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Autore: Eliatheas    11/09/2010    6 recensioni
«E tu ti ostini ancora a dire che non hai una cotta per lui! » tuonò Fred Weasley, venendole incontro con un sorriso che le metteva quasi paura e passandole un braccio attorno alle spalle.
«E’ solo la verità. La voce che voi avete messo in giro è davvero crudele» sbottò lei, mentre George si univa al gemello e, insieme, la scortavano verso la Sala Comune dei Grifondoro.
«Oh, Katie, noi non abbiamo messo in giro alcuna voce, è tutto merito tuo» scherzò George, con un sorriso identico a quello del fratello.
[dal capitolo 1]
Genere: Romantico, Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Oliver Wood/Baston
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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13. And tonight we can truly say  together we're invincible

 

Era finita.

In un modo o nell’altro, era finita. Harry Potter aveva lanciato l’Expelliarmus che li aveva salvati e Voldemort, ormai, non era altro che un lontano ricordo, cenere di ieri riversatasi un po’ sul presente.
Tutti festeggiavano l’unica morte che valesse la pena di festeggiare, mentre ancora onoravano i loro morti, piangevano e singhiozzavano.
Oliver aveva pensato, tempo prima, che, alla fine dalla guerra, sarebbe stato felice, avrebbe costruito il proprio futuro e avrebbe avuto la vita che desiderava. L’aveva pensato, tempo prima, un tempo in cui l’ingenuità viveva ancora nel suo cuore, un tempo in cui pensava che la felicità potesse esistere davvero.
Ora come ora, Oliver Baston non riusciva più a pensare a niente. Senza fiato e senza più niente, dentro di lui, a parte il dolore che lo mandava in frantumi, si accasciò contro il muro. Si trovava in un corridoio deserto, vuoto e la leggera luce dell’alba entrava dalle finestre ad illuminare il luogo dove si era lasciato cadere il ragazzo.
Non c’era più niente.
Hogwarts era distrutta, la sua vita … anche. Non c’era più niente a cui aggrapparsi, pur di vivere. Era rimasto solo il vuoto, il vuoto che lo circondava. Non aveva più niente.
Niente per cui valesse la pena di vivere. Né la vita in sé, né l’amore, né il futuro. Era tutto un buco nero, un nero da cui non vedeva via di uscita. Si sentiva intrappolato e l’unica cosa che avrebbe voluto fare era strapparsi il cuore dal petto, perché non sopportava tutto quello, tutto quel dolore.
Aveva pensato che, alla fine della guerra, sarebbe stato felice.
Aveva pensato che la guerra sarebbe finita, un giorno.
Ma all’epoca non aveva capito che la guerra era appena iniziata. Era una guerra contro loro stessi, per ricostruirsi, per ricostruire una vita che si era praticamente rotta in mille pezzettini.
No, non era finita, era appena iniziata. E Oliver voleva soltanto sparire, rimanere lì, con la testa affondata nelle ginocchia, dimentico di tutto il resto del mondo. Sentiva il suo cuore battere con lentezza infinta, quasi volesse affievolire anche lui i suoi battiti, svanire senza dire una parola, nulla.
«Oliver? Oliver, sei tu?»
Doveva essere un sogno, sicuramente. Aveva chiuso gli occhi ed era finito nei suoi sogni, nei sogni che lo aspettavano a braccia aperte, che attendevano solo lui. O forse era svanito, era morto anche lui.
Altrimenti non si spiegava perché sentisse quella voce. Stava impazzendo, forse?
«Oliver, ti prego. Dimmi che sei tu».
No, no, stava sognando. La voce sembrava troppo vivida per essere vera, troppo bella, troppo … viva. Lei non era viva, giusto? Non l’aveva trovata da nessuna parte, qualcuno aveva sicuramente spostato il suo corpo. O forse era rimasta ferita, forse era morta durante il crollo di un balcone ed era caduta giù. Forse, se avesse cercato in giardino, l’avrebbe trovata lì distesa, con gli occhi chiusi e il volto pallido. Morta.
No, non voleva vedere il suo corpo. Voleva ricordarla come era un attimo prima della battaglia, bella e delicata, ma pronta ad appigliarsi alla vita per le unghie, pur di sopravvivere.
«Oliver! Merlino, Oliver, sei vivo? Ti hanno fatto male? »
E allora perché la voce si faceva sempre più vicina? Perché la voce era davanti a lui, ormai, e lo scuoteva per le spalle? Doveva smettere di sperare, era atroce. Faceva male. Stava divorando il suo cuore, in quel modo e non poteva fare altro che sperare. Perché Oliver Baston, nonostante tutto, non aveva mai smesso di sperare. E la speranza che lei fosse ancora viva, da qualche parte, gli aveva riempito il cuore, benché lui non l’avesse mai ammesso. Non avrebbe avuto il coraggio di dirlo a nessuno, ma era così.

Ed ora la sua speranza aveva le sue mani sulle sue spalle e ne sentiva lo sguardo su di lui. Sapeva che quello sguardo era castano ancor prima di alzare gli occhi e incontrarlo. Due occhi grandi, da bambina, un sorriso esitante e luminoso, dei capelli neri che le ricadevano con furia attorno al volto. Oliver conosceva quel viso a memoria.
Katie.
Il suo nome, nei suoi pensieri, fu come un’esplosione. Tutti i pezzi del suo cuore saltarono in aria e il dolore sembrava essersi attenuato, dentro di lui. Non c’era più niente che faceva male, c’era solo lei, Katie. La felicità gli inondava il cuore, come una marea che lo trasportava lontano. Katie, Katie, Katie.
Nei suoi pensieri non faceva altro che intonare quel nome. Katie era viva, Katie era lì, davanti a lui, con il suo bellissimo sorriso, con le sue spalle fragili, con le mani che sfioravano il suo volto.
«Katie».
Katie era viva. Viva. Viva.
Non faceva altro che ripetere quelle parole, perché non poteva crederci. Allungò la mano e le sfiorò il viso, mentre lei sorrideva, dolcemente, con gli occhi puntati nei suoi.
«Sei viva» mormorò, quasi come se non riuscisse a crederci. Katie gli sorrise ancora e poi, sporgendosi un po’, lo strinse a sé, con delicatezza. «Sei viva» ripeté ancora, meravigliato, mentre lei era fra le sue braccia e le accarezzava i capelli.
«Ti ho cercato ovunque. Ovunque» sussurrò lei, affondando la testa nell’incavo del collo, chiudendo gli occhi contro la sua pelle. Oliver sorrise e le baciò la tempia, con tenerezza, mentre accarezzava dolcemente la schiena di Katie. «Non c’eri, non eri da nessuna parte. Ho pensato … ho pensato …» la voce della ragazza, così ferma prima, sembrò spezzarsi sulle ultime parole. Oliver chiuse gli occhi, stringendola ancora di più a sé, mentre Katie si sedeva accanto a lui, con la testa poggiata sul suo petto e singhiozzava, tremante, tra le sue braccia. «Ho pensato che fossi morto» disse, infine, sputando fuori la parola come se fosse veleno.
Oliver affondò la testa nei capelli della ragazza, sfiorandole il volto, prima di tentare di parlare.
«Ho pensato la stessa cosa. Merlino, Katie, credevo fossi morta. Credevo non ti avrei più visto» disse, mentre la stringeva ancora più forte a lui. Lei si aggrappò, quasi disperata, alle spalle del ragazzo e tremava ancora. Solo in quel momento, Oliver si rese conto di quanto doveva essere stato difficile, per lei, sopravvivere fino a quel momento credendolo morto. Forse più difficile che per lui, perché lei era così dannatamente fragile, benché tentasse di non mostrarlo. Era la persona più fragile che Oliver avesse mai conosciuto e aveva indossato quella maschera di forza fino a quando non lo aveva trovato, vivo e vegeto e miracolosamente incolume. Era stato in quel momento, in cui si era ritrovata fra le sue braccia, che aveva capito quello che era successo. Era crollata, tra le braccia di Oliver, e lui avrebbe solo voluto proteggerla da tutto, per farle capire che non doveva più affrontare niente da sola, mai più. Ora c’era lui. «È stato tremendo, ma ora sei qui. Sei qui, Katie».
Lei tremava ancora tra le sue braccia, ma sorrise un po’, mentre alzava il volto verso di lui, con gli occhi castani ed innocenti pieni di lacrime e di un amore che Oliver non riusciva neanche ad esprimere a parole.
«Merlino, sei vivo» sospirò lei, posando la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi. Le ci volle un po’ per calmarsi e smettere di tremare, ma Oliver continuò a stringerla tra le braccia come se fosse una bambolina di porcellana, piccola e delicata, accarezzandole il volto, i capelli, la schiena per tranquillizzarla.
Non c’era bisogno di chiederle se avesse sentito di Fred – a quel nome, il mondo gli cadde nuovamente addosso, ma con lei era  meno doloroso. Molto meno doloroso, con lei vicino-, perché lo lesse nei suoi occhi. Non c’era bisogno di chiederle se sapesse come stava Angelina, perché se ne accorse nel modo in cui tremava. Non c’era bisogno di chiederle niente, perché Katie sapeva già tutto. E affondava la testa nel suo petto, in cerca di una via di scampo che poteva trovare solo in lui.
«Ti amo» sussurrò lei, con gli occhi ancora chiusi, un leggero sorriso sulle labbra rosee. Non gliel’aveva detto. Non prima, quando dovevano correre verso la battaglia. Sembrava che fossero passati secoli da quel momento. E ora Katie gli diceva che lo amava, che lo amava. Oliver sentì il cuore inondato da quell’amore, un amore che lo faceva sentire, almeno per qualche minuto, così leggero da poter persino volare.
Non c’era bisogno che Oliver desse una risposta, perché anche Katie sapeva quanto fossero veri i suoi sentimenti. Eppure lei alzò il volto, aprendo gli occhi in una sorta di espressione di attesa. Lui sorrise e si chinò a baciarla, con delicatezza, sfiorandole il volto come se fosse fatto di cristallo, con un amore tale che Katie sembrava piangere di nuovo.
Lei si aggrappò di nuovo a lui, non disperatamente come prima, ma sempre in cerca di un sostegno che poteva trovare solo in lui. Ricambiò il bacio, leggero, tenendosi stretta a lui.
Poi, scostandosi da lui, si sistemò meglio accanto al ragazzo e posò la testa sulla sua spalla, come secoli prima.

E Oliver, respirando il profumo della pelle di Katie, seppe di essere tornato a casa. Il futuro, ora, pareva molto più semplice da affrontare.
Si chinò ad osservare le loro mani intrecciate e Katie gli sorrise, guardandolo. Non gli assicurava che sarebbe stato facile, ma per quel sorriso, avrebbe affrontato di tutto, fino a che non l’avrebbe rivisto ricomparire su quelle labbra.
Avrebbero ricostruito tutto,  a partire da loro stessi, ma insieme.
Ed era più di quanto potessero chiedere all’intero mondo.
Oliver sorrise, infine, guardando le loro mani strette in una presa indissolubile. Non c’era nient’altro che poteva separarli. Niente.

Angolo Autrice

Sono una sentimentale, in fondo. Molto in fondo. Mi ci vogliono tredici capitoli per farmi capire che ho bisogno di questo, ma okay. Lo sapete, io sono una romanticona, non potevo lasciare che Katie morisse.
Non è proprio un lieto fine, perché comunque entrambi sono distrutti, ma ora sono lì, si sono ritrovati e sono sani e salvi, felici di essere tra le braccia dell’altro e questo è più di quanto si può immaginare.
Mi fa piacere che non abbiate pensato che Katie fosse morta, anche se poteva essere tra i miliardi di persone che la Rowling non aveva citato XD insomma, ne sono morti tanti quella notte, magari Harry poteva non averla vista. *sì, sto cercando una giustificazione*
Poi, come LoveChild mi fa notare, le descrizioni fisiche sia di Alicia che Katie sono diverse. Io mi sono basata sulle informazioni di Wikipedia dato che non abbiamo descrizioni nei libri a quanto ho capito. Però ho intenzione di rileggerli ancora per capire se mi sono sbagliata, non temete ù_ù
Titolo preso da Invicible, ci sta d’amore, non trovate? *-*

 

Alla settimana prossima con l’epilogo (ma vi rendete che sarà già finita la mia prima settimana di scuola? Sono nel panico, ma non vi interessa, vero ù_ù)
El.

   
 
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