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Autore: Carrie Bradshaw    19/09/2010    3 recensioni
Perdere una scommessa non è mai un bene, specie se la posta in gioco è tanto alta da diventare quasi una pericolosa ossessione, in grado di farti perdere la testa.
Sarà questo il principale problema di Pansy Parkinson, quando scoprirà quale scherzetto le avrà riservato Draco Malfoy, per ripagare il suo debito.
Una trama fitta e travolgente, ricca di colpi di scena. Ritornano coppie come la Blaise/Ginny, la Ron/Luna ed altre ancora.
Il tutto farcito con un pizzico di umorismo e, perché no, di perversione, in un mondo dove niente è impossibile, e la barriera dei pregiudizi non è poi tanto solida.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco, Malfoy, Hermione, Granger, Serpeverde | Coppie: Harry/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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La notte scura era invasa dal silenzio. Gli studenti dormivano o ripassavano qualche materia scolastica per il giorno seguente, chiusi nel caldo delle rispettive Sale Comuni.

Due sole sagome spiccavano nel buio. Blaise Zabini e Ginevra Weasley.
Lui con gli occhi chiusi, lei col viso nascosto sulla spalla di lui. Senza alcun bisogno di parlare, di rompere quel silenzio denso di significati. A volte, dopotutto, il silenzio vale più di mille parole.
Ecco, quello era uno di quei momenti. Stavano vicini tra loro, scambiandosi sguardi complici, pregni d’affetto e di nostalgia.
- Mi sei mancata tanto. Troppo, oserei dire.
- Non parlare, non ancora. E’ così bello questo silenzio.
- Potremo stare in silenzio tutto il tempo che vuoi, domani o dopo. Ma ora è tardi, e tu non dovresti essere fuori dalla tua Sala Comune. Andiamo, ti accompagno.
- Vorrei dirti che non hai ragione, ma sarebbe sciocco. Se mi scoprissero probabilmente passerei il resto dell’anno scolastico in punizione.
- Senza contare i bellissimi articoli che compariranno sul giornale degli studenti. Immagino già i titoli da brivido… Zabini:Amore e passione Gryffindor o qualcosa di simile…
- Ti preoccupano? – chiese Ginny, turbata.
- No, a dire il vero non mi importa niente di quel che possono pensare gli altri, sapendoci insieme. A te preoccupano? – rispose Blaise.
- C’è una sola cosa che mi preoccupa, ora come ora.- ammise la rossa.
- E cosa?
- Ho paura di sbagliare, di farti soffrire di nuovo.
Blaise non rispose, chinò lo sguardo. Sentiva su di sé quegli occhi verde mare, ma si sforzò di non guardarli. Non voleva che lei vedesse l’inquietudine che attraversava il suo sguardo, alla sola idea di perderla ancora una volta.
- Ad ogni modo, - continuò Ginny, accarezzando con le piccole mani il viso dello Slytherin, - Per me ci sei soltanto tu, adesso. Ho chiuso per sempre con Harry Potter.
Afferrò la mano di Blaise, e la avvicinò alle labbra.
- Andiamo… - sussurrò lo Slytherin, mentre un tremulo sorriso si dipingeva sulle sue labbra.
Non gli importava del futuro, non in quella notte. Aveva Ginevra, e quello gli bastava.
Almeno per il momento.

 

* * *

 

- Stavolta è la fine, davvero! – esclamò Pansy, lasciandosi ricadere sul divano.
Erano passati tre giorni dalla lite con Potter, e i due non si erano visti, giacché si diceva che il Gryffindor fosse chiuso nella sua Sala Comune a causa di una brutta influenza.
Pansy l’aveva cercato, disperatamente, ma senza alcun risultato. Era davvero risentita, per quel che era accaduto. Insomma, si era sempre vantata di essere una donna di mondo, una donna che aveva capito come affrontare il mondo, ergo con furbizia ed un pizzico di perfidia.
Ma quella volta, per Merlino, non poteva soffrire che qualcuno la credesse così crudele!
Insomma, come poteva Potter pensare che lei fosse disposta a sacrificare la sua dignità unicamente per vendicarsi di una stupidissima Grifondoro? Non era mai stato quello, il suo obbiettivo! Se non avesse perso quella scommessa, mai si sarebbe sognata di avvicinarsi a Potter. E quella situazione si era creata a causa di un’evoluzione che lei non aveva né controllato né richiesto volutamente. Casualmente era la migliore amica di un ragazzo che era stato trattato male da Ginny Weasley, e ancor più casualmente Ginevra desiderava uccidere Harry Potter, che stravedeva per lei e l’aveva fatta soffrire. Insomma, chiunque avrebbe agito come lei, trovandosi a disposizione un’occasione così ghiotta! Dopotutto non avrebbe dovuto fare niente, se non sedurre Potter. Avrebbe vinto quella stramaledetta scommessa, e allo stesso tempo avrebbe inflitto un duro colpo alla Weasley. Perché Potter non poteva capirla?
- Che casino… - commentò Daphne, seduta vicino all’amica.
- Insomma, io non sono buona, okay. Ma essere considerata più cattiva di quello che sono, essere accusata di un piano che non ho ordito… Mi fa uno strano effetto… puoi capirmi?
- Oh cara, non sai come ti capisco. Tante volte io… - fece per dire Daphne, ma un forte rumore le impedì di concludere la frase. Qualcuno era appena entrato di corsa nella stanza, spalancando la porta con un calcio. Il nuovo arrivato si voltò verso Pansy, la raggiunse quasi di corsa.
- Tu, brutta vipera, come hai osato?
Sulla porta c’era Blaise Zabini. I pugni contratti, sul viso aveva dipinta un’espressione di pura rabbia. Si avvicinò alla sua migliore amica, e la strattonò.
- Allora era tutta una montatura, questa scommessa! – esclamò, - Volevi solo vendicarti con Ginevra, farle del male! E io che ti credevo un’amica, credevo che avresti rispettato il mio volere!
Daphne, intuita la situazione, lasciò la stanza, in silenzio.
- Ma di che diamine stai parlando? – esclamò Pansy, senza capire.
- Ho capito tutto, sai? Del tuo piano, della tua convinzione di fare del male a Ginny riuscendo a sedurre Harry Potter. Altro che scommessa, avrei dovuto capirlo subito! Quando Potter mi ha detto che avevi intenzione di far soffrire Ginny con qualche piano malefico… Io ho capito tutto, ho smascherato questa dannatissima scommessa. Complimenti per l’idea, ci ero quasi cascato.
- Io non avevo nessun piano, la scommessa c’è stata davvero! Devi credermi, non mi sarei mai permessa!
- Cosa credevi di fare, eh? Credevi di ferire Ginny? Guarda a caso, ieri Ginny è tornata da me, e ora stiamo insieme, di nuovo. E se tutto andrà a rotoli nuovamente sarà solo per colpa tua!
- Ginny Weasley è pazza di Harry Potter!
- Ginny Weasley non è più pazza di Harry Potter! Ora ha capito di desiderare me. Era confusa, aveva bisogno di pensare!
- Ma che dici, Blaise!? Tu stesso dicevi che lei amava Potter! E’ bastata una stupida storiellina raccontata da un Grifondoro per farti arrabbiare con me? Tu mi conosci…
- Già, io ti conosco. Tu sei crudele, non hai un cuore!
- Tu sai che non è così… - disse solamente Pansy, mentre il suo viso si rigava di lacrime.
- Sì, lo è! Avevo pensato che questa scommessa fosse una cosa buona, che ti avrebbe permesso di comprendere che è possibile voler bene anche ad un mezzosangue. E invece… Scopro che è stata tutta una tua idea per rovinare Ginny, per rovinare me! Ma ti rendi conto di cosa potrebbe succedere, se lo scoprisse?
- Ti chiederà di rompere con me, per sempre. – rispose Pansy, a capo chino.
- Appunto, è quello che sto facendo, ancora prima che me lo chieda. – disse solamente Blaise, poi voltò le spalle alla sua ora non più migliore amica, ed iniziò a camminare in direzione della porta.
- Questo ti è rimasto, di un’amicizia che dura da anni, Blaise Zabini? Vuoi distruggere tutto per una ragazza? Beh, allora fallo. Ma rifletti bene sulle tue azioni, appena avrai un po’ di tempo. Rifletti se quella che tu chiamavi migliore amica potrebbe mai volere il tuo male.
Blaise non rispose. Lasciò la stanza, senza mai più voltarsi indietro.
E se l’avesse fatto, avrebbe visto solo una minuscola ragazza, le ginocchia cinte dalle braccia sottili, il viso rigato di lacrime amare.

 

* * *

 

- Non ci posso credere che Blaise abbia potuto pensare una cosa del genere! – esclamò la mora Slytherin, il viso immerso tra gli argentei capelli della sua migliore amica.
- Questo è proprio un bel casino, piccola… Un enorme casino…
- Non ho architettato io questa scommessa, non getterei mai la mia dignità alle ortiche per una stupida vendetta senza fondamento, tu lo sai! E anche lui dovrebbe saperlo!
- Sì, lo so, Pans. E sono certa che anche lui lo sa. Quasi quanto sono certa che Blaise Zabini stia perdendo la testa per questa relazione, tanto da non rendersi più conto di chi sono i suoi amici e di quanto essi lo amino. E’ accecato dall’amore per quella ragazza… - constatò Daphne.
- …Così accecato da accusare la sua migliore amica di non avere un cuore, di essere perfida oltre ogni limite?
- Ammetto il suo errore, io ti conosco meglio di ogni altro e so che tu hai un cuore, hai dei sentimenti. Però… Insomma, Pans, ragioniamoci su. E’ inutile fingere di essere un angelo ora, se poi per tutto il resto della tua vita hai tramato alle spalle di tanta gente, hai spezzato il cuore di tante persone… E hai intenzione di fare lo stesso con Harry Potter…
- Ma… - la interruppe Pansy.
- Non c’è ma che tenga, - continuò Daphne – Questa è la verità. Le tue intenzioni saranno anche state nobili nei confronti di Blaise, ma non nei confronti di Potter. Come puoi aspettarti che, dopo tutte le tue malefatte, qualcuno creda che sei in buona fede?
- Tu sai che sono in buona fede! – esclamò Pansy, risentita. – O forse no… Forse anche tu sei accecata dall’amore tanto da non renderti conto che l’unico modo per sopravvivere in questo schifo di mondo è manipolare, è fare sotterfugi, è mentire! E’ essere crudeli, all’occorrenza.
- Ora non parlare senza pensare. Sai benissimo che anche io non sono uno stinco di santo, sto solo cercando di comprendere il comportamento di Blaise!
- Tu devi biasimarlo, non comprenderlo! Come puoi ancora difenderlo?
- E’ innamorato… - rispose solamente Daphne, mentre gli occhi le luccicavano. – Si fanno tante cose irrazionali, quando si è innamorati.
- Anche sputare in faccia ai propri amici?
- Sì, talvolta sì. – rispose la bionda, tristemente. – Guarda come sono io, adesso. Evito il resto del mondo, evito i miei stessi amici pur di non vederlo. Cosa c’è di più irrazionale di questo?
- L’amore esiste solo per fare del male! – sbottò Pansy, - Non voglio innamorarmi, mai!
- Io credo che avverrà, invece… - sussurrò Daphne, con un tono di voce tanto basso che Pansy a malapena la udì.
- Hai detto qualcosa? – chiese la mora, turbata.
- No, niente, riflettevo ad alta voce…
- Ad ogni modo, cosa credi che accadrà adesso?
- Credo che Potter ti eviterà come la peste, così come farà Blaise. Credo che la voce si spargerà in fretta, e allora riceverai un bel po’ di ramanzine. In primo luogo dalla Granger.
- Per Merlino, ma che ho fatto di male per meritarmi tutto questo? E io cosa dovrei fare adesso? – domandò Pansy.
- Continuare a sedurre Potter, a meno che tu non voglia perdere la scommessa, ergo la dignità.
A parlare non era stata Daphne, stavolta. Draco Malfoy aveva fatto il suo regale ingresso nella stanza, elegante e algido come suo solito.
Daphne si irrigidì, e rimase immobile nella sua postura.
- Tu che ci fai qui? Stiamo parlando, non vedi? – esclamò la bionda, gli occhi incendiari.
- Cercavo te, Daphne, a dire il vero. – rispose Draco. – Sbaglio o in questa stanza c’è aria di resa?
- Fottiti, Draco. Non basterà questo stupido errore di percorso a indurmi a perdere. Ho ancora qualche asso nella manica da giocare. – intervenne Pansy, furente.
- Beh, allora buona fortuna. – rise il principe degli Slytherin. – Ora potresti lasciarmi solo con Daphne, per piacere?
Pansy lo ignorò, e si voltò in direzione della sua migliore amica.
- Vuoi che rimanga? – le sussurrò in un orecchio.
- Ci sono situazioni dalle quali non si può sfuggire. Questa è una di quelle situazioni. Lasciami sola… Lo affronterò, una volta per tutte. Basta nascondersi! – rispose Daphne, poi si alzò in piedi. Con passi celeri ed aggraziati raggiunse la porta d’ingresso, e vi scortò Pansy.
- Ci vediamo dopo. – mormorò la mora, alzandosi sulle punte e sfiorando con le labbra il viso della sua migliore amica.
- Parla con Potter… - rispose solo Daphne, poi chiuse la porta.
C’erano solo lei e Draco, adesso. Soli, nella stanza, con i rispettivi pensieri.
- Allora, che cosa vuoi?

 

* * *

 

Ginny Weasley era furiosa. Aveva parlato con Romilda Vane, che le aveva riferito ogni dettaglio del piano di Pansy Parkinson. Aveva infatti origliato la conversazione tra lei ed Harry, alla festa, e ambiva poter raccontare la vicenda a tutti gli studenti. Aveva parlato di un articolo del giornalino della scuola, poi Ginny non l’aveva più ascoltata. Le erano bastate poche parole.
La Parkinson combutta contro te e Blaise. E aveva perso la ragione.
Come osava, quella schifosissima Slytherin, organizzare stupidi piani contro di lei? Come si permetteva a giocare così alle spalle del suo migliore amico? Come osava tentare di mandare ogni cosa all’aria? Batté un pugno sul muro, incurante del dolore.
Stupida, sciocca Slytherin! Ma vedrai cosa ti faccio, quando ti trovo!” Solo una cosa la confortava. E non poco. Pansy Parkinson aveva sbagliato i suoi calcoli, incappando in uno sciocco errore. “Così impara a non pensare, prima di agire! L’ho sempre detto, io, che è stupida!” Ginny non amava Harry, non più. Nella sua mente c’era solo Blaise, da alcuni mesi a quella parte. Ogni qualvolta lo vedeva indossava una maschera di impassibilità, solo per nascondere al mondo la gioia che le provocava incontrarlo, e allo stesso tempo il rimorso che sentiva, sapendo di avergli fatto del male. Blaise Zabini era l’uomo perfetto, ed era pazzo di lei. E lei cosa aveva fatto? Aveva giocato con lui, come con un bambolotto.
Vederlo piangere, quella sera, le aveva aperto gli occhi. Quelle lacrime le avevano permesso di rompere per sempre con la sua vecchia vita, di comprendere che in realtà lei non amava più Harry. Il sopravissuto non sarebbe potuto essere altro che un amico, dopo quel che era accaduto. E Blaise… Lui era l’uomo adatto a lei, e lei l’aveva gettato via come un panno sporco!
Così aveva deciso di cercarlo, di parlarci, di chiedergli perdono. E l’aveva fatto.
E aveva sentito un intenso ed incredibile piacere, quando le loro labbra si erano sfiorate, le loro bocche si erano unite in un bacio senza eguali. Aveva ricordato il suo sapore, le sue lacrime… Aveva sentito di non voler altro che lui. “Stupida Parkinson, hai sbagliato tutto!
La Slytherin, ancora convinta che Ginny amasse Harry, aveva ben pensato di organizzare un piano. Aveva però scordato alcuni dettagli. Primo fra tutti il comportamento di Blaise, che si sarebbe certamente infuriato, venendo a sapere la cosa. La Parkinson credeva di agire per il suo migliore amico, quando in realtà agiva contro di lui. In secondo luogo c’era Harry.
Lui stravedeva per Ginny, come credeva la Parkinson di riuscire a convincerlo a vendicarsi di lei? Dopotutto, lei non aveva fatto niente. Era stato lui a trattarla come una bambola.
E quando era tornato, strisciando, Ginny aveva riso di lui. Aveva scelto di andare avanti, aborrendo l’alternativa più umiliante: soffrire ancora. Aveva costruito una nuova vita, con l’aiuto di Demelza, aveva trovato un altro uomo. E quell’uomo era Blaise Zabini.
E Pansy Parkinson non l’avrebbe portato via da lei, M-A-I. Non ora che si erano ritrovati.
Così, placata la rabbia, decise sul da farsi. “Oh, la pagherai. Eccome se la pagherai. Io ho trovato un uomo che mi ama, tu perderai il tuo migliore amico. E imparerai cosa vuol dire soffrire, Pansy Parkinson. Proprio come ho fatto io.

 

* * *

 

Blaise Zabini vagava per i corridoi, senza una meta precisa.
Rifletteva. Su Ginny, Pansy, la sua vita… Perché doveva essere così complicato vivere? Perché sua madre lo aveva messo al mondo, se sapeva quanto esso era difficile e ingiusto?
Vivere è come percorrere un’autostrada, in un certo senso. Un’autostrada con tanti bivi, tante direzioni plausibili. Al che uno si chiede “Quale sarà la strada giusta?” oppure “Avrò fatto bene a percorrere questa strada?”. Beh, posso dire per esperienza personale che, il più delle volte, la risposta a questa domanda non c’è. E’ infatti scientificamente provato che non esiste alcuna strada in discesa, che poi non sia seguita da una salita. Cosa voglio dire con questo?
Che qualsiasi situazione, per quanto positiva possa sembrare, nasconde sempre un risvolto negativo. E lo stesso vale per il contrario. Era come fermo ad un incrocio, Blaise Zabini.
Indeciso se prendere la strada di destra, o quella di sinistra. Se scegliere l’amore, o l’amicizia. Aveva imboccato la strada dell’amore, eppure non si sentiva felice come sarebbe dovuto essere. Ecco perché nessuna strada è mai positiva o negativa in assoluto. Trovi l’amore, e sai che dovresti essere la persona più felice del mondo. Eppure stai male, così male che ti manca il respiro. Anzi, non il respiro. Ti manca qualcosa di più astratto, di più importante dello stesso respiro. Ti manca quella mano che per tanto tempo ti ha accarezzato, quella stretta affettuosa che ti ha consolato, quelle labbra che ti hanno sussurrato parole dolci… No, non quelle della tua amante. Lei che è fuggita, lasciandoti solo. E tu con chi eri, mentre lei giocava con gli altri uomini, mentre tu soffrivi in silenzio? Eri con lei, la tua migliore amica.
Lei che ha commesso uno sbaglio, che è quasi certamente imperdonabile. Lei che ti ha deluso, eppure che non riesci ad odiare come dovresti. E così pensi di tornare indietro, ed imboccare l’altra strada. E ti chiedi perché non sia possibile averle entrambe. E la risposta ti giunge spontanea: perché la vita è uno schifo. La vita è non distingue tra buoni e cattivi, tra giusto e sbagliato, tra bene a male. La vita è una, e nessuno può considerarsi più sfortunato o fortunato di un altro, finché non l’ha vissuta tutta. E allora vai avanti, e capisci che quella è la strada giusta. O se non lo è, tu devi farla diventare tale. Devi accettare i compromessi, le sofferenze, le delusioni e soprattutto le gioie. E se avrai rimorsi… Saprai che non sei tu ad aver sbagliato, ma è la vita che non è mai giusta. E allora, Blaise Zabini si chiedeva: “Cosa desidero di più in questo momento?” E la risposta giungeva immediata “Ginny”.
Sbagliato o giusto? Non lo sapeva. Sentiva soltanto che in quel momento desiderava Ginny, che non poteva privarsene. E se ciò avrebbe comportato la perdita di una grande persona… Avrebbe sofferto. Così come tante altre volte aveva sopportato il dolore, l’avrebbe fatto ancora. E proprio mentre ponderava tutto questo, sentì una voce chiamarlo.
Quella voce che tanto agognava, quella voce che popolava i suoi sogni, ogni giorno, ogni notte… Ogni istante. Lei era lì. E quello contava solamente, in quel momento.
- Blaise, posso parlarti? – chiese Ginny, dopo aver rapidamente sfiorato le labbra di Blaise con un leggero bacio.
- Ti ascolto, dimmi tutto. – rispose Blaise.
- Beh, io ho saputo della tua amica, la Parkinson
- Ex amica – la corresse Blaise – Ho rotto con lei, definitivamente.
- Per quello che è successo? – chiese Ginny, senza riuscire a celare un sorrisetto di soddisfazione. “Bene, non dovrò nemmeno prendermi la briga di comportarmi da stronza chiedendogli di cancellarla per sempre dalla sua vita.
- Già. – rispose solamente Blaise, a capo chino. Non seppe perché, ma lesse nell’espressione di Ginevra una certa soddisfazione, un certo piacere. Che odiasse Pansy a tal punto?
- Andrò a parlarle, si è comportata decisamente troppo male. – rivelò la Gryffindor.
- Non c’è bisogno, l’ho già fatto io.
- Beh, allora le avremo parlato in due. E poi credo tenterà di parlarle tutta la scuola, dopo l’articolo che Romilda Vane pubblicherà sul giornalino della scuola.
- Articolo? – esclamò Blaise, sentendosi mancare.
- Ti senti bene? – chiese Ginny, preoccupata.
- Sì, sì… - rispose il moro. Si poggiò alla parete, per non cadere. Era stato come se la terra fosse sprofondata sotto i suoi piedi, come se qualcosa di fosse mosso dentro di lui.
Un articolo… La distruggeranno…” Avrebbe dovuto gioire di tale notizia, ma non gli riuscì di farlo. Sorrise debolmente, ostentando sicurezza.
- D’altronde lo merita, non credi? Ha mancato di rispetto a te, ignorando le tue richieste, e ha complottato contro di me, usando Harry come mezzo… Insomma, che piano diabolico. Io l’ho sempre detto, che è una vipera, una manipolatrice, una…
Ma Blaise non ascoltava. Sentiva una strana sensazione, un qualcosa che non riusciva a trattenere, né a bloccare. Come se qualcosa in lui rodesse di rabbia, di rimorso.
Aveva imboccato la strada per lui più giusta, ne era certo. E allora perché non riusciva a sentire alcun privilegio? Perché anche quel minuscolo lato positivo che sperava di trovare si era eclissato lasciando spazio al terribile, noioso rimorso? Che la strada fosse in realtà sbagliata, e lui dovesse adoperarsi per renderla giusta? Blaise non lo sapeva.
Sentiva soltanto che tutto quel che aveva fatto era sbagliato, e che vedere Pansy giustamente punita non era più un suo grande desiderio. Anzi, credeva di non averlo mai desiderato.
Forse desiderava solo essere felice. E chissà, forse, col tempo, impegnandosi per rendere più rosea quella strada, avrebbe tratto il vero giovamento.
Ma ancora, tutto ciò, Blaise doveva capirlo.

 

* * *

 

Pansy Parkinson vagava per i corridoi di Hogwarts, frettolosa. Il ticchettio delle sue scarpette risuonava per gli anditi, accusando la sua presenza. Gli studenti si scostavano per lasciarla passare, si dividevano in gruppetti, la squadravano.
Ma non più con ammirazione, con desiderio. Sentiva solo disapprovazione, su di se.
Come se tutti la odiassero, come se tutti avessero scoperto qualcosa che la rendeva simile ad un mostro, alla persona più terribile di tutta la terra.
Pansy tentava di ignorarli, ma non era semplice. Sentiva su di se risatine ipocrite, e un vociare insistente tormentava le sue povere orecchie.
E’ lei, quella che ha organizzato il piano per distruggere Ginny Weasley!
Ho sentito che è innamorata di Blaise Zabini, ed è gelosa della sua relazione con Ginny!
Guardate, Pansy Parkinson! Sapete che ha tradito una promessa fatta ai suoi amici?
Ecco quella bugiarda di Pansy Parkinson! Non starei a contatto con lei nemmeno per un milione di galeoni!
- Basta! – esclamò la Slytherin, dopo essersi immobilizzata, al centro della stanza. – Smettetela di spettegolare, mi date i nervi! – continuò, poi lasciò la stanza di corsa.
Cercava Harry Potter, disperatamente. Doveva parlargli, ad ogni costo. Tentare di spiegargli, di fargli capire… In realtà non aveva la minima idea di cosa dire. Non poteva confessargli della scommessa, ergo doveva trovarsi un altro alibi. E dato che non aveva alcuna idea, l’unica soluzione era quella di scongiurarlo di non credere a niente, seppure senza un motivo preciso.
Basta!” decise “Lo cercherò dopo!” Non poteva sopportare ancora quella stupida ed inutile marcia, l’avrebbe cercato nel pomeriggio. Così magari avrebbe pensato a qualcosa di intelligente da dire. “Bella roba!” si ritrovò a pensare, mentre raggiungeva l’infermeria. Si era svegliata con l’emicrania, quella mattina, e l’aver dovuto litigare con Blaise e sentire mille chiacchiere sul suo conto aveva intensificato i sintomi del mal di testa. Si portò le mani alle tempie, e le sfregò vigorosamente. Sì, aveva bisogno di una pozione.
Spalancò la porta dell’infermeria, e si guardò intorno per cercare Madama Chips. Ma ciò che vide le gelò il sangue nelle vene. Alla sua destra, seduto su una poltrona, c’era Harry Potter.
- Oh no! – esclamò il sopravissuto, e si portò le mani alla nuca. – Dimmi che non sono ricominciati i pedinamenti, ti scongiuro! – esclamò.
- No, Potter. Sai, anche io sono una comune mortale, e può capitare che abbia il mal di testa. Quindi sono qui per prendere una pozione, stop.
- Mi perseguiti, non ti sopporto più! – urlò Harry, facendo voltare la metà dei pazienti. Tutti li osservavano ora, ghiotti di chissà quale pettegolezzo.
- Potter, vuoi darti una calmata? Piantala di urlare, per Merlino! Ci ascoltano tutti, e io ho un terribile mal di testa… Anzi, se sparissi mi faresti un gigantesco favore.
- No, io credo che sia giusto che sentano la verità, giusto per capire che tipo di persona sei.
- Va bene, Potter, allora quando avrai finito di sputare ingiurie sul mio conto mandami un promemoria. Temo che solo allora potrò parlare ed esporre le mie ragioni.
- Ah, non mi dire, adesso avresti pure delle ragioni?
Pansy si morse le labbra, per non parlare. Avrebbe voluto disintegrarlo, fargli del male. Squartarlo, disossarlo, spolparlo… Strinse i denti. E fu proprio in quel momento che trovò la soluzione. Semplice e veloce. Non avrebbe dovuto tirare nessuno in ballo, né rivelare a Potter della scommessa scongiurandolo di aiutarla a vincerla. Aveva la soluzione migliore ai suoi problemi. Improvvisamente, prima ancora che lui potesse reagire, afferrò il suo braccio, e lo trascinò fuori dall’infermeria. Ignorò ogni sua protesta, così come ignorò le voci dei passanti.
Si sentiva umiliata, ma allo stesso tempo orgogliosa di se stessa, dal momento in cui aveva trovato la soluzione.
- Ma che diavolo stai facendo, Parkinson? – sbottò Harry, strattonando la Slytherin.
Lei mollò il suo braccio, poi si guardò intorno. Bene, nessuno li aveva seguiti.
Senza dire una parola, iniziò a camminare avanti indietro. Harry capì quasi immediatamente.
Davanti alla Slytherin si trovava l’arazzo di Barnaba il Babbeo, e lei stava…
Sta chiamando la stanza delle necessità?” L’illuminazione lo colpì proprio quando, nel muro, comparve una piccola porticina. La Parkinson sorrise, poi afferrò nuovamente il braccio del Gryffindor, trascinandolo dentro la stanzetta. Spinto Harry dentro la stanza, Pansy si chiuse alle spalle la porta, e sorrise. La stanza era arredata in modo casual, molto moderno.
C’erano alcuni divani, un tavolino rotondo e numerosi tappeti colorati.
- Bene, sediamoci. – esordì Pansy, poi prese posto in uno dei divani.
- Dammi una, e dico una sola ragione per cui io mi dovrei sedere con te. – rispose Harry, arricciando le labbra dal disgusto.
Perché io sono bella e sono la regina degli Slytherin!” si disse Pansy, poi si morse le labbra.
- Perché devo dirti una cosa. Non farti pregare, Potter. Se vuoi prendi la bacchetta, non ho organizzato nessun attentato. Non sono una mangiamorte! – esclamò la ragazza, poi, automaticamente, sollevò le maniche mostrando gli avambracci. – Vedi? – disse – Nessun marchio!
Harry osservò quelle braccia sottili, ora scoperte, e si scoprì di quanto quella pelle fosse bianca, quasi di porcellana. Sembrava una bambola, Pansy Parkinson.
- Allora parla, ma in fretta. Non ho tempo da perdere con le traditrici! – esclamò Harry, distogliendo lo sguardo e la mente da quella pelle candida.
- Io non sono innamorata di Blaise Zabini, come tutti dicono. E’ il mio migliore amico, porca miseriaccia! Né sono gelosa di Ginny Weasley. E soprattutto non avevo nessuna intenzione di escogitare strani piani contro di lei. Era un altro, il mio obbiettivo, ma tutti, abituati a vedermi in un certo modo, mi hanno fraintesa. D’altronde chi potrebbe mai credere che io, regina degli Slytherin, fotomodella di Strega&Donna, contattata da un sacco di famosi stilisti…
- Arriva al dunque, Parkinson! – esclamò Harry, stizzito.
- Comunque, nessuno potrebbe mai credere che io… Io… Io sia interessata seriamente a te.

 

* * *

 

- Questa festa è stata proprio un disastro, non trovi, Kristen? – esclamò Mina Johnsonn.
La frizzante biondina sedeva ai piedi di una grande quercia, nei giardini della scuola. Una piuma dietro l’orecchio, svolgeva i compiti di trasfigurazione. O meglio, tentava di svolgerli, prima che le tornasse in mente l’esito della festa.
- Già… La lite tra Pansy e Potter, lo strano comportamento di Daphne e di mio fratello…
- Insomma, ma che si son bevuti tutti? Queste non sono feste, ecchecavolo!
- Che razza di parola è? – domandò Kristen, accigliata.
- Che ne so, l’ho appena coniata! – rispose Mina, lunatica come suo solito – Ad ogni modo, dovremmo organizzare noi una festa… Magari potremmo chiedere un aiuto alle gemelle Turpin!
- Ti sei bevuta il cervello? – esclamò Kristen – Noi non possiamo organizzare una festa, siamo solo al secondo anno! Se ci scoprissero sarebbe la fine…
- Sciocchezze! – sbottò Mina – Chriss e Lisa organizzano feste da quando facevano il primo anno! Ormai sono delle esperte, vedrai che organizzeremo una festa stupenda!
- Organizzerete, semmai. Io mi taglio fuori, non ho intenzione di giocarmi l’anno per una stupida festa…
- Andiamo, ora non fare la musona come tuo fratello… - borbottò Mina - … A proposito, dov’è finito? Devo esporgli la nostra idea, ma soprattutto chiedergli il motivo del suo strano comportamento.
- Beh, credo tu sia molto fortunata. – rise Kristen.
- Per quale motivo? – domandò la bionda, accigliata.
- Perché mio fratello ha appena varcato la porta d’ingresso, e si dà il caso che stia proprio venendo pressappoco nella nostra direzione…
Mina si voltò, e sorrise.
- Blaise! – esclamò – Blaise Zabini!
Il moro si voltò quasi immediatamente, a sentir la voce conosciuta. Irritato, sbuffò e raggiunse le due ragazze. Aveva un diavolo per capello, quella mattina, dopo la lite con Pansy.
La Slytherin l’aveva cercato dappertutto, ma lui aveva evitato ogni possibile conversazione. Non voleva più vederla, quella traditrice, quella vipera… Ma come poteva essersi spinta a tanto, dopo tutti quegli anni di rispetto, di amicizia… Strinse i pugni, e serrò le palpebre.
- Che c’è? – sbottò, non troppo educato.
- Buongiorno anche a te, Blaise. Vedo che hai dormito bene! – disse Mina, con una punta di sarcasmo nel tono di voce.
- Ciao, Blaise. – rispose invece Kristen, educata e composta come sempre.
- Abbiamo deciso di organizzare una festa con le gemelle Turpin! – esclamò Mina.
- Ha deciso, io non c’entro niente! – precisò Kristen, ben sapendo quanto suo fratello era ligio alle regole.
- Ad ogni modo, ci presti dieci galeoni? – chiese Mina, speranzosa.
- A prescindere dal fatto che non sono assolutamente d’accordo… Per cosa vi servono?
- Beh, Blaise, capisco che tu non abbia mai organizzato una festa… - spiegò Mina – Però ci vogliono parecchi soldi, per farlo. E si dà il caso che io sia al verde.
- Chissà perché, ma non avevo dubbi… - borbottò il moro – Non ho soldi appresso. E, anche se li avessi, non li devolverei certo in una stupida festa da secondo anno.
- Qualcuno si è svegliato male… - constatò Mina – Hai mangiato yogurt scaduto?
- Senti, Mina, non sono dell’umore giusto. Leva il tuo sedere ossuto di torno, per piacere.
- Sedere ossuto? Ma come ti permetti? – sbottò Mina, irritata. – E poi qui eravamo sedute noi, da prima di te! Cos’è, hai l’esclusiva?
- No, però se non sparisci entro cinque secondi vado ad avvertire Snape della tua nuova idea. Sono certo che ti accoglierà a braccia aperte, nei sotterranei, per una bella punizione.
- Sei proprio un idiota patentato, Blaise Zabini, merdindirindina!
- E tu sei una bambina troppo poco cresciuta per dire le parolacce.
- Per favore, non litigate! – esclamò Kristen, per quanto glielo permettesse il suo tono di voce incredibilmente basso.
- Merdindirindina non è una parolaccia! – esclamò Mina, seccata. – E’ un vezzeggiativo di una parolaccia, se vogliamo essere precisi.
- Sei una bambina comunque. – commentò Blaise, al limite dell’esasperazione.
- Bambina lo dici a tua sorella! – sbottò Mina. – Senza offesa, Kriss.
- Sentite… - mormorò Kristen – Io me ne vado, non ne posso più dei vostri battibecchi!
E così dicendo la mora se ne andò, portandosi dietro i numerosi libri di studio.
- E’ colpa tua! – esclamò Mina, poi, presi i libri, si lanciò all’inseguimento dell’amica, senza attendere la risposta di Blaise. Risposta che non sarebbe arrivata, presumibilmente.

 

* * *

 

- Parkinson! – esclamò Hermione Granger, appena fuori dai sotterranei, dopo la lezione di pozioni.
- Che vuoi? – sbottò la mora. Era decisamente di malumore, dopo l’ennesimo risultato catastrofico. Possibile che ogni sua parola costituisse un danno alla società magica?
- Discutere con te. Civilmente, sai. Non come fai tu di solito. – rispose Hermione.
- Non mi va.
- Come, prego?
- Non posso parlare con te. Non oggi.
- Esiste un motivo per cui oggi non puoi parlare con me, sciocca Slytherin?
- Oggi? Teoricamente non potrei parlare con te, mai.
- Il motivo? – chiese Hermione, esasperata.
- Sei un caso disperato, Granger! Le tue condizioni sono talmente disastrose che nemmeno vivere per un secolo a stretto contatto con uno stilista di moda potrebbe insegnarti un po’ di stile.
- Nessuno è perfetto, Parkinson. Tutto il mondo lo sa.
- Oh no, tesoro. – dichiarò la Slytherin solenne. – Io sono perfetta. Sono solo in attesa che il mondo se ne accorga, ecco.
- Divertente. Ora seguimi, per favore. Non fartelo chiedere di nuovo, se no ti trascino a forza.
- Va bene, va bene! – esclamò Pansy, irritata. – Andiamo! Possibilmente fai in fretta, che ho da fare una marea di cose!
- Impiegherò il minor tempo possibile. Certo non mi fa piacere trascorrere il mio tempo extra con te… - sbottò Hermione, poi fece strada alla Slytherin fin fuori dalla scuola.
Raggiunse una zona isolata, e posò la borsa carica di libri su un masso.
- Allora? – chiese Pansy, poi sollevò dal masso la borsa, e la lasciò cadere per terra. Con un gesto aggraziato si sedette sul masso, con le gambe accavallate. – Oooops – sorrise, vedendo lo sguardo incendiario di Hermione Granger, non appena i suoi preziosi libri caddero nel terreno.
- Che hai fatto a Blaise e Ginny? – esclamò la Gryffindor, di punto in bianco.
- Oh no, non ti ci mettere pure tu adesso! – sbottò Pansy, poi si alzò in piedi, e fece per andarsene.
Subito Hermione la bloccò, e la costrinse a sedersi di nuovo.
- Parliamo… - disse.
- Senti, non ho niente da spiegare, tanto sarebbe inutile. Non mi crederesti comunque.
- Effettivamente dubito che tu abbia un alibi per salvarti la pelle, stavolta. Harry è furente, e ti auguro di non incontrare Ginny prima di… Mmh vediamo, direi qualche millennio.
- Appunto, è meglio che mi defili.
- Io credo che la cosa migliore sia che tu mi spieghi ogni cosa.
- Sei sorda, Granger? E’ assolutamente inutile. I-N-U-T-I-L-E, capito? Non ho alcuna prova a mio favore, se non la parola della mia migliore amica, che non tirerò assolutamente in ballo, dato che ha ben altro a cui pensare.
- Stavolta sei veramente nei casini, Parkinson. La voce ha fatto il giro di tutta la scuola, Romilda Vane strepita di gioia. Preparati ad un bell’articoletto sul giornale della scuola.
- Attendo trepidante… - borbottò Pansy, sarcastica.
- Allora, dove vuoi arrivare? Hai sbagliato i tuoi calcoli, è evidente. Ginny non è più interessata ad Harry, ergo sedurlo per te è inutile. Ovviamente però tu non potevi saperlo, e hai architettato l’idea della scommessa per darle una bella lezione. E ora che ti sei resa conto che Ginny vuole stare con Blaise, e che Harry Potter non ti cagherà mai, sei nei casini. Senza contare che tutta la scuola sa che hai attentato alla morale di Ginny Weasley. Immagino Blaise Zabini ti avrà già eliminata dalla lista delle sue amicizie, e Ginny attende di incontrarti per spaccarti la faccia. Tutto corretto, finora?
- Vedi, Granger, ecco perché è inutile parlare. Tu non sai altro che la sciocca versioncina che gira per tutta la scuola. Vuoi che ti dica “Sì, è vero”? Non lo farò. Ma non per orgoglio, o per presunzione. Semplicemente perché non è la verità. O meglio, non tutta.
- In realtà, per una volta, credo che tu abbia ragione, Parkinson. – disse Hermione, stupendo non poco la Slytherin.
- Coooosa? – esclamò Pansy, sgranando gli occhi.
- Se la tua idea fosse stata realmente questa, dubito che saresti corsa ancora dietro ad Harry, sapendo che tanto tutto il piano era saltato. Senza contare che nemmeno una Slytherin perfida e odiosa come te credo potrebbe organizzare un piano che possa in qualche modo danneggiare il suo migliore amico.
- Finalmente metti in moto il cervello, Granger.
- Io l’ho sempre fatto. Sei tu che non te ne sei accorta, mai.
- Ad ogni modo… - proseguì Hermione – Voglio sapere tutto, ora.
- Perché dovrei dirtelo?
- Perché tanto lo scoprirei comunque, ti pare?
- Ti metterai in mezzo?
- No, non credo. Non sono affari miei, dopotutto.
- E’ risaputo che sei una temibile ficcanaso, mezzosangue.
- Ad ogni modo, se anche questa scommessa esistesse, non riusciresti mai a sedurre Harry. Lui è pazzo di Ginny, e poi ti odia. Preferirebbe farsi sbranare da un ippogrifo piuttosto che stare con te. Quindi, di che dovrei preoccuparmi?
- Mmh, non mi fido. Vogliamo scendere ad accordi? – chiese Pansy, accendendosi una sigaretta.
- Cosa proponi? – domandò Hermione, - E butta quella sigaretta, per Merlino!
- Io ti dico ogni cosa, solo la verità, e tu in cambio giuri che, innanzitutto, non riferirai alcuna parola a Potter e che, qualunque cosa accadrà, non ti farai più vedere con Theodore.
- Nott? – chiese Hermione, poi rise – Che sciocchezza, sappiamo entrambe che tra me e lui non c’è assolutamente niente.
- Non dubito che tu possa trovarlo antipatico e superbo, dato che questa è la tua opinione comune di tutti gli Slytherin. Però, casualmente, lui ti gira intorno, e non negarlo. Conosco una Gryffindor che ha spezzato il cuore del mio migliore amico…
- E che ora sta nuovamente con lui, mentre Blaise ha perso te. – proseguì Hermione. – Come ti ho già detto, io non sono Ginevra Weasley. 
- Non mi importa, non mi fido di voi Gryffindor… Ad ogni modo, accetti?
- Incredibile, sto facendo un patto con una subdola serpe! – esclamò Hermione, inorridita - Accetto. Mi terrò alla larga da Nott, e non parlerò con Harry. – disse poi, stringendo la mano che la rivale le porgeva.
- E ora, dopo che mi sarò disinfettata la mano, - borbottò Pansy – Posso spiegarti?
- Sono tutta orecchie.
- Draco mi propose una scommessa, due settimane fa o poco più. Girava voce che Blaise si vedesse con Luna Lovegood, cosa che io credevo impossibile vista la terribile famiglia di lei… Insomma, sua madre è morta mentre preparava una pozione, e suo padre va blaterando di aver scoperto strani cosetti chiamati nargilli, e…
- Arriva al dunque! – esclamò Hermione, seccata.
- Ad ogni modo, io reputavo impossibile una cosa del genere, mentre Draco continuava ad affermare che quei due stavano insieme. Così, un giorno mi propose una scommessa. Se lui avesse perso, mi avrebbe comprato un delizioso abito che vidi tempo fa da Madama Mc Clan. Se avesse vinto, avrei dovuto sedurre Potter. Ero sicura di vincere, così accettai.
- Che stupida cretina… - commentò Hermione, non riuscendo a trattenersi.
- Comunque, - continuò Pansy, ignorando il commento della rivale – quando Blaise e Luna sono stati visti in teneri atteggiamenti, era ovvio che Draco aveva vinto. Io dovevo sedurre Potter, a meno che non volessi perdere la mia dignità. Accettai, ed iniziai a seguirlo dappertutto. Che tormento è stato, ci sono stati momenti in cui ho desiderato la morte.
- Tralascia i dettagli inutili, per favore.
- Ad ogni modo, mentre mi lavoravo Potter, sono arrivata a scoprire tante cose interessanti. Sapevo che Potter e Weasley erano stati una coppia, e che lui l’aveva trattata come un giocattolo. Sapevo, o meglio, ero sicura che lei ancora lo amasse, visto come aveva trattato il mio migliore amico. Sì, perché ero sicura che la Weasley avesse lasciato Blaise perché ancora amava Potter. Un errore di calcolo, niente più. Blaise mi aveva chiesto più volte di non vendicarmi, perché lui amava… - si corresse – Ama la Weasley. Ma col tempo mi resi conto che quella scommessa poteva diventare utile, in un certo senso. Indirettamente avrei spinto Potter a cercarsi una nuova ragazza, così la Weasley avrebbe pagato le sue colpe e, resasi conto dei suoi errori, magari sarebbe tornata da Blaise, pentita e maturata.
- Invece lei non ama più Harry, quindi il tuo piano è saltato. – constatò Hermione. – Anzi, è tornata da Zabini per conto suo, dopo essersi resa conto che con Harry non aveva più niente da spartire.
- Potter mi ha fraintesa, - spiegò Pansy – Ed ha creduto che io volessi spingerlo verso altre ragazze per far soffrire la sua amata Weasley.
- Invece tu volevi sedurlo e farla finita. E approfittare della situazione per dare una bella lezione a Ginny, convincendola a tornare da Zabini. Buono come riassunto? – chiese Hermione.
- E qui finisce la storia. Blaise è talmente accecato che non si è reso conto che io mai getterei al vento la mia dignità per una stupida vendetta che non riguarda me, e soprattutto che non è voluta da lui. Mi sono disperata, quando ho saputo di aver perso. E’ stato un trauma da cui ancora non mi sono ripresa. Ora capisci, Granger, come stanno le cose?
- Razionalmente non ti crederei, però il mio istinto mi suggerisce che stai dicendo la verità.
- Il che è una cosa rara, Granger, fidati. – disse Pansy – Posso andare, adesso?
- Spero sia evidente che non sono per niente d’accordo con questa stupida scommessa, ma che non dirò niente ad Harry. Ma attenta, Parkinson. Combina altri casini e subirai la mia ira.
- Non mi dire, tremo di paura. – commentò Pansy, sarcastica. – E poi, se, come dici tu, Potter mi odia e preferirebbe farsi sbranare da un ippogrifo piuttosto che uscire con me, di che ti preoccupi?
- Io di niente. Preoccupati tu, appena Ginny ti troverà. – rispose solamente Hermione, poi, così come era arrivata, se ne andò, seguita dal ticchettio delle sue vecchie scarpe.

 

 

* * *

 

- Non è divertente, Parkinson.
- Non ho detto che era divertente…
- Tu sei completamente pazza! – esclamò Harry, - Io me ne vado, e alla svelta pure! – e, così dicendo, si alzò, e avrebbe lasciato la stanza se Pansy non si fosse, veloce come un fulmine, frapposta tra lui e la porta.
- Potter, io ti trovo molto sexy.
- Hai fumato crac?
- No, non ho fumato crac, - rispose Pansy, paziente – Perché per te è una cosa così strana, scusa? Molte coppie di Hogwarts sono formate da un Gryffindor e uno Slytherin! Vane e Hatcher, Patil e Montgomery, Brown e Flitt, Zabini e… Insomma, un sacco di coppie!
- Coppie? Slytherin? Ma tu sei completamente fuori! Parkinson, io e te non saremo mai, e ripeto, M-A-I una coppia, capito?
- Per quale motivo? – sbottò Pansy, i cui nervi iniziavano a scoppiare.
- Escludendo il fatto che sei una Slytherin, tu sei arrogante, boriosa, superba, antipatica, bugiarda, manipolatrice, traditrice, e hai una voce da brivido! Per non parlare dei tuoi vestiti, e della tua aria da vip! Hai la puzza sotto il naso, e odi i mezzosangue!
- Senti, Potter, devo forse elencare i tuoi, di difetti? O forse ti credi perfetto?
- Io… - borbottò Harry, - Io avrò anche un milione di difetti, però almeno non sono figlio di assassini, e soprattutto non sono un seguace di Voldemort!
- Ma io non sono una seguace di Voldemort, Potter. Devo mostrarti nuovamente il mio braccio?
- Voldemort è morto, è normale che tu non sia stata marchiata.
- O forse no… - rispose Pansy, stizzita – Forse ha cercato di marchiarmi, e io mi sono opposta. Ci hai mai pensato, a questo?
- Figuriamoci… Non sapresti fare nemmeno una fattura, e credi di poterti opporre al volere di Tu-Sai-Chi? – rise Harry – Questa è ridicola, Parkinson.
- No, Potter. – esplose la Slytherin – Tu e i tuoi pregiudizi siete ridicoli. Mi giudichi per due ore giornaliere in cui mi vedi, e per qualche voto scolastico un po’ troppo basso… E questo per te significa aver compreso una persona? Tu di me non sai assolutamente niente…
- Ora, dopo quello che hai fatto al tuo migliore amico, e tentato di fare alla mia… a Ginny, ho qualche dato in più per giudicarti.
- Quindi non credi alla mia versione?
- Quale versione? – chiese Harry, accigliato.
- Come quale versione! – sbottò Pansy, e il fumo era vicino ad uscirle dalle orecchie – Quella che io sia inevitabilmente attratta da te!
- Ah… - disse Harry, lasciando spiazzata la mora – Ad ogni modo, che questa versione sia vera o no, non posso tollerarla! Non posso accettare che una Slytherin sia interessata a me, non posso!
- Io sono una donna come tutte le altre, Potter…
- No, tu non sei come tutte le altre. Sei mille volte peggio delle altre, e io non ti sopporto!  
- Ad ogni modo, ora hai capito perché ti pedinavo. E perché continuerò a pedinarti, ovviamente. – sbottò Pansy, sentendosi quanto mai umiliata. Quasi si pentì di aver fatto una dichiarazione così vergognosa. Ma ciò che più la lasciava atterrita era la reazione di Potter. Come poteva continuare a rifiutarla? Era tutto così ingiusto!
- Io non uscirò mai con te, se non quando ghiaccerà l’inferno!
- Beh, io ho tutto il tempo del mondo. – buttò lì Pansy, sarcastica, poi ebbe un’idea. Poteva provocarlo, almeno un po’… Sì, provocarlo era decisamente una buona idea. – Almeno ti sei accorto di me, questo non puoi negarlo… - aggiunse, sorridendo.
- Ma che diamine vai dicendo, io…
- Shhhh, Potter. Lo so che mi hai guardata, alla festa. E non solo lì! Anche qualche istante fa, mentre ti mostravo le mie braccia. Eri come imbambolato, ammettilo!
- Io… - sputò Harry, imbarazzato. – Mai, mai! Mai guarderei una Slytherin, mai guarderei Pansy Parkinson!
- Ehi, mi hai chiamata per nome! – esclamò la mora, sorridendo. Però, aveva un suono carino il suo nome, sulla bocca del sopravissuto. Pansy Parkinson… Pansy… Potter… Harry Potter… Pansy Parkinson, Harry Potter… Bleah, orrore!
- Non ti ho chiamata per nome!
- Invece sì!
- Ho detto Pansy Parkinson, non Pansy!
- Adesso l’hai detto di nuovo, e siamo a quota tre. Tre volte che mi hai chiamata per nome!
- Ma… Il cognome…
- Il cognome era accompagnato dal nome! E poi, la terza volta, hai detto solo il nome! – ribatté Pansy, senza nascondere un sorrisetto di soddisfazione.
- Comunque, Parkinson, io non ti sopporto, odio stare con te, e adesso me ne vado.
- Molto bene, ci vediamo dopo.
- Ci vediamo dopo? – ripeté Harry, attonito.
- Sei forse sordo? – scherzò Pansy, e fece l’occhiolino – Ci vediamo dopo, Potter. Abbiamo pozioni insieme, ricordi? – “Cos’è, adesso sei pure ritardato?
- Ehi, precisiamo. Io e te non abbiamo pozioni insieme. Io e te abbiamo solo la sfortuna di frequentare la stessa lezione, punto.
- Fa lo stesso, non essere così pignolo. – “Quanto ti odio, maledetto Gryffindor! Oh Draco, giuro che la mia vendetta sarà dolorosa, e ti leccherai le ferite per mesi!” – Io me ne vado, comunque… - si congedò poi la Slytherin, e abbandonò la stanza, lasciando alle sue spalle un dolce profumo di pesca, e l’eco di una risata mai spenta.

 

* * *

 

- Lo sai cosa voglio. – rispose Draco, mite.
Prese posto sulla poltrona, e si accese una sigaretta.
- No, in verità no. Tutte le volte che ho tentato di capirlo ho miseramente sbagliato.
- Perché sei sparita? – chiese solamente Draco, ignorando la frecciata.
- Di che parli?
- Risposta errata, - sospirò Draco, senza scomporsi – Vediamo, facciamo qualche calcolo. Tu sei sparita esattamente il giorno dopo che abbiamo fatto sesso.
Uomo senza mezzi termini, Draco Malfoy. Arrivava sempre e subito al dunque, senza alcun preambolo. Nessun pudore, nessuna inibizione. Non esistevano argomenti tabù, per lui.
Dunque per lui è stato solo sesso…” – Avevo la febbre. – mentì la bionda.
- Ah sì? – chiese Draco – Mi dispiacerebbe molto, se non dubitassi che stai mentendo. Perché non ci credo, ti chiederai. Beh, qualche insegnamento di mio padre torna sempre utile… - continuò, facendo roteare la bacchetta tra le dita. Pronunciò poche parole, poi nella stanza scese il silenzio, rotto solo da una voce. La voce di Daphne, le sue parole di pochi minuti prima.
Si fanno tante cose irrazionali, quando si è innamorati.
Guarda come sono io, adesso. Evito il resto del mondo, evito i miei stessi amici pur di non vederlo. Cosa c’è di più irrazionale di questo?
Ma non era la ragazza, a parlare. L’incantesimo di registrazione aveva memorizzato le sue parole, permettendo a Draco di usarle come prova.
- Chi sarà mai, quest’uomo crudele? – chiese Draco, fingendosi stupito.
- Dubito tu lo conosca. - rispose Daphne, mascherando l’angoscia provata, al sapere le sue parole di dominio pubblico.
- Idiozie. – rise il principe degli Slytherin – Io sono Draco Malfoy, piccola. Non puoi prendermi in giro, nemmeno se sei una veela con poteri paranormali. Tu parlavi di me.
- Di te? – esclamò Daphne, fingendo una risata. – Molto divertente, Draco.
- Fammi indovinare. Sei innamorata di me, e stai soffrendo perché ti ho cacciata via dalla mia stanza. – azzardò Draco, mentre spegneva la sigaretta nel portacenere.
Improvvisamente, tentò di penetrare nella mente della ragazza. Lei, preparata, schermò l’attacco, issando le sue difese. Almeno una cosa buona gliel’aveva insegnata, Dionne.
- Nessuno può entrare nella mia testa. Nemmeno il grande Draco Malfoy. – frecciò Daphne – Ad ogni modo, io non sono innamorata di te.
- Ah no? Non hai sentito un insolito coinvolgimento, una passione sfrenata, non hai provato sensazioni che ripeteresti mille volte ancora? Non ti batteva il cuore come ad una stupida Hufflepuff? – domandò Draco, seriamente incuriosito.
Sì, eccome…” - Vuoi forse paragonarmi ad una di quelle mollaccione? – sbottò Daphne, ed ogni sua parola era una pugnalata al cuore – Draco, io non ho niente da dirti, a questo punto. Abbiamo fatto sesso, stop. Di che ti preoccupi, sei forse paranoico? O forse tenti di abbindolarmi, come fai con le tue stupide spasimanti? Io non sono come le altre, ricordalo. Io non cado ai tuoi piedi, io non scrivo intere pagine di diario parlando di te, chiamandoti “amore”. Io non so cosa sia, l’amore, né mi va di scoprirlo. O per lo meno, non con un amante che, dopo una notte di sesso, mi caccia impietosamente dalla sua stanza. Non c’è stato niente tra noi, se non sesso.
- Intendi dire che per te è stato come per tutti gli altri? – chiese Draco, poco convinto.
- Esattamente uguale. Ma una cosa te la concedo… - disse Daphne, dando automaticamente le spalle al suo interlocutore – E’ stata una bella notte di sesso, forse una delle migliori. - “La migliore notte della mia vita…
- E non hai provato niente mentre lo facevamo?
- Scusa, - rise Daphne, mentre dentro si sentiva morire – cosa dovrei provare? Questo non è un film d’amore, Draco. Sesso, stop. Devo ripeterlo ancora?
- No, mi basta. – disse il principe degli Slytherin, l’espressione pensosa – Allora io vado, non voglio trattenerti oltre. Spero tu guarisca presto.
Si congedò con tali parole, Draco Malfoy. Eppure, dentro di se, credeva non esistesse nessuna guarigione, né nessuna febbre. Daphne mentiva, era ovvio.
Il principe degli Slytherin non aveva bisogno del Legilimens, per capirlo.

 

* * *

 

Pansy uscì dalla Stanza Delle Necessità che era abbacchiata.
Per la prima volta nella sua vita si era dichiarata ad un uomo. Abituata com’era a sedurre implicitamente, senza mai ostentare i propri “sentimenti”, si sentiva strana.
Certo, aveva spudoratamente mentito. Figurarsi, lei ed Harry Potter!
Una come lei non avrebbe mai e poi mai potuto trovare interessante uno come lui. Non era bello o fascinoso, non era misterioso o intrigante.
Ad ogni modo, faceva un effetto strano, confidare i propri sentimenti (seppur fasulli) ad un uomo. Era quasi… “Umiliante?” si chiese. “Osceno, terrificante?
Una cosa era certa. Confessarsi indeboliva l’individuo, lo rendeva gracile dinanzi agli altri. Era come spogliarsi di una corazza, lasciando il proprio corpo scoperto agli attacchi nemici.
Dopotutto, però, l’idea era stata buona. Potter se l’era bevuta, “Forse!” dunque Pansy avrebbe avuto una scusa ulteriore per pedinarlo. Così l’avrebbe convinto a dimenticare le sue posizioni, a cambiare idea su di lei. Avrebbe puntato sulla questione del sangue, della dignità. Dentro di se rifletteva su frasi d’effetto adatte al contesto, stupendosi della propria audacia.
Potter, niente può resistere il richiamo del cuore. Pregiudizi, codici morali… Tutte stronzate, davanti alla passione. Tu mi piaci, e ho gettato la mia dignità pur di tentar di soddisfare i miei desideri. Perché io ti desidero, Potter.” Poteva essere perfetta, come frase d’esordio.
Poi sarebbe stata sufficiente qualche moina, come con gli altri, e qualche allusione velata.
Avrebbe trovato una scusa per avvicinarsi a lui, l’avrebbe provocato finché lui non l’avrebbe baciata. Era perfetto, quel piano. Perché lui l’avrebbe baciata, ovvio.
O forse no?” Le paranoie affioravano, purtroppo per la Slytherin, decisamente spesso.
E se lui non avesse desiderato quel bacio? E se lui amasse un’altra?
E chi potrebbe mai amare? Insomma, è mio adesso! E’ la mia preda, se lo toccheranno mi occuperò personalmente della loro fine!” pensava, poi si sentiva un’idiota.
Insomma, come poteva essere gelosa e pretendere di avere in propria mano un uomo come Potter, che mai l’aveva calcolata in tanti anni? Come poteva essere così presuntuosa?

 

* * *

 

- Sei morta, Parkinson.
La mora Slytherin si voltò di soprassalto, attratta dal suono della voce – purtroppo – conosciuta. Alle sue spalle stava Ginny Weasley. Braccia conserte, postura da dura, espressione a dir poco terrificante. I lucidi capelli rossi le ricadevano scomposti sul viso dai tratti ancora infantili, appena cosparso di lentiggini.
- Che ti succede, Weasley, hai scordato di farti la messa in piega? – sbottò Pansy, alludendo chiaramente ai capelli scompigliati della Gryffindor.
- I miei capelli vanno benissimo così, grazie per l’interessamento. Ora, - borbottò Ginny – Passiamo a cose più serie. Vediamo… Come hai osato ordire un piano contro di me?
Quasi urlò, Ginny, pronunciando quella frase. Non c’era bisogno di in indovino, per capire che era arrabbiata.
- Frena la scopa, Weasley. – tagliò corto Pansy – Dovresti aspettare di sentire la mia versione, prima di giudicare e sputare veleno.
- Tu non lo fai mai. – ribatté Ginny – E comunque, dubito le tue scuse possano placare la mia ira. Sono pronta a sfidarti a duello, e sconfiggerti.
- Molto divertente, Weasley. Dubito che tu possa battermi a duello…
- Non provocarmi! – esclamò Ginny, e la sua mano corse alla bacchetta, sotto la veste.
In un attimo la puntò contro la sua rivale, ma la scena che la aspettava la lasciò basita.
Pansy Parkinson aveva già estratto la bacchetta, e ci giocherellava con aria tranquilla. I suoi capelli, un attimo prima tenuti dalla bacchetta in un’acconciatura decisamente chic, le ricaddero sul viso, lisci e lucenti.
- Ma come… - fece per dire Ginny, ma Pansy la interruppe.
- Vedi, Weasley. Ci sono tante cose che non sai di me.
- Non intendo scoprirle… - borbottò Ginny, poi esclamò – Stupeficium!
- Protego! – rispose prontamente Pansy, e uno scudo invisibile si frappose tra lei e la sua rivale, parando il colpo avversario.
Ginny strabuzzò gli occhi, poi si tolse il mantello, senza staccare gli occhi dalla Parkinson. Lo gettò a terra, poi si avvicinò alla Slytherin. Per un attimo le due ragazze si fissarono negli occhi, studiandosi, poi iniziò il combattimento.
Sfortunatamente per le due rivali, però, in quel momento Snape era a un solo corridoio di distanza da loro, e le raggiunse di corsa, udendo le loro urla.
- Basta! – esclamò il professore, furente – Smettetela, subito!
Al suono della sua voce le due ragazze rinvennero, e il combattimento cessò.
Entrambe ansavano, i visi sudati e i capelli scompigliati.
- Ha cominciato lei! – esclamò Pansy, e sbatté le ciglia, sperando così di ottenere un po’ di clemenza da un professore ligio alle regole, quale era Snape.
Ma egli sembrò non udire le sue parole.
- In punizione! Tutte e due! – sbottò – Domani, alle nove nel mio ufficio.
E se ne andò, così come era arrivato.
- E’ tutta colpa tua! – strillò Pansy – Mia madre mi ucciderà! In punizione per una rissa, roba da pazzi… Immagino già le sue parole “Una rissa? Che caduta di stile, per una giovane affascinante come te! Ti sei giocata il viaggio in Svizzera, bella mia
- Credi possa importarmi qualcosa del tuo stupido viaggio? Pensa invece alle ore che dovremo trascorrere insieme… Come farò a trovare la calma, a non ucciderti?
- Non ci riusciresti comunque.
- E’ tutto da vedere. – rispose Ginny, ed era sincera. Non si aspettava la Parkinson fosse in grado di usare la bacchetta, e soprattutto di crearle problemi in un duello.
- Ad ogni modo, è colpa tua se ora siamo in punizione. Devi avere dei problemi mentali, secondo me. Come hai potuto puntarmi addosso la bacchetta?
- Sei stata tu a farlo, veramente.
- Come si dice a casa mia… Rosso capello, zero cervello. – cantilenò la Slytherin.
- Tu me per sei talmente insignificante che ti abolirei dalla faccia della terra, Parkinson. Almeno Malfoy ha un briciolo di cervello, cristo santo!
- Io non ti abolirei, Weasley, ma solo perché poi Blaise non mi rivolgerebbe più la parola…
- Che intento nobile… - borbottò Ginevra, sospirando, esasperata.
- Però una cosa devo proprio dirtela.
- Che cosa devi dirmi? Hai deciso di connettere il cervello?
- Beh, no. – cinguettò Pansy, sorridente. – I tuoi capelli fanno veramente schifo.

   
 
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