. Si alzò e andò a guardare da vicino.

 

Dimitri le rivolse un’occhiata. << Ricordi cosa ti ho detto l’altra volta? >> fece, acido, << Bene, non farmelo ripetere… ma soprattutto, non farmelo mettere in pratica >>.

 

Irina si morse il labbro, ma non riuscì a trattenersi. Poteva anche insultarla o prenderla in giro, ma qualcosa le diceva che la sua reazione era quella di chi non vuole mostrarsi mai debole… Un comportamento stupido, che lei avrebbe completamente ignorato, vista la situazione.

 

<< Devi pulirla bene, altrimenti fa di sicuro infezione >> disse seria, rivolta a Emilian, << I morsi sono pericolosi… >>.

 

<< Abbiamo un’infermiera? >> ridacchiò Emilian, con la sua voce rasposa così inadatta a prenderla in giro. La sua faccia sfregiata di accartocciò in un sorriso strafottente.

 

Irina si arrabbiò: lei si preoccupava, e loro la deridevano. Non era apprensiva, non era stressante né troppo invadente, e per una volta che dimostrava un minimo di interessamento, la prendevano per il culo?

 

<< Io non sono un’infermiera, ma tu sei di sicuro un macellaio >> sibilò rivolta a Emilian, << Hai anche intenzione di cucirlo con del fil di ferro? >>.

 

La faccia di Emilian si trasformò in una maschera di fastidio, ma Dimitri sembrò notarlo e disse, secco: << Ok, lascia fare a lei, visto che è tanto brava. Nel frattempo raggiungi Nikodim, e digli che ho intenzione di parlare con lui >>.

 

“Perfetto, almeno lui se ne va…”. Irina incrociò le braccia, che l’espressione di Emilian, sotto le cicatrici, sembrava colpita. O stupita. Difficile dare la giusta interpretazione.

 

<< D’accordo >> disse.

 

Emilian uscì dalla stanza, lasciandoli da soli. Dimitri la guardò dal riflesso dello specchio davanti a lui e disse, serafico: << Bene, se vuoi mostrarmi le tue capacità… >>.

 

Irina sbuffò ma prese dalle sue mani il tampone, decisa a dimostrargli che di sicuro era meno rude di suo cugino nel medicare le ferite. Si procurò dell’altro disinfettante, e iniziò la sua opera, chiedendosi cosa stesse pensando Dimitri in quel momento… Sicuramente qualcosa di poco gentile.

 

Allargò lentamente con le dita il taglio per permetterle di pulire bene dentro, la pelle calda nonostante le altre cicatrici, e rivolse un’occhiata alla faccia di Dimitri: sembrava una statua. Non si lamentava, né faceva nessuna smorfia. Addirittura guardava da tutt’altra parte, decisamente interessato alla maniglia del mobiletto lì vicino…

 

<< Credo che vada dato qualche punto… >> mormorò lei, gettandogli un’occhiata.

 

Dimitri tirò fuori ago e filo da un cassetto, e con noncuranza glieli porse. Irina li afferrò, in silenzio.

 

<< Allora cuci >> borbottò lui.

 

Irina fece un passo indietro. << Ma neanche per sogno! >> sbottò, << Devi andare in ospedale, non ti puoi mica mettere i punti da solo! >>. In realtà si era aspettata una cosa del genere, ma sperava non ci arrivassero.

 

Dimitri fece una smorfia mezza divertita.

 

<< L’ho sempre fatto, e come vedi sono sempre sopravvissuto >>. Con il capo fece un impercettibile segno verso le sue cicatrici, << Se non lo vuoi fare tu, faccio da solo. Dammi >>.

 

Si riprese ago e filo e tagliò rapidamente un pezzetto di filamento infilandolo nella cruna, con Irina che lo guardava basita. Non aveva assolutamente paura di nulla, quel ragazzo.

 

<< Ok, ok >> disse alla fine, quando lo vide infilare la punta dell’ago nella carne come se fosse un pezzetto di stoffa, << Aspetta, ti aiuto… >>.

 

Si riprese l’ago, e Dimitri la guardò inarcando un sopracciglio in una manifestazione di perplessità strana, visto il suo solito comportamento. Non si appose e la lasciò fare, mentre Irina si mordeva il labbro infilandogli quell’ago nella spalla con la mano che tremava impercettibilmente…

 

La parte peggiore era che ogni volta che tirava il filo, goccioline di sangue stillavano dai fori appena fatti, colando lungo la pelle. Afferrò rapidamente una garza per asciugarle, il tessuto che sfregava contro le altre cicatrici bianche e assurdamente calde.

 

<< Immagino questa sia la tua vendetta per il paraurti della tua auto… >> disse Dimitri, facendo scrocchiare sinistramente il collo. Sicuramente faceva male, ma lui non lo dava a vedere.

 

Irina gli rivolse un’occhiata. << Non sono così cattiva >> ribatté.

 

<< , intanto sappi che sei negata, a ricucire le ferite… >> commentò Dimitri, ma non sembrava serio. La sua voce aveva avuto una piccola inflessione che poteva essere interpretata come divertimento.

 

Irina mise l’ultimo punto, poi gettò via l’ago e il filo macchiati di sangue come se fossero stati due insetti disgustosi. Aveva il profondo sospetto che Dimitri la stesse prendendo in giro, per via della sua mano che tremava, ma rimase zitta e lo guardò rimettersi la sua maglia come se si fosse appena fatto un massaggio rilassante. Non si aspettava nessun grazie da parte sua, era chiaro.

 

<< Cosa dicevate tu e Emilian, a proposito di Vladimir? >> chiese, per cancellare quel momento poco piacevole.

 

<< Che non avremmo dovuto mandarti nel suo quartiere >> rispose Dimitri, << Avremmo dovuto evitare che vi incontraste… Vladimir ha mangiato la foglia >>.

 

Irina aggrottò le sopracciglia. << Cosa vuoi dire? >>.

 

Per la prima volta, Dimitri non la guardò mentre rispondeva. Sembrava teso.

 

<< Emilian pensa che cercherà di usarti contro di noi, e non è l’unico che ha questa idea >> rispose.

 

<< Potrebbe usare me per arrivare a voi? >> fece Irina, cercando di fare chiarezza.

 

<< Sì >> rispose secco Dimitri, << Il problema è che cercherà di contattarti, di parlare di nuovo con te… Finché rimani in mezzo a noi, non c’è pericolo che ci riesca, ma sa che siamo noi stessi a evitarlo… Significherebbe ammettere che abbiamo paura che tu ci possa tradire, che non siamo sicuri del tutto della tua fedeltà… A quel punto, cercherà ancora di più di farti diventare una dei suoi… >>. Si interruppe, come se non fosse convinto di ciò che stava dicendo.

 

Irina cercò di capire cosa avesse: di solito Dimitri era diretto nei suoi discorsi, lineare, ma questa volta le sembrava confuso tanto quanto lei. Sembrava voler far intendere una cosa, ma dava una spiegazione che non combaciava… Sicuramente c’era qualcosa che non voleva rivelare, forse qualcosa del suo passato.

 

<< Vuoi dire che il fatto che io lo riesca evitare potrebbe indurlo a pensare che stiate cercando di proteggermi? >> disse lentamente, per vedere se aveva letto correttamente tra le righe, << Che non mi vogliate coinvolgere in questa storia? >>.

 

Dimitri la guardò, e lei si accorse che i suoi occhi erano più intensi e meno freddi di quanto aveva sempre creduto.

 

<< Infatti io non voglio coinvolgere nessuno, in questa storia >> sentenziò.

 

Si fissarono per qualche istante.

 

<< Quindi? >> fece lei, confusa.

 

<< Quindi Emilian ha proposto che tu accettassi la proposta di Vladimir, e facessi la doppiogiochista per noi >> disse il russo, neutro.

 

Irina inarcò un sopracciglio, sorpresa. << Ah… Bé, credo di doverci pensare un attimo… >>.

 

<< No, non c’è bisogno di pensare >> ribatté Dimitri, << Tu non farai la doppiogiochista proprio per nessuno. Sono fatti che riguardano me e Buinov, e nessun’altro. Non permetterò a nessuno di impicciarsi… >>. Si stava innervosendo…

 

<< Ok, va bene >> fece Irina, senza capirci più niente, << Allora che facciamo? >>.

 

<< Ci faremo vedere in giro il meno possibile >> rispose Dimitri, avviandosi verso la porta, << Dobbiamo prepararci per la Mosca-Cherepova, e non possiamo pensare ad altro >>.

 

Con quella frase sbrigativa uscì dallo spogliatoio e Irina lo seguì, rimanendo in silenzio finché non raggiunsero la sala dove Nikodim li aspettava insieme ad alcuni cugini di Dimitri. La tensione tra il Mastino e il russo era palpabile, e dalla faccia che aveva Nikodim si capiva che si stava pentendo della sua idea di averla mandata da Vladimir. Non si erano più visti dal giorno dell’assegnazione dell’incarico, ed era sicura che lui avesse fatto di tutto per evitarli…

 

Prima che qualcuno avesse il tempo di fare niente, Dimitri afferrò Nikodim per il colletto della camicia e lo sbatté contro il muro, tirandolo su di peso. Emilian, che stava a un angolo della sala,  fece segno a tutti di non muoversi, Irina compresa, e puntò gli occhi sul Mastino. Forse era pronto a fermarlo, se la situazione fosse degenerata.

 

Dimitri rimase un momento in silenzio, gustando il fiatone che Nikodim non riusciva a controllare, i piedi a dieci centimetri dal pavimento. Era spaventato, si vedeva, ma non riusciva a parlare per via del fatto che sembrava avere la testa insaccata nel collo… Irina, per una volta, ritenne che se lo era meritato. Sperava solo che Dimitri non esagerasse.

 

Dopo averle gettato un’occhiata, come a valutare la sua reazione, il Mastino tornò a guardare Nikodim e gli ringhiò addosso qualcosa in russo, talmente piano che dubitava che persino i suoi cugini avessero capito cosa avesse detto; poi aggiunse, in modo che anche lei potesse capire: << E adesso tu ci fornirai la mappa della corsa, chiaro? >>.

 

Nikodim, il fiato corto, rispose: << Non le ho io… Le tiene Konstantin >>. Stava diventando sempre più pallido.

 

<< Allora vedi di fare in modo di farcele arrivare >> continuò Dimitri, << La prossima volta ci penserai due volte prima di farci cadere in una trappola di Vladimir, chiaro? >>.

 

<< Non posso fartele avere >> ribadì Nikodim, e Irina ebbe l’impressione che stesse soffocando, << Non le cede a nessuno… Le darà solo agli altri Referenti… >>.

 

Dimitri fece una smorfia spaventosa, come se potesse ucciderlo sul posto. Gli sputò addosso qualcosa in russo e lo lasciò andare, poi fece un cenno a Emilian di seguirlo fuori. Irina rimase ferma dov’era: meglio non prendere iniziative, perché sembrava più suscettibile del normale.

 

C’era qualcosa che non andava, se n’era accorta. Dimitri era più nervoso del solito, e qualcuno la guardava con occhio sospettoso più del dovuto… Che c’entrasse Nikodim o Vladimir non ne era poi tanto sicura: era lei il problema, se lo sentiva. Il suo arrivo doveva aver dato fastidio a qualcuno, e forse cominciava ad essere di troppo… E di sicuro, qualunque cosa fosse, Dimitri sapeva.

 

Cinque minuti dopo Dimitri ed Emilian rientrarono, facendole segno di seguirli. Lei lasciò la sala facendo un cenno di saluto a tutti, mentre il cugino del Mastino la scrutava indecifrabile. Era la conferma che lei centrava sicuramente qualcosa.

 

<< Ce ne andiamo >> disse seccato il Mastino.

 

Irina annuì. << Va bene… Immagino ci sia qualche problema, vero? >>.

 

Emilian gettò un’occhiata stranissima a Dimitri, e lui rispose: << Ci sono sempre problemi, per quelli come noi >>. Le gettò un mazzo di chiavi. << Vai a casa, e rimanici. Sbrigo una cosa con Emilian e poi ti raggiungo >>. Fece per andarsene, poi si voltò un’ultima volta. << Ah… Se incontri qualcuno, lungo la strada, vedi di non fermarti, chiaro? >>. Sembrava una minaccia, più che una raccomandazione.

 

Irina prese le chiavi: erano quelle della Audi R8 parcheggiata fuori. Erano venuti insieme, per evitare di incontrare di nuovo la polizia, visto quello che era successo nel pomeriggio.

 

<< E tu come torni? >> chiese, preoccupata per la sua reazione innervosita.

 

<< Con lui >> rispose, indicando suo cugino, << Muoviti e non fare domande >>.

 

Irina si avviò verso l’uscita, perplessa e infastidita dal suo comportamento. Ma quando si voltò per andarsene, riuscì distintamente a sentire la voce di Emilian, che rasposa e in tono serio diceva: << Sei fottuto, Dimitri >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.00 – San Pietroburgo

 

Xander guardò la Lamborghini Gallardo bianco neve fermarsi in mezzo alla strada, rischiarata dalla luce aranciata dei lampioni accesi nella notte, e non poté fare a meno di farsi scappare un sorrisetto: anche questo avrebbe dovuto immaginarlo. Gli sguardi della poca gente intorno, ferma nel piazzale, si diressero tutti verso l’ultima arrivata.

 

I cerchi bianchi della Gallardo si fermarono a pochi centimetri da quelli argentati della 599, silenziosissimi, i vetri oscurati che nascondevano il pilota alla vista. I fari a led illuminarono la strada davanti a loro, poi la portiera dell’auto si aprì.

 

Con il suo solito sorriso perfetto, Nina scese dalla Lamborghini e gli gettò un’occhiata divertita, facendo cenno alla Ferrari. Si avvicinò e si appoggiò sensuale alla portiera della macchina, dicendo: << Ma che bell’acquisto… >>.

 

Xander scosse il capo. << Hai altre auto che non siano bianche, nel tuo garage? >> ribatté sorridendo.

 

Nina scosse i capelli, attirando ulteriormente l’attenzione di tutti. << Oh, ma certo… Solo che il bianco si abbina sempre al mio look >> rispose.

 

In effetti, anche questa volta Nina era vestita di bianco, ma aveva abbandonato la sua preziosa pelliccia in favore di una giacca sportiva e di un paio di aderentissimi jeans blu, più un paio di vere scarpe da pilota con tanto di suola che ricordava quella di un pneumatico. E con quell’aria da dura continuava a essere molto sexy.

 

<< Sei sicura di saperla portare, quell’auto? >> domandò lui, provocatorio.

 

Nina si avvicinò, gli occhi azzurri da gatta che brillavano.

 

<< E tu sei sicuro di riuscire a starmi dietro? >> ribatté, << Sono pronta anche a darti una spinta, se è necessario… >>.

 

Xander ridacchiò di fronte alla sua sfacciataggine, e la guardò raggiungerlo con quel passo cadenzato e sinuoso. Poi lo prese alla sprovvista e gli si piazzò davanti, a gambe divaricate, afferrandolo per il mento e rimanendo a cinque centimetri dalla sua faccia. Da qualche parte partì un fischio.

 

<< O vuoi darmela tu, una spinta? >> gli soffiò sulla bocca.

 

Xander rimase fermo, ma qualcosa nel suo animo si ribellò e si agitò convulsamente. Per un attimo credette che Nina volesse baciarlo, ma invece rimase ferma, a guardarlo negli occhi, la sua bocca a un soffio dalla sua… Aspettando che fosse lui a fare il primo passo, forse.

 

Il suo cervello iniziò a lavorare febbrilmente. Se voleva essere coerente e credibile, non avrebbe dovuto tirarsi indietro… Ma non poteva, aveva fatto una promessa a Irina…

 

<< Non provocarmi troppo, altrimenti potrei decidere di sbatterti fuori dalla gara… >> disse lui, mascherando la sua tensione con un sorriso.

 

Nina lo lasciò andare e si allontanò, come se avesse capito che non se ne sarebbe fatto nulla.

 

<< Allora ci vediamo al traguardo, carino >> disse, e salì sulla Gallardo.

 

Xander recuperò il controllo e montò sulla Ferrari, chiedendosi per quale motivo quella situazione lo turbasse tanto… Ormai si era cacciato nei guai, con Nina: lei si era fatta un’idea nella testa, e lui non poteva tornare indietro.

 

Sentì i motori accendersi, e avviò quello della 599, un rombo cupo nella notte. Il suono della Gallardo al suo fianco gli ricordò che era lì per valutare la capacità di Nina, perché sarebbe stata la sua seconda pilota

 

“Cazzo, sono nei guai. Non potevo scegliere qualcun altro?”.

 

Vide un russo raggiungere il centro della strada, per dare il via. Sapeva che Nina lo stava guardando, e la consapevolezza di quello che era appena successo lo colpì dritto al cuore…

 

Non l’aveva baciata perché aveva fatto una promessa, e non perché non voleva.

 

Il russo abbassò la mano, e con tutta la forza e la disperazione che aveva in corpo premette l’acceleratore, facendo balzare in avanti la Ferrari come un felino a caccia, superando di poco il muso della Gallardo. Una dopo l’altra le marce sfilarono sotto la sua mano, portandolo in testa, fino alla curva…

 

“Allora forse il problema non è Irina, sono io…”.

 

Con uno stridio di gomme, la Ferrari derapò girando a sinistra, mentre la Gallardo rimaneva nella sua scia… Le altre auto non sembravano nemmeno esistere, a parte le loro due…

 

“No, non sono stato io a cominciare… Non sono stato io a cambiare le carte in tavola… Non sono io che sono cambiato…”.

 

Vide il muso della Gallardo spuntare alla sua sinistra, ma si lasciò superare, mettendosi in coda. Qualcosa, forse il fatto di essere in gara contro Nina, lo fece tornare al momento presente… Abbandonò quei pensieri confusi e poco piacevoli e tornò a correre come faceva sempre.

 

La Lamborghini iniziò a zigzagare, bloccandogli la strada ma contemporaneamente incitandolo a farsi valere. Xander strinse il volante, ricordando le frasi che si erano scambiati prima, e sorrise: era fatta così, lo avrebbe sempre provocato.

 

Affondò il piede sull’acceleratore e cercò di superarla, ma lei gli tagliò la strada, costringendolo a frenare. Era brava, aveva i riflessi pronti e scattava al momento giusto… Molto, troppo simile a Irina. Tranne per il fatto che Nina amava provocare, cosa che in quel momento lo mandava contemporaneamente in bestia e gli faceva venir voglia di giocare.

 

Iniziò a spostarsi a destra e a sinistra, per confonderla, mentre lei seguiva i suoi movimenti. Facendo stridere le gomme sull’asfalto svoltò a destra, imboccando un lungo rettilineo, e Xander le rimase incollato, per dimostrarle che non aveva bisogno di spinte.

 

Una, due, tre volte fece finta di volerla superare, per scoprire che Nina era pronta a ogni sua mossa, che non si sarebbe lasciata fregare facilmente. Sapeva calcolare gli spazi, sapeva tenere quel bolide da cinquecento cavalli… Altro che la Punto di Irina.

 

Alla fine, la superò a una curva, senza lasciarle il tempo di reagire, ma se la trovò incollata al paraurti posteriore. Accelerò, riuscendo a mettere un paio di metri tra loro, poi si accorse che il traguardo era vicino.

 

Rallentò appena e lasciò che la Gallardo lo affiancasse. Guardò il vetro oscurato, sapendo che Nina lo stava guardando, e fece un cenno con il capo verso la striscia che segnava la fine della gara. Poi rallentò ancora un po’ e la lasciò passare avanti, tagliando il traguardo per prima.

 

Una volta alla fine, fermò la Ferrari al lato della strada, sotto gli occhi perplessi dei russi che stavano da quelle parti. Li ignorò, perché in quel momento aveva altro a cui pensare, qualcosa che quella gara gli stava facendo capire. Ora che era fermo, poteva riaccendere il cervello e riprendere il filo dei pensieri dove lo aveva lasciato.

 

La parola gli rimbalzava da una parte all’altra della testa, in quel momento, ma aveva paura di definirla per quello che era.

 

Crisi.

 

Forse il problema dei suoi litigi con Irina, di quella sensazione di estraneità che aveva provato troppe volte in quel periodo, era dovuta a qualcosa che nel loro rapporto si era incrinato… Possibile che fossero in crisi?

 

Non ci voleva pensare, non voleva vagliare quell’ipotesi… Troppe cose erano cambiate in poco tempo, tutto qui, e lui faceva fatica ad accettarlo.

 

“La verità è che la sento cambiata, la vedo diversa da quello che è stata in questi due anni…”.

 

<< Non hai fatto troppo sul serio, vero? >>.

 

Alzò lo sguardo, per vedere Nina che stava in piedi di fronte a lui, le braccia incrociate e un mezzo sorriso sul volto. Xander scosse il capo, interrotto nei suoi pensieri.

 

<< Ho visto quello che mi serviva vedere… >> ribatté lui, stancamente.

 

Nina si accorse che aveva cambiato atteggiamento, e ridusse gli occhi a due fessure. Si avvicinò e gli si mise di fianco, appoggiandosi alla Ferrari.

 

<< Mi pare di capire che tu abbia qualche problema >> disse tranquilla, << Conosco un posto che potrebbe distrarti un po’… Andiamo a berci un drink? >>.

 

Xander fece una smorfia senza farsi vedere: il problema erano loro due, e sicuramente stare insieme non poteva contribuire a risolverlo.

 

<< Dove? >> domandò alla fine.

 

<< Al Club 999 >> rispose lei, << E’ un posto di nicchia, non ci saranno le persone che vedi qui… Sempre che tu non ami questo genere di feccia >>. Aggiunse, sprezzante.

 

Xander rivolse uno sguardo intorno, e si rassegnò al fatto che non poteva rifiutare: Nina gli serviva, e anche se rischiava di metterlo in situazioni scomode, non poteva fuggire.

 

<< Andiamo >> borbottò, rientrando in auto.

 

Si infilò dentro la Ferrari, accorgendosi che Nina lo aveva guardato prima di risalire sulla Lamborghini, e la seguì fino al locale di cui aveva parlato. In effetti, nel parcheggio c’erano solo macchine di un certo calibro, e il Club 999 sembrava un posto decisamente di lusso. Situato in pieno centro di San Pietroburgo, in un edificio curato ed elegante.

 

Aspettò che Nina parcheggiasse la Gallardo, poi la seguì all’interno, in un ambiente moderno e chic, con lunghi banconi di nero e ludico marmo dove venivano serviti i drink, e una musica soffusa come sottofondo. A un paio di tavoli da biliardo si stavano sfidando un gruppo di russi.

 

<< Vieni, sediamoci laggiù >> disse Nina, prendendolo per un braccio e tirandolo verso un angolo del locale, a un tavolino vuoto. Xander si lasciò trascinare svogliatamente, e prese posto sul divanetto di pelle rossa.

 

Un cameriere si avvicinò subito, e sorrise a Nina.

 

<< Ciao, bentornata >> disse, << Cosa vi porto? >>.

 

<< Per me un Martini e limone >> rispose lei, << E per lui… Qualcosa di forte. Ha bisogno di sciogliersi un po’ >>. Ammiccò e il cameriere sparì.

 

Lei e Xander si guardarono per qualche momento, poi lui disse, neutro: << Sei brava a guidare… Non l’avrei immaginato. Dove hai imparato? >>. Non aveva voglia di saperlo, ma gli sembrava opportuno chiederlo. Era un argomento meno scottante di altri.

 

Nina si strinse nelle spalle. << Talento naturale >> rispose, << Ma ho preso qualche lezione in pista… Mio padre mi ha pagato un insegnante privato >>.

 

<< E tuo padre ti lascia fare tutto questo? >> fece lui, una punta di divertimento nella voce.

 

Nina sorrise. << Mio padre fa il Primo Ministro >> disse, << E la sua è solo una carica di facciata. Sono cresciuta in mezzo alle gare clandestine, alla droga e alla corruzione da quando so camminare. Mi conoscono tutti, e tutti conoscono lui: posso fare quello che voglio, da queste parti. Non corro alcun pericolo >>.

 

Xander ebbe un’illuminazione, pensando al Primo Ministro Kraracova… La frase “Non corro alcun pericolo” non sembrava detta a caso.

 

<< Visto che tuo padre è così popolare, dovrebbe conoscere di persona la Lince >> buttò lì.

 

Nina si mosse impercettibilmente. << Nessuno conosce di persona la Lince >> rispose lei, << A parte le Sentinelle. E mio padre non è una di loro >>.

 

I due drink che avevano ordinato vennero poggiati davanti a loro, e Nina si affrettò a bere. Xander prese il suo, incuriosito dalla faccenda. Ne bevve un sorso per scoprire che era davvero forte: sembrava vodka mescolata con qualcos’altro.

 

<< Peccato… >> mormorò, << Altrimenti la Mosca-Cherepova sarebbe stata molto più facile, per noi >>.

 

Nina si rilassò e sorrise, ma Xander intuì che doveva sapere qualcosa. Era la figlia del Primo Ministro, e doveva per forza avere una certa vicinanza con la Lince… Avrebbe potuto esserlo anche lo stesso Kraracova, magari anche all’insaputa di sua figlia.

 

<< Lo sarà in ogni caso >> ribatté lei, << Sto per avere la mappa della gara, più un paio di soffiate su chi ci sarà a controllare le auto… >>.

 

Il cameriere tornò proprio in quel momento, e porse un biglietto a Nina, facendole un cenno verso il centro del locale: seduto al bancone c’era un uomo che doveva avere circa quarant’anni, vestito in giacca e cravatta, che beveva un drink con aria eccitata. Le rivolse un cenno, come a dire che la stava aspettando.

 

Nina prese il fogliettino e gli diede uno sguardo, disgustata. Poi lo appallottolò e lo gettò nel vicino cestino, quasi irritata. Davanti all’espressione interrogativa di Xander, spiegò: << E’ quello che devo vedere per la soffiata… >>. Il suo sguardo divenne quello di un felino infuriato, e arricciò il labbro in segno di profondo fastidio. << Gli avevo detto di non venire qui… Idiota >>. Tornò a guardarlo, e sorrise come se niente fosse. << Aspetterà il suo turno. Ora non ho tempo per lui >>.

 

Nina non era una che andava tanto per il sottile, e le piaceva farsi rispettare, oltre che essere un incredibile ribelle: tutte caratteristiche che la rendevano assolutamente irresistibile. Gli sguardi di tutto il locale erano su di lei, e Xander non potè fare a meno di pensare che lo stavano invidiando, e qualcosa dentro di lui si mosse di nuovo… Scosse il capo.

 

<< Stando a quello che mi hanno detto, non potremo fare modifiche alle auto, durante la gara… >> disse, sentendo gli occhi di Nina puntati sul suo viso, << Cosa devo aspettarmi? >>.

 

<< Nulla >> rispose semplicemente lei, << Sigilleranno il motore, per fare in modo che in caso di guasto non si possa riparare, ma farò in modo di evitarlo… A proposito, che auto utilizzeremo? >>.

 

<< La mia >> rispose Xander, << Non ho sborsato duecentocinquanta mila euro per lasciarla chiusa in un garage >>.

 

Nina ridacchiò. << Ok, Mark, allora sarà la tua Ferrari a portarci a Cherepova. Lo dirò al mio amico, in modo che si ricordi di quale auto dovrà dimenticarsi >>. Gli fece l’occhiolino.

 

Xander si appoggiò allo schienale del divanetto, una smorfia sul volto.

 

<< Ottieni sempre quello che vuoi, vero? >> commentò.

 

<< Certo >>. Nina buttò giù il suo secondo drink tutto d’un sorso, poi si sporse sul tavolo. << Sempre >> aggiunse.

 

Prima che lui ebbe modo di pensare, la ragazza salì sul tavolo, spostando malamente il bicchiere vuoto fino a farlo cadere a terra, e come un felino si fermò a un soffio dalla sua faccia, gli occhi del locale puntati su di loro.

 

<< E tu? Non ottieni sempre quello che vuoi? >> mormorò lei.

 

Non aveva tempo per ragionare, per pensare… Doveva solo prendere una decisione: stare al gioco, oppure no.

 

E forse non aveva davvero alternativa.

 

Sorrise, lasciando che Nina si avvicinasse ancora, lasciando che il suo istinto lo guidasse ancora una volta, esattamente come faceva sempre. E quel fottutissimo istinto, non lo fece tirare indietro come avrebbe dovuto fare, ma gli fece alzare la mano e passare il dito sul mento liscio e perfetto di Nina.

 

<< Di solito, è quello che voglio che viene da me… >> sussurrò.

 

Era sbagliato, profondamente sbagliato, ma ora che si trovava in ballo, la cosa gli piaceva. Aveva dimenticato il gusto di giocare, la sensazione di sfida che accompagnava quella situazione… Ritrovarli adesso era una sorpresa piacevole.

 

Nina sorrise, avvicinandosi ancora, gli occhi che si abbassarono per un attimo sulle sue labbra. Non le interessava che tutto il locale potesse guardarli, non le interessava che pensassero che fosse una “facile”, come tutti sapevano. Era una dannata esibizionista come Challagher, e il suo fascino stava proprio lì, nell’essere quella a cui non importa di niente e di nessuno…

 

<< Abbiamo perso tutta la nostra timidezza? >> ribatté lei, sensuale, << Finalmente… Ma il bello sta tutto lì, no? C’è chi scappa e c’è chi insegue… >>.

 

Non si sarebbe tirato indietro, questa volta. La sua decisione l’aveva presa, e per quanto se ne vergognasse, doveva andare avanti. Non c’era legame, non c’era promessa che teneva davanti alla missione…

 

Sentiva il fiato dolce di Nina sulla sua bocca, appostata sul tavolo come una gatta pronta a balzare sul suo topolino, e trovò quell’odore frizzante, piccante, invitante… Aveva un che di proibito che rendeva il disegno di quelle labbra ancora più perfetto di quanto non fosse…

 

Un cellulare squillò sonoramente, annunciando l’arrivo di un messaggio. Xander lo sentì vibrare nella sua tasca, e abbassò istintivamente la testa, mentre Nina si ritraeva, infastidita. Gli sguardi della gente, fino a quel momento puntati su di loro, tornarono a concentrarsi da un’altra parte.

 

Era bastato un trillo a far sfumare il momento, a evitare a Xander di rompere la sua promessa, ma non sapeva se essere sollevato o no. Tirò fuori il telefono, ignorando la reazione di Nina, che era tornata a sedersi sul divanetto.

 

Sul display brillava un solo nome, che sembrava essere quasi un segno: Irina.

 

Aprì il messaggio.

 

Come è andata la gara?” c’era scritto.

 

Forse era il fatto che era confuso, o che si sentiva colto in fallo, ma l’irritazione montò dentro di lui come mai prima di allora. Aveva detto a Irina che avrebbe disputato una gara, quella sera, e come ogni volta lei gli aveva chiesto l’esito, in quel modo poco invasivo e discreto che la contraddistingueva, per fare in modo che rispondesse solo quando poteva davvero e non metterlo nei guai… Nonostante tutto, però, trovò la cosa fastidiosa, questa volta.

 

“Tutto bene. Ci sentiamo domani” rispose velocemente.

 

Non era da lui essere così sbrigativo nei suoi confronti, e sapeva che Irina si sarebbe preoccupata, ma in quel momento non gli interessava. Non gli interessava che lei si fosse chiesta come mai non l’aveva chiamata, e come mai avesse scelto quella forma di comunicazione così distaccata. Non aveva voglia di parlare con lei e fare finta che andasse tutto bene.

 

Alzò lo sguardo su Nina, notando la sua espressione infastidita per essere stata interrotta sul più bello.

 

<< Credo di dovermene andare >> disse lui, il tono neutro.

 

Forse Nina colse qualcosa nella sua voce, o nella sua espressione, perché cambiò faccia e disse, tranquilla: << Non ti preoccupare, vai pure… Abbiamo appuntamenti con persone diverse, stasera >>.

 

Xander si alzò, gettandole una rapida occhiata, e uscì dal locale. Raggiunse rapidamente l’auto e si sedette dentro, innervosito. Si appoggiò allo schienale e sospirò.

 

Odiava quella situazione. Odiava non sentirsi pienamente libero di fare quello che voleva… Per la prima volta la sua relazione con Irina gli pesava, soprattutto perché c’era in mezzo anche lei. Era come se stare con lei lo limitasse, come se inconsciamente gli avesse messo un freno… Da quando c’era lei, nella sua vita, aveva definitivamente smesso di essere il vecchio Xander, per quanto riguardava i sentimenti.

 

Lo sapeva che era un cambiamento in meglio, che significava essere diventato veramente un adulto, ma sentiva il bisogno di vivere tutto con più leggerezza, adesso.

 

Irina non c’entrava. O meglio, Irina non aveva colpe, se non quella di essersi presa la libertà di essere uscita fuori dagli schemi, di aver preso una decisione che non condivideva, e che non si addiceva alla sua personalità… In un attimo, era cambiata, e lui stentava a riconoscerla.

 

Strinse il volante, innervosito, e accese il motore della Ferrari.

 

Quella missione stava rovinando tutti quanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 24.00 – Mosca, Casa di Dimitri

 

Irina guardò perplessa la risposta di Xander sul display del suo cellulare, mentre con la mano cercava il telecomando per aprire il cancello del garage. Strano che fosse così sbrigativo, ma non si preoccupò: forse non aveva vinto o gli avevano rovinato l’auto, e magari era un po’ nervoso. L’importante era che stesse bene, nient’altro.

 

“Ma dove lo ha messo?”.

 

Rimise il cellulare in tasca e guardò l’abitacolo della R8, individuando il telecomando proprio sul cruscotto davanti al passeggero: era talmente distratta che non lo aveva visto. Lo afferrò e aprì il cancello.

 

Mentre aspettava che i due battenti si spalancassero, notò qualcosa di bianco attaccato alle inferriate. Si avvicinò lentamente, poi fermò la R8 e si accorse che era un foglietto.

 

Gettò un’occhiata allo specchietto retrovisore, per vedere la strada buia e deserta dietro di lei. Abbassò il finestrino e prese il foglietto, richiudendolo velocemente per non far entrare il freddo.

 

“Ci sentiamo presto, Fenice”.

 

Quella frase, scritta in una calligrafia sinuosa e regolare, era seguita da un numero di telefono, e poteva appartenere solo a una persona: Vladimir Buinov.

 

Gettò un’altra occhiata intorno, ma non vide nessuno, se non un paio di fari brillare in lontananza. Le bastò attendere un minuto per vedere l’Impreza nera svoltare in un viottolo e sparire nella notte.

 

Imprecò.

 

“Cavolo, siamo nei guai”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Vado di frettississimissimissima, quindi non mi dilungo in commenti. Spero che lo farete voi, però!

 

Ps: per Dust_and_Diesel: bentornata! E sappi che adoro le tue recensioni, e che quando le vedo mi illumino di immenso! (e più lunghe sono, più mi piacciono!). Ma naturalmente, ringrazio anche voi, Smemo98 e annalisa70.

 

 

 

  
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