Videogiochi > Assassin's Creed
Segui la storia  |       
Autore: chaska    13/09/2010    3 recensioni
La mia primissima fanfiction, con l'ambientazione di assassin's creed ma con personaggi completamente inventati da me.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 11
Capitolo 11

Aprii gli occhi meccanicamente, quasi senza volerlo, ma tutto ciò che vidi fu il nero più assoluto. Mi sembrò di galleggiare nel vuoto in quell'istante, nell'assenza dei sensi e della mente, e mi ci volle ancora qualche momento prima che il dolore alla nuca si manifestasse come un cavallo imbizzarrito, doloroso e senza controllo.
-Ahi.
Sussurrai, mentre i miei occhi, socchiusi per il dolore, cominciavano a scorgere una fascio di luce color arancio proveniente da una finestrella lontana da me metri e metri, mi parse.
Dove mi trovo? Furono i miei primi pensieri, mentre lasciavo vagare libero lo sguardo sulla stanza in cui mi trovavo, o almeno su ciò che potevo scorgere dalla mia posizione, non volendo muovere di un solo millimetro la testa che mi doleva come non mai.
Rimasi così, senza alcuna cognizione del luogo e del tempo, mentre con le mani riuscivo a sentire la consistenza d'un blocco di fieno sotto di me e d'un pezzo di legno che mi pizzicava la testa, incredibilmente vicino al punto che era più dolorante.
In quel momento capii dove mi trovavo e perchè. Si, ero a Damasco, in missione con Nabih... Avevo intrapreso le ricerche per conto mio e...e poi... e poi la lettera e subito dopo i templari. E poi quel salto in quella casupola, o almeno la credevo tale.
Mano a mano che i piccoli ricordi spezzettati ripresero forma, sentii l'immane bisogno di alzarmi da lì. Ero svenuta, in un luogo del tutto sconosciuto, non potevo rimanere lì ancora per molto. Subito allora alzai di un po' il busto, ma me ne pentii immediatamente. Un cavallo imbizzarrito, avevo detto prima? Ecco, in quel momento mi sembrò che stesse ballando allegramente sul mio capo.
Portai allora una mano a sostegno d'ella, nella vana speranza che mi potesse dare conforto, e solo dopo minuti riuscii a trascinare le gambe oltre il blocco in modo da mettermi seduta. Allora mi spinsi con ambedue le mani e feci un salto di poco più d'una decina di centimetri. Ah, quello sembrò essere il colpo finale, infatti quella piccola caduta sembrò rimbalzare nella mia testa e moltiplicarsi per cento, facendomi cadere a terra. Ma chissà quanto tempo dopo, riuscii a rialzarmi e a rimanere ben ferma sulle gambe, grazie al dolore notevolmente diminuito, ma mi sembrò lo stesso di galleggiare su quel pavimento di legno mal fermo e scricchiolante.
Solo allora potei esaminare degnamente quel luogo, camminando a piccoli passi verso il centro della struttura. Come ben ricordavo quel luogo emanava un incredibile fetore di sterco di cavallo, cosa che mi fece arricciare il naso diverse volte. La stanza era di forma quadrangolare, dov'erano presenti quattro grandi travi lignee, disposte in modo da lasciare uno spazio abbastanza largo al centro e un corridoio che vi girava tutt'attorno, nel quale vi erano disposti numerosi blocchi di fieno e alcuni pezzi li legno, un deposito a quanto pareva. Aguzzando lo sguardo potei inoltre notare che v'erano dei ganci di ferro ben saldi nelle quattro travi a portata di spada, ai quali v'erano allacciate delle corde che passavano per il soffitto per poi scendere e sostenere a mezz'aria delle casse di legno dall'aspetto anche troppo pesante.  Non indagai oltre, non volendo combinare altri guai e notando che tenere la testa troppo alzata mi faceva male ulteriormente alla testa, quindi feci qualche altro passo verso il centro della stanza. Notai ancora che disposta lateralmente v'era una scrivania, a quanto pareva ingombra di carte e con una candela che dava l'impressione di essersi spenta da non troppo tempo. Cercai di avvicinarmici, ma nel farlo il mio piede calciò qualcosa che produsse abbastanza rumore. Chinandomi vidi che si trattava di una maniglia in ferro, posta per aprire una botola abbastanza grande per far passare un uomo di grande stazza.
 Cercai di aprirlo, ma come pensavo le mie forze erano troppo esigue per farlo, quindi mi rialzai, rinunciando a quella via di fuga.Quindi mi misi ad osservare la porta posta nel muro adiacente alla scrivania. Beh, mi sembrava anche troppo azzardato andarmene da quel luogo da quella parte, ma la botola era bloccata, almeno per me, e sarebbe stato anche più rischioso della porta. Inoltre non sarei mai riuscita a risalire verso lo finestrella da cui ero caduta, si trovava troppo in alto per le mie attuali possibilità.
Sospirai, mentre rimanevo ancora immobile, indecisa sul da farsi, ma comprendendo dal piccolo fascio di luce che illuminava la stanza che l'ora del tramonto era ormai giunto, e che quindi dovevo affrettarmi a  tornare da Nabih e dal Rafiq alla Dimora, dove potevo finalmente riposarmi come si deve e accordarmi sul cosa fare il giorno dopo. E molto probabilmente ricevere rimproveri dai due, più dal Rafiq che dall'altro assassino, presumevo.
Ma quando ancora non feci nemmeno un passo verso la porta, sentii un pesante rumore di passi che si faceva sempre più vicino. Allarmata, feci uno scatto degno di nota, date le condizioni in cui mi trovavo, e andai a ripararmi dietro alla trave più vicina. Mi rilassai giusto un attimo, sapendo d'essere momentaneamente protetta dall'oscurità, ma i muscoli si tesero senza un preciso comando quando la maniglia si abbassò. Posai la mano destra sull'elsa della spada, pronta ad estrarla appena ne avessi avuto bisogno, e spostai leggermente la testa oltre la copertura data dalla trave per poter vedere chi stava entrando.
Pregai fino in fondo che quello fosse solo un semplice magazzino, anche se ben strano, e che colui che stava entrando fosse un contadino facile da stordire. Davvero, ci sperai realmente, ma più ripetevo quelle parole nella mia testa, più le mie speranze si facevano esigue.
E mi sentii come in fondo ad un dirupo impossibile da risalire, quando alla luce d'una lanterna che quella figura portava con se, vidi lo scintillio di un'armatura e d'una spada.
E mi sentii morire, quando fra il ferro un po' ammaccato ma ben curato, e il bianco delle vesti che indossava, vidi il rosso delle croci dipinte su di esse.
Chi dovevo ringraziare, chi, per essermi trovata lì, con meno della metà delle mie forze, in un luogo sconosciuto, ma soprattutto frequentato da Templari? Avrei davvero voluto saperlo, solo per dargli un singolo pugno in faccia, anche se fosse stato Allah in persona.
Lasciai perdere quei pensieri inutili quanto giusti mordendomi il labbro inferiore per la paura e con gli occhi puntati su quel templare dai lenti movimenti.
 Lo osservai mentre, dimostrando una stanchezza incredibile, si portò verso la scrivania, non alzando lo sguardo dal pavimento. Quando arrivò a destinazione, il templare adagiò il lume che trasportava sopra la scrivania e, illuminato da quella fioca luce che creava fievoli ombre in tutta la stanza, assicurandomi così una maggiore sicurezza, egli si levò l'elmo luccicante dal capo e lo posò sopra alcune carte.
Il templare, che si rivelò poco più che un ragazzo, sbuffò leggermente, ed andò ad appoggiare le due mani sopra la scrivania, mentre con occhi assonnati consultava le carte sparse dinnanzi a lui.
Notando ch'egli non aveva intenzioni di smuoversi molto presto da lì, dato che tutto il suo corpo risultava quasi immobile, io feci un respiro.
Ormai avevo preso una decisione, si può dir sofferta, anche perchè mi pareva l'unica possibile. Sarebbe stato inutile tentare di sgusciare via senza farmi notare, mi sarei fatta notare ad esempio quando avrei aperto la porta. O nel peggiore dei casi sarei andata a sbattere contro la botola, molto probabile, dato lo stato più vicino all'incoscienza che altro in cui versavo. E poi chissà se avrei incontrato altri nemici lungo la salita...no, l'unica soluzione possibile per superare questo primo ostacolo era quello di arrivare alle sue spalle ed ucciderlo il più silenziosamente ed in fretta possibile.
A questi ultimi pensieri sentii una strana sensazione, come se lo stomaco mi si stesse attorcigliando senza sosta. Feci una smorfia mentre cercavo di calmarmi e di ritornare alla precedente concentrazione.
Perchè uccidere questo Templare...è così difficile?  Mi chiesi, mentre quasi a forza compivo un primo passo oltre il nascondiglio creato dalla trave. Perchè? Non era la prima volta che adoperavo la mia lama per togliere la vita ad un uomo. Un uomo colpevole solamente di trovarsi lungo il mio cammino. Quante volte lo avevo fatto, con la precisa intenzione di uccidere? Beh, certamente allora non molte, mi trovavo appena nel vero cammino degli assassini, con poche missioni alle mie spalle, per lo più di supporto, come quella. Già, aveva già dato la morte a persone che, con spada in mano, volevano interrompere il mio cammino, ed io non esitavo a contrastarli.
Ripensandoci, credo che fosse per quello che uccidere un uomo di soppiatto e senza che lui avesse l'opportunità di difendersi, mi provocava tutto ciò. Prima d'allora l'avevo fatto per difesa personale, e sempre velocemente, non avevo mai avuto un attimo per pensare eticamente a ciò che facevo.
Lasciai perdere quei pensieri comunque, capendo che non era esattamente il luogo e momento esatto, e feci altri passi in direzione del sempre immobile templare, tentando di mantenermi il più possibile nell'ombra. Nel mentre lasciai la presa dall'elsa della spada e sfilai uno pugnale da lancio, facendo sempre attenzione a non fare alcun rumore, specialmente considerando il pavimento traditore che avrebbe scricchiolato al mio minimo sbaglio.
Con passi leggeri mi portai dunque alle spalle del templare, in un lasso di tempo che mi sembrò un'eternità, ma che occupò meno di un minuto. Soppesai il pugnale nella mano, pensando che in fondo avrei potuto stordirlo per bene, e cercare poi una via di fuga con la coscienza pulita. Stavo quasi per farlo, ma il templare dinnanzi a me, all'improvviso alzò il braccio per portarlo alla nuca, ed io, presa dallo spavento, portai il pugnale al suo collo e gli causai una profonda e lunga ferita, che lo uccise immediatamente.
Guardai bianca in volto il suo corpo sbattere contro la scrivania per poi scivolare a terra, mentre alcune carte lo seguivano e si sporcavano del suo sangue.
-Dannazione!
Imprecai quasi subito, mentre l'osservavo e mi chinavo per pulire l'arma sulle sue vesti. Mentalmente mi diedi della stupida, stupida, immane stupida. Come potevo essermi lasciata trascinare così dai miei sentimenti? E per poi cosa. Lui era un nemico, se mi avesse scoperta mi avrebbe uccisa senza scrupolo alcuno. Ero stata semplicemente fortunata, e dovevo sbrigarmi se non volevo sciupare la mia buona sorte. Riposi dunque l'arma nel suo astuccio assieme alle altre e posai le mani sul cadavere ancora caldo. Volevo trasportarlo fra il fieno, di lato, in modo da non farlo scoprire subito e darmi il tempo di scappare, qualora qualche altro templare sarebbe sceso lì sotto. Ma desistetti notando la larga pozza di sangue che si stava formando sotto di esso. Corpo o no, avrebbero notato quella, quindi mi allontanai di qualche passo, capendo che dovevo agire in fretta, mentre l'arancio della luce che si poteva scorgere dall'alta finestrella cedeva il passo all'oscurità.
Beh, la notte non può far altro che avvantaggiarmi...
 Non finii quel piccolo pensiero che un lieve clic rimbombò per tutta la stanza. Voltai di scatto lo sguardo verso la porta che si era aperta, rivelando la figura ubriaca d'un altro templare privo del suo elmo. Una risata si sentì nell'aria, prima che la sua attenzione venisse attratta da me. Per un lungo istante ci guardammo negli occhi, io che non avevo avuto il tempo necessario per nascondermi nell'ombra, ed adesso mi crogiolavo nella mia paura di dover affrontare un colosso, e lui che velocemente riacquistava la sua lucidità.
-Ashashin...
Sussurrò quasi incredulo di vedermi lì, in quello che sembrava il covo di quei maledetti Templari. Io cercai del resto di mantenere la mente del tutto lucida, ed estrassi la spada dal fodero determinata ad uccidere quel nemico sicuramente superiore a me parlando della stazza, difatti era grande quasi il mio doppio.
Per qualche momento fu come se il tempo si fosse fermato, con il Templare che sfilava la spada dal proprio fodero ed io che non rigiravo nemmeno la mia lama nella mano, di quanto ero tesa in quel momento. Certo, la paura c'era, anche se a quel tempo avrei preferito morire che ammetterlo, ma maggiore era di sicuro il tentativo della ricerca di un modo di togliermi da quel pasticcio. In poche parole, come ucciderlo senza ricevere danni e al più presto possibile.
Ma i miei pensieri vennero bruscamente interrotti da una sua risata bassa e gutturale e, immediatamente dopo dalla spada che calò pesantemente verso di me. Per puro istinto feci un balzo all'indietro abbastanza lungo da non riportare alcun danno, ma che mi costò un po' delle forze di cui la caduta dalla finestra mi aveva privato. Il templare non si scoraggiò, ed infatti rialzò la sua arma con ambedue la mani per poi avvicinarsi velocemente a me e menare altri fendenti che riuscii a schivare.
Sorrisi dopo il suo ennesimo attacco, mentre notavo una via per attaccarlo. Non mi feci scappare quell'opportunità, constatando quanto tempo ci stesse mettendo quella volta per attaccarmi nuovamente, quindi, quando ancora la pesante spada che usava si rivolgeva verso terra, feci un balzo in avanti per ferirlo al braccio sinistro. Quel colpo ebbe successo, infatti subito il templare lasciò la presa dall'arma gridando di dolore, ma non gli diedi tempo di lamentarsi oltre. Difatti, portai velocemente la spada alla sua gola per poi affondarla in pochi istanti. Il templare morì nel giro di pochi secondi, mentre cadeva rumorosamente a terra ed il sangue gli usciva copiosamente dalle ferite che gli avevo inferto.
Abbassai  lo sguardo subito dopo, con ancora la spada sporca di sangue in mano, e per poco le gambe non mi cedettero per la fatica. Ero stata fortunata, anzi, immensamente fortunata ad aver incontrato quei due templari, perchè se il primo non era cosciente della mia presenza, il secondo era troppo ubriaco e lento per potermi infierire alcun danno. Eppure l'ultimo scontro mi aveva sfiancata, e le mie forze erano tendenti allo zero.
Però è strano, mi ritrovai a pensare. Perchè quei templari erano così vulnerabili? Erano così sicuri di non trovare alcuna minaccia lì? Quel luogo doveva essere qualcosa di ben importante, e anche se non avevo la sicurezza che il tutto fosse collegato al mio obbiettivo avevo sempre trovato qualcosa di interessante e pericoloso.
Stavo cercando di pulire alla buona e meglio la spada ancora sporca del sangue nemico, quando un suono prima lieve, poi sempre più forte di un applauso non mi fece voltare.
All'inizio i miei occhi scorsero solamente le ombre, mentre quell'applauso continuava interperrito e snervante, e lo scarso entusiasmo rendeva oltremodo palese la sua natura derisoria. Decisamente infastidita vagai lo sguardo dinanzi a me alla ricerca della sorgente di tutto ciò, e solo dopo notai la botola aperta. Restai di sasso, mentre capivo che qualche templare era riuscito a sgattaiolare da lì dentro senza essere minimamente visto o sentito, e adesso si nascondeva ai miei occhi.
-Mostratevi.
Dissi, quasi come se fosse un comando, e mi sorpresi nel constatare quanto la mia voce risultasse fredda in quel momento. Ma quella sceneggiata doveva pur avere fine, e non pensai nemmeno per un momento alla possibilità di fuggire. Quel lento applauso ebbe fine in pochi secondi , mentre una figura emergeva senza alcuna fretta dalle ombre, proprio dinnanzi ai miei occhi. Mi concessi qualche istante per vedere chi avevo dinnanzi. Era un uomo alto e longilineo che dimostrava una quarantina d'anni, con vesti preziose e comode, ed aveva i capelli corti neri e la barba ben curata. Ma furono due cose ad attirare maggiormente la mia attenzione: il volto, con gli occhi leggermente socchiusi del colore dell'argento e le labbra sottili arricciate in un ghigno, e la spada posta alla cintola ed anch'essa all'apparenza preziosa come gli abiti.
-Complimenti, Ashashin. Siete riuscito ad arrivare fin qui, e ad essere ancora vivo...un'impresa degna di nota per te.
Cominciò quell'uomo a parlare, mentre il suo sguardo s'abbassava per poi alzarmi, analizzandomi come precedentemente avevo fatto io con lui. Non capivo chi fosse e perchè fosse sprovvisto di armatura, ma non volevo indagare oltre, si sarebbe rivelato da solo col tempo. Quindi decisi di mantenere i miei occhi ai suoi, cercando di rimanere impassibile al suo sguardo indagatore e al suo ghigno che sembrava allargarsi e diventare più arrogante ad ogni sillaba che pronunciava.
-Cominciavo a credere che non veniste più, e forse sarebbe stato meglio di...questo.
Mi guardò con una nota di disgusto sul volto appena accennata, che non cercò di dissimulare più di tanto.
-Uno scarto della confraternita, una donna. Mi dispiace essere così sottovalutato.
Le sue parole mi incuriosirono. Si, le mie vesti rivelavano il mio basso rango ma...mi aveva riconosciuta? Come?! Raggelai quando mi accorsi che avevo il cappuccio calato sulle spalle. Cercai di rimanere calma, poteva succedere daltronde, no? No, non doveva accadere, e in quel momento mi sentii come se fossi nuda dinnanzi a lui, totalmente indifesa, ma non volli dargli la soddisfazione di trovarmi agitata. Dopotutto ciò che contava era la spada che tenevo stretta saldamente in mano, e non uno stupido cappuccio. Eppure credo lo stesso che il mio avversario abbia visto per un istante nei miei occhi la paura e il lieve tremore che ebbero le mie mani.
Si, devo dire che in quel momento avevo voglia di ucciderlo, nonostante non capissi perfettamente chi fosse. E non volli nemmeno attendere ancora per scoprire la sua identità.
-Chi siete.
Dissi senza quasi rendermene conto. La mia voce non aveva perso la freddezza di prima, e forse aveva acquistato una decisa nota di determinazione. Ma l'uomo sembrò più colpito dalle due parole che pronunciai piuttosto che dal mio tono. Anzi, più che colpito, lo avevo veramente offeso, e il suo volto ebbe un'espressione di collera per un momento.
-Io...sono Abdel Qader, il più importante mercante di queste terre. E questo è il luogo ove morirete, giovane assassina.
E mentre un ghigno più largo prendeva posto sul suo volto, un'altro ne dipingeva il mio.







Angolo dell'autrice:
Ehm-ehm...bene, ecco un nuovo capitolo da un po' di tempo xD Scusatemi ma...beh, non ho nessuna scusa xD Okey, diciamo che questo capitolo non è proprio venuto come me l'aspettavo, ma non fa nulla, e diciamo anche che per me è importante lo stesso perchè l'ho scritto fondamentalmente in pochi giorni ed è il primo da diciottenne *comincia a sclerare*
Tornando a cose serie (?) devo fare un enorme, abissale [...] grazie a Ama_ che ha recensito lo scorso capitolo, e che mi hai fatto saltellare  per casa come una pazza per mezzora (e non sto scherzando xD) per i complimenti ricevuti, anche se non penso di meritarli ù.u Grazie mille! E per tutti coloro che apriranno questa pagina per sbaglio, ci si vede al prossimo capitolo!
Ciao e un bacio da Giada :)
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Assassin's Creed / Vai alla pagina dell'autore: chaska