Eccomi con il secondo
capitolo della mia fanfiction :) l'ho già scritta tutta,
perciò posso pubblicare ogni giorno. Se preferite che
rallenti il ritmo a una volta ogni due giorni, scrivetemelo nelle
recensioni. Buona lettura ^^

Il giorno dopo, dopo la
classica notte insonne che caratterizzava noi vampiri e che avevo
trascorso giocando a baseball con gli altri Cullen, eravamo di nuovo
lì. Dopo aver evitato non poche volte di incrociare Newton,
mi ritrovai al “tavolo Cullen” della mensa con un
vassoio davanti a me colmo di cibo che non avrei mangiato. Pochi
secondi dopo vidi un ragazzo che non riconoscevo avvicinarsi a un
tavolo con un vassoio identico al mio in mano. Doveva essere il ragazzo
nuovo, Edward, visto che la mia mente vampiresca ricordava tutto e
tutti, anche i dettagli più superflui. Aveva i capelli color
bronzo e occhi verde chiaro adatti alla sua pelle, color avorio come
quella di un vampiro. In comune coi vampiri il ragazzo aveva anche una
bellezza insolita che aveva fatto capitolare le mire di Jessica Stanley
nei confronti di Mike: aveva cambiato bersaglio e non accennava a
lasciarlo stare. Nonostante ciò, la bellezza di Edward
metteva Jessica in soggezione, perciò si teneva a una certa
distanza, tacendo per lo più. Si girò a
guardarmi: si era accorto che lo stavo fissando. Se avessi potuto
arrossire lo avrei fatto (era un’altra delle mie
caratteristiche da umana). Mi voltai imbarazzata, ma ascoltai il suono
dei suoi passi e le voci intorno ad essi. Ah, era seduto al tavolo di
Jessica, Mike, Angela Weber, il suo ragazzo Ben Cheney e Lauren
Mallroy. Anche Lauren sembrava cercare ogni scusa per attaccare bottone
con lui: lui rispondeva piuttosto annoiato alle invadenti domande dei
compagni di tavolo. Non avrei proprio voluto essere al suo posto, al
centro dell’attenzione... ci ero già passata
qualche mese prima quando la mia famiglia si era trasferita a Forks:
ero una vampira neonata (ma,stranamente, controllata come un neonato
non poteva essere), trasformata per uno stupido incidente in auto. La
mia incapacità a incutere timore aveva focalizzato tutti gli
sguardi e le domande su di me. Davvero imbarazzante. I miei mi
credevano morta, ma non potevo farci niente. Stavo scivolando in
pensieri troppo dolorosi, così decisi di riprendere ad
ascoltare i discorsi attorno al ragazzo. Sembrava, più che
imbarazzato, seccato per le domande atone dei commensali... domande di
cerimonia, del tipo “perché vi siete trasferiti?
Che lavoro fanno i tuoi?” e così via. Domande a
cui avrebbe dovuto rispondere decine di volte. Poveretto.
“Bella?
Sorellina?”
Mi voltai verso Jazz.
“Alla
buon’ora. Sarà la decima volta che ti chiamo. A
che pensavi?”
”Scusa... ero
concentrata sul nuovo arrivato. Ha già fatto
colpo.”
“Su di
te?”, chiese maliziosa Rosalie. Andavamo d’accordo
perché entrambe odiavamo quella vita: Rose perché
voleva dei figli (i vampiri sono sterili), io perché avevo
lasciato i miei genitori a piangere su una bara contenente un corpo
animato, il mio pallido rivestimento vampiresco. Ma almeno Rosalie
aveva Emmett.
“E
dài, Rose! Sulla Stanley e sulla Mallroy!”
“Allora
perché continuavi ad ascoltare i suoi discorsi?”,
insinuò Alice. Davvero adorabili le mie sorelline!
Non trovai nulla da
rispondere.
Effettivamente non
sapevo perché mi interessasse tanto scoprire qualcosa di
quel ragazzo. Da quando ero obbligata a non stringere amicizie, cercavo
di facilitarmi il compito estraniandomi da quello che succedeva attorno
a me. Cosa mi stava capitando? Decisi di soprassedere sul problema e
alzai le spalle all’insinuazione di Alice. Ma sapevo che non
sarebbe bastato a distrarre lei e Rose, così... se
l’attacco è la miglior difesa...
“Ragazze, oggi pomeriggio mi accompagnereste a Seattle a fare
shopping? Ho strappato i miei jeans preferiti e non riesco ad abbinare
più niente...” questo le avrebbe distratte anche
da un’esplosione nucleare (che tra l’altro non ci
avrebbe fatto un baffo. Solo il fuoco poteva ucciderci). Riuscii nel
mio intento e trattenni a stento un sorriso compiaciuto. Emm e Jazz
avevano capito il mio piano, ma tacquero. Lasciai che Jasper sentisse
la mia gratitudine: poteva farlo perché si manifestava con
un rilassamento fisico che poteva percepire con il suo talento
particolare. Nemmeno Jazz, quindi, entrava nella mia mente e Alice
stessa prevedeva le conseguenze delle mie decisioni e non le mie
decisioni in sé.
“Seattle?
Perché non Port Angeles o Tacoma?” Alice era
delusa dai miei progetti non abbastanza grandiosi per i suoi standard.
“Io propongo
Los Angeles. In qualche ora dovremmo arrivarci se rendiamo la tua
Porsche”, aveva proposto Rose.
Le lasciai a discutere
e, approfittando della loro distrazione, lanciai un’occhiata
in direzione della voce del ragazzo. Stava fissando proprio il tavolo
Cullen. Mentre un istintivo e al contempo razionale terzo del mio
cervello voleva provocare in me una reazione che non potevo avere,
arrossire, e un altro sesto pensava: “ovviamente anche lui si
è lasciato affascinare dalla bellezza dei Cullen”,
l’altra metà della mia spaziosa mente di vampira
era stata catturata dal profondo sguardo del mortale Edward Anthony
Masen. Ci volle mezzo secondo perché la parte razionale di
me riaffiorasse permettendo all’imbarazzo di prevalere e a me
di voltarmi. Ma che stava combinando il mio cervello? Io ero il
CACCIATORE. Lui una mia potenziale preda. Punto.
“Prova anche
questo.”
Decisamente avrei
potuto trovare un sistema migliore per distrarre le ragazze. Ora ero
nella boutique più rinomata della via più
importante per lo shopping dello stato di Washington.
Grandioso.
Alice e Rosalie mi
avevano scambiata per una bambola a grandezza naturale da vestire e
truccare e mi facevano provare di tutto. Avevo raccontato che mi
serviva solo un paio di comunissimi jeans!
“Alice, che
me ne faccio di un abito da cocktail?”, piagnucolai.
“Poche
storie. Non troverai più un abito che si sposa
così bene con la tua pelle e coi tuoi capelli.”
Rosalie non ammetteva repliche. Se non avessi provato -e comprato-
quello stupido vestito non sarei uscita da quel negozio... o almeno non
viva. In fondo cos’era il denaro per i Cullen? Qualcosa che
si accumulava grazie alle previsioni di borsa di Alice. Su quelle era
infallibile: difficile che un affarista cambiasse idea,
perché le sue decisioni erano frutto di una ragionata
tattica. A ogni abito che provavo la commessa si complimentava di come
mi stesse bene, lasciando trapelare l’invidia che aveva per
il mio corpo perfetto –non come quello di Rosalie, una Barbie
in carne e ossa, ma pur sempre di una bellezza soprannaturale. Uscimmo
da quel negozio con una ventina di vestiti -a testa- tra cui sette paia
di jeans per me. Nell’enorme armadio che Alice aveva preteso
per la mia camera tutta quella roba non sarebbe mai entrata: era
già pieno di costosissimo ciarpame (per lo più
rosa confetto) regalatomi dalle mie sorelline. Non riuscii mai a capire
come avessero potuto comprarmi tanta roba nei tre giorni che la mia
trasformazione aveva richiesto.
“Ora passiamo
al BeautifulQueen”: era un ordine.
“Alice...”,
provai a protestare.
“Niente
bizze.”
“Ma che me ne
faccio di un make-up perfetto se entro domani sarà un
disastro e lo dovrò togliere?”
“Non si
rovinerà. Non dormire aiuta.”
Cos’avevo
fatto di male per meritare questo?
@vanderbit: mi fa piacere che il primo capitolo ti abbia
incuriosita. Stavolta ho usato l'html e l'ho inserito anche nel primo
capitolo. Il passato di Bella presenta ovviamente delle differenze
rispetto alla saga... non troppe, in realtà :)@Elly_Melly: mi fa piacere che questa ff ti interessi, è di stampo diverso rispetto a Cenere e La battaglia, più romantico e leggero, ma ha di buono che, essendo la prima che ho scritto, migliora man mano.
@Giulia_Cullen: si chiama Masen^^ comunque sentirmi dire che scrivo bene è esattamente il tipo di complimento che preferisco ricevere ♥