13. And
tonight we can truly say together we're
invincible
Era finita.
In un modo o nell’altro, era finita. Harry Potter aveva lanciato l’Expelliarmus che li aveva salvati e
Voldemort, ormai, non era altro che un lontano ricordo, cenere di ieri
riversatasi un po’ sul presente.
Tutti festeggiavano l’unica morte che valesse la pena di festeggiare, mentre
ancora onoravano i loro morti, piangevano e singhiozzavano.
Oliver aveva pensato, tempo prima, che, alla fine dalla guerra, sarebbe stato
felice, avrebbe costruito il proprio futuro e avrebbe avuto la vita che
desiderava. L’aveva pensato, tempo prima, un tempo in cui l’ingenuità viveva
ancora nel suo cuore, un tempo in cui pensava che la felicità potesse esistere
davvero.
Ora come ora, Oliver Baston non riusciva più a pensare a niente. Senza fiato e
senza più niente, dentro di lui, a parte il dolore che lo mandava in frantumi,
si accasciò contro il muro. Si trovava in un corridoio deserto, vuoto e la
leggera luce dell’alba entrava dalle finestre ad illuminare il luogo dove si
era lasciato cadere il ragazzo.
Non c’era più niente.
Hogwarts era distrutta, la sua vita … anche.
Non c’era più niente a cui aggrapparsi, pur di vivere. Era rimasto solo il
vuoto, il vuoto che lo circondava. Non aveva più niente.
Niente per cui valesse la pena di vivere. Né la vita in sé, né l’amore, né il
futuro. Era tutto un buco nero, un nero da cui non vedeva via di uscita. Si
sentiva intrappolato e l’unica cosa che avrebbe voluto fare era strapparsi il
cuore dal petto, perché non sopportava tutto quello, tutto quel dolore.
Aveva pensato che, alla fine della guerra, sarebbe stato felice.
Aveva pensato che la guerra sarebbe finita, un giorno.
Ma all’epoca non aveva capito che la guerra era appena iniziata. Era una guerra
contro loro stessi, per ricostruirsi, per ricostruire una vita che si era
praticamente rotta in mille pezzettini.
No, non era finita, era appena iniziata. E Oliver voleva soltanto sparire,
rimanere lì, con la testa affondata nelle ginocchia, dimentico di tutto il
resto del mondo. Sentiva il suo cuore battere con lentezza infinta, quasi
volesse affievolire anche lui i suoi battiti, svanire senza dire una parola,
nulla.
«Oliver? Oliver, sei tu?»
Doveva essere un sogno, sicuramente. Aveva chiuso gli occhi ed era finito nei
suoi sogni, nei sogni che lo aspettavano a braccia aperte, che attendevano solo
lui. O forse era svanito, era morto anche lui.
Altrimenti non si spiegava perché sentisse quella voce. Stava impazzendo,
forse?
«Oliver, ti prego. Dimmi che sei tu».
No, no, stava sognando. La voce sembrava troppo vivida per essere vera, troppo
bella, troppo … viva. Lei non era viva, giusto? Non l’aveva trovata da nessuna
parte, qualcuno aveva sicuramente spostato il suo corpo. O forse era rimasta
ferita, forse era morta durante il crollo di un balcone ed era caduta giù.
Forse, se avesse cercato in giardino, l’avrebbe trovata lì distesa, con gli
occhi chiusi e il volto pallido. Morta.
No, non voleva vedere il suo corpo. Voleva ricordarla come era un attimo prima
della battaglia, bella e delicata, ma pronta ad appigliarsi alla vita per le
unghie, pur di sopravvivere.
«Oliver! Merlino, Oliver, sei vivo? Ti hanno fatto male? »
E allora perché la voce si faceva sempre più vicina? Perché la voce era davanti
a lui, ormai, e lo scuoteva per le spalle? Doveva smettere di sperare, era
atroce. Faceva male. Stava divorando il suo cuore, in quel modo e non poteva
fare altro che sperare. Perché Oliver Baston, nonostante tutto, non aveva mai
smesso di sperare. E la speranza che lei fosse ancora viva, da qualche parte,
gli aveva riempito il cuore, benché lui non l’avesse mai ammesso. Non avrebbe
avuto il coraggio di dirlo a nessuno, ma era così.
Ed ora la sua speranza aveva le sue mani sulle sue spalle e ne sentiva lo
sguardo su di lui. Sapeva che quello sguardo era castano ancor prima di alzare
gli occhi e incontrarlo. Due occhi grandi, da bambina, un sorriso esitante e
luminoso, dei capelli neri che le ricadevano con furia attorno al volto. Oliver
conosceva quel viso a memoria.
Katie.
Il suo nome, nei suoi pensieri, fu come un’esplosione. Tutti i pezzi del suo
cuore saltarono in aria e il dolore sembrava essersi attenuato, dentro di lui.
Non c’era più niente che faceva male, c’era solo lei, Katie. La felicità gli
inondava il cuore, come una marea che lo trasportava lontano. Katie, Katie,
Katie.
Nei suoi pensieri non faceva altro che intonare quel nome. Katie era viva,
Katie era lì, davanti a lui, con il suo bellissimo sorriso, con le sue spalle
fragili, con le mani che sfioravano il suo volto.
«Katie».
Katie era viva. Viva. Viva.
Non faceva altro che ripetere quelle parole, perché non poteva crederci.
Allungò la mano e le sfiorò il viso, mentre lei sorrideva, dolcemente, con gli
occhi puntati nei suoi.
«Sei viva» mormorò, quasi come se non riuscisse a crederci. Katie gli sorrise
ancora e poi, sporgendosi un po’, lo strinse a sé, con delicatezza. «Sei viva»
ripeté ancora, meravigliato, mentre lei era fra le sue braccia e le accarezzava
i capelli.
«Ti ho cercato ovunque. Ovunque»
sussurrò lei, affondando la testa nell’incavo del collo, chiudendo gli occhi
contro la sua pelle. Oliver sorrise e le baciò la tempia, con tenerezza, mentre
accarezzava dolcemente la schiena di Katie. «Non c’eri, non eri da nessuna
parte. Ho pensato … ho pensato …» la voce della ragazza, così ferma prima,
sembrò spezzarsi sulle ultime parole. Oliver chiuse gli occhi, stringendola
ancora di più a sé, mentre Katie si sedeva accanto a lui, con la testa poggiata
sul suo petto e singhiozzava, tremante, tra le sue braccia. «Ho pensato che
fossi morto» disse, infine, sputando fuori la parola come se fosse veleno.
Oliver affondò la testa nei capelli della ragazza, sfiorandole il volto, prima
di tentare di parlare.
«Ho pensato la stessa cosa. Merlino, Katie, credevo fossi morta. Credevo non ti
avrei più visto» disse, mentre la stringeva ancora più forte a lui. Lei si
aggrappò, quasi disperata, alle spalle del ragazzo e tremava ancora. Solo in
quel momento, Oliver si rese conto di quanto doveva essere stato difficile, per
lei, sopravvivere fino a quel momento credendolo morto. Forse più difficile che
per lui, perché lei era così dannatamente fragile, benché tentasse di non
mostrarlo. Era la persona più fragile che Oliver avesse mai conosciuto e aveva
indossato quella maschera di forza fino a quando non lo aveva trovato, vivo e
vegeto e miracolosamente incolume. Era stato in quel momento, in cui si era
ritrovata fra le sue braccia, che aveva capito quello che era successo. Era
crollata, tra le braccia di Oliver, e lui avrebbe solo voluto proteggerla da
tutto, per farle capire che non doveva più affrontare niente da sola, mai più.
Ora c’era lui. «È stato tremendo, ma ora sei qui. Sei qui, Katie».
Lei tremava ancora tra le sue braccia, ma sorrise un po’, mentre alzava il
volto verso di lui, con gli occhi castani ed innocenti pieni di lacrime e di un
amore che Oliver non riusciva neanche ad esprimere a parole.
«Merlino, sei vivo» sospirò lei, posando la testa sul suo petto, chiudendo gli
occhi. Le ci volle un po’ per calmarsi e smettere di tremare, ma Oliver
continuò a stringerla tra le braccia come se fosse una bambolina di porcellana,
piccola e delicata, accarezzandole il volto, i capelli, la schiena per
tranquillizzarla.
Non c’era bisogno di chiederle se avesse sentito di Fred – a quel nome, il
mondo gli cadde nuovamente addosso, ma con lei era meno doloroso. Molto meno doloroso, con lei
vicino-, perché lo lesse nei suoi occhi. Non c’era bisogno di chiederle se
sapesse come stava Angelina, perché se ne accorse nel modo in cui tremava. Non
c’era bisogno di chiederle niente, perché Katie sapeva già tutto. E affondava
la testa nel suo petto, in cerca di una via di scampo che poteva trovare solo
in lui.
«Ti amo» sussurrò lei, con gli occhi ancora chiusi, un leggero sorriso sulle
labbra rosee. Non gliel’aveva detto. Non prima, quando dovevano correre verso
la battaglia. Sembrava che fossero passati secoli da quel momento. E ora Katie
gli diceva che lo amava, che lo amava.
Oliver sentì il cuore inondato da quell’amore, un amore che lo faceva sentire,
almeno per qualche minuto, così leggero da poter persino volare.
Non c’era bisogno che Oliver desse una risposta, perché anche Katie sapeva
quanto fossero veri i suoi sentimenti. Eppure lei alzò il volto, aprendo gli
occhi in una sorta di espressione di attesa. Lui sorrise e si chinò a baciarla,
con delicatezza, sfiorandole il volto come se fosse fatto di cristallo, con un
amore tale che Katie sembrava piangere di nuovo.
Lei si aggrappò di nuovo a lui, non disperatamente come prima, ma sempre in
cerca di un sostegno che poteva trovare solo in lui. Ricambiò il bacio,
leggero, tenendosi stretta a lui.
Poi, scostandosi da lui, si sistemò meglio accanto al ragazzo e posò la testa
sulla sua spalla, come secoli prima.
E Oliver, respirando il profumo della pelle di Katie, seppe di essere tornato
a casa. Il futuro, ora, pareva molto più semplice da affrontare.
Si chinò ad osservare le loro mani intrecciate e Katie gli sorrise,
guardandolo. Non gli assicurava che sarebbe stato facile, ma per quel sorriso,
avrebbe affrontato di tutto, fino a che non l’avrebbe rivisto ricomparire su
quelle labbra.
Avrebbero ricostruito tutto, a partire
da loro stessi, ma insieme.
Ed era più di quanto potessero chiedere all’intero mondo.
Oliver sorrise, infine, guardando le loro mani strette in una presa indissolubile.
Non c’era nient’altro che poteva separarli. Niente.
Angolo Autrice
Sono
una sentimentale, in fondo. Molto in fondo. Mi ci vogliono tredici capitoli per
farmi capire che ho bisogno di questo, ma okay. Lo sapete, io sono una romanticona, non potevo lasciare che Katie morisse.
Non è proprio un lieto fine, perché comunque entrambi sono distrutti, ma ora
sono lì, si sono ritrovati e sono sani e salvi, felici di essere tra le braccia
dell’altro e questo è più di quanto si può immaginare.
Mi fa piacere che non abbiate pensato che Katie fosse morta, anche se poteva
essere tra i miliardi di persone che la Rowling non aveva citato XD insomma, ne
sono morti tanti quella notte, magari Harry poteva non averla vista. *sì, sto cercando una giustificazione*
Poi, come LoveChild mi fa notare, le descrizioni fisiche
sia di Alicia che Katie sono diverse. Io mi sono basata sulle informazioni di Wikipedia dato che non abbiamo descrizioni nei libri a
quanto ho capito. Però ho intenzione di rileggerli ancora per capire se mi sono
sbagliata, non temete ù_ù
Titolo preso da Invicible, ci sta d’amore, non
trovate? *-*
Alla
settimana prossima con l’epilogo (ma vi rendete che sarà già finita la mia
prima settimana di scuola? Sono nel panico, ma non vi interessa, vero ù_ù)
El.