· To be
something to someone. ·
« Forse tutti voi lo
considererete uno scherzo
Se dico che mi
odio,
Ma ora e in futuro
Quando guardo nello
specchio
Tutto ciò che vedo è un
grande sbaglio.
E non è ciò che vedresti tu?
Beh, io voglio solo
essere divertente,
Voglio essere l'unico
A farti sorridere.
Beh, voglio solo credere
Che potrei essere qualcosa per qualcuno.
Sono l'unico qui
Che
non ha intenzione di vivere nella paura?
Beh, spero che qualcuno
mi chiamerà
E mi dirà che questa
notte è finita,
Perché voglio iniziare a vivere
la mia vita
Prima che io diventi sempre più vecchio. »
{The
ark, Tell me this night is over}
· 6 ·
~ Amore. ~
Tu mi scoppi nella mente... Tu mi scoppi nelle vene...
Era tutto completamente buio. Un
forte bruciore le aveva fatto rinvenire i sensi, ma era ancora nel dormiveglia.
Strinse le palpebre. La caviglia le doleva in maniera indescrivibile. L'unica
cosa che sentì, furono due voci chiare e distinte. Riconobbe chiaramente quella
di Chopper calma e concentrata. Stava parlando a qualcuno. Un'altra voce
profonda e preoccupata aveva risposto alla piccola renna. In un primo momento,
Robin non capì cosa stessero dicendo, poi quel tono la fece quasi sussultare.
“Sta soffrendo”, aveva detto Franky.
Chopper era stato in silenzio per un
po'. “Non avevo anestetici, purtroppo”, gli aveva risposto dopo circa un
minuto.
Il bruciore aumentò e la ragazza
perse il filo del discorso intrapreso dai due. Strinse tra le mani i lembi di
un lenzuolo, le palpebre ancora serrate. Non seppe mai se i due si fossero
detti qualcos'altro, poiché davanti a lei si stagliarono delle immagini. Cadde
in un sogno agitato. Una figura alta, dalla muscolatura sproporzionata e dai
capelli azzurri rizzati sulla testa si stava allontanando da lei. Era sicura di
conoscere quella persona. Allungò una mano per raggiungerla, ma lo sconosciuto
scomparve. Quando si svegliò, quasi sobbalzando al concludersi dell'incubo, notò,
alla luce fioca di una lampada, il medico seduto su una sedia, ad aspettare il
suo risveglio. Il dolore alla caviglia si era fatto decisamente meno intenso.
“Robin!”, strillò la renna,
sorridendo sollevata.
La ragazza guardò confusa quella stanza.
Non c'era nessun'altro oltre a Chopper. “Dov'è Franky?”,
le venne da chiedere. La persona del sogno era senz'altro lui. In quel momento
si era sentita spaesata nel constatare l'assenza del carpentiere, e quella
domanda le era uscita spontanea e l'aveva pronunciata senza giri di parole.
Chopper fu stupito nel sentire
quella frase. Del resto aveva avuto dei sospetti, anche quando Franky stranamente era rimasto più del dovuto ad
assisterla, mentre lei non era cosciente. Gli venne in mente il litigio che era
avvenuto tra il loro cuoco e il cyborg, e qualche tassello sembrò andare al
posto giusto. Scosse la testa per scacciare quel pensiero, immaginando che
fosse solo una sua fantasia. “Franky è sul ponte”, le
spiegò “La tempesta si è calmata. C'è solo qualche nuvola in cielo. Ma i danni
alla torre di vedetta sono stati notevoli, quindi è andato a darci
un'occhiata”.
L'archeologa si mise a sedere. “Devo
parlare con lui”, disse, scendendo le gambe dal letto, con l'intenzione di
andare dal carpentiere immediatamente.
“Aspetta, Robin!!”, la bloccò
Chopper “Non devi sforzarti, altrimenti la tua ferita potrebbe riaprirsi”. La
ragazza si guardò l'accurata fasciatura che aveva alla caviglia. Non aveva
fatto caso alla sua ferita. Per un momento aveva pensato che il dolore fosse
stato solo la sua immaginazione, che fosse stato parte dell'incubo. La renna le
sorrise, scese dalla sedia e si diresse dall'altra parte della stanza, dunque
prese due stampelle che stavano poggiate alla parete e tornò dall'archeologa.
“Usa queste. Le ha costruite Franky poco fa”,
continuò porgendo i due oggetti alla ragazza. La renna sembrava molto contenta
di avere nuovi arnesi di lavoro che sarebbero potuti servire anche in
futuro.
Robin annuì, bisbigliando un
“grazie”, e si alzò in piedi reggendosi ai due bastoni di metallo. Dopo aver
fatto un cenno di saluto al compagno, si diresse fuori dalla stanza, con
abbastanza facilità. Meno facile invece fu salire le scale, ma quando fu giunta
ai piedi dell'albero maestro, sul quale era posizionata la vedetta, e lo ebbe
visto, tutte le sue certezze svanirono. Perché era lì? Cosa doveva dirgli? Il
cyborg con un balzo scese dalla torre, tra le mani un pezzo della vetrata,
scheggiato in più punti, lo sovrastava completamente, tanto era enorme. Non
appena ebbe posato gli occhi sulla mora, attraverso il gigantesco pezzo di
vetro, le sue mani iniziarono a tremare. Il vetro gli sfuggì e si frantumò
inevitabilmente, cadendo a terra.
“Kuso!”,
imprecò, sbuffando nel contemplare il disastro appena avvenuto.
“Perdonami, Cyborg-san.
Ti ho spaventato?”, domandò l'archeologa, mentre Franky
si chinava a raccogliere le schegge sparse dappertutto, borbottando qualcosa di
incomprensibile.
“Non preoccuparti”, rispose dopo un
po', cercando di contenersi “E' stata colpa mia. Mi sono distratto”. In seguito
a questo scambio di battute, solo il silenzio rimase. C'era, sì, il rumore dei
vetri che il cyborg accumulava man mano, ma di parole e discorsi nulla. La
ragazza lo contemplava soltanto. Di parole non ne trovava. Cosa doveva dire
poi? Non lo sapeva o se n'era dimenticata. Voleva soltanto stare lì a
guardarlo.
Che succede? L'ho persino
sognato. Sono certa che fosse lui. Perché stava andando via in quel sogno? E
perché volevo che restasse? Perché questa strana sensazione adesso? Come se non
volessi allontanarmi da lui per nulla al mondo, come se la mia mente non
volesse liberarsi della sua immagine, come se non volesse dimenticarla.
Robin, nessuno nasce in questo
mondo per rimanere completamente solo.
Le venne in mente quella frase. Non
seppe perché la sua mente avesse rievocato il ricordo di Sauro. L'unica cosa di
cui era certa fu che quello che aveva detto quel gigante tempo fa ora era
realtà. Lei aveva degli amici, amici per cui avrebbe rischiato la vita, ma
nulla avrebbe reso la sua esistenza completa, fuorché lui... Lui, così vitale e
divertente, una figura protettiva per lei... Non avrebbe mai dimenticato tutte
le volte che si erano aiutati a vicenda... Enies
Lobby... Thriller Bark...
Se andasse via, cosa farei?
“Ohi”, disse Franky,
sventolandole una mano davanti agli occhi, al che la ragazza si riscosse dai
suoi pensieri “Ti senti bene?”.
Robin notò la preoccupazione sul
volto del carpentiere e si affrettò a sorridergli. “Certo. Sto bene. Ero
sovrappensiero”, gli rispose.
Franky
rimase spiazzato da quel modesto sorriso. Distolse lo sguardo da lei più in
fretta che poté. “Bene. Mi fa piacere che sia tutto okay”, disse rimettendosi a
raccogliere i vetri, con le gote diventate più rosee.
“Dopo mi piacerebbe parlare con te”,
continuò lei.
Lui la guardò basito. “Me?”,
domandò.
Lei annuì. “Da soli”, aggiunse,
mentre il suo sorriso si allargava, mantenendo comunque la sua innata dolcezza
“Ci vediamo dopo cena nel tuo laboratorio”.
Franky
arrossì di più, mentre la ragazza si voltava per andarsene. La vide
allontanarsi e per l'ennesima volta si pentì di non averla abbracciata, ma allo
stesso tempo una domanda gli sorgeva spontanea. Cosa doveva dirgli? Il suo
pensiero si andò a posare sul salvataggio avvenuto quella mattina.
Mi vorrà ringraziare - pensò
scrollando le spalle, anche se dentro di lui sapeva che non c'era bisogno di
incontrarsi da soli per un semplice ringraziamento. Tuttavia cercò di non
pensarci e si rimise al lavoro.
Poco dopo le voci dei compagni, Usopp e Rufy, gli giunsero alle
orecchie. Riuscì a capire perfettamente cosa stessero dicendo. “Secondo te, se
lo danno un bacio?”, aveva sentito dire dal cecchino, seguito da un risatina
del capitano.
“Perché dovrebbero?”, domandò
ingenuamente il ragazzo di gomma.
Usopp si
portò una mano davanti alla bocca, per evitare che il cyborg sentisse. “Perché
si vede che... Insomma hai capito?”, sussurrò, ma ciò non impedì a Franky di carpire la frase.
“No, non ho capito. Perché si
dovrebbero baciare?”, continuò l'altro, mantenendo un tono di voce normale,
senza curarsi minimamente della vicinanza di Franky.
“Rufy, sei
il solito. Non capisci nulla! Si baciano, perché si amano, no?”, gli spiegò Usopp, tornando a parlare con lo stesso tono di Rufy.
“Chi è che ama chi?”, domandò Franky, ormai ad un metro da loro, con aria minacciosa.
Usopp posò
il suo sguardo spaventato sul cyborg. “Sanji e Nami!”, rispose, sudando freddo, senza pensarci due volte.
Rufy
guardò il compagno con le sopracciglia aggrottate, senza capire. “Non stavamo
parlando di Franky e Robin?”, chiese, al che il
cecchino rimase di sasso, la bocca spalancata in un urlo muto.
Franky
strinse i pugni. “Bastardi...”, sussurrò in preda alla collera.
“Scappiamo!!”, urlò Usopp, fuggendo dalla mira di un possibile gancio destro
del cyborg, trascinandosi dietro Rufy, preso per la
collottola della maglietta.
“Fermi!!”, urlò Franky
inseguendoli.
Poco lontano Zoro
smise di armeggiare con dei pesi giganteschi. Fissò quella scena assurda per
qualche minuto, con espressione impassibile. “Allora ci avevo visto giusto, eh,
Franky”, bisbigliò dopo un po' con un sorrisino
ironico, più a sé stesso che al cyborg, impegnatissimo
nella sua maratona. Passò qualche altro minuto, prima che lo spadaccino
emettesse un sospiro, incredulo davanti a quell'inseguimento, e poi facesse
spallucce, tornando alla sua occupazione.
Fu proprio in quel momento che una Nami estremamente arrabbiata entrò in scena. “Volete altre
punizioni!?”, strillò, tenendo le mani sui fianchi. Franky
smise all'istante di rincorrere il cecchino e il capitano, e rassegnato tornò
all'albero maestro, prese il mucchio di vetri, accumulati precedentemente, e se
ne andò, diretto nel suo laboratorio.
~
Quella sera dopo cena, come
previsto, Franky, entrando nel suo laboratorio, trovò
l'archeologa ad aspettarlo. Era seduta su di una panca, costruita qualche
settimana prima dal carpentiere, le due stampelle, realizzate quella mattina,
poggiate alla panca stessa. Seppure fosse stata fatta in poco tempo, essa
risultava perfetta anche nei particolari. Delle rose erano state intagliate nel
legno. Robin era rimasta affascinata fin da subito da quel dettaglio. Aveva
passato gran parte di quella serata ad ammirarle e ad accarezzarle con la punta
dei polpastrelli. Il silenzio era di nuovo sceso tra i due. Il cyborg era
seduto alla scrivania, una matita e un righello tra le mani. Stava disegnando
un progetto per una delle sue diavolerie. Dopo che ebbe fatto qualche bozza sul
foglio, decise che non si poteva continuare in quel modo. Del resto, Robin gli
aveva detto che voleva parlargli in privato, ed ora erano soli.
“Non dovevi dirmi qualcosa?”, chiese
impaziente.
La ragazza alzò lo sguardo dal
ricamo complesso del legno. “Sì. Devo dirti una cosa importante”, disse lei,
calma.
Franky si alzò
dalla sedia sulla quale di era accomodato e le si avvicinò quel tanto che
bastava per comprendere appieno le espressioni dell'archeologa. “Ti ascolto”,
disse.
Anche Robin a quel punto si alzò, afferrando
le stampelle e reggendosi bene ad esse, e accorciò la distanza presente tra lei
e il cyborg di circa un metro. Lo sguardo della ragazza era serio. Nulla a che
vedere con un semplice ringraziamento. “Franky”,
disse, al che lui sobbalzò quasi. Era raro che venisse chiamato col suo nome da
lei, ad eccezione di situazioni di pericolo.
“Sì?”, la incitò lui. Non finì
neanche di parlare, che le braccia di lei si andarono a cingere attorno al suo
busto, lasciando cadere a terra i bastoni di metallo, la sua testa sul suo
petto. “Robin...”, sussurrò lui, ricambiando l'abbraccio. Ciò indusse la
ragazza a rafforzare la presa, come per evitare che lui le sfuggisse.
“Mi sento strana quando sono così
vicino a te”, disse Robin “Non ne conoscevo il perché”. La ragazza fece una
pausa. Il cyborg fu certo che da qualche parte sotto tutto quell'acciaio, il
suo cuore stesse accelerando i suoi battiti. Lei prese a fissarlo e continuò a
parlare. “Ma ora che sono tra le tue braccia, mi sento al sicuro... Come questa
mattina, quando mi hai salvata... Ero appena fuori da quel mare gelido, eppure
non sentivo per niente freddo”.
Franky
osservò attentamente gli occhi color oceano dell'archeologa e fu certo che
stava dicendo la verità. “Sento anche io lo stesso”, borbottò in preda
all'imbarazzo.
Il volto di Robin si illuminò di un sorriso
radioso.
Franky
deglutì, sapendo che quella sarebbe stata la fine di tutti i suoi dubbi. Si
domandò se lei lo avrebbe accettato per quello che era. “Però...”, disse
mettendo il muso.
“Cosa?”, domandò lei. Il suo sorriso
si era spento, nel sentire quella congiunzione.
“Robin, io non posso soddisfare
tutte le esigenze di una donna”, esclamò Franky, ora
anche lui serissimo.
La ragazza lo guardò per un momento
senza dire alcunché, poi rise, prima di dire “Beh. mi pare che lì sotto sia
tutto funzionante”.
Franky
arrossì, capendo all’istante a cosa alludesse l’archeologa. “N… Non intendevo quello!”, si affrettò a dire, balbettando,
al che assunse un’espressione malinconica “Il mio corpo è quasi interamente d’acciaio… E’ freddo”.
Robin gli si avvicinò di più. Portò
le sue braccia a cingersi attorno al collo di lui. I loro nasi si toccavano
ormai. “Riscalderò io il tuo corpo”, disse, il suo sorriso si era fatto
malizioso. Franky la guardò stupito, a causa delle
parole che le erano uscite di bocca, ma non ebbe il tempo di ribattere, perché
le labbra della ragazza si erano congiunte con le sue, ed ora erano impegnate a
seguire i passi di una dolce danza. Da tempo desiderava cimentarsi in quel
ballo. Anche stare solo così abbracciati gli bastava e per Robin era lo stesso.
L'eternità era nulla in confronto a quell'istante.
~
“Che ti avevo detto, Rufy? Si sono baciati”, disse una persona, in compagnia di
molte altre, intente a sbirciare dalla fessura della
porta del laboratorio di Franky.
“Oh! Figo!”,
rispose Rufy, in preda all'entusiasmo.
“Sei davvero bravo, Usopp! Lo avevi previsto?”, strillò eccitato Chopper.
“Ovvio”, rispose il cecchino.
“Maledizione! Robin, si è fatta
adescare da quel pervertito”, esclamò Sanji “Perché
io non ci sono riuscito??”.
“Perché sei un sopracciglione”,
rispose la voce profonda di Zoro.
“Parla per te, testa d'alga!”,
sbottò il biondo.
“Piantatela di litigare, altrimenti
ci scopriranno!”, li sgridò Nami.
Ma troppo tardi, la porta era ormai
aperta e Franky li guardava minaccioso.
“Maledetti, perché non andate a
farvi gli affari vostri?!”, urlò il cyborg, mentre Robin dietro di lui si
lasciava scappare un risolino.
“Scusaci!!! Vi lasciamo da soli!!”,
dissero i restanti Mugiwara, scappando via.
Robin si avvicinò di più a Franky. “Dove eravamo?”, domandò.
“Qui”, disse lui sorridendo.
Dopodiché le cinse la vita con un braccio e la baciò.
Tu mi scoppi nella mente... Tu
mi scoppi nelle vene... Ti amo.
THE END
Angolino dell’autrice
Salve a tutti!
Eccomi qui con l'ultimo capitolo! Spero che vi sia piaciuto. Io non riesco a
capire se sia venuto bene o meno. Vabbé, lo capirò
dalle vostre recensioni.
Volevo dire due
parole, prima di ringraziare tutti. Ho creato su facebook
la mia pagina ufficiale (diciamo così) dove pubblico gli aggiornamenti delle
fan fiction, gli anime music video del mio canale di youtube e (cosa più importante) i miei adorati fanart! Mi auguro davvero che passerete a darci
un'occhiata, così magari quando sono senza ispirazione e lo scrivo sulla
bacheca, voi mi date la forza per spremermi le meningi con un commentino.
Quindi, se vi importa qualcosa di questa mia “iniziativa” cliccate sul seguente
link: http://www.facebook.com/pages/Valechan91-usytyve-efr-faific/116046858448990?ref=sgm
.
Dopodiché
passiamo ai ringraziamenti:
·
I recensori: angela90, Marty De Nobili, Erichan e tre88.
·
Le persone che hanno messo la fic tra preferite, ricordate e seguite: rispettivamente 3,
2 e 5 persone!
·
Gli invisibili lettori.
·
E infine tutti coloro che avranno la
pazienza di iscriversi alla mia pagina facebook.
Grazie!
Ora vi lascio ai
vostri affarucci! A presto!
Vale-chan