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Autore: deliradubbiosa    13/09/2010    4 recensioni
...e se il vampiro fosse Bella? ...entriamo in punta di piedi nella sua mente di vampira e osserviamo, spettatori discreti ma partecipi, l'evolversi dei suoi pensieri...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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“Allora, Alice? Cos’hai visto?”, chiesi a mia sorella appena svegliatasi dal suo stato d’ipnosi. Quando aveva una visione assumeva uno sguardo perso nel vuoto che ci terrorizzava sempre: era come se in quegli istanti non facesse più parte di questo mondo. D’altra parte, preferii non distrarla, o la mia adorabile sorellina fissata con lo shopping avrebbe desiderato bere il mio sangue. Fortuna che non ne avevo. Già, nelle mie vene, come in quelle di tutti gli altri Cullen, non scorreva sangue, perché eravamo vampiri.
“Niente d’importante, Bella. Il figlio della nuova famiglia arrivata a Forks inizierà la scuola domani. Strano che ne abbia avuto una visione... come se questo ragazzo riguardasse noi Cullen...”
Disse queste parole aggrottando appena le sopracciglia, ma era più preoccupata di quanto desse a vedere, vista la rapidità con cui Jasper, il suo compagno, empatico, cambiò espressione. Alice temeva evidentemente che il ragazzo riguardasse noi Cullen nel modo peggiore. Preoccupata perché noi Cullen, seppur vampiri, non ci nutrivamo di sangue umano: ci definivamo “vegetariani” per la nostra dieta a base di sangue animale. Era stato il nostro creatore, Carlisle, che era sotto molti aspetti davvero nostro padre, a scoprire la possibilità di nutrirci con sangue animale: appena scoperto cos’era diventato, era riuscito a non nutrirsi per giorni, poi, preso dalla sete, si era nutrito di sangue animale, capendo così di non essere obbligato a diventare un mostro. La cosa più buffa di questa storia, se vi si può trovare qualcosa di divertente, era che Carlisle era il figlio di un pastore e in quel periodo si dedicava proprio alla caccia ai vampiri. Strano come vanno le cose. Io, Esme, mia “madre”, Emmett e Rosalie, gli altri miei fratelli, anche loro compagni, eravamo stati creati da Carlisle, tutti quando eravamo in fin di vita: Carlisle non poneva fine alle vite, le salvava. Il meccanismo di trasformazione da umano a vampiro non era facile: occorreva infatti iniettare il veleno dei vampiri nelle vene dell’individuo e spesso la sete spingeva il vampiro a bere il sangue di colui che voleva trasformare. Ma Carlisle, come me e Rosalie, non aveva mai ceduto alla tentazione (Rosalie aveva ucciso sette umani, gli stupratori che l’avevano quasi uccisa e costretta alla vita immortale che tanto odiava e le guardie che li difendevano, ma non aveva bevuto il loro sangue). Il mio curriculum pulito dipendeva dal fatto che ero dotata di un autocontrollo soprannaturale. Carlisle era giunto alla conclusione che questo fosse il mio dono, ma in una visita dei Volturi, la famiglia reale dei vampiri, Aro, il capo, che voleva convincere Alice a entrare nella loro guardia (era attratto dalle sue capacità di veggente), non era riuscito a leggermi nel pensiero con una stretta di mano come invece poteva con qualsiasi altro, umano o vampiro che fosse. Da qui la deduzione che il mio potere era invece quello di schermare i miei pensieri. Ne fui sollevata: non mi sarebbe andato giù se quello stupido vampiro assetato di potere avesse visto quanto lo odiavo. Niente di personale: mi stava antipatico, punto e basta. Emmett mi riportò alla realtà: “Sorellina, ricordati della tua promessa!” Uffa. Avevo sfidato Emmett, il vampiro più forte della famiglia, a braccio di ferro un anno prima, fresca di trasformazione: im vampiri neonati sono particolarmente forti perché saturi del loro stesso sangue, perciò avevo vinto facilmente. A partire da quel giorno le forze cominciavano a diminuire ed Emmett aveva fretta di sfidarmi. Vabbé, meglio togliersi subito il pensiero: posi il gomito sul tavolo della mensa scolastica della piovosa cittadina di Forks (requisito essenziale per confonderci tra gli umani: alla luce del sole la nostra pelle brillava come fosse di diamanti) e strinsi la mano di Emmett. Vinse con facilità e Jasper blocco le nostre mani prima che si scontrassero col tavolo, che avremmo di sicuro distrutto con la nostra forza sovrumana. Beh, almeno Emmett avrebbe smesso di torturarmi con le sue paranoie. A quel punto suonò la campanella. Dovevo raggiungere l’aula di biologia, perciò salutai in fretta i miei fratelli. Ero l’unica a non essere annoiata dalle lezioni: avevo solo un anno, non sapevo tutto ciò che era cementato nell’infallibile mente di ognuno dei miei fratelli. Emmett, Jasper e Rosalie, studenti del quarto anno par l’ennesima volta (essere immortali causava l’immobilità del nostro aspetto, perciò dopo pochi anni eravamo costretti a trasferirci per non destare sospetti e a riprendere gli studi), si alzarono con me, Alice invece mi guardò con aria perplessa e preoccupata: “Dove vai?”, mi apostrofò. Non colsi subito il senso della sua domanda, poi, dopo un ottantaquattresimo di secondo (lo so, a voi sembra niente, ma noi vampiri pensiamo molto più velocemente), realizzai: quel giorno la lezione mia e di Alice (frequentavamo molti corsi insieme) era sull’analisi dei gruppi sanguigni. Innanzitutto noi vampiri non avevamo sangue e l’ago si sarebbe spezzato nel premerlo contro la nostra pelle dura e liscia, ma soprattutto eravamo vampire controllate, certo, ma non aveva senso rischiare di essere attratte dall’odore di sangue che si sarebbe sprigionato nell’aula nel volgere di qualche minuto. Ecco... la vampira più distratta al mondo. Per lo meno non ero più goffa come da umana, anzi, pare che fossi dotata di una grazia superiore alla media vampiresca, ma non tutti i miei difetti erano andati perduti nella dolorosa trasformazione. “Ops”, dissi semplicemente ad Alice e ci dirigemmo insieme verso l’uscita.
Appena fuori dal corridoio, ecco che quel rompiscatole di Mike Newton mi si parò davanti. “Ciao, Bella”, mi salutò. Uffa. Perché gli altri vampiri, seppure bellissimi, incutevano un istintivo timore agli esseri umani e io no? Senza contare che le sue tante ammiratrici erano parecchio seccate dalla sua preferenza per me e mi guardavano con astio. Non che m’importasse granché: non potevo comunque stringere amicizie per non dare nell’occhio.
“Ciao, Mike.”
“Ora abbiamo la lezione di biologia insieme, vero?”
“In realtà no.”
Mike mi guardo perplesso e dispiaciuto.
“Non mi sento molto bene. Mi metterò in auto ad ascoltare un CD”, dissi, ripensando alle note di Debussy.
“Se vuoi ti faccio compagnia”, mi propose Mike. Ma perché proprio io? Non vedi come ti guarda Jessica Stanley? Cambia obiettivo, no?
“Grazie, ma l’ho già chiesto ad Alice”, dissi guardando l’apparente adolescente accanto a me. Nell’incrociare il suo sorriso Mike si ritrasse istintivamente. Perché io non riuscivo a ottenere lo stesso esito?
“Beh, allora... ci vediamo, Bella.”
“Arrivederci, Mike.” Quell’irritante diciassettenne innescava in me istinti omicidi.


P.s.: le immagini che portano il nome "Maria" sono opera mia, per lo più le trovate qui: http://deliradubbiosa.deviantart.com/
   
 
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