Capitolo XX
Ore 18.00 –
Mosca, Garage di Dan
<< E con
questo abbiamo finito, per oggi >> disse Dan, chiudendo con uno schiocco
il cofano della Grande Punto bianca, la luce dei neon che lo
percorse per qualche istante, << Olio, acqua, filtri e pastiglie nuove… Non avrete problemi
con quelli che ho montato, ve lo assicuro >>.
Irina annuì, mentre
Dimitri, che stava con le braccia incrociate vicino alla 8C,
non disse niente. Aveva la faccia di uno che si sarebbe vendicato
personalmente, se le cose non fossero andate così.
<< Ci sono
ancora diverse modifiche da fare, però >> aggiunse l’italiano, pulendosi
le mani con uno strofinaccio, << E credo che sia meglio anche alzare un
po’ l’assetto, lavorando sulle sospensioni… Bassa com’è ora
potreste avere problemi, nei cumuli di neve >>.
<< Non lo so,
voglio pensarci >> disse Irina, guardandolo, << Potrebbe influire
sul comportamento dell’auto, e non voglio abituarmi a un nuovo stile di guida…
>>.
In realtà, aveva
anche qualche dubbio a lasciare che Dan mettesse le mani nella sua Punto: un
conto era fargli cambiare olio, filtri e pastiglie dei freni, che facevano
parte del check-up di qualsiasi auto, un altro era lasciargli fare delle
modifiche che per quanto minime potevano cambiare il lavoro perfetto che aveva
fatto Max.
<< Lasciamola
così >> intervenne secco Dimitri, << Voglio provarla e vedere come
va. E alle gomme penso io >>.
Dan lo guardò, l’aria dubbiosa.
<< Ok, come
volete >> disse, << In ogni caso, se volete riportarla un’altra
volta, possiamo vedere cosa si può fare ancora…
Intanto vedo di procurarmi un liquido che eviti che la benzina congeli e ve lo
faccio avere >>.
Irina sorrise.
<< Grazie mille, Dan >> disse, avvicinandosi alla Punto, <<
Sono in debito di un favore con te… >>.
<< E’ sempre
un piacere mettere le mani su una Fiat >> ribatté l’italiano, sorridendo
a sua volta.
Irina fece per
aprire la portiera, quando vide Dimitri pararsi al suo fianco, l’aria
imperscrutabile.
<< Guido io
>> disse.
Irina lo guardò di
sottecchi, senza aspettarsi quella richiesta. In realtà aveva più l’aria di un
ordine, ma lui non sapeva distinguere tra ordini e richieste civili.
Titubante, Irina
gli mise le chiavi nel palmo della mano, infastidita. Mai nessuno all’infuori
di lei, tranne Xander, aveva mai guidato la sua
Punto, ed era strano permettere proprio a Dimitri di farlo. Era un po’ come
lasciargli guardare dentro di lei, dargli in mano un pezzettino di sé stessa.
Fece il giro della
macchina e salì dalla parte del passeggero, mentre Dimitri si
incastrava nel sedile del conducente con un grugnito. Gli rivolse
un’occhiata, notando che sul suo viso c’era del disappunto.
Comprese al volo il
perché della sua faccia: stava scomodo perché aveva le gambe più lunghe delle
sue, e aveva anche bisogno di abbassare il sedile.
<< La leva è
lì sotto >> disse Irina, avvicinandosi un po’ per indicargliela, nascosta
di fianco al sedile.
Dimitri grugnì
qualcosa, che lei interpretò come un “Guidi con il
volante in braccio…”.
<< Scusa
tanto se non sono una spilungona come voi russi…
>> ribatté, allacciandosi la cintura, << Vedi di trattarla bene,
altrimenti dopo te la vedi con me… >>.
Dimitri le rivolse
un’occhiata di sbieco, poi accese il motore e partì lentamente verso l’uscita,
accendendo i fari al primo colpo, senza bisogno di suggerimenti per i comandi.
<< Se vuoi
vedertela davvero con me, è ora che impari a tirare di boxe >> ribatté
lui.
Irina lo guardò dritto
in faccia per poterlo fulminare, ma lui fissava la strada già buia della città.
E aveva un vero sorrisetto disegnato sul volto.
Non sapeva se
essere sconcertata per il suo commento, o per la sua faccia… Dimitri era capace
di sorridere?!
Spiazzata, rimase a
guardarlo, senza nemmeno rendersi conto che aveva appena imboccato una super
strada in direzione ovest, troppo presa dal memorizzare la sua espressione per
pensare ad altro. Da quanto erano a Mosca, il massimo che era riuscito a fare
era una smorfia mezzo divertita…
Ma adesso, Dimitri
stava sorridendo…
Dimitri stava
sorridendo di una sua battuta, proprio davanti a lei. Ed era anche carino,
quando lo faceva…
Come se se ne fosse accorto, il sorriso del russo mutò nella sua
solita smorfia, anche se ancora divertita. Irina si riscosse e distolse
immediatamente lo sguardo, pronta a una sua
frecciatina: sapeva che odiava essere fissato.
<< Dove stai
andando? >> domandò, sperando di non averlo fatto arrabbiare. Stava
guidando la sua macchina, non voleva che gliela sfasciasse, visto che ricordava
il suo stile di guida ai tempi di Challagher…
<< Da nessuna
parte >> rispose lui, << Voglio solo vedere cosa sa fare
quest’auto… E capire se sei tu che hai meritato il terzo posto della Black List, oppure lei >>.
Questa era la
vendetta per averlo fissato sfacciatamente.
<< Spiritoso…
>> fece lei, guardando la strada che iniziava a sfrecciare velocemente
sotto di loro, << Ho qui la lista per stilare tutti i difetti che
troverai… Detta pure >>.
Fece finta di essere
pronta a prendere appunti, ma Dimitri la ignorò. In risposta premette più a fondo sull’acceleratore.
<< Sei
fortunata >> disse, << Il primo commento che ho da fare è un
pregio: ottima accelerazione >>.
Irina fece una
smorfia compiaciuta, ma appena sentì la Punto fiondarsi in avanti con uno
strattone, afferrò la maniglia della portiera, colta alla sprovvista. I suoi
occhi filarono dritti al tachimetro, che segnava i centottanta.
L’autostrada, forse
complice il freddo invernale, era sgombra, a parte qualche raro tir che
viaggiava lento sulla corsia di destra. Era la condizione perfetta per provare
un’auto, e Irina era abituata alle alte velocità, ma in quel momento ebbe un
po’ di paura. Di solito c’era lei dal lato del
guidatore, il volante saldamente tra le mani e i piedi che scattavano sulla
frizione e il freno, ma soprattutto perché quella era la sua macchina. Non
avere la situazione sotto controllo la innervosì.
Conosceva lo stile
di guida di Dimitri, sapeva che era più bravo di lei, ma non aveva mai avuto
modo di essere nella stessa auto con lui durante una gara…
Gettò un’altra
rapida occhiata al tachimetro, ormai sopra i duecento, e cercò di
tranquillizzarsi.
“Devo fidarmi, devo fidarmi…
Tanto in ogni caso dovremo guidare a turno, durante la Mosca-Cherepova,
quindi mi devo abituare. Era il numero due della Black List, sarà in grado di
tenere una macchina che è meno potente della GT che aveva…”.
Si appoggiò meglio
al sedile, e fissò la strada davanti a lei. Sentì una folata di vento
particolarmente forte tentare di spingere la Punto verso sinistra.
<< Falle un
graffio e me la ripaghi per intero >> disse solo, facendogli cenno di
iniziare il suo test.
<< Non ne
varrebbe la pena… >>.
Dimitri schiacciò
l’acceleratore a tavoletta, e la Punto schizzò avanti come un proiettile,
incollando Irina al sedile. Un attimo dopo il russo iniziò a zigzagare in mezzo
alla strada deserta, facendo stridere le gomme sull’asfalto, nel tentativo di
far scomporre la macchina.
<< Buona
tenuta di strada >> commentò Dimitri, << Però troppo sottosterzo…
C’è qualcuno dietro di noi? >>.
Irina gettò uno
sguardo dietro, ma non c’erano auto. Poi sentì la
Punto girarsi di lato, in un perfetto testacoda controllato, sfiorando il
guard-rail e inondando l’aria di uno stridore assordante. Si aggrappò alla
maniglia, sentendo il cuore arrivarle in gola.
Dimitri riportò
l’auto diritta, tornando ad accelerare, mentre Irina si mordeva la lingua per
non dire niente, ma soprattutto per non insultarlo.
<< Vediamo a
quanto arriva questa scatoletta… >> mormorò Dimitri, divertito.
180… 200… 230… 250…
Ormai il guard-rail
era una striscia indistinta ai loro lati, gli alberi lungo la strada una macchia verde e senza contorni… E il cuore di
Irina batteva decisamente più forte del normale. Sapeva che a quella velocità
bastava anche una strisciolina di ghiaccio, qualche sasso di troppo
sull’asfalto per fargli perdere il controllo dell’auto…
Con la coda dell’occhio
guardò Dimitri, che fissava la strada: sembrava perfettamente concentrato, lo
sguardo puntato sulla carreggiata, conscio del pericolo che correvano. Irina si
sciolse un po’: stava dimostrando di non prendere la cosa sottomano.
Quando sentì che
l’auto aveva smesso di accelerare e si era assestata su una folle e pericolosa
velocità, Irina guardò il contachilometri.
La lancetta
illuminata si era fermata tremolante su 270 km/h.
“Beh, è migliorata dall’ultima volta…” pensò, ricordando
che la sua ultima prova di velocità massima risaliva a due anni prima.
<< Hai fatto
togliere il limitatore? >> chiese Dimitri.
<< Sì
>> rispose. Doveva essere stato Max, quando aveva fatto il cambio con il
motore della BMW: di solito le M3 di serie erano limitate ai 250 km/h.
<< Bene…
>> mormorò Dimitri, << Ora non ci resta che provare un’ultima cosa…
>>.
Irina fece mente
locale: accelerazione, comportamento in strada, velocità massima… Cosa mancava?
Quando capì, guardò
Dimitri, agghiacciata.
<< Non puoi
inchiodare in mezzo all’autostrada! >> gridò, terrorizzata.
Dimitri fece una
smorfia divertita.
<< Non posso?
>> ribatté, << Sto per farlo. Tieniti >>.
Il russo premette
sul pedale del freno con tutta la forza che aveva a disposizione, e Irina sentì
un peso enorme schiacciarle la nuca, spingendola in avanti, trattenuta solo
dalla cintura di sicurezza. Appoggiò le mani sul cruscotto, digrignando i denti
per la decelerazione, le orecchie invase dal suono stridente delle gomme
sull’asfalto.
Quando la Punto
rimase immobile in mezzo alla strada, avvolta in una nuvoletta di polvere di
ghiaccio sollevata dalle ruote, Irina riprese fiato e tornò ad appoggiarsi sul
sedile.
<< Frenata
lunga… >> commentò a bassa voce Dimitri,
tranquillo, << Cambiamo i freni >>.
Irina lo guardò,
sbigottita, mentre lui rimaneva tranquillamente fermo nel bel mezzo
dell’autostrada, deserta, ma pur sempre un’autostrada.
Lui la guardò e disse, come a spiegare la sua poca fretta di sgombrare la
carreggiata: << Non c’è nessuno nel raggio di chilometri >>. Poi
ripartì lentamente.
<< Abbiamo
finito? >> esalò Irina, osservando la strada ricominciare a sfilare di
fianco a loro, a una velocità più accettabile di prima.
Dimitri mostrò
un’altra smorfia divertita.
<< Sì,
abbiamo finito >> rispose. Poi aggiunse: << Oggi che avresti potuto
urlare, hai tenuto la bocca chiusa, come mai? >>.
<< Non ti
avrei mai dato la soddisfazione di sentirmi dire “fermati” >> ribatté
lei, incrociando le braccia.
Dimitri non
aggiunse niente, e Irina puntò lo sguardo fuori dal finestrino, offesa. Stavano
raggiungendo un’auto che procedeva solitaria in mezzo all’autostrada, ma che
era ancora un piccolo puntino all’orizzonte. Sentì che Dimitri accendeva la
radio, selezionando una delle canzoni preferite di Irina: molto probabilmente
piaceva anche a lui.
Quando arrivarono
nei pressi dell’auto, si accorse di una cosa, e il sangue si gelò nelle vene:
sul tetto della macchina c’erano dei lampeggianti, ora
spenti, e la livrea era quella di…
<< E’ la
polizia! >> disse Irina.
In quel momento, le
sirene della volante si accesero, e Dimitri scartò di lato per evitare che gli
tagliassero la strada. Forse per via della loro velocità o per il tipo di
macchina, sembravano aver capito che si trattava di piloti clandestini.
<< Merda…
>> disse il russo.
La Punto schizzò
avanti, guadagnando velocità, e Irina si voltò indietro per guardare: li
avrebbero seguiti, ne era sicura, ma non sapeva come si sarebbe comportata la
polizia russa. Non sapeva nemmeno se in caso di fermo li avrebbero lasciati
andare, visto che collaboravano con i servizi segreti del loro paese…
<<
Chiameranno rinforzi? >> chiese, mentre tornava a sedersi.
<< Li semino
prima… >> borbottò Dimitri.
Irina lo vide
accelerare al massimo, le sopracciglia aggrottate… Forse stava pensando a una
via di fuga. Intanto la sirena dietro di loro continuava a suonare
incessantemente, i fari della volante che lampeggiavano per intimargli l’alt.
Avrebbe voluto
trovarsi lei al posto di Dimitri, in quel momento, ma sapeva che non potevano
certo fermarsi e scambiarsi… Era sicura di poterli seminare in fretta,
sfruttando come sapeva fare lei le doti della Punto, anche se non conosceva la
zona…
<< Forse ci
conviene uscire… >> disse, cercando con lo sguardo una rampa che li
avrebbe portati fuori dall’autostrada.
Dimitri non
rispose, ma gettò un’occhiata allo specchietto retrovisore. Qualcosa brillò nei
suoi occhi grigi, facendola preoccupare. Irina si voltò di nuovo, e comprese il
perché della sua reazione.
Una Subaru Impreza nera con due strisce gialle sul cofano li stava
raggiungendo, o meglio, li stava seguendo affiancata
alla volante della polizia. Aveva i finestrini oscurati, ma Irina era sicura
che dentro ci fosse Vladimir Buinov.
<< Cavolo… Da
quant’è che ci segue? >> chiese, allarmata.
<< Da quando
abbiamo lasciato il garage di Dan >> rispose Dimitri.
Irina si morse il
labbro: non s’e n’era accorta, e come sempre il russo aveva prestato più
attenzione di lei.
<< Pensa che
ci sia tu, alla guida >> disse il Mastino, << Probabilmente voleva
incontrarti… Aspetta che seminiamo gli sbirri per sbarrarci la strada e
costringerci a fermarlo… >>.
Dimitri portò la
Punto a sinistra, poi scartò improvvisamente di lato e infilò la rampa di decelerazione
che li avrebbe portati a Terletskiy Lesopark, a ovest di Mosca… La volante riuscì a seguirli, e
Vladimir anche.
<< Ci
rimangono dietro… >> mormorò Irina.
<< Lo so
>> ringhiò Dimitri, << Ma non ho nessuna intenzione di farmi
fermare >>.
Una volta usciti
dall’autostrada, si ritrovarono in un quartiere fatto di casette basse e dalle
strade larghe e ben illuminate dai lampioni. La Punto svoltò di lato,
imboccando una stradina più stretta che sembrava portare a un parco.
Dimitri percorse la
viuzza, poi svoltò bruscamente a sinistra, il suono della sirena della volante
più attutito, ma i fari della Impreza
ancora ben visibili nello specchietto. Irina vide il russo muoversi stranamente
sul sedile, poi tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una pistola e gliela
porse.
Irina la afferrò,
chiedendosi cosa mai ci dovesse fare, poi le venne in mente che…
<< Tu non
puoi avere una pistola! >> gridò.
<< Invece ce l’ho >> ribatté Dimitri, continuando a fissare la
strada, << Togli la sicura… E se ti dico spara, tu spari >>.
Irina lo guardò,
poi fu costretta ad aggrapparsi alla maniglia della portiera per non essere
sballottata di lato mentre la Punto scartava nuovamente a destra, ora in un
quartiere fatto di alti palazzi fatiscenti.
<< Io non gli sparo addosso! >> sbottò, mentre liberava la
pistola della sicura e tornava a guardare dietro.
<< Sapevo già
che non eri in grado di ammazzare nemmeno una mosca >> ringhiò Dimitri,
<< Spara alle gomme, almeno quello lo sai fare?
>>.
Irina fece per
ribattere, ma poi si accorse che la volante sembrava sparita.
<< La polizia
non ci segue più… >> disse.
<< Spara a
Vladimir. Della polizia non me ne frega un cazzo, e lui che non possiamo
incontrare >>.
Irina rimase un
momento immobile, la pistola in mano e la strada che sfrecciava alla sua
destra, senza sapere che fare… Poi aprì il finestrino, l’aria gelida che invase
l’abitacolo, e tirò fuori la mano con la pistola… Un attimo, il tempo di
affacciarsi, e Vladimir non c’era più.
Interdetta, si
guardò in giro, l’aria gelida a frustarle il viso, ma di Buinov
non c’era traccia. Richiuse il finestrino, mentre Dimitri si lasciava andare a
una smorfia.
<< Questo
conferma quello che pensavo… >> mormorò, rallentando.
<< Perché è
andato via? >> chiese lei, rimettendo in sicurezza la pistola.
<< Ha visto
che c’ero anche io… >> fu la laconica risposta
di Dimitri.
Svoltò a sinistra,
percorrendo le strade buie e deserte a velocità sostenuta, per arrivare il prima possibile a casa ed evitare di incontrare di nuovo la
polizia, o forse Vladimir. Per quanto non lo temesse, sembrava non volerlo mai
incontrare in sua presenza, come se potesse metterlo in una posizione scomoda.
<< Come
facevi ad avere questa pistola? >> chiese, insospettita, per cambiare
argomento. Anche perché quello era abbastanza rilevante.
<< Credi
davvero che abbia accettato di venire a Mosca senza nemmeno un’arma? >>
ribatté lui, << Voi non me le avete fornite, ma questo non toglie che io
non me le possa procurare >>.
Inchiodò di colpo e
Irina si accorse che erano già a casa. In quell’istante il cellulare di Dimitri
squillò e lui rispose, senza degnarla di ulteriore
attenzione.
Per sua sfortuna,
si mise a parlare in russo fitto, e l’unica cosa che riuscì a cogliere fu la
parola “Vladimir” e il palese nervosismo del Mastino. Sembrava infuriato, e
forse stava raccontando l’accaduto al suo interlocutore. Mentre parlava con la
mano libera stringeva il volante, scendendo lentamente
lungo la rampa del garage. Alla fine fermò la Punto al suo posto e chiuse la
telefonata, uscendo dalla macchina.
Irina scese, ancora
con la pistola in mano, e si fiondò a esaminare l’auto per vedere se c’erano
danni: sembrava tutto a posto, tranne il paraurti davanti che portava i graffi
dei sassolini che si erano sollevati mentre correvano lungo la strada sterrata.
La vernice bianca si era scrostata, lasciando tanti puntini scuri come piccoli
moscerini spiaccicati durante un lungo viaggio ad alta velocità.
Sbuffò,
rassegnandosi al fatto che per un po’ avrebbe dovuto tenerla così: dove lo
trovava un paraurti identico a quello, prima che iniziasse la Mosca-Cherepova? Oltretutto, forse non faceva nemmeno bene
a cambiarlo, perché era sicura che durante la gara si sarebbe
rovinato di nuovo.
Dimitri si affiancò
e guardò il danno con distacco, come se non gli interessasse minimamente di
quello che aveva combinato, e le sfilò la pistola dalle mani. Poi si avviò
verso l’ascensore, infilandosela in tasca con noncuranza.
<< Stasera
vado al Black Diamond
>> disse, secco, << Se pensi di voler venire, fatti trovare pronta
>>.
Irina alzò gli
occhi al cielo e lo seguì, intuendo che il suo obiettivo era quello
di andare a prendere a pugni qualcuno per scaricarsi… Vederlo darsele di
santa ragione con degli armadi fatti di muscoli non la allettava, ma era il
caso che facesse uno sforzo: forse poteva scoprire qualcosa sulla Mosca-Cherepova, oltre che evitare che magari si facesse
macellare direttamente sul ring.
Mentre risalivano
in ascensore, rimasero in silenzio, Dimitri con lo sguardo puntato per terra,
Irina che lo guardava di sottecchi. Alla fine era stato bravo, non aveva
maltrattato troppo la sua Punto, ed era anche fuggito dalla polizia con
facilità. A parte il danno minimo al paraurti, non poteva lamentarsi. Si era
fidata e aveva fatto bene.
Arrivarono
all’ultimo piano e uscirono sul pianerottolo, poi il russo aprì la porta
dell’appartamento, accendendo tutte le luci. Lei fece per entrare, ma Dimitri
le prese la mano e le posò sul palmo le chiavi della Punto, guardandola dritta
negli occhi e facendole scorrere un inspiegabile brivido lungo la schiena.
<< Cinquanta merito tuo, cinquanta merito della tua auto,
Fenice >> disse, poi sparì velocemente di sopra, per prepararsi alla sua
serata.
Irina rimase impalata,
senza capire bene cosa avesse detto, e lo guardò risalire le scale a grandi
passi. Poi si riscosse e lasciò che il suo cervello assimilasse quello che
aveva detto il russo.
Guardò le chiavi
che teneva nel palmo della mano, e sorrise.
“Ah, Dimitri… Se fossi solo leggermente meno
scorbutico, saresti anche simpatico”.
Ore 23.00 –
Mosca, Black Diamond
Irina raggiunse a
passo rapido la porta dello spogliatoio di Dimitri, trovandola aperta. Si infilò dentro, ma prima che potesse rendersi conto che il
Mastino era seduto su una sedia con del ghiaccio sul naso e una spessa benda
sulla spalla, venne afferrata per un braccio da qualcuno, e la porta venne
sbattuta violentemente dietro di lei. La faccia sfregiata di Emilian si parò a pochi centimetri dalla sua, gli occhi che
dardeggiavano.
<< Lasciala
entrare >> disse Dimitri, togliendosi il ghiaccio dal naso, <<
Aspettavo lei prima di chiudere la porta… Non è capace di bussare >>. Il
tono era molto simile a quello che usava Challagher
per prenderla in giro.
Emilian la lasciò andare,
e Irina rimase a guardare la faccia divertita e distrutta di Dimitri: questa
volta era andato avanti per più di un’ora, per quattro round consecutivi, a
darsele con dei russi più simili a montagne di muscoli che a persone.
<< Scusa, non
volevo venire a romperti, ma non ti vedevo tornare… >> disse lei,
cercando di dimenticare che l’aveva appena sfottuta.
Aveva resistito un
po’, poi alla fine del secondo round era uscita a prendersi qualcosa da bere ed
era tornata solo alla fine del quarto, per vederlo andare via un po’ malandato
ma ancora sulle sue gambe. Sapeva che l’avrebbe odiata a morte, ma la sua
coscienza le imponeva di andare a vedere come stava, e avrebbe sopportato anche
il suo tono infastidito.
A quella frase, la
faccia sfregiata di Emilian divenne indecifrabile; ma
la guardò in modo strano, come se non credesse alle sue orecchie.
<< Rimani
>> fu la risposta di Dimitri, che tornò a rivolgere la propria allo
specchio che aveva davanti, << Tanto stavamo parlando di qualcosa che ti
riguarda >>.
Irina annuì, ma non
riuscì a distogliere lo sguardo dal suo naso: perdeva sangue abbastanza
copiosamente, e aveva l’aria di essere molto doloroso, oltre che messo proprio
male.
<< Non è che ti ha rotto il naso? >> soffiò lei,
avvicinandosi, << Forse è meglio che… >>.
<< Il mio
naso è di plastica, Irina >> ribatté Dimitri, freddamente, << Me lo
sono rotto tante di quelle volte che alla fine ho optato per
uno finto… Fa più male a chi lo colpisce >>.
Emilian ridacchiò, poi
passò a Dimitri uno straccio con il quale si ripulì la faccia. Si guardò nello
specchio, poi si afferrò il naso e con uno scrocchio sinistro lo rimise a
posto, neanche fosse un accessorio messo male. Irina rabbrividì, inchiodata
dov’era, impressionata e mortificata per la sua risposta decisamente
brusca. Lui notò la sua espressione e fece una smorfia.
<< Se hai
intenzione di svenire, Emilian non avrà tempo per
occuparsi anche di te >> disse.
Irina non ribattè nulla e si andò a sedere, sapendo di non meritare
quella freddezza, ma conoscendolo abbastanza da accettarla. << Di cosa
parlavate? >>.
<< Di
Vladimir >> rispose Dimitri, scoprendo la ferita sulla spalla, profonda e
sanguinante, << Gli ho raccontato quello che è successo… >>. Fece un
cenno verso suo cugino.
Emilian tirò fuori un
tampone di garza e lo bagnò con del disinfettante, porgendolo a Dimitri che
ripulì rapidamente e rudemente la ferita, senza dare segno che potesse fargli
male in qualche modo. Irina si accorse che il suo taglio aveva una forma
particolare…
<< Ti ha
morsicato?! >> gridò all’improvviso, inorridita.
Si alzò e andò a guardare da vicino.
Dimitri le rivolse
un’occhiata. << Ricordi cosa ti ho detto l’altra volta? >> fece,
acido, << Bene, non farmelo ripetere… ma soprattutto,
non farmelo mettere in pratica >>.
Irina si morse il
labbro, ma non riuscì a trattenersi. Poteva anche insultarla o prenderla in
giro, ma qualcosa le diceva che la sua reazione era quella di
chi non vuole mostrarsi mai debole… Un comportamento stupido, che lei avrebbe
completamente ignorato, vista la situazione.
<< Devi
pulirla bene, altrimenti fa di sicuro infezione >> disse seria, rivolta a
Emilian, << I morsi sono pericolosi… >>.
<< Abbiamo
un’infermiera? >> ridacchiò Emilian, con la sua
voce rasposa così inadatta a prenderla in giro. La
sua faccia sfregiata di accartocciò in un sorriso
strafottente.
Irina si arrabbiò:
lei si preoccupava, e loro la deridevano. Non era apprensiva, non era stressante
né troppo invadente, e per una volta che dimostrava un
minimo di interessamento, la prendevano per il culo?
<< Io non
sono un’infermiera, ma tu sei di sicuro un macellaio >> sibilò rivolta a Emilian, << Hai anche intenzione di cucirlo con del fil di ferro? >>.
La faccia di Emilian si trasformò in una maschera di fastidio,
ma Dimitri sembrò notarlo e disse, secco: << Ok, lascia fare a
lei, visto che è tanto brava. Nel frattempo raggiungi Nikodim,
e digli che ho intenzione di parlare con lui >>.
“Perfetto, almeno lui se ne va…”. Irina incrociò le
braccia, che l’espressione di Emilian, sotto le
cicatrici, sembrava colpita. O stupita. Difficile dare la giusta
interpretazione.
<< D’accordo
>> disse.
Emilian uscì dalla stanza,
lasciandoli da soli. Dimitri la guardò dal riflesso dello specchio davanti a
lui e disse, serafico: << Bene, se vuoi mostrarmi le tue capacità…
>>.
Irina sbuffò ma
prese dalle sue mani il tampone, decisa a dimostrargli che di sicuro era meno
rude di suo cugino nel medicare le ferite. Si procurò
dell’altro disinfettante, e iniziò la sua opera, chiedendosi cosa stesse
pensando Dimitri in quel momento… Sicuramente qualcosa di poco gentile.
Allargò lentamente
con le dita il taglio per permetterle di pulire bene dentro, la pelle calda
nonostante le altre cicatrici, e rivolse un’occhiata alla faccia di Dimitri:
sembrava una statua. Non si lamentava, né faceva nessuna smorfia. Addirittura
guardava da tutt’altra parte, decisamente interessato
alla maniglia del mobiletto lì vicino…
<< Credo che
vada dato qualche punto… >> mormorò lei, gettandogli un’occhiata.
Dimitri tirò fuori
ago e filo da un cassetto, e con noncuranza glieli porse. Irina li afferrò, in
silenzio.
<< Allora
cuci >> borbottò lui.
Irina fece un passo
indietro. << Ma neanche per sogno! >>
sbottò, << Devi andare in ospedale, non ti puoi
mica mettere i punti da solo! >>. In realtà si era aspettata una cosa del
genere, ma sperava non ci arrivassero.
Dimitri fece una
smorfia mezza divertita.
<< L’ho
sempre fatto, e come vedi sono sempre sopravvissuto
>>. Con il capo fece un impercettibile segno verso le sue cicatrici,
<< Se non lo vuoi fare tu, faccio da solo. Dammi
>>.
Si riprese ago e
filo e tagliò rapidamente un pezzetto di filamento infilandolo nella cruna, con
Irina che lo guardava basita. Non aveva assolutamente paura di nulla, quel
ragazzo.
<< Ok, ok >> disse alla fine, quando lo vide infilare la
punta dell’ago nella carne come se fosse un pezzetto di stoffa, <<
Aspetta, ti aiuto… >>.
Si riprese l’ago, e
Dimitri la guardò inarcando un sopracciglio in una manifestazione di
perplessità strana, visto il suo solito comportamento. Non si appose e la
lasciò fare, mentre Irina si mordeva il labbro infilandogli quell’ago nella
spalla con la mano che tremava impercettibilmente…
La parte peggiore
era che ogni volta che tirava il filo, goccioline di sangue stillavano dai fori
appena fatti, colando lungo la pelle. Afferrò rapidamente una garza per
asciugarle, il tessuto che sfregava contro le altre cicatrici bianche e assurdamente
calde.
<< Immagino
questa sia la tua vendetta per il paraurti della tua auto… >> disse
Dimitri, facendo scrocchiare sinistramente il collo. Sicuramente faceva male,
ma lui non lo dava a vedere.
Irina gli rivolse
un’occhiata. << Non sono così cattiva >> ribatté.
<< Bè, intanto sappi che sei negata, a ricucire le ferite…
>> commentò Dimitri, ma non sembrava serio. La sua voce aveva avuto una
piccola inflessione che poteva essere interpretata come divertimento.
Irina mise l’ultimo
punto, poi gettò via l’ago e il filo macchiati di sangue come se fossero stati
due insetti disgustosi. Aveva il profondo sospetto che Dimitri la stesse prendendo in giro, per via della sua mano che
tremava, ma rimase zitta e lo guardò rimettersi la sua maglia come se si fosse
appena fatto un massaggio rilassante. Non si aspettava nessun grazie da parte
sua, era chiaro.
<< Cosa dicevate tu e Emilian, a
proposito di Vladimir? >> chiese, per cancellare quel momento poco
piacevole.
<< Che non
avremmo dovuto mandarti nel suo quartiere >> rispose Dimitri, <<
Avremmo dovuto evitare che vi incontraste… Vladimir ha
mangiato la foglia >>.
Irina aggrottò le
sopracciglia. << Cosa vuoi dire? >>.
Per la prima volta,
Dimitri non la guardò mentre rispondeva. Sembrava teso.
<< Emilian pensa che cercherà di usarti contro di noi, e non è
l’unico che ha questa idea >> rispose.
<< Potrebbe
usare me per arrivare a voi? >> fece Irina, cercando di fare chiarezza.
<< Sì
>> rispose secco Dimitri, << Il problema è che cercherà di contattarti, di parlare di nuovo con te… Finché rimani in
mezzo a noi, non c’è pericolo che ci riesca, ma sa che siamo noi stessi a
evitarlo… Significherebbe ammettere che abbiamo paura che tu ci possa tradire,
che non siamo sicuri del tutto della tua fedeltà… A quel punto, cercherà ancora
di più di farti diventare una dei suoi… >>. Si interruppe,
come se non fosse convinto di ciò che stava dicendo.
Irina cercò di
capire cosa avesse: di solito Dimitri era diretto nei suoi discorsi, lineare, ma questa volta le sembrava confuso tanto quanto
lei. Sembrava voler far intendere una cosa, ma dava una spiegazione che non
combaciava… Sicuramente c’era qualcosa che non voleva rivelare, forse qualcosa
del suo passato.
<< Vuoi dire
che il fatto che io lo riesca evitare potrebbe indurlo a pensare che stiate
cercando di proteggermi? >> disse lentamente, per vedere se aveva letto
correttamente tra le righe, << Che non mi vogliate
coinvolgere in questa storia? >>.
Dimitri la guardò,
e lei si accorse che i suoi occhi erano più intensi e meno freddi di quanto
aveva sempre creduto.
<< Infatti io non voglio coinvolgere nessuno, in questa storia
>> sentenziò.
Si fissarono per qualche
istante.
<< Quindi? >> fece lei, confusa.
<< Quindi Emilian ha proposto che tu
accettassi la proposta di Vladimir, e facessi la doppiogiochista per noi
>> disse il russo, neutro.
Irina inarcò un
sopracciglio, sorpresa. << Ah… Bé, credo di doverci pensare un attimo…
>>.
<< No, non
c’è bisogno di pensare >> ribatté Dimitri, << Tu non farai la
doppiogiochista proprio per nessuno. Sono fatti che riguardano me e Buinov, e nessun’altro. Non
permetterò a nessuno di impicciarsi… >>. Si stava innervosendo…
<< Ok, va
bene >> fece Irina, senza capirci più niente, << Allora che
facciamo? >>.
<< Ci faremo
vedere in giro il meno possibile >> rispose Dimitri, avviandosi verso la
porta, << Dobbiamo prepararci per la Mosca-Cherepova,
e non possiamo pensare ad altro >>.
Con quella frase
sbrigativa uscì dallo spogliatoio e Irina lo seguì, rimanendo in silenzio
finché non raggiunsero la sala dove Nikodim li
aspettava insieme ad alcuni cugini di Dimitri. La
tensione tra il Mastino e il russo era palpabile, e dalla faccia che aveva Nikodim si capiva che si stava
pentendo della sua idea di averla mandata da Vladimir. Non si erano più visti
dal giorno dell’assegnazione dell’incarico, ed era sicura che lui avesse fatto
di tutto per evitarli…
Prima che qualcuno
avesse il tempo di fare niente, Dimitri afferrò Nikodim
per il colletto della camicia e lo sbatté contro il muro, tirandolo su di peso.
Emilian, che stava a un angolo della sala, fece segno a tutti
di non muoversi, Irina compresa, e puntò gli occhi sul Mastino. Forse era
pronto a fermarlo, se la situazione fosse degenerata.
Dimitri rimase un
momento in silenzio, gustando il fiatone che Nikodim
non riusciva a controllare, i piedi a dieci centimetri dal pavimento. Era
spaventato, si vedeva, ma non riusciva a parlare per via del fatto che sembrava
avere la testa insaccata nel collo… Irina, per una volta, ritenne che se lo era meritato. Sperava solo che Dimitri non esagerasse.
Dopo averle gettato
un’occhiata, come a valutare la sua reazione, il Mastino tornò a guardare Nikodim e gli ringhiò addosso qualcosa
in russo, talmente piano che dubitava che persino i suoi cugini avessero capito
cosa avesse detto; poi aggiunse, in modo che anche lei potesse capire: <<
E adesso tu ci fornirai la mappa della corsa, chiaro? >>.
Nikodim, il fiato corto,
rispose: << Non le ho io… Le tiene Konstantin
>>. Stava diventando sempre più pallido.
<< Allora
vedi di fare in modo di farcele arrivare >>
continuò Dimitri, << La prossima volta ci penserai due volte prima di
farci cadere in una trappola di Vladimir, chiaro? >>.
<< Non posso
fartele avere >> ribadì Nikodim,
e Irina ebbe l’impressione che stesse soffocando, << Non le cede a
nessuno… Le darà solo agli altri Referenti… >>.
Dimitri fece una
smorfia spaventosa, come se potesse ucciderlo sul posto. Gli sputò addosso qualcosa in russo e lo lasciò andare, poi fece un
cenno a Emilian di seguirlo fuori. Irina rimase ferma
dov’era: meglio non prendere iniziative, perché sembrava
più suscettibile del normale.
C’era qualcosa che
non andava, se n’era accorta. Dimitri era più nervoso del solito, e qualcuno la
guardava con occhio sospettoso più del dovuto… Che c’entrasse Nikodim o Vladimir non ne era poi tanto sicura: era lei il
problema, se lo sentiva. Il suo arrivo doveva aver dato fastidio a qualcuno, e
forse cominciava ad essere di troppo… E di sicuro,
qualunque cosa fosse, Dimitri sapeva.
Cinque minuti dopo
Dimitri ed Emilian rientrarono, facendole segno di seguirli.
Lei lasciò la sala facendo un cenno di saluto a tutti, mentre il cugino del
Mastino la scrutava indecifrabile. Era la conferma che lei centrava sicuramente
qualcosa.
<< Ce ne
andiamo >> disse seccato il Mastino.
Irina annuì.
<< Va bene… Immagino ci sia qualche problema, vero? >>.
Emilian gettò un’occhiata
stranissima a Dimitri, e lui rispose: << Ci sono sempre problemi, per
quelli come noi >>. Le gettò un mazzo di chiavi. << Vai a casa, e rimanici. Sbrigo una cosa con Emilian
e poi ti raggiungo >>. Fece per andarsene, poi si voltò un’ultima volta.
<< Ah… Se incontri qualcuno, lungo la strada, vedi di non fermarti, chiaro?
>>. Sembrava una minaccia, più che una raccomandazione.
Irina prese le
chiavi: erano quelle della Audi R8 parcheggiata fuori.
Erano venuti insieme, per evitare di incontrare di nuovo la polizia, visto
quello che era successo nel pomeriggio.
<< E tu come
torni? >> chiese, preoccupata per la sua reazione innervosita.
<< Con lui
>> rispose, indicando suo cugino, << Muoviti e non fare domande
>>.
Irina si avviò
verso l’uscita, perplessa e infastidita dal suo comportamento. Ma quando si voltò per andarsene, riuscì distintamente a
sentire la voce di Emilian, che rasposa
e in tono serio diceva: << Sei fottuto, Dimitri >>.
Ore 23.00 –
San Pietroburgo
Xander guardò la Lamborghini Gallardo bianco
neve fermarsi in mezzo alla strada, rischiarata dalla luce aranciata dei
lampioni accesi nella notte, e non poté fare a meno di farsi scappare un
sorrisetto: anche questo avrebbe dovuto immaginarlo. Gli sguardi della poca gente
intorno, ferma nel piazzale, si diressero tutti verso
l’ultima arrivata.
I cerchi bianchi
della Gallardo si fermarono a pochi centimetri da
quelli argentati della 599, silenziosissimi, i vetri oscurati che nascondevano
il pilota alla vista. I fari a led illuminarono la strada davanti a loro, poi
la portiera dell’auto si aprì.
Con il suo solito
sorriso perfetto, Nina scese dalla Lamborghini e gli gettò un’occhiata
divertita, facendo cenno alla Ferrari. Si avvicinò e si appoggiò sensuale alla
portiera della macchina, dicendo: << Ma che bell’acquisto… >>.
Xander scosse il capo.
<< Hai altre auto che non siano bianche, nel tuo
garage? >> ribatté sorridendo.
Nina scosse i
capelli, attirando ulteriormente l’attenzione di tutti. << Oh, ma certo…
Solo che il bianco si abbina sempre al mio look >> rispose.
In effetti, anche
questa volta Nina era vestita di bianco, ma aveva abbandonato la sua preziosa
pelliccia in favore di una giacca sportiva e di un paio di aderentissimi jeans
blu, più un paio di vere scarpe da pilota con tanto di suola che ricordava
quella di un pneumatico. E con quell’aria da dura
continuava a essere molto sexy.
<< Sei sicura
di saperla portare, quell’auto? >> domandò lui, provocatorio.
Nina si avvicinò,
gli occhi azzurri da gatta che brillavano.
<< E tu sei
sicuro di riuscire a starmi dietro? >> ribatté, << Sono pronta
anche a darti una spinta, se è necessario… >>.
Xander ridacchiò di
fronte alla sua sfacciataggine, e la guardò raggiungerlo con quel passo
cadenzato e sinuoso. Poi lo prese alla sprovvista e
gli si piazzò davanti, a gambe divaricate, afferrandolo per il mento e
rimanendo a cinque centimetri dalla sua faccia. Da qualche parte partì un
fischio.
<< O vuoi
darmela tu, una spinta? >> gli soffiò sulla
bocca.
Xander rimase fermo, ma
qualcosa nel suo animo si ribellò e si agitò convulsamente. Per un attimo credette che Nina volesse baciarlo, ma
invece rimase ferma, a guardarlo negli occhi, la sua bocca a un soffio
dalla sua… Aspettando che fosse lui a fare il primo passo, forse.
Il suo cervello
iniziò a lavorare febbrilmente. Se voleva essere coerente e credibile, non avrebbe
dovuto tirarsi indietro… Ma non poteva, aveva fatto una promessa a Irina…
<< Non
provocarmi troppo, altrimenti potrei decidere di sbatterti fuori dalla gara…
>> disse lui, mascherando la sua tensione con un sorriso.
Nina lo lasciò
andare e si allontanò, come se avesse capito che non se ne sarebbe fatto nulla.
<< Allora ci
vediamo al traguardo, carino >> disse, e salì sulla Gallardo.
Xander recuperò il
controllo e montò sulla Ferrari, chiedendosi per quale motivo quella situazione
lo turbasse tanto… Ormai si era cacciato nei guai, con Nina: lei si era fatta
un’idea nella testa, e lui non poteva tornare indietro.
Sentì i motori
accendersi, e avviò quello della 599, un rombo cupo nella notte. Il suono della
Gallardo al suo fianco gli ricordò che era lì per
valutare la capacità di Nina, perché sarebbe stata la sua seconda
pilota…
“Cazzo, sono nei guai. Non potevo
scegliere qualcun altro?”.
Vide un russo
raggiungere il centro della strada, per dare il via. Sapeva che Nina lo stava
guardando, e la consapevolezza di quello che era appena successo lo colpì
dritto al cuore…
Non l’aveva baciata
perché aveva fatto una promessa, e non perché non voleva.
Il russo abbassò la
mano, e con tutta la forza e la disperazione che aveva in corpo premette
l’acceleratore, facendo balzare in avanti la Ferrari come un felino a caccia,
superando di poco il muso della Gallardo. Una dopo
l’altra le marce sfilarono sotto la sua mano, portandolo in testa, fino alla
curva…
“Allora forse il problema non è Irina, sono io…”.
Con uno stridio di
gomme, la Ferrari derapò girando a sinistra, mentre la Gallardo
rimaneva nella sua scia… Le altre auto non sembravano nemmeno esistere, a parte
le loro due…
“No, non sono stato io a cominciare… Non sono stato io
a cambiare le carte in tavola… Non sono io che sono cambiato…”.
Vide il muso della Gallardo spuntare alla sua sinistra, ma si lasciò superare,
mettendosi in coda. Qualcosa, forse il fatto di essere in gara contro Nina, lo
fece tornare al momento presente… Abbandonò quei pensieri confusi e poco
piacevoli e tornò a correre come faceva sempre.
La Lamborghini
iniziò a zigzagare, bloccandogli la strada ma contemporaneamente incitandolo a
farsi valere. Xander strinse il volante, ricordando
le frasi che si erano scambiati prima, e sorrise: era
fatta così, lo avrebbe sempre provocato.
Affondò il piede
sull’acceleratore e cercò di superarla, ma lei gli tagliò la strada,
costringendolo a frenare. Era brava, aveva i riflessi pronti e scattava al
momento giusto… Molto, troppo simile a Irina. Tranne per
il fatto che Nina amava provocare, cosa che in quel momento lo mandava
contemporaneamente in bestia e gli faceva venir voglia di giocare.
Iniziò a spostarsi
a destra e a sinistra, per confonderla, mentre lei seguiva i suoi movimenti.
Facendo stridere le gomme sull’asfalto svoltò a destra, imboccando un lungo
rettilineo, e Xander le rimase incollato, per
dimostrarle che non aveva bisogno di spinte.
Una, due, tre volte fece finta di volerla superare, per
scoprire che Nina era pronta a ogni sua mossa, che non si sarebbe lasciata
fregare facilmente. Sapeva calcolare gli spazi, sapeva
tenere quel bolide da cinquecento cavalli… Altro che la Punto di Irina.
Alla fine, la
superò a una curva, senza lasciarle il tempo di reagire, ma se la trovò
incollata al paraurti posteriore. Accelerò, riuscendo a mettere un paio di
metri tra loro, poi si accorse che il traguardo era vicino.
Rallentò appena e
lasciò che la Gallardo lo affiancasse. Guardò il
vetro oscurato, sapendo che Nina lo stava guardando, e fece un cenno con il
capo verso la striscia che segnava la fine della gara. Poi rallentò ancora un
po’ e la lasciò passare avanti, tagliando il traguardo
per prima.
Una volta alla
fine, fermò la Ferrari al lato della strada, sotto gli occhi perplessi dei
russi che stavano da quelle parti. Li ignorò, perché in quel momento aveva
altro a cui pensare, qualcosa che quella gara gli
stava facendo capire. Ora che era fermo, poteva riaccendere il cervello e
riprendere il filo dei pensieri dove lo aveva lasciato.
La parola gli
rimbalzava da una parte all’altra della testa, in quel momento, ma aveva paura
di definirla per quello che era.
Crisi.
Forse il problema
dei suoi litigi con Irina, di quella sensazione di estraneità che aveva provato
troppe volte in quel periodo, era dovuta a qualcosa che nel loro rapporto si
era incrinato… Possibile che fossero in crisi?
Non ci voleva
pensare, non voleva vagliare quell’ipotesi… Troppe cose erano cambiate in poco
tempo, tutto qui, e lui faceva fatica ad accettarlo.
“La verità è che la sento cambiata, la vedo diversa da
quello che è stata in questi due anni…”.
<< Non hai
fatto troppo sul serio, vero? >>.
Alzò lo sguardo,
per vedere Nina che stava in piedi di fronte a lui, le braccia incrociate e un
mezzo sorriso sul volto. Xander scosse il capo,
interrotto nei suoi pensieri.
<< Ho visto
quello che mi serviva vedere… >> ribatté lui,
stancamente.
Nina si accorse che
aveva cambiato atteggiamento, e ridusse gli occhi a due fessure. Si avvicinò e
gli si mise di fianco, appoggiandosi alla Ferrari.
<< Mi pare di
capire che tu abbia qualche problema >> disse tranquilla, << Conosco
un posto che potrebbe distrarti un po’… Andiamo a
berci un drink? >>.
Xander fece una smorfia
senza farsi vedere: il problema erano loro due, e
sicuramente stare insieme non poteva contribuire a risolverlo.
<< Dove?
>> domandò alla fine.
<< Al Club 999 >> rispose lei, << E’ un posto di
nicchia, non ci saranno le persone che vedi qui… Sempre che tu non ami questo
genere di feccia >>. Aggiunse, sprezzante.
Xander rivolse uno
sguardo intorno, e si rassegnò al fatto che non poteva rifiutare: Nina gli
serviva, e anche se rischiava di metterlo in situazioni scomode, non poteva
fuggire.
<< Andiamo
>> borbottò, rientrando in auto.
Si
infilò
dentro la Ferrari, accorgendosi che Nina lo aveva guardato prima di risalire
sulla Lamborghini, e la seguì fino al locale di cui aveva parlato. In effetti,
nel parcheggio c’erano solo macchine di un certo calibro, e il Club 999
sembrava un posto decisamente di lusso. Situato in pieno centro di San Pietroburgo, in un edificio curato
ed elegante.
Aspettò che Nina
parcheggiasse la Gallardo, poi la seguì all’interno,
in un ambiente moderno e chic, con lunghi banconi di nero e ludico marmo dove venivano serviti i drink, e una musica soffusa
come sottofondo. A un paio di tavoli da biliardo si stavano sfidando un gruppo
di russi.
<< Vieni,
sediamoci laggiù >> disse Nina, prendendolo per
un braccio e tirandolo verso un angolo del locale, a un tavolino vuoto. Xander si lasciò trascinare svogliatamente, e prese posto sul divanetto di pelle rossa.
Un cameriere si
avvicinò subito, e sorrise a Nina.
<< Ciao, bentornata >> disse, << Cosa vi porto? >>.
<< Per me un
Martini e limone >> rispose lei, << E per lui… Qualcosa di forte.
Ha bisogno di sciogliersi un po’ >>. Ammiccò e il cameriere sparì.
Lei e Xander si guardarono per qualche momento, poi lui disse,
neutro: << Sei brava a guidare… Non l’avrei immaginato. Dove hai imparato?
>>. Non aveva voglia di saperlo, ma gli sembrava opportuno chiederlo. Era
un argomento meno scottante di altri.
Nina si strinse
nelle spalle. << Talento naturale >> rispose, << Ma ho preso qualche lezione in pista… Mio padre mi ha pagato un
insegnante privato >>.
<< E tuo
padre ti lascia fare tutto questo? >> fece lui, una punta di divertimento
nella voce.
Nina sorrise.
<< Mio padre fa il Primo Ministro >> disse, << E la sua è
solo una carica di facciata. Sono cresciuta in mezzo alle gare clandestine,
alla droga e alla corruzione da quando so camminare. Mi conoscono tutti, e
tutti conoscono lui: posso fare quello che voglio, da
queste parti. Non corro alcun pericolo >>.
Xander ebbe
un’illuminazione, pensando al Primo Ministro Kraracova…
La frase “Non corro alcun pericolo” non sembrava detta
a caso.
<< Visto che tuo padre è così popolare, dovrebbe conoscere di
persona la Lince >> buttò lì.
Nina si mosse
impercettibilmente. << Nessuno conosce di persona la Lince >>
rispose lei, << A parte le Sentinelle. E mio padre non è una di loro
>>.
I due drink che
avevano ordinato vennero poggiati davanti a loro, e
Nina si affrettò a bere. Xander prese il suo,
incuriosito dalla faccenda. Ne bevve un sorso per scoprire che era davvero
forte: sembrava vodka mescolata con qualcos’altro.
<< Peccato…
>> mormorò, << Altrimenti la Mosca-Cherepova
sarebbe stata molto più facile, per noi >>.
Nina si rilassò e
sorrise, ma Xander intuì che doveva sapere qualcosa.
Era la figlia del Primo Ministro, e doveva per forza avere una certa vicinanza
con la Lince… Avrebbe potuto esserlo anche lo stesso Kraracova,
magari anche all’insaputa di sua figlia.
<< Lo sarà in
ogni caso >> ribatté lei, << Sto per avere la mappa della gara, più
un paio di soffiate su chi ci sarà a controllare le auto… >>.
Il cameriere tornò
proprio in quel momento, e porse un biglietto a Nina, facendole un cenno verso
il centro del locale: seduto al bancone c’era un uomo che doveva avere circa
quarant’anni, vestito in giacca e cravatta, che beveva
un drink con aria eccitata. Le rivolse un cenno, come a dire che la stava
aspettando.
Nina prese il fogliettino e gli diede uno sguardo, disgustata. Poi lo
appallottolò e lo gettò nel vicino cestino, quasi irritata. Davanti
all’espressione interrogativa di Xander, spiegò:
<< E’ quello che devo vedere per la soffiata… >>. Il suo sguardo
divenne quello di un felino infuriato, e arricciò il labbro in segno di
profondo fastidio. << Gli avevo detto di non venire qui…
Idiota >>. Tornò a guardarlo, e sorrise come se niente fosse. <<
Aspetterà il suo turno. Ora non ho tempo per lui >>.
Nina non era una
che andava tanto per il sottile, e le piaceva farsi rispettare, oltre che
essere un incredibile ribelle: tutte caratteristiche che la rendevano
assolutamente irresistibile. Gli sguardi di tutto il locale erano su di lei, e Xander non potè fare a meno di
pensare che lo stavano invidiando, e qualcosa dentro
di lui si mosse di nuovo… Scosse il capo.
<< Stando a
quello che mi hanno detto, non potremo fare modifiche alle auto, durante la
gara… >> disse, sentendo gli occhi di Nina puntati sul suo viso, <<
Cosa devo aspettarmi? >>.
<< Nulla
>> rispose semplicemente lei, << Sigilleranno il motore, per fare
in modo che in caso di guasto non si possa riparare, ma farò in modo di
evitarlo… A proposito, che auto utilizzeremo? >>.
<< La mia
>> rispose Xander, << Non ho sborsato duecentocinquanta mila euro per lasciarla chiusa
in un garage >>.
Nina ridacchiò.
<< Ok, Mark, allora sarà la tua Ferrari a portarci a Cherepova.
Lo dirò al mio amico, in modo che si ricordi di quale auto
dovrà dimenticarsi >>. Gli fece l’occhiolino.
Xander si appoggiò allo
schienale del divanetto, una smorfia sul volto.
<< Ottieni
sempre quello che vuoi, vero? >> commentò.
<< Certo
>>. Nina buttò giù il suo secondo drink tutto d’un
sorso, poi si sporse sul tavolo. << Sempre >> aggiunse.
Prima che lui ebbe
modo di pensare, la ragazza salì sul tavolo, spostando malamente il bicchiere
vuoto fino a farlo cadere a terra, e come un felino si fermò a un soffio dalla
sua faccia, gli occhi del locale puntati su di loro.
<< E tu? Non
ottieni sempre quello che vuoi? >> mormorò lei.
Non aveva tempo per
ragionare, per pensare… Doveva solo prendere una decisione: stare al gioco,
oppure no.
E forse non aveva
davvero alternativa.
Sorrise, lasciando
che Nina si avvicinasse ancora, lasciando che il suo
istinto lo guidasse ancora una volta, esattamente come faceva sempre. E quel
fottutissimo istinto, non lo fece tirare indietro come avrebbe dovuto fare, ma gli fece alzare la mano e passare il dito sul mento
liscio e perfetto di Nina.
<< Di solito,
è quello che voglio che viene da me… >>
sussurrò.
Era sbagliato,
profondamente sbagliato, ma ora che si trovava in ballo, la cosa gli piaceva.
Aveva dimenticato il gusto di giocare, la sensazione di sfida che accompagnava
quella situazione… Ritrovarli adesso era una sorpresa piacevole.
Nina sorrise,
avvicinandosi ancora, gli occhi che si abbassarono per un attimo sulle sue
labbra. Non le interessava che tutto il locale potesse guardarli, non le interessava
che pensassero che fosse una “facile”, come tutti sapevano. Era una dannata
esibizionista come Challagher, e il suo fascino stava
proprio lì, nell’essere quella a cui non importa di
niente e di nessuno…
<< Abbiamo
perso tutta la nostra timidezza? >> ribatté lei, sensuale, <<
Finalmente… Ma il bello sta tutto lì, no? C’è chi scappa e c’è chi insegue…
>>.
Non si sarebbe
tirato indietro, questa volta. La sua decisione l’aveva presa, e per quanto se
ne vergognasse, doveva andare avanti. Non c’era legame, non c’era promessa che
teneva davanti alla missione…
Sentiva il fiato
dolce di Nina sulla sua bocca, appostata sul tavolo come una gatta pronta a
balzare sul suo topolino, e trovò quell’odore frizzante, piccante, invitante…
Aveva un che di proibito che rendeva il disegno di quelle labbra ancora più
perfetto di quanto non fosse…
Un cellulare
squillò sonoramente, annunciando l’arrivo di un messaggio. Xander
lo sentì vibrare nella sua tasca, e abbassò istintivamente la testa, mentre
Nina si ritraeva, infastidita. Gli sguardi della gente, fino a quel momento
puntati su di loro, tornarono a concentrarsi da un’altra parte.
Era bastato un
trillo a far sfumare il momento, a evitare a Xander
di rompere la sua promessa, ma non sapeva se essere sollevato o no. Tirò fuori
il telefono, ignorando la reazione di Nina, che era tornata a sedersi sul
divanetto.
Sul display
brillava un solo nome, che sembrava essere quasi un segno: Irina.
Aprì il messaggio.
“Come
è andata la gara?” c’era scritto.
Forse era il fatto che era confuso, o che si sentiva colto in
fallo, ma l’irritazione montò dentro di lui come mai prima di allora. Aveva
detto a Irina che avrebbe disputato una gara, quella sera, e come ogni volta
lei gli aveva chiesto l’esito, in quel modo poco invasivo e discreto che la
contraddistingueva, per fare in modo che rispondesse solo quando poteva davvero
e non metterlo nei guai… Nonostante tutto, però, trovò la cosa fastidiosa,
questa volta.
“Tutto
bene.
Ci sentiamo domani” rispose velocemente.
Non era da lui
essere così sbrigativo nei suoi confronti, e sapeva che Irina si sarebbe
preoccupata, ma in quel momento non gli interessava. Non gli interessava che
lei si fosse chiesta come mai non l’aveva chiamata, e come mai avesse scelto
quella forma di comunicazione così distaccata. Non aveva voglia di parlare con
lei e fare finta che andasse tutto bene.
Alzò lo sguardo su
Nina, notando la sua espressione infastidita per essere stata interrotta sul
più bello.
<< Credo di
dovermene andare >> disse lui, il tono neutro.
Forse Nina colse
qualcosa nella sua voce, o nella sua espressione, perché cambiò faccia e disse,
tranquilla: << Non ti preoccupare, vai pure…
Abbiamo appuntamenti con persone diverse, stasera >>.
Xander si alzò,
gettandole una rapida occhiata, e uscì dal locale. Raggiunse rapidamente l’auto
e si sedette dentro, innervosito. Si appoggiò allo schienale e sospirò.
Odiava quella
situazione. Odiava non sentirsi pienamente libero di fare quello che voleva…
Per la prima volta la sua relazione con Irina gli pesava, soprattutto perché
c’era in mezzo anche lei. Era come se stare con lei lo limitasse, come se
inconsciamente gli avesse messo un freno… Da quando c’era lei, nella sua vita,
aveva definitivamente smesso di essere il vecchio Xander,
per quanto riguardava i sentimenti.
Lo sapeva che era
un cambiamento in meglio, che significava essere diventato veramente un adulto,
ma sentiva il bisogno di vivere tutto con più leggerezza, adesso.
Irina non
c’entrava. O meglio, Irina non aveva colpe, se non quella di essersi
presa la libertà di essere uscita fuori dagli schemi, di aver preso una
decisione che non condivideva, e che non si addiceva alla sua personalità… In
un attimo, era cambiata, e lui stentava a riconoscerla.
Strinse il volante,
innervosito, e accese il motore della Ferrari.
Quella missione
stava rovinando tutti quanti.
Ore 24.00 –
Mosca, Casa di Dimitri
Irina guardò
perplessa la risposta di Xander sul display del suo
cellulare, mentre con la mano cercava il telecomando per aprire il cancello del
garage. Strano che fosse così sbrigativo, ma non si preoccupò: forse non aveva
vinto o gli avevano rovinato l’auto, e magari era un po’ nervoso. L’importante
era che stesse bene, nient’altro.
“Ma dove lo ha messo?”.
Rimise il cellulare
in tasca e guardò l’abitacolo della R8, individuando il telecomando proprio sul
cruscotto davanti al passeggero: era talmente distratta che non lo aveva visto.
Lo afferrò e aprì il cancello.
Mentre aspettava
che i due battenti si spalancassero, notò qualcosa di bianco attaccato alle
inferriate. Si avvicinò lentamente, poi fermò la R8 e si accorse che era un
foglietto.
Gettò un’occhiata
allo specchietto retrovisore, per vedere la strada buia e deserta dietro di
lei. Abbassò il finestrino e prese il foglietto, richiudendolo velocemente per
non far entrare il freddo.
“Ci sentiamo presto, Fenice”.
Quella frase,
scritta in una calligrafia sinuosa e regolare, era seguita da un numero di
telefono, e poteva appartenere solo a una persona: Vladimir Buinov.
Gettò un’altra
occhiata intorno, ma non vide nessuno, se non un paio di fari brillare in
lontananza. Le bastò attendere un minuto per vedere l’Impreza
nera svoltare in un viottolo e sparire nella notte.
Imprecò.
“Cavolo, siamo nei guai”.
Spazio Autrice
Vado di frettississimissimissima, quindi non mi dilungo in
commenti. Spero che lo farete voi, però!
Ps:
per Dust_and_Diesel: bentornata! E sappi che adoro
le tue recensioni, e che quando le vedo mi illumino di
immenso! (e più lunghe sono, più mi piacciono!). Ma naturalmente, ringrazio anche voi, Smemo98 e annalisa70.