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Autore: Vals Fanwriter    17/09/2010    4 recensioni
Il calore che emana, lo vorrei fare mio. Mi sarebbe piaciuto che le nostre mani fossero rimaste l’una nell’altra, senza mai più separarsi.
{Franky X Robin}
1 ~ Presa di coscienza; Vorrei fare mio il suo calore.
2 ~ Gelosia; Vorrei essere l'unico artefice della sua felicità.
3 ~ Sentimenti; Non potrai comprendere se non l'avrai prima provato.
4 ~ Sospetti; Vorrei si potesse fermare il tempo.
5 ~ Tempesta; Sarò sempre al tuo fianco per proteggerti.
6 ~ Amore; Tu mi scoppi nella mente... Tu mi scoppi nelle vene...
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Franky, Nico Robin
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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· To be something to someone. ·

 

« Forse tutti voi lo considererete uno scherzo
Se dico che
mi odio,

Ma ora e in futuro

Quando guardo nello specchio
Tutto ciò che vedo è un grande sbaglio.
E non è ciò che vedresti tu?

Beh, io voglio solo essere divertente,
Voglio essere l'unico

A farti sorridere.
Beh, voglio solo credere

Che potrei essere qualcosa per qualcuno.

Sono l'unico qui
Che non ha intenzione di vivere nella paura?

Beh, spero che qualcuno mi chiamerà

E mi dirà che questa notte è finita,
Perché voglio iniziare a vivere la mia vita
Prima che io diventi sempre più vecchio. »

        {The ark, Tell me this night is over}

 

· 6 ·

~ Amore. ~

Tu mi scoppi nella mente... Tu mi scoppi nelle vene...

 

            Era tutto completamente buio. Un forte bruciore le aveva fatto rinvenire i sensi, ma era ancora nel dormiveglia. Strinse le palpebre. La caviglia le doleva in maniera indescrivibile. L'unica cosa che sentì, furono due voci chiare e distinte. Riconobbe chiaramente quella di Chopper calma e concentrata. Stava parlando a qualcuno. Un'altra voce profonda e preoccupata aveva risposto alla piccola renna. In un primo momento, Robin non capì cosa stessero dicendo, poi quel tono la fece quasi sussultare.

            “Sta soffrendo”, aveva detto Franky.

            Chopper era stato in silenzio per un po'. “Non avevo anestetici, purtroppo”, gli aveva risposto dopo circa un minuto.

            Il bruciore aumentò e la ragazza perse il filo del discorso intrapreso dai due. Strinse tra le mani i lembi di un lenzuolo, le palpebre ancora serrate. Non seppe mai se i due si fossero detti qualcos'altro, poiché davanti a lei si stagliarono delle immagini. Cadde in un sogno agitato. Una figura alta, dalla muscolatura sproporzionata e dai capelli azzurri rizzati sulla testa si stava allontanando da lei. Era sicura di conoscere quella persona. Allungò una mano per raggiungerla, ma lo sconosciuto scomparve. Quando si svegliò, quasi sobbalzando al concludersi dell'incubo, notò, alla luce fioca di una lampada, il medico seduto su una sedia, ad aspettare il suo risveglio. Il dolore alla caviglia si era fatto decisamente meno intenso.

            “Robin!”, strillò la renna, sorridendo sollevata.

            La ragazza guardò confusa quella stanza. Non c'era nessun'altro oltre a Chopper. “Dov'è Franky?”, le venne da chiedere. La persona del sogno era senz'altro lui. In quel momento si era sentita spaesata nel constatare l'assenza del carpentiere, e quella domanda le era uscita spontanea e l'aveva pronunciata senza giri di parole.

            Chopper fu stupito nel sentire quella frase. Del resto aveva avuto dei sospetti, anche quando Franky stranamente era rimasto più del dovuto ad assisterla, mentre lei non era cosciente. Gli venne in mente il litigio che era avvenuto tra il loro cuoco e il cyborg, e qualche tassello sembrò andare al posto giusto. Scosse la testa per scacciare quel pensiero, immaginando che fosse solo una sua fantasia. “Franky è sul ponte”, le spiegò “La tempesta si è calmata. C'è solo qualche nuvola in cielo. Ma i danni alla torre di vedetta sono stati notevoli, quindi è andato a darci un'occhiata”.

            L'archeologa si mise a sedere. “Devo parlare con lui”, disse, scendendo le gambe dal letto, con l'intenzione di andare dal carpentiere immediatamente.

            “Aspetta, Robin!!”, la bloccò Chopper “Non devi sforzarti, altrimenti la tua ferita potrebbe riaprirsi”. La ragazza si guardò l'accurata fasciatura che aveva alla caviglia. Non aveva fatto caso alla sua ferita. Per un momento aveva pensato che il dolore fosse stato solo la sua immaginazione, che fosse stato parte dell'incubo. La renna le sorrise, scese dalla sedia e si diresse dall'altra parte della stanza, dunque prese due stampelle che stavano poggiate alla parete e tornò dall'archeologa. “Usa queste. Le ha costruite Franky poco fa”, continuò porgendo i due oggetti alla ragazza. La renna sembrava molto contenta di avere nuovi arnesi di lavoro che sarebbero potuti servire anche in futuro.

            Robin annuì, bisbigliando un “grazie”, e si alzò in piedi reggendosi ai due bastoni di metallo. Dopo aver fatto un cenno di saluto al compagno, si diresse fuori dalla stanza, con abbastanza facilità. Meno facile invece fu salire le scale, ma quando fu giunta ai piedi dell'albero maestro, sul quale era posizionata la vedetta, e lo ebbe visto, tutte le sue certezze svanirono. Perché era lì? Cosa doveva dirgli? Il cyborg con un balzo scese dalla torre, tra le mani un pezzo della vetrata, scheggiato in più punti, lo sovrastava completamente, tanto era enorme. Non appena ebbe posato gli occhi sulla mora, attraverso il gigantesco pezzo di vetro, le sue mani iniziarono a tremare. Il vetro gli sfuggì e si frantumò inevitabilmente, cadendo a terra.

            Kuso!”, imprecò, sbuffando nel contemplare il disastro appena avvenuto.

            “Perdonami, Cyborg-san. Ti ho spaventato?”, domandò l'archeologa, mentre Franky si chinava a raccogliere le schegge sparse dappertutto, borbottando qualcosa di incomprensibile.

            “Non preoccuparti”, rispose dopo un po', cercando di contenersi “E' stata colpa mia. Mi sono distratto”. In seguito a questo scambio di battute, solo il silenzio rimase. C'era, sì, il rumore dei vetri che il cyborg accumulava man mano, ma di parole e discorsi nulla. La ragazza lo contemplava soltanto. Di parole non ne trovava. Cosa doveva dire poi? Non lo sapeva o se n'era dimenticata. Voleva soltanto stare lì a guardarlo.

            Che succede? L'ho persino sognato. Sono certa che fosse lui. Perché stava andando via in quel sogno? E perché volevo che restasse? Perché questa strana sensazione adesso? Come se non volessi allontanarmi da lui per nulla al mondo, come se la mia mente non volesse liberarsi della sua immagine, come se non volesse dimenticarla.

            Robin, nessuno nasce in questo mondo per rimanere completamente solo.

            Le venne in mente quella frase. Non seppe perché la sua mente avesse rievocato il ricordo di Sauro. L'unica cosa di cui era certa fu che quello che aveva detto quel gigante tempo fa ora era realtà. Lei aveva degli amici, amici per cui avrebbe rischiato la vita, ma nulla avrebbe reso la sua esistenza completa, fuorché lui... Lui, così vitale e divertente, una figura protettiva per lei... Non avrebbe mai dimenticato tutte le volte che si erano aiutati a vicenda... Enies Lobby... Thriller Bark...

            Se andasse via, cosa farei?

            “Ohi”, disse Franky, sventolandole una mano davanti agli occhi, al che la ragazza si riscosse dai suoi pensieri “Ti senti bene?”.

            Robin notò la preoccupazione sul volto del carpentiere e si affrettò a sorridergli. “Certo. Sto bene. Ero sovrappensiero”, gli rispose.

            Franky rimase spiazzato da quel modesto sorriso. Distolse lo sguardo da lei più in fretta che poté. “Bene. Mi fa piacere che sia tutto okay”, disse rimettendosi a raccogliere i vetri, con le gote diventate più rosee.

            “Dopo mi piacerebbe parlare con te”, continuò lei.

            Lui la guardò basito. “Me?”, domandò.

            Lei annuì. “Da soli”, aggiunse, mentre il suo sorriso si allargava, mantenendo comunque la sua innata dolcezza “Ci vediamo dopo cena nel tuo laboratorio”.

            Franky arrossì di più, mentre la ragazza si voltava per andarsene. La vide allontanarsi e per l'ennesima volta si pentì di non averla abbracciata, ma allo stesso tempo una domanda gli sorgeva spontanea. Cosa doveva dirgli? Il suo pensiero si andò a posare sul salvataggio avvenuto quella mattina.

            Mi vorrà ringraziare - pensò scrollando le spalle, anche se dentro di lui sapeva che non c'era bisogno di incontrarsi da soli per un semplice ringraziamento. Tuttavia cercò di non pensarci e si rimise al lavoro.

            Poco dopo le voci dei compagni, Usopp e Rufy, gli giunsero alle orecchie. Riuscì a capire perfettamente cosa stessero dicendo. “Secondo te, se lo danno un bacio?”, aveva sentito dire dal cecchino, seguito da un risatina del capitano.

            “Perché dovrebbero?”, domandò ingenuamente il ragazzo di gomma.

            Usopp si portò una mano davanti alla bocca, per evitare che il cyborg sentisse. “Perché si vede che... Insomma hai capito?”, sussurrò, ma ciò non impedì a Franky di carpire la frase.

            “No, non ho capito. Perché si dovrebbero baciare?”, continuò l'altro, mantenendo un tono di voce normale, senza curarsi minimamente della vicinanza di Franky.

            Rufy, sei il solito. Non capisci nulla! Si baciano, perché si amano, no?”, gli spiegò Usopp, tornando a parlare con lo stesso tono di Rufy.

            “Chi è che ama chi?”, domandò Franky, ormai ad un metro da loro, con aria minacciosa.

            Usopp posò il suo sguardo spaventato sul cyborg. “Sanji e Nami!”, rispose, sudando freddo, senza pensarci due volte.

            Rufy guardò il compagno con le sopracciglia aggrottate, senza capire. “Non stavamo parlando di Franky e Robin?”, chiese, al che il cecchino rimase di sasso, la bocca spalancata in un urlo muto.

            Franky strinse i pugni. “Bastardi...”, sussurrò in preda alla collera.

            “Scappiamo!!”, urlò Usopp, fuggendo dalla mira di un possibile gancio destro del cyborg, trascinandosi dietro Rufy, preso per la collottola della maglietta.

            “Fermi!!”, urlò Franky inseguendoli.

            Poco lontano Zoro smise di armeggiare con dei pesi giganteschi. Fissò quella scena assurda per qualche minuto, con espressione impassibile. “Allora ci avevo visto giusto, eh, Franky”, bisbigliò dopo un po' con un sorrisino ironico, più a sé stesso che al cyborg, impegnatissimo nella sua maratona. Passò qualche altro minuto, prima che lo spadaccino emettesse un sospiro, incredulo davanti a quell'inseguimento, e poi facesse spallucce, tornando alla sua occupazione.

            Fu proprio in quel momento che una Nami estremamente arrabbiata entrò in scena. “Volete altre punizioni!?”, strillò, tenendo le mani sui fianchi. Franky smise all'istante di rincorrere il cecchino e il capitano, e rassegnato tornò all'albero maestro, prese il mucchio di vetri, accumulati precedentemente, e se ne andò, diretto nel suo laboratorio.

~

            Quella sera dopo cena, come previsto, Franky, entrando nel suo laboratorio, trovò l'archeologa ad aspettarlo. Era seduta su di una panca, costruita qualche settimana prima dal carpentiere, le due stampelle, realizzate quella mattina, poggiate alla panca stessa. Seppure fosse stata fatta in poco tempo, essa risultava perfetta anche nei particolari. Delle rose erano state intagliate nel legno. Robin era rimasta affascinata fin da subito da quel dettaglio. Aveva passato gran parte di quella serata ad ammirarle e ad accarezzarle con la punta dei polpastrelli. Il silenzio era di nuovo sceso tra i due. Il cyborg era seduto alla scrivania, una matita e un righello tra le mani. Stava disegnando un progetto per una delle sue diavolerie. Dopo che ebbe fatto qualche bozza sul foglio, decise che non si poteva continuare in quel modo. Del resto, Robin gli aveva detto che voleva parlargli in privato, ed ora erano soli.

            “Non dovevi dirmi qualcosa?”, chiese impaziente.

            La ragazza alzò lo sguardo dal ricamo complesso del legno. “Sì. Devo dirti una cosa importante”, disse lei, calma.

            Franky si alzò dalla sedia sulla quale di era accomodato e le si avvicinò quel tanto che bastava per comprendere appieno le espressioni dell'archeologa. “Ti ascolto”, disse.

            Anche Robin a quel punto si alzò, afferrando le stampelle e reggendosi bene ad esse, e accorciò la distanza presente tra lei e il cyborg di circa un metro. Lo sguardo della ragazza era serio. Nulla a che vedere con un semplice ringraziamento. “Franky”, disse, al che lui sobbalzò quasi. Era raro che venisse chiamato col suo nome da lei, ad eccezione di situazioni di pericolo.

            “Sì?”, la incitò lui. Non finì neanche di parlare, che le braccia di lei si andarono a cingere attorno al suo busto, lasciando cadere a terra i bastoni di metallo, la sua testa sul suo petto. “Robin...”, sussurrò lui, ricambiando l'abbraccio. Ciò indusse la ragazza a rafforzare la presa, come per evitare che lui le sfuggisse.

            “Mi sento strana quando sono così vicino a te”, disse Robin “Non ne conoscevo il perché”. La ragazza fece una pausa. Il cyborg fu certo che da qualche parte sotto tutto quell'acciaio, il suo cuore stesse accelerando i suoi battiti. Lei prese a fissarlo e continuò a parlare. “Ma ora che sono tra le tue braccia, mi sento al sicuro... Come questa mattina, quando mi hai salvata... Ero appena fuori da quel mare gelido, eppure non sentivo per niente freddo”.

            Franky osservò attentamente gli occhi color oceano dell'archeologa e fu certo che stava dicendo la verità. “Sento anche io lo stesso”, borbottò in preda all'imbarazzo.

            Il volto di Robin si illuminò di un sorriso radioso.

            Franky deglutì, sapendo che quella sarebbe stata la fine di tutti i suoi dubbi. Si domandò se lei lo avrebbe accettato per quello che era. “Però...”, disse mettendo il muso.

            “Cosa?”, domandò lei. Il suo sorriso si era spento, nel sentire quella congiunzione.

            “Robin, io non posso soddisfare tutte le esigenze di una donna”, esclamò Franky, ora anche lui serissimo.

            La ragazza lo guardò per un momento senza dire alcunché, poi rise, prima di dire “Beh. mi pare che lì sotto sia tutto funzionante”.

            Franky arrossì, capendo all’istante a cosa alludesse l’archeologa. “N… Non intendevo quello!”, si affrettò a dire, balbettando, al che assunse un’espressione malinconica “Il mio corpo è quasi interamente d’acciaio… E’ freddo”.

            Robin gli si avvicinò di più. Portò le sue braccia a cingersi attorno al collo di lui. I loro nasi si toccavano ormai. “Riscalderò io il tuo corpo”, disse, il suo sorriso si era fatto malizioso. Franky la guardò stupito, a causa delle parole che le erano uscite di bocca, ma non ebbe il tempo di ribattere, perché le labbra della ragazza si erano congiunte con le sue, ed ora erano impegnate a seguire i passi di una dolce danza. Da tempo desiderava cimentarsi in quel ballo. Anche stare solo così abbracciati gli bastava e per Robin era lo stesso. L'eternità era nulla in confronto a quell'istante.

~

            “Che ti avevo detto, Rufy? Si sono baciati”, disse una persona, in compagnia di molte altre, intente a sbirciare dalla fessura della porta del laboratorio di Franky.

            “Oh! Figo!”, rispose Rufy, in preda all'entusiasmo.

            “Sei davvero bravo, Usopp! Lo avevi previsto?”, strillò eccitato Chopper.

            “Ovvio”, rispose il cecchino.

            “Maledizione! Robin, si è fatta adescare da quel pervertito”, esclamò Sanji “Perché io non ci sono riuscito??”.

            “Perché sei un sopracciglione”, rispose la voce profonda di Zoro.

            “Parla per te, testa d'alga!”, sbottò il biondo.

            “Piantatela di litigare, altrimenti ci scopriranno!”, li sgridò Nami.

            Ma troppo tardi, la porta era ormai aperta e Franky li guardava minaccioso.

            “Maledetti, perché non andate a farvi gli affari vostri?!”, urlò il cyborg, mentre Robin dietro di lui si lasciava scappare un risolino.

            “Scusaci!!! Vi lasciamo da soli!!”, dissero i restanti Mugiwara, scappando via.

            Robin si avvicinò di più a Franky. “Dove eravamo?”, domandò.

            “Qui”, disse lui sorridendo. Dopodiché le cinse la vita con un braccio e la baciò.

            Tu mi scoppi nella mente... Tu mi scoppi nelle vene... Ti amo.

THE END

Angolino dell’autrice

Salve a tutti! Eccomi qui con l'ultimo capitolo! Spero che vi sia piaciuto. Io non riesco a capire se sia venuto bene o meno. Vabbé, lo capirò dalle vostre recensioni.

Volevo dire due parole, prima di ringraziare tutti. Ho creato su facebook la mia pagina ufficiale (diciamo così) dove pubblico gli aggiornamenti delle fan fiction, gli anime music video del mio canale di youtube e (cosa più importante) i miei adorati fanart! Mi auguro davvero che passerete a darci un'occhiata, così magari quando sono senza ispirazione e lo scrivo sulla bacheca, voi mi date la forza per spremermi le meningi con un commentino. Quindi, se vi importa qualcosa di questa mia “iniziativa” cliccate sul seguente link: http://www.facebook.com/pages/Valechan91-usytyve-efr-faific/116046858448990?ref=sgm .

Dopodiché passiamo ai ringraziamenti:

·         I recensori: angela90, Marty De Nobili, Erichan e tre88.

·         Le persone che hanno messo la fic tra preferite, ricordate e seguite: rispettivamente 3, 2 e 5 persone!

·         Gli invisibili lettori.

·         E infine tutti coloro che avranno la pazienza di iscriversi alla mia pagina facebook.

Grazie!

Ora vi lascio ai vostri affarucci! A presto!

Vale-chan

 

   
 
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