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Autore: Yu Lunae    13/09/2010    1 recensioni
Potevo sentire quella voce colma di eco, quei mormorii lontani, dolci e disperati al tempo stesso. Era una voce maschile sibilata, che vanitosa e serpentina, sussurrava il mio nome, Eve, quello che riuscivo a percepire più chiaramente. L'avevo sentita così tante volte, eppure in quel preciso istante, l'identità di quella voce pacata e profonda, mi sfuggiva. “
Genere: Horror, Mistero, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota
Eccomi di nuovo qua con un nuovo capitolo di Chains u.ù
Da questo capitolo, possiamo dire che, comincerà la nostra avventura nel vero e proprio mondo di Chains of blood *_*
Non vi dico altro u.u come al solito ecco la colonna sonora XDDD

Track    Conductor ( We Were Promised Jetpacks )

Per il resto, Buona lettura
Spero vi piaccia
Yu Lunae





Settimo Sigillo

Destino ridente

Ciao Winslet

sai oggi mi sono divertita un mondo, perché è tornato a casa il mio papà. Mi ha portato a giocare al parco, insieme alla mamma e, indovina un po' cosa abbiamo fatto?
Abbiamo fatto volare il nostro aquilone, alto nel cielo, fino a toccare le nuvole su. Era papà che lo teneva stretto, io lo rincorrevo per tutto il parco. La mamma, che ora sta scrivendo questo per me, si era seduta a guardarci e a farci qualche foto.
Si beh, non che a me piacciano particolarmente le foto, ma a mia madre piacciono tanto, così, mio padre ogni tanto mi costringeva a fermarmi e a guardare verso di lei. Mi muovevo così tanto, che mi doveva tenere ferma con tutte e due le braccia. Una volta per tenermi ferma ha addirittura lasciato andare l'aquilone, e poi siamo andati subito a rincorrerlo per tutto il parco. Che faccia buffa aveva il mio papà.
Alla fine lo abbiamo recuperato e poi siamo tornati a casa. La mamma doveva ancora preparare la cena.
Ora sto dormendo e mia madre sta scrivendo tutto questo a mia insaputa. Ma va bene, un giorno lo leggerò e farò mio anche questo prezioso ricordo.

Con amore
Eveline & Venusia



Fu l'ultima pagina scritta da lei sul mio diario. Il giorno dopo venne portata all'ospedale e morì dopo poche ore, divorata dal cancro che l'aveva resa un gracile stelo di rosa.
Erano passati due giorni, dalla sua scomparsa ma io non avevo nemmeno provato a cercarlo. Certo è che non avevo nemmeno provato a tornare a casa.
Ero stata due giorni a casa di Jade che mi aveva gentilmente accolta come faceva sempre da quando ci conoscevamo.
« Forse dovresti avvertirla.» diceva ogni tanto, preoccupata, ma io nemmeno le rispondevo. Non volevo il diario, ma avevo bisogno della lettera. In ogni caso, non volevo fare ritorno in quella maledetta casa, che mi aveva causato guai, dal primo giorno in cui ci misi piede insieme a loro.
Da quando era accaduto questo, non avevo mai smesso di vedere i Darva tutti intorno a me. Era come se il segnale si fosse danneggiato e mandasse continuamente, la stessa cosa sul mio canale di trasmissione. Vedevo esseri umani e larve, tutto insieme.
Ad un certo punto, persino quella casa, al solito così dolce e accogliente, mi fece soffocare. Quelle presenze, a cui ancora non ero abituata, mi rendevano labile.
Mi alzai dalla sedia stiracchiandomi appena. Lei mi notò.
« Io esco. » le dissi, mentre imboccavo la porta d'uscita. Prima di sentire quanto aveva da dirmi ero già uscita di casa.
Non sarei andata lontana. Avrei raggiunto solo il parco di fronte casa di Jade.
Sospirai rassegnata, quando attraversai la strada e mi trovai a due passi dal mio gioco preferito. L'altalena. Mi vennero in mente tanti ricordi, in quel momento e mi sfuggì un sorriso.
Decisi di sedermici sopra, e cominciai a ondeggiare lentamente, avanti e indietro, sfiorando appena il terreno con la punta delle mie all stars nere. La mani si strinsero attorno alle catene che reggevano su il seggiolino in legno. Avevo l'aria triste, si notava da un miglio di distanza. La tipica aria malinconica di chi è lontano da casa. Ma se non sai qual'è casa tua, allora non hai di che preoccuparti.
Una casa. Il luogo dove puoi fare ritorno e non verrai giudicato. Questa è una casa.
Decisi di spingere appena più forte l'altalena e di ondeggiare con più vigore. Su e giù, mentre gli occhi puntavo al cielo che si imbruniva, alla ricerca delle prime stelle, alla ricerca di qualcosa che non potevo vedere durante il giorno, con la luce.
D'un tratto, mi sentii fermare e rimasi in sospeso, all'indietro, mentre osservavo il terreno sotto di me. Voltai appena il viso, giusto per inquadrare l'immagine del nuovo giunto, anche con la coda dell'occhio. Mi accorsi subito che era lui.
« Oh, sei tu. » dissi con voce rassegnata.
« Che entusiasmo. » disse lui, lasciandomi andare in avanti e spostandosi verso l'altra altalena, prendendovi posto, accuratamente. Io mi curai di osservare tutti i suoi movimenti senza però, valorizzarne uno in particolare.
« Cosa ci fai qui? » dissi io mentre tornai ad ondeggiare.
« Sono qui per te. » disse lui emulandola.
Io lo guardai con aria perplessa, cercando di capire cosa esattamente volesse dire quanto da lui era appena stato detto.
« Dobbiamo andare. » disse poi lui dopo una lunga pausa di silenzio, mentre oscillava leggermente e senza rivolgermi lo sguardo.
Io mi voltai appena verso di lui, schiudendo le labbra. Non potevo ribattere, ero stata io a chiederlo. « Di già? » dissi io sconsolata, mentre lui si voltò finalmente a guardarmi.
« Si. La situazione sta precipitando a Rederva. Dobbiamo agire subito. » disse lui mentre io sorrisi nel constatare che non sapevo nemmeno qual'era la situazione di Rederva. Non conoscevo nemmeno la Terra delle Larve.
Ma il mio pensiero, fisso tornava lì. Alla lettera. Chi avrebbe recuperato il diario e la lettera, se non ci fossi stata io? Le avrei rimaste qui.
Infondo lui mi aveva detto che non dovevo lasciare questioni in sospeso su questa terra, prima di andare a Rederva. Sarei potuta non tornare mai più. Nulla era sicuro lì. Avevo provveduto che il Signor Gray si prendesse cura della piccola Jade una volta andata via, ed altri piccoli particolari, che grazie a Dio avevo dissolto in meno di mezza giornata. Ero persino passata a salutare in biblioteca.
Richiamò la mia attenzione allungandomi qualcosa.
« Tieni, questa è tua. » sentii dire lui, mentre mi voltai a guardarlo. Abbassai appena i miei occhi verdi su di un pezzo di carta. Lo afferrai e mi apprestai ad aprirlo.
« Ma...» dissi quando lessi la calligrafia di mia madre. Era la famosa lettera.
« La tua matrigna la stava bruciando, insieme a tutto il resto. » disse lui continuando ad ondeggiare.
« Come?» sbottai io scendendo dall'altalena per posizionarmi di fronte a lui. « Non è vero. » dissi e senza accorgermene, muovevo il capo, negando qualsiasi cosa. « Il mio diario. » mormorai ancora.
La mia Winslet, quella che avevo sempre scritto insieme a Mia Madre. Lei che rappresentava l'unico ricordo che avevo di mia madre. Divorata dalle fiamme di un camino.
« Perché non hai preso anche il mio diario?! » urlai verso di lui, quasi disperata.
« Perché non ci serviva. » disse lui, molto semplicemente, senza troppi giri di parole.
Rimasi quasi sconvolta. « Serve a me. » mormorai, tra me e me, dandogli le spalle e portandomi le mani agli occhi.
« No non ti servirà. L'unica cosa di cui abbiamo bisogno per salvare tua madre e mio padre è quella » disse portando alla sua attenzione la lettera, indicandola con l'indice. « Questa è quanto di più utile ti abbia lasciato tua madre. » e il suo dire risultò essere così freddo.
Sconfortata abbassai le braccia e le portai al bacino.
« Ma non può passarla liscia. NON STAVOLTA! » dissi voltandomi di scatto verso di lui.
« Lei che si è prepotentemente infiltrata nella mia famiglia. Che voleva prendere il posto di mia madre. E ora ha distrutto tutto quello che mi era rimasto di lei. » mi fermai, chiudendo gli occhi. « In quelle pagine c'erano tutti i miei ricordi con loro. Tu hai idea di quello che ho perso? » dissi scuotendo il capo. Le dita cominciarono a contrarsi, le labbra premevano tra loro con forza e la rabbia pervase per intero tutto il mio corpo.
Lui si alzò, e lentamente cominciò a muovere dei passi verso di me. Mi afferrò per le spalle. La sua presa era così salda, che per un attimo credetti mi avrebbe spezzato le ossa. Alzai il volto verso di lui, poiché a quanto pare era quello che desiderava facessi.
« Smettila di fare la bambina. » mi disse, freddo come sempre. « Non hai perso più del dovuto. » continuò. « I ricordi con tua madre. Quelli con tuo padre. Quelle giornate passate insieme a loro, tu le hai ancora, dentro di te. Quindi smettila di piagnucolare. » ripeté ancora, mentre io lo guardavo allibita. Il suo era evidentemente un tentativo per farmi sentire meglio. Non era molto bravo, ma qualche progresso lo feci.
Mi lasciò andare passandomi oltre. « Ho lasciato una lettera nella tua camera e una da un agente di polizia in cui fai sapere che sei andata via e che non tornerai, perché troppo soffocata dall'ambiente che ti circondava. » disse lui. Io non replicai, anche perché non avrei avuto nulla da dire, rimanendo in silenzio con lo sguardo a fissare il vuoto.
Lui mi guardò di sottecchi, notandomi ancora sconfortata.
« Fatti coraggio, ragazzina. » mi disse.
Ci provai, voltandomi e annuendo. Prima di raggiungerlo, mi avvicinai all'altalena, intenta a fare qualcosa. Cosa poi non lo capì nemmeno Kein. Lo raggiunsi con pochi passi. Sembravo una gattina perduta in un bosco pieno di lupi. E mi sarei sentita così, anche lì. Forse lì sarebbe stato peggio, ma c'era lui.
Lo guardai negli occhi e sentii che man mano sotto i miei piedi, l'appoggio veniva meno.
Una voragine nera si aprì sotto di noi e del fumo nero, cominciò ad uscire da quel profondo buco. Il fumo ci avvolse, abbracciandoci nella maniera più materna. Osservai il suo viso, finché ne ebbi l'occasione. Perché mi dava sicurezza, perché sentivo di volerlo avere con me. Con l'ausilio della ormai giunta notte, i nostri corpi sparirono. E con loro anche le nostre anime.


« Eveeee? EVE è pronto! » disse Jade raggiungendo il parco giochi.
Non trovò nessuno lì. « Ma dove diavolo è finita? » si chiese mentre avanzava verso l'altalena.
Un oggetto sventolante attirò la sua attenzione. Era un foulard, quello che spesso aveva visto al collo di Eve. Era attaccato alla catena di una delle due altalene.
Lo sfiorò con le dita e fu percorsa da un brivido.
« Eve...» mormorò osservandosi intorno, piena di paura. Un presentimento l'assalì. Un presentimento che poi, si rivelò verità.
Infatti la mattina, ai telegiornali parlarono di lei. La ragazza scomparsa, forse rapita forse scappata.
Lei non c'era più.




  
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