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Autore: Lhea    19/09/2010    4 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo XXI

Capitolo XXI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – Mosca, Casa di Dimitri

 

<< Telefona, e vediamo cos’ha da dire >>.

 

Dimitri, l’aria di sfida dipinta sul volto, le porse il suo cellulare, facendole un cenno con il capo. Irina lo prese ma non compose il numero, titubante. Si riferiva naturalmente a Vladimir Buinov, che aveva lasciato il suo recapito appeso al cancello del garage.

 

<< Forse non è una buona idea >> disse lentamente, << Perché telefonargli, se sappiamo già che non accetteremo nessuna delle sue proposte? >>.

 

Emilian, che stava seduto sul divano, incrociò le braccia. Non aveva detto di essere lì apposta per quel fatto, ma piuttosto doveva essere passato per incontrare Dimitri, che poi lo aveva reso partecipe della cosa.

 

<< Dobbiamo capire esattamente cosa vuole >> rispose Emilian, << E non è ancora detto che non accetteremo… >>. Lanciò un’occhiata a Dimitri.

 

Il Mastino non disse niente, così Irina compose lentamente il numero di telefono che c’era scritto sul fogliettino, e lo portò all’orecchio, in attesa. L’idea di risentire di nuovo la voce rasposa e stranamente metallica di Vladimir le diede un brivido.

 

Per un momento, pensò che non avrebbe risposto nessuno: il telefono squillò a vuoto per quasi un minuto. Poi, quando stava per mettere giù…

 

<< Non credevo che ti facessi sentire, Dimitri… >> mormorò la voce agghiacciante di Vladimir Buinov, dall’altra parte della linea.

 

<< Non sono Dimitri… >> disse lei, e le venne stranamente in mente la cicatrice sul collo del russo.

 

Ci fu una pausa, poi le parve che Vladimir ridacchiasse.

 

<< Fenice, mia cara, allora ti sei decisa a chiamare… >> fece lui, << Hai fatto in fretta… Salutami Dimitri, so che è lì con te >>.

 

Irina guardò il Mastino, per fargli segno se doveva mettere il vivavoce, ma lui fece cenno di no. Sicuramente Buinov se ne sarebbe accorto, visto che sembrava sapere sempre tutto quello che succedeva, anche se accadeva da tutt’altra parte.

 

<< Per quale motivo vuoi che passi dalla tua parte? >> chiese Irina, andando al centro del discorso per non perdere tempo.

 

<< Oh, ma lo sai già, mia cara >> rispose Vladimir, << Hai chiesto aiuto alle persone sbagliate, per far fuggire Challagher… Sempre che ciò sia quello che vuoi veramente >>.

 

Irina aggrottò le sopracciglia. Dimitri ed Emilian la guardavano interessati.

 

<< Cosa intendi dire? >>.

 

<< Intendo dire che potremmo fare uno scambio equo, non credi? >> disse serafico Vladimir, << Tu mi servi Dimitri su un piatto d’argento, e io ti riporto il tuo Challagher senza farti muovere un dito… Più in fretta e più facilmente di quanto tu possa sperare >>.

 

<< E chi mi garantisce che tu possa veramente liberare William? >> fece lei.

 

<< Giusta osservazione… Bé, non te lo garantisce nessuno, ma io sono un tipo di parola >>.

 

Irina fece una smorfia.

 

<< Tipo di parola… Come fai a essere un tipo di parola, se hai paura di affrontare faccia a faccia il tuo nemico… >>. Irina guardò Dimitri dritto negli occhi, mentre parlava. << Sbaglio, o sembra che tu non abbia il coraggio di incontrarlo da solo? >>.

 

Vladimir dall’altra parte tacque, ma Dimitri le rivolse un’occhiata: difficile dire se fosse lusingato, arrabbiato o assolutamente indifferente. Irina però gli sorrise, per dirgli che era una cosa che pensava veramente.

 

<< Sono pronto a incontrarlo quando vuole >> ringhiò Vladimir, << Ma è lui che non si sta facendo trovare, in questo momento… Hai un codardo, come compagno di letto, mia dolce Fenice >>.

 

Irina ignorò il commento.

 

<< Ammettiamo che la tua offerta possa interessarmi >> disse lei, lentamente, riprendendo il filo della questione, << Cosa dovrei fare, di preciso? >>.

 

<< Nulla, se non portare Dimitri nel luogo giusto al momento giusto, da solo >> rispose Vladimir, << Ne usciresti pulita, e con la mia eterna gratitudine >>.

 

<< Tu credi davvero che Dimitri si lascerebbe fregare da me? Che si lasci prendere così facilmente? >> ribatté lei, e guardò nuovamente il russo, << Non si fida di me, lo sanno tutti >>.

 

Vladimir sembrò scoppiare a ridere.

 

<< Questo lo dici tu, Fenice >> disse, la voce uno strano rantolo, << Ma la domanda è: tu ti fidi di lui? >>.

 

Non capì dove volesse arrivare, ma ebbe la sensazione che Vladimir sapesse benissimo il perché di quella domanda.

 

<< Sì >> rispose solo, e credeva in ciò che diceva.

 

<< Bé, Fenice, ti sei mai chiesta qual è il motivo per cui ci odiamo tanto? >> ribatté Vladimir, << Sai perché io voglio morto lui, e lui vuole morto me? >>.

 

Irina guardò Dimitri, e fu sicura che sapeva che stavano parlando in qualche modo del suo passato. La fissava con aria assassina e indifferente al tempo stesso.

 

<< Non credo sia qualcosa che mi riguardi… >> rispose lei.

 

Vladimir rise di nuovo. << Invece potrebbe interessarti >> disse, << Fatti raccontare dal tuo caro Dimitri cosa è successo otto anni fa… Fatti raccontare qualcosa del suo passato… Visto che lo hai davanti, chiedigli perché ci odiamo così tanto… >>.

 

Irina guardò Dimitri, senza sapere cosa fare. I suoi occhi grigi stavano cercando di leggere nei suoi la conversazione che stava avvenendo.

 

<< Me lo dirà se lo riterrà opportuno… >> rispose alla fine.

 

<< Saresti un’ottima componente, per la mia squadra >> sentenziò Vladimir, davanti alla sua risposta, << Sei fedele, ed è una dote rara… E’ un peccato che tu non voglia partecipare alla Mosca-Cherepova con me >>.

 

<< Non so chi sei, ti ho visto solo una volta >> fece lei, << Perché mai dovrei tradire Dimitri? Tu non mi puoi garantire niente, lo so. Non mi impiccerò in qualcosa che non mi riguarda >>.

 

<< Quindi rifiuti… >> disse Vladimir, come parlando a se stesso, << Peccato. Però credo che tu debba sapere come stanno le cose, per decidere… Credo che ci risentiremo presto. Quando saprai il passato di Dimitri, forse vorrai richiamarmi… Passa una buona giornata >>.

 

Buinov mise giù, e Irina abbassò il telefono. Dimitri ed Emilian la guardavano, curiosi. Gli raccontò rapidamente cosa si erano detti.

 

<< Ha fatto un accenno sul tuo passato… >> aggiunse titubante, guardando il Mastino, << Gli ho risposto che sono fatti che non mi riguardano >>.

 

<< E’ come ti ho detto io… >> commentò misterioso Emilian, guardando Dimitri, << So cosa ha in mente… >>.

 

Dimitri si voltò di scatto, infuriato. << Non è detto… >> ringhiò, << Tanto non avrà il coraggio di avvicinarsi, finché ci siamo noi… >>.

 

<< Sarebbe controproducente, lo sai >> disse Emilian.

 

Irina li guardò, senza capirci niente, ma chiaramente loro sapevano di cosa stavano parlando. Tra quei due c’era un’empatia che lei aveva intuito, ma in cui non poteva mettere il naso. Chiaramente il Mastino si fidava di suo cugino, nonostante a lei mettesse un po’ di soggezione.

 

Dimitri si lasciò andare a un’imprecazione, poi si voltò a guardarla.

 

<< Per il momento lasciamo la situazione così com’è >> disse, << Sicuramente cercherà di contattarti di nuovo. Fino ad allora, ignoriamolo… >>.

 

<< Ok… Ma perché ci segue, secondo te? >>.

 

<< Ci sta studiando… >> rispose Dimitri, più rivolto a Emilian che a lei, << Sta studiando i nostri movimenti… Forse ci vuole tendere una trappola. Perciò occhi aperti >>.

 

La guardò per un momento, poi prese le chiavi del garage.

 

<< Andiamo di sotto a scaricare quello che mi hai portato… >> aggiunse, chiaramente non a lei.

 

Suo cugino annuì, poi uscirono di casa, lasciando Irina da sola e sempre più confusa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per le quattro ore seguenti, Dimitri non si fece vedere, ma Irina trovò tutto normale, visto che lui era fatto così. Quando però si accorse che all’appello mancavano le chiavi della sua Punto, di solito lasciate sul mobile dell’ingresso, si insospettì. Le cercò in giro, pensando per un momento di averle dimenticate da qualche parte, poi si rese conto che doveva averle per forza Dimitri, visto che non le trovava.

 

Leggermente infastidita, decise di scendere in garage a controllare se la Punto c’era ancora. Poteva almeno dirle che prendeva la sua macchina… Va bene che avrebbe dovuto guidarla durante la Mosca-Cherepova, ma quello non lo autorizzava a prenderla senza chiederle il permesso.

 

Una volta sotto, si accorse che dal garage provenivano dei rumori strani, simili al battere di qualcosa di metallico sul pavimento: forse un cacciavite o qualcosa del genere. Inchiodò sulla soglia, stranamente titubante a entrare. Chiunque fosse era da solo, perché non sentiva parlare.

 

Furtivamente, infilò la testa dentro, aspettandosi qualsiasi cosa, visti gli ultimi fatti, ma per fortuna c’era solo Dimitri, sdraiato per terra sotto il paraurti anteriore della Punto, alzata a mezzo metro da terra da un carrello.

 

Incuriosita, ma senza farsi vedere, Irina si sporse in avanti, per scoprire che la fonte del rumore che aveva sentito era il cacciavite che Dimitri gettava a terra a intervalli regolari dopo averlo usato… Con stupore, si accorse che aveva appena sostituito il suo paraurti danneggiato con uno integro, quasi uguale al suo, tranne per qualche particolare che lo rendeva ancora più sportivo.

 

“Non ci credo…” pensò, trattenendosi dal ridacchiare, Lo ha cambiato senza che gli dicessi niente…”.

 

Rimase appoggiata al muro, silenziosa, per non farsi vedere. Dimitri borbottò qualcosa, poi si tirò in piedi e si pulì le mani sui pantaloni, guardando il risultato. Sembrò soddisfatto, e afferrò uno strofinaccio per poi passarlo sulla carrozzeria, per lucidarla a dovere.

 

Senza un apparente motivo, Irina si ritrovò a sorridere. Per la prima volta, vide in Dimitri un’aria meno scontrosa di quella che aveva di solito, e le parve quasi un ragazzo qualsiasi alle prese con la sua auto preferita… Stentava a credere però che quella fosse la sua, di auto.

 

Per quanto la loro convivenza all’inizio fosse stata difficile, alla fine aveva scoperto che Dimitri non era così cattivo come voleva far vedere. Quello che aveva appena fatto glielo dimostrava, anche se lui non avrebbe mai ammesso che lo aveva fatto per rimettersi a posto la coscienza.

 

Lo vide togliere un telo e scoprire un carico di quattro pneumatici dentellati, più due grosse scatole che non sapeva che cosa contenevano. Molto probabilmente si era fatto portare tutti gli altri pezzi che gli servivano per preparare la Punto alla Mosca-Cherepova, e aveva deciso di fare tutto da solo senza chiedere aiuto a Dan.

 

Silenziosa com’era arrivata, Irina ritornò di sopra, con un sorriso a illuminarle il volto. Quell’avvenimento le aveva messo allegria, non perché la sua Punto era di nuovo perfetta, ma perché era stato proprio Dimitri a riservarle quella “gentilezza”… Allora non la odiava poi tanto.

 

Una volta di sopra, sapendo che essere colto sul fatto gli avrebbe dato immensamente fastidio, decise di tornare e fare finta di niente… Però la sua gratitudine gliela avrebbe mostrata comunque.

 

Preparò un paio di panini scaldandoli nel forno, e stappò una birra; mise tutto su un vassoio che trovò in uno dei cassetti della cucina e scese di nuovo, questa volta preparata a quello che avrebbe visto. Una volta sulla soglia, si schiarì la voce e bussò sullo stipite per avvertirlo che stava arrivando.

 

Dimitri la fissò avvicinarsi con il vassoio in mano, quasi confuso. Aveva appena smontato la ruota anteriore destra della Punto e il relativo freno a disco, quindi aveva le mani completamente nere e la maglia decisamente non più pulita. Però aveva un’aria molto meno distaccata.

 

<< Avevo pensato che volessi fare una pausa… >> disse lei, lentamente, per rompere quel silenzio imbarazzante.

 

Dimitri gettò di lato la chiave inglese che teneva in mano, e diede un ultimo sguardo alla ruota.

 

<< E’ una buona idea >> commentò.

 

Irina gli porse il vassoio, in modo che potesse prendere quello che voleva, e Dimitri afferrò rapidamente la birra, bevendone un sorso.

 

<< Sto cambiando i freni e le gomme… >> spiegò, stringato.

 

Irina annuì.

 

<< Hai… Hai anche rimesso a posto il paraurti, o sbaglio? >> fece lei, con tono un po’ intimorito. Meglio non fargli vedere che le faceva piacere.

 

<< Sì >>.

 

Dimitri buttò giù un altro sorso di birra.

 

<< Ehm… Bé, grazie >> disse Irina, guardandolo in faccia per mostrargli che non lo stava sfottendo, << Non eri tenuto a prenderti questo impegno… >>.

 

<< Io ho fatto il danno, e io rimedio >> ribatté lui, solo.

 

Irina sorrise. << In ogni caso, io ti dico grazie comunque >>.

 

Dimitri agitò la bottiglia di birra con fare improvvisamente divertito.

 

<< Ero terrorizzato dall’idea di dovermela vedere con te… >> disse.

 

Irina lo guardò, stupita per la sua battuta ironica. Lo vide ridacchiare un momento, e per qualche istante fu indecisa se fare altrettanto o trattenersi: due manifestazioni di simpatia in due giorni erano davvero troppe, per i suoi standard. Alla fine però sorrise.

 

<< Al massimo potrei costringerti a darmi qualche lezione di boxe >> disse.

 

Dimitri finì la sua birra e la ripose sul vassoio che lei teneva ancora in mano.

 

<< Sarebbe esilarante… >> mormorò, << Riuscirei ad avere più paura del sacco, che di te >>.

 

Irina avrebbe tanto voluto potersi lasciare andare e spalancare la bocca per lo stupore, di fronte a quella battutina. Se il giorno prima per Dimitri doveva essere stato piuttosto stressante, oggi sembrava molto più rilassato. Di fronte a quel cambiamento, Irina non sapeva come comportarsi.

 

<< Almeno però so di essere capace a fare da infermiera, a dispetto di quello che ha detto tuo cugino >> disse, indicando la sua spalla, << Vedo che funziona a dovere… >>.

 

Dimitri gli fece cenno di lasciare il vassoio sul bancone lì vicino, forse per darsi il tempo di trovare una risposta non troppo accondiscente.

 

<< D’accordo, ammetto che sei stata brava >> disse alla fine.

 

Irina si voltò di scatto, trovando Dimitri con un sorrisetto dipinto sul volto. Che la stesse prendendo in giro, o facesse sul serio, il fatto stava che quell’espressione lo rendeva attraente e gli toglieva tutta quell’aria gelida che aveva sempre…

 

<< Oh… Bé, grazie >> biascicò, senza sapere cosa dire.

 

Dimitri tornò a occuparsi della Punto, mentre lei rimaneva a guardarlo con aria stranita, perplessa dal suo comportamento.

 

<< Se vuoi sederti, c’è una sedia… >> borbottò Dimitri, riscuotendola.

 

Irina si guardò intorno e individuò uno sgabello vicino al muro. Lo prese e lo portò più vicino, poi si sedette. Dimitri stava smontando il freno a disco, facendo tintinnare il cacciavite sul pavimento.

 

A quel punto, sembrava essersi di nuovo chiuso. Irina, sentendosi a disagio in quel silenzio molto strano, si mosse sulla sedia, poi disse, lentamente: << Ieri ho sentito che… Che Konstantin ha le mappe della corsa… >>.

 

Dimitri appoggiò con delicatezza il freno rotondo che aveva appena smontato, e senza guardarla rispose: << Sì, le ha lui… Suo padre ormai credo che stia definitivamente tirando le cuoia, ma finché non muore Konstantin gli farà da sostituto e i Referenti non potranno nominare nessun altro >>.

 

<< Credi davvero che Nikodim non possa farsele dare? >>.

 

<< Konstantin è un’idiota, ma non è amico suo >> rispose Dimitri, << Anzi, forse lo detesta quanto me… Questo è vantaggio per noi, ma il problema che io non gli sono particolarmente simpatico. E la cosa è naturalmente reciproca >>. Parlava continuando a lavorare, come per mettere del distacco da ciò che diceva.

 

<< Non c’è nessuno a parte lui che le ha? >>.

 

<< No… I Referenti si dividono i vari compiti ogni anno, e ognuno di loro si occupa di qualcosa… Se le ha lui, non le ha nessun altro >>.

 

<< Allora dobbiamo rassegnarci a non avere la mappa? >>.

 

<< No, possiamo ancora ottenerle. Devo solo trovare il modo di persuaderlo… >>.

 

Nella mente di Irina baluginò la faccia di Konstantin, i capelli biondi e l’espressione alla William, solo con qualche anno e molto carisma in meno. Era giovane, forse meno furbo di quanto sembrava… Come potevano ottenere quello che volevano?

 

Pensò ai metodi che sicuramente avrebbe usato Dimitri: non sarebbero stati molto “dolci”… Non che le interessasse particolarmente di Konstantin, ma essendo praticamente un Referente non potevano farselo nemico: rischiavano di mettersi in una posizione ancora più difficile…

 

Le venne in mente l’occhiata che Konstantin le aveva lanciato la prima volta che si erano incontrati, e una scena che aveva visto in qualche film le riaffiorò nella testa: la spia che seduce il suo contatto.

 

Si morse il labbro, folgorata da una idea e da tutte le sue implicazioni: quel tipo di “compito” era previsto, era realistico per un agente dell’F.B.I…. Di sicuro non era solo una cosa da film.

 

C’era solo un problema: la spia a cui poteva spettare quell’impresa era lei. Ma lei non era proprio la tipa che sapeva fare quel genere di cose…

 

Prima di esporre la sua idea, si prese qualche momento per riflettere.

 

Dimitri molto probabilmente sarebbe stato d’accordo, Xander no, ma non era necessario che lo sapesse… Oltretutto, lui sembrava stesse facendo la stessa cosa con quella Nina, quindi in qualche modo si sentiva giustificata. Il problema più grosso, comunque, non era certo quello: il problema era se lei se la sentiva.

 

Anche se era passato del tempo, i segni del suo passato con Challagher erano comunque rimasti, e lei non poteva negare che giocare con il suo corpo a volte era ancora difficile. Xander lo sapeva, e poi lei lo conosceva così bene che aveva imparato a essere un po’ più sciolta con lui. Qui però si trattava di un’altra persona, che non conosceva e di cui non si fidava; doveva mettersi in gioco, mostrarsi sicura di sé quando in realtà non lo era, almeno da quel punto di vista.

 

“E poi, non è nemmeno detto che possa funzionare… Non credo di essere abbastanza carina, per questi russi” pensò quasi con sollievo.

 

Si mosse sulla sedia, cercando di capire se era pronta a esporre la sua idea, oppure se era meglio sorvolare per evitare che Dimitri approvasse. Sempre che non venisse in mente a lui.

 

Poi si diede della stupida: la missione veniva prima dei suoi interessi personali. Doveva fare uno sforzo, trovare il coraggio di fare quello che temeva… Aveva deciso di partire proprio per affrontare le sue paure, no?

 

Si schiarì la voce, e guardò Dimitri che stava chino sulla Punto.

 

<< Credo di avere un’idea… >> mormorò.

 

Il russo non si voltò, continuando a lavorare.

 

<< Sarebbe? >> fece.

 

<< Credi che potremmo riuscire a ottenere la mappa con le buone? >> domandò lei.

 

<< Cosa intendi dire? >>.

 

<< Bé, forse… Forse potrei cercare di farmelo amico >> rispose Irina, afferrando i bordi della sedia, << Potrei… Magari… Non so, arrivargli un po’ più vicino di quanto possa riuscire tu… O qualsiasi altro uomo >>.

 

Dimitri si voltò lentamente, come se non avesse capito bene, e la guardò con un misto di incredulità e divertimento.

 

<< Tu vorresti sedurlo per farti dare la mappa? >> domandò.

 

Irina abbassò lo sguardo, imbarazzata. Aveva capito subito cosa aveva in mente, almeno.

 

<< Lo so che non funzionerà, ma era solo un’idea… >> si affrettò a dire.

 

Dimitri rimase a guardarla un momento, come se davvero non credesse a quello che aveva sentito; forse stava cercando di capire da dove le fosse venuta quell’idea, e soprattutto dove avesse trovato il coraggio di pensare che potesse anche funzionare…

 

<< Di preciso, cosa avevi pensato? >> chiese.

 

<< Magari riesco a farmi dare la mappa, se faccio un po’ la gatta morta con lui >> rispose Irina, << Non lo conosco, non so che tipo è, magari si fa fregare… >>.

 

Dimitri incrociò le braccia.

 

<< Konstantin è un’idiota, potrebbe anche caderci >> disse, << Ma se devo essere sincero, non mi piace questo genere di cose… >>. Arricciò il labbro in segno di fastidio. << Non vanno mai come dovrebbero, e fanno più problemi di quelli che risolvono… >>.

 

Irina tornò a guardarlo.

 

<< Tu hai qualche idea? >>.

 

<< No >> rispose Dimitri, << Se non quella di prenderlo per il collo e farmi dare la mappa… Forse potrei convincerlo a scommetterla in un incontro di boxe >>.

 

Irina fece una smorfia al pensiero di vederlo di nuovo su quel ring, e per un attimo valutò come migliore l’idea di sedurre Konstantin: nessuno si sarebbe fatto male, in quel modo.

 

<< Un’altra alternativa? >> chiese.

 

Dimitri scosse il capo.

 

<< Allora per il momento, la mia idea è la migliore… >> mormorò Irina, anche se ammetterlo le metteva paura.

 

Dimitri sembrò abbassarsi impercettibilmente per guardarla bene in faccia, e Irina istintivamente gli occhi puntò gli occhi a terra.

 

<< Ti rendi conto di quello che vuoi fare? >> domandò, serio. << Potresti anche finire a letto con lui… >>.

 

“Ecco, sa meglio di me che ho poche speranze di farcela…” pensò lei.

 

<< Sì, so cosa comporta >> rispose lentamente, << Però credo che in questa occasione sia più importante la nostra missione… Sono stata pagata per questo lavoro, e sono tenuta a portarlo a termine >>.

 

Per quanto si impegnasse, non riuscì a dare alla sua voce un tono abbastanza convincente, e Dimitri sembrò accorgersene.

 

<< Non è questo il punto >> ribatté Dimitri, << Riusciresti a fare una cosa del genere? >>.

 

Era lei a immaginarlo, oppure in quella domanda si nascondeva un velato riferimento al suo passato?

 

<< Devo almeno provarci >> rispose Irina, a bassa voce.

 

Dimitri si appoggiò alla fiancata della Punto, guardandola con le braccia incrociate, come se la stesse soppesando. Forse stava valutando le possibilità che aveva di farcela… O semplicemente la stava prendendo in giro.

 

<< Ammetto che l’idea potrebbe essere valida >> disse, << Ma vorrei che ti ricordassi che non sono stato io a proporre questa cosa… Ripeto: non mi piace. Ma se pensi di riuscirci, io non ti fermerò >>.

 

Era una frase strana, che nascondeva qualcos’altro. Era come se avesse detto che, fosse stato per lui, quella non era la strada da percorrere.

 

<< Dici che possiamo provare? >> chiese Irina, dubbiosa.

 

<< Dico che forse è il caso che ci pensi >> rispose lui, secco, << Non potrai cambiare idea una volta a metà strada, e non puoi certo contare sull’aiuto di qualcuno… >>.

 

Irina annuì.

 

<< Ok, ci penso >> disse, << Ma credo che non ci siano altre alternative… Pacifiche, intendo >>.

 

Dimitri la guardò di sottecchi, e mormorò: << Ci sono sempre delle alternative… >>.

 

Irina tornò a fissare il pavimento, rendendosi conto del coraggio che aveva appena avuto, e che forse non era abbastanza per mettere in atto il suo piano.

 

“Sono una fifona… Cosa può mai succedere? Basta fare due smorfie e qualche moina, e sfilargli dalle mani la mappa… Al massimo mi tocca un bacio, per il quale non è mai morto nessuno”.

 

Cercò di visualizzare la scena nella sua mente, e valutare quali potevano essere i suoi movimenti. Sicuramente si sarebbero trovati in un locale, in mezzo a della gente, magari a un tavolo… Poteva farlo bere un po’ più del solito, girargli un po’ intorno con aria sensuale, e fare la sua richiesta, lasciando intendere che poteva pagare con qualcosa che non fossero i soldi… E poi dileguarsi il prima possibile, con la mappa tra le mani.

 

Le venne quasi da ridere, al pensiero di stessa spia sexy e senza scrupoli, ma c’era una variabile che la faceva rimanere seria: la situazione poteva sfuggirle di mano, poteva fare un passo falso e ripiombare nel suo vecchio, oscuro incubo…

 

“Cavolo, sono venuta qui per questo… Per sfidare me stessa. Non mi posso tirare indietro”.

 

Guardò Dimitri, che stava ancora lavorando sulla Punto, e ripensò a quello che aveva detto. Non capiva perché il suo piano non gli piacesse, ma aveva ammesso che era valido e che poteva funzionare, ma soprattutto non le avrebbe impedito di metterlo in pratica. In qualche modo, era una prova di fiducia che nemmeno Xander sarebbe mai stato in grado di darle.

 

<< Ne parlerò con McDonall >> disse all’improvviso, << Gli chiederò cosa pensa, senza che Xander sappia nulla… Quando si potrebbe fare, la cosa? >>.

 

<< Quando vuoi. Già domani sera, se ti va bene >> rispose Dimitri. Poi aggiunse, quasi divertito: << Non stai nascondendo un po’ troppe cose, al tuo caro Went? >>.

 

Irina si alzò, e gli rivolse un’occhiata amareggiata.

 

<< Finché non la smetterà di considerarmi una bambina, non mi lascerà mai fare niente >> disse, << E se voglio portare avanti questa missione, è il caso che sappia il meno possibile quello che sto facendo… >>.

 

<< Ho sempre saputo che Went era uno stupido… >> commentò Dimitri, tornando al suo lavoro come niente fosse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19.00 – Mosca, Casa di Dimitri

 

Irina guardò il suo riflesso nello specchio, riconoscendosi a mala pena. Per un attimo pensò di scagliare qualcosa contro il vetro per distruggerlo in mille pezzi ed evitare di vedere quella persona nella quale non si vedeva e che la innervosiva. O che forse le ricordava troppo i suoi tempi passati.

 

Non sapeva nemmeno se risultava volgare, perché per la prima volta non era ricorsa ai consigli di Jenny, che sapeva vestirla anche attraverso una linea telefonica, ed era andata a occhio e a gusti.

 

Indossava uno striminzito vestitino nero, non come lo Chanel che aveva indossato al matrimonio di suo fratello, semplice ma molto aderente e senza spalline. Aveva optato per un paio di collant color carne, per evitare la solita calza a rete che si sarebbe rotta dopo cinque minuti che l’aveva messa, e per un paio di stivali neri con il tacco a spillo, alti fino al ginocchio. Per il resto, niente collane, né bracciali, solo i suoi inseparabili e lunghissimi orecchini di cui aveva una collezione intera: quella sera la scelta era caduta su un paio d’argento con una pietra trasparente. Per finire, capelli legati in una coda alta, perché Xander le diceva sempre che stava bene, e lei si fidava del suo giudizio.

 

Rimaneva la fedina d’oro bianco che portava al dito. Se la sfilò lentamente e la appoggiò sul comodino.

 

“Scusa, Xander, non è colpa tua”.

 

Le mancava il trucco, così afferrò il suo beauty e si diresse verso il bagno, sperando di non incontrare Dimitri a metà strada: in quel momento non si trovava proprio a suo agio e non sarebbe riuscita a sostenere il suo sguardo.

 

Chiuse la porta, e per la mezz’ora successiva cercò di trovare un compromesso tra sensualità e volgarità. Alla fine optò per il suo vecchio trucco “da gatta”, come lo aveva definito Xander, abbastanza aggressivo da comunicare “Hey, guarda che sono Fenice, non mi sfidare”. Occhi delineati di nero, e una tonalità di rossetto leggermente più scura del solito.

 

Rimase a guardare per qualche minuto il suo riflesso, sentendo crescere l’apprensione.

 

“Speriamo che funzioni…”.

 

Rimise tutto in ordine, molto lentamente, nella speranza di far passare più tempo possibile prima di incontrare Dimitri faccia a faccia e sottoporsi quindi al suo giudizio.

 

Dopo l’ultima occhiata allo specchio, si rese conto che forse un pochino si piaceva… Non era il suo stile, non era il suo carattere, ma in fondo recitare quella parte la incuriosiva molto…

 

Ahhh, basta farsi problemi… Chi se ne frega se sono volgare, o non vado abbastanza bene. Tanto qui non mi conosce nessuno, e in ogni caso non mi interessa particolarmente il loro giudizio”.

 

Un po’ più risoluta di prima si decise a uscire, non prima di aver dato un’ultima sistemata al mascara, e aprì la porta. Si ritrovò davanti Dimitri, che stava attraversando il corridoio, e si fermò per guardarla.

 

Forse perché non era pronta, forse perché non riuscì a dare un’interpretazione al suo sguardo, ma arrossì di botto come una bambina. Dimitri la scrutava dall’alto come se non la riconoscesse, cosa che in effetti era plausibile. Lei fece una faccia poco convinta, poi chiese, titubante: << Sono… Sono volgare? >>.

 

Dimitri sembrò non comprendere la domanda, e per un momento rimase in silenzio. Forse stava valutando il suo stato.

 

“Oddio, mi sa che ho combinato qualche guaio…”.

 

Alla fine il Mastino inarcò un sopracciglio, e rispose: << Non basta un vestito per essere volgari… C’è gente che è volgare anche in jeans e maglietta >>.

 

Irina non capì bene la risposta. << Pensi possa andare? >> domandò.

 

<< Cosa intendi per “possa andare”? >> ribatté lui,

 

Irina lo guardò. La stava prendendo in giro! Voleva costringerla a chiedergli se la trovava abbastanza sexy… Non ci sarebbe caduta.

 

<< Senti, non fare finta di non volermi offendere. Sto cercando di dare il meglio perché devo sedurre un russo del cavolo, quindi devo essere almeno accettabile >> disse, arrabbiata, << Dammi un giudizio, e sappi che anche se sarà negativo non ho alcuna intenzione di cambiarmi >>.

 

Dimitri sembrò trattenersi dallo scoppiare a ridere, come se la trovasse ridicola. Le fece cenno di girare su se stessa, ma Irina gli lanciò un’occhiataccia: la sfotteva proprio.

 

<< Allora cosa ti serve che ti dica se vai bene? >> disse lui.

 

<< Già, scusa tanto, visto che è inutile… >>. Irina lo superò andando a recuperare la pelliccia nera che aveva lasciato sul letto, << In effetti, c’è poco da dire, immagino >>.

 

Si voltò per raggiungere l’ingresso, ma Dimitri le sbarrò la strada, bloccando la porta con il braccio poggiato sullo stipite, proprio all’altezza del suo collo. La guardò per un momento, e questa volta sembrava serio.

 

<< Di un po’, ti sei data una guardata allo specchio? >> fece lui.

 

Irina sbuffò. << Sì… >> rispose, a bassa voce, << Ma non mi ci sono ritrovata… >>.

 

Dimitri scosse il capo, e un sorrisetto gli affiorò sul volto. Le lasciò libera la strada e andò a prendere il suo giaccone.

 

<< Sei proprio una sciocca, certe volte… >> lo sentì mormorare.

 

Irina incrociò le braccia.

 

<< Ah, e perché? >> chiese, piccata.

 

Dimitri le rivolse un’occhiata e poi rispose, enigmatico: << Lo devi capire da sola >>.

 

Irina sbuffò di nuovo, poi lo seguì di sotto, fino in garage e poi sull’R8. Non era offesa, gli dava solo fastidio non aver ricevuto una risposta chiara.

 

La loro meta era naturalmente il Black Diamond, dove Konstantin passava la maggior parte delle sue serate, e dove si intratteneva con le sue compagnie. Aveva già la scena pronta nella mente, nella speranza che andasse tutto come aveva previsto.

 

Rimaneva un’ultima cosa da mettere in chiaro, che riguardava la persona seduta di fianco a lei in quel momento. Dimitri avrebbe sicuramente dovuto rimanere in disparte, ma Irina si era ritrovata a sperare accettasse la sua richiesta… Le era venuta in mente una cosa che l’avrebbe fatta stare più tranquilla.

 

<< Cosa farai, nel frattempo? >> gli chiese, incerta.

 

<< Berrò qualche drink e farò quattro chiacchere con qualcuno >> rispose il russo, neutro.

 

“Difficile immaginarlo mentre fa quattro chiacchere con qualcuno…”.

 

Irina deglutì. << Ah… Posso farti una domanda? >> fece lei, poi aggiunse: << Forse sarebbe meglio dire una… richiesta >>.

 

Dimitri continuò a guardare la strada, senza fare nessun cenno. Lei lo interpretò come un sì, così continuò: << Potresti… Potresti rimanere nei paraggi nel caso… Nel caso la situazione mi sfuggisse di mano? >>.

 

Il russo rimase in silenzio, mentre Irina lo guardava aspettando con ansia una risposta. Solo quando si fermò a un semaforo, si voltò a guardarla in faccia.

 

“Lo sapevo, non avrei dovuto chiedergli niente… Prima mi propongo per questa cosa, e poi chiedo di farmi sorvegliare a vista. Starà pensando che sia un’idiota”.

 

<< Sei veramente sicura di quello che stai facendo? >> chiese lui.

 

Presa alla sprovvista, Irina rispose: << Sì… E’ solo che… >>. Si rese improvvisamente conto della stupidità della sua richiesta. << Massì, lasciamo perdere. Sono io che sono paranoica, cosa può mai succedermi… >>.

 

Dimitri le rivolse un’altra occhiata, poi disse lentamente: << Se ti può servire… >>.

 

Irina distolse lo sguardo, e si detestò, in quel momento. Doveva smetterla di avere paura, di sentirsi inadeguata, e coinvolgere anche gli altri. Vagò con gli occhi nella notte, finché non vide il Black Diamond stagliarsi contro il cielo di Mosca.

 

Parcheggiarono la R8, poi raggiunsero l’entrata senza dire niente. Una volta all’interno, si diressero verso il quarto piano, dove c’era la sala riservata al bar. L’ascensore li portò su insieme a un altro folto gruppo di persone, mentre Irina sentiva la tensione salire.

 

La sala era ampia, con le vetrate che davano sulla città illuminata, e numerosi tavoli piccoli e grandi disseminati da ogni parte, attorniati da una parte e dall’altra da lunghi banconi di acciaio lucido, dove i barman si esibivano in spettacolari acrobazie con le bottiglie di alcolici, che abbondavano appese alle pareti. Una scala a chiocciola che si sviluppava in verticale portava di sopra, da dove risuonava una musica da discoteca che arrivava soffocata fin sotto, dando al tutto un’atmosfera più festosa. Piccoli neon bianchi illuminavano i tavoli e i banconi.

 

C’era molta gente, più di quanta Irina si era aspettata, ma non abbastanza da non farle individuare l’oggetto del suo interesse per quella sera. Konstantin sedeva a un tavolino circondato da divanetti insieme a un gruppo di amici, e dovevano aver già bevuto un bel po’, a giudicare dalle decine di bicchieri vuoti abbandonati lì intorno.

 

Dimitri le si affiancò, e lei con la coda dell’occhio vide che c’era anche Emilian, tra la folla. Era seduto a un tavolino a pochi metri dal gruppetto, bene in vista.

 

<< Konstantin è laggiù >> sussurrò, << Scambiati di posto con mio cugino, poi segui il tuo piano >>.

 

Irina deglutì, e alla vista del gruppetto di ragazzi le venne il panico: non c’e l’avrebbe fatta, non sarebbe mai stata abbastanza credibile…

 

“Eh no, non posso fare sempre la solita… Ero una brava attrice, con William…”.

 

Annuì, poi si diresse con passo sicuro verso Emilian; il russo si alzò, lasciando libero il tavolo, e senza farle alcun segno si dileguò tra la gente. Irina si tolse la pelliccia e la appoggiò con deliberata lentezza sulla sedia, gettando uno sguardo verso il tavolo di Konstantin: uno dei suoi amici sembrava averla notata, ma non fece alcun segno a nessuno.

 

Si sedette al tavolo, con il volto rivolto dalla parte dei russi, e subito un cameriere la raggiunse con un vassoio in mano: le porse un bicchiere pieno di un liquido denso e rosato, forse vodka mescolata con del succo di frutta. Lo prese, e vide Dimitri in lontananza farle un cenno con il capo: era lui il mittente.

 

Irina si prese qualche momento per entrare nella parte, e riguadagnare soprattutto la calma. Bevve a piccoli sorsi il suo cocktail, scoprendo che era molto dolce e gradevole, ma anche molto forte… Forse poteva darle una mano a sciogliersi un po’, ad allentare la tensione che le attanagliava le viscere.

 

Si rese conto che alla fine, in mezzo a tutta quella gente che parlava, beveva e ballava, difficilmente le sarebbe potuto accadere qualcosa. E in più, Dimitri sembrava aver preso sul serio la sua richiesta, perché riusciva a vederlo anche in mezzo alla folla… La sua presenza la rincuorava almeno un pochino, perché sapeva di non essere proprio sola.

 

Per un attimo si sentì di nuovo come ai tempi di Challagher, quando quel genere di locali erano all’ordine del giorno nella sua vita, quando era abituata a scolare più di un paio di drink senza fare una piega, e quando sentiva addosso gli sguardi della gente per via del suo abbigliamento, ma soprattutto per il fatto che era la ragazza dello Scorpione, irraggiungibile e intoccabile. Non era poi molto diverso da allora, quando aveva addosso la sensazione di essere una preda, un oggetto e nient’altro, ma questa volta aveva la consapevolezza di essere in parte anche la cacciatrice. Questa volta era tutto frutto delle sue scelte.

 

Istintivamente portò la mano dietro il collo, dove sapeva esserci il tatuaggio della sua fenice. Era scoperto, tutti potevano vederlo, e ricordava di quanto orgogliosa fosse di quel segno sulla pelle, fatto nel momento più buio della sua vita eppure anche il più significativo. Era lì che era nata Fenice, o meglio, che finalmente era uscita allo scoperto.

 

“Ho passato cose peggiori, ho fatto cose più difficili… Non posso fermarmi davanti a questo. E’ una sfida che mi sono posta, ed è una sfida che voglio vincere”.

 

Alzò lo sguardo verso il tavolo dei russi, e come se lo avesse chiamato, incontrò quello di Konstantin. Non batté ciglio, non vacillò nemmeno un istante quando vide che l’aveva riconosciuta e quando con un sorriso si compiacque del fatto che stava guardando proprio lui. Qualcosa di lei aveva capito che poteva farcela, che se si era chiamata Fenice un motivo c’era.

 

Sapeva che il gioco di sguardi poteva essere migliore di qualsiasi altra tattica, perché lasciava molto all’immaginazione ma non dava niente per scontato… Sostenne l’occhiata ancora per qualche istante, poi tornò a concentrarsi sul suo drink, lasciando trasparire un piccolo sorrisetto. Avrebbe dato l’impressione di essere lusingata per l’attenzione.

 

Bevve dal suo bicchiere, poi accavallò le gambe, e appoggiò il mento sulla mano, gettando un’altra occhiata dalla parte di Konstantin: la stava ancora guardando, e questa volta anche i suoi amici. Fece finta di niente e distolse nuovamente lo sguardo, anche se le venne da ridere.

 

“Cavolo, ma sono dei polli… Ci cadono già adesso”.

 

Cambiò posizione alle gambe, poi con la coda dell’occhio tornò a guardare Konstantin: stava parlottando con uno dei suoi amici, e sembravano eccitati. Forse il piano stava funzionando… Si guardò intorno con disinteresse, e si accorse che Dimitri sembrava essere sparito. Poco male, la situazione le sembrava più semplice di quanto aveva previsto.

 

Improvvisamente, si ritrovò davanti uno degli amici di Konstantin, un tipo grosso dalla faccia quadrata e l’espressione poco intelligente. La guardava con un mezzo sorrisetto.

 

<< Ehi, bellezza, tutta sola stasera? >> disse, con un’orribile pronuncia inglese, quasi incomprensibile, << Ti faccio compagnia io… >>.

 

Colta alla sprovvista, Irina gli lasciò il tempo per sedersi, ma si rece subito conto che era una sorta di prova. Forse volevano vedere come avrebbe reagito di fronte a un “aggancio” del genere…

 

Guardò il ragazzo e gli rivolse un’occhiata gelida e disgustata, scostando leggermente il suo bicchiere. Poi disse, fredda come il ghiaccio: << Qualsiasi scommessa tu abbia fatto con i tuoi amici, puoi tornare pure indietro a dichiarare la tua sconfitta: non sei certo tu che mi farai compagnia questa sera >>.

 

Il ragazzo rimase spiazzato, e Irina gli fece cenno di andarsene. Doveva mostrarsi sicura di stessa, forte della consapevolezza di poter in qualche modo dettare delle regole in quando ragazza dello Scorpione, e in quanto Fenice. Come hai vecchi tempi, voleva essere rispettata, e per farlo doveva far capire che non era disposta a farsi mettere i piedi in testa… In fondo, era quello che aveva sempre attratto la gente che l’aveva circondata: più una cosa è irraggiungibile, più è agognata.

 

<< Forse non sono stata abbastanza chiara >> aggiunse, vedendo che il russo non sapeva che dire, << Se sai chi sono, è meglio che lasci immediatamente libera quella sedia >>.

 

Il ragazzo sembrò folgorato dalla frase, e con espressione profondamente offesa si alzò di botto e lasciò il tavolo, borbottando qualcosa di incomprensibile. Raggiunse i suoi amici a testa bassa, come se fosse stato bastonato.

 

Irina si lasciò andare a un sorrisetto, con addosso la sensazione di rivivere quasi una scena del passato… Le era già successa qualche cosa del genere, ai tempi di Challagher, prima che lui minacciasse chiunque le girasse intorno. Poi era diventata intoccabile.

 

Con la coda dell’occhio vide che Konstantin stava ridendo per quello che il suo amico gli aveva raccontato, e capì che aveva fatto la mossa giusta: presto sarebbe stato il diretto interessato ad alzarsi e venire da lei, credendo di essere lui l’oggetto del desiderio. Si fece beccare mentre li guardava nuovamente, poi tornò a fare l’indifferente.

 

Un attimo, ed ecco Konstantin in persona farsi avanti, fermarsi in piedi davanti al tavolo e guardarla dall’alto in basso con un’espressione divertita mista al sorpreso. Irina si lasciò andare a un sorrisetto, senza dire niente.

 

<< Cosa fai qui stasera, da sola? >> iniziò lui, << Non sei con il tuo amico Dimitri? >>.

 

Irina afferrò il suo bicchiere, per fargli vedere che la sua domanda non la intimoriva. << Dimitri mi serve solo per portare a termine la mia missione >> rispose, secca, << E poi sono libera di fare quello che voglio, credo. Di’ ai tuoi amici di smetterla di fissarci, perché non c’è niente da vedere >>.

 

Konstantin sorrise, rivolgendo lo sguardo al suo tavolo: era chiaro che c’era una sorta di scommessa in mezzo, o comunque di una prova per vedere chi di loro sarebbe riuscito ad avvicinarla. La tecnica della difficile funzionava.

 

<< Se vuoi sederti… >> lo invitò, con diffidenza.

 

Il russo non se lo fece ripetere: prese possesso della sedia davanti alla sua, e ordinò un paio di drink. << Posso offrirti da bere? >> chiese lui. Sorrideva, e aveva tutta l’aria di chi ha adocchiato la sua preda, convinto di saperla catturare.

 

<< Certo, e non solo quello >> ribatté lei.

 

<< So che parteciperai alla Mosca-Cherepova con Dimitri… >> disse Konstantin, forse per avere qualcosa di cui parlare, o forse per mostrarle che si interessava a lei, << Sei una brava pilota, a quanto dicono… >>.

 

Irina fece una smorfia. << Brava? >> ripeté, fingendosi disgustata dalla parola, << Io non sono brava, sono la ex numero tre della Black List, e lo sarei ancora se il mio capo non fosse dietro le sbarre… Brava è riduttivo >>.

 

Konstantin rise. << Allora hai davvero liquidato il mio amico come mi ha riferito >> disse, divertito.

 

Irina gettò un’occhiata verso l’altro tavolo, poi disse: << Sì… Avrà bisogno di tempo, per riprendersi, immagino >>.

 

Konstantin rise ancora. << Come mai ci guardavi? >>.

 

<< Ero interessata a fare quattro chiacchere con te… >> rispose lei evasiva, e dopo avergli rivolto un’occhiata eloquente, aggiunse: << Vorrei sapere una cosa… >>.

 

<< Cioè? >>.

 

Konstantin sembrava eccitato dalla sua richiesta, come se avesse capito che ci sarebbe stato da “trattare” per avere l’informazione…

 

<< Vorrei sapere dove posso trovare la mappa della gara >> rispose lei a bassa voce, con un sorrisetto, << Mi hanno detto che si può avere in anticipo… Tu sai chi la può avere? >>.

 

Il russo sembrò gonfiare il petto, orgoglioso.

 

<< Certo che so dove trovarla… Ce l’ho io >>.

 

Irina fece una faccia stupita, poi ordinò un altro drink per lui con un rapido gesto verso il cameriere. << Davvero? >> disse, allungandosi verso Konstantin, << E mi faresti dare uno sguardo? >>. Ammiccò.

 

Konstantin sembrò capire le sue intenzioni, e molto probabilmente si fece l’idea che Irina aveva previsto. Allungò la mano sul tavolo, come se volesse raggiungerla, e con aria disinteressata disse: << Dipende… >>.

 

Irina sorrise. << Già, io non sono una delle vostre ragazzette russe… Non si fraternizza con il nemico >> mormorò, tenendo lo sguardo basso ma con il tono di chi si sta divertendo.

 

“E adesso insisti, dimmi che si può fare…”.

 

<< Non ho detto che non sia possibile… >> mormorò Konstantin, bevendo l’ennesimo drink.

 

Irina si allungò ancora un po’, rivolgendogli un’occhiata sdolcinata.

 

<< Credevo che tu fossi uno dei Referenti con più cervello… >> sussurrò, giocando la carta dell’adulazione, << Oltre che uno dei più carini… Ma se non si può… >>.

 

Fece per ritrarsi, ma Konstantin le afferrò la mano, cosa che a lei diede fastidio, ma si trattenne dal darlo a vedere.

 

<< Per una come te, potrei fare un’eccezione… >> disse.

 

Irina sorrise. << Davvero? Ne sarei lusingata, sai? E poi, non è detto che io possa ricambiare il favore… >>. Gli rivolse un’occhiata eloquente, e lui sembrò capire. Alzò la mano e le sfiorò il mento, pregustando forse già la sua paga.

 

<< E quando la potrei avere? >> aggiunse lei, lasciando che lo sguardo di Konstantin cadesse sullo scollo del suo vestito.

 

<< Anche subito… >> rispose lui.

 

L’ennesimo drink, non ordinato da nessuno, venne poggiato sul tavolo e Irina se ne impossessò prima che il russo potesse prenderlo. Bevve un sorso, qualsiasi cosa fosse, lasciando il segno del suo rossetto sull’orlo, poi lo porse a Konstantin, che lo prese e lo buttò giù tutto d’un sorso.

 

“Vediamo se così ti faccio capitolare…”.

 

Lui le rivolse un’occhiata densa di bramosia, poi si frugò nella tasca dei pantaloni, e ne tirò fuori un foglietto ripiegato, che le mise davanti con aria divertita.

 

Irina si accorse che non era ancora ubriaco, ma non ci sarebbe voluto molto per farlo diventare: ancora un paio di bicchieri, poi sarebbe riuscita a sfilargli la mappa di mano e a dileguarsi prima che lui pretendesse il suo pagamento.

 

<< Posso dargli un’occhiata? >> chiese lei, allungando la mano. Konstantin però scostò la sua, per impedire che riuscisse a prenderla…

 

<< Aspetta, niente fretta… >> mormorò, << Prima mi devi dire qualcosa di te… >>.

 

Irina avrebbe voluto sbuffare, ma invece sorrise sorniona.

 

<< E va bene… Cosa vuoi sapere? >>.

 

<< Non sei la ragazza di Challagher? >> domandò il russo.

 

Era sicura che la risposta le avrebbe fatto guadagnare o perdere l’intera serata: forse Konstantin conosceva William, o lo temeva, e l’idea di ritrovarselo davanti dopo essere andato a letto con la sua donna, perché chiaramente quella era la sua idea, non doveva essere una prospettiva allettante… Forse voleva cautelarsi.

 

Irina assunse un’espressione lievemente scocciata. Da vera Fenice non poteva non mostrarsi infastidita da una presunta restrizione delle sue libertà…

 

<< Io non sono la ragazza di nessuno >> rispose, << Tra me e William c’è solo una “intima amicizia”, ma questo non vuol dire che io non possa non vedere chi mi pare, esattamente come fa lui… >>. Ammiccò e sorrise.

 

Konstantin rise. Allungò la mano con la mappa per portarla più vicino a lei.

 

<< E Dimitri? >> chiese.

 

Irina comprese cosa volesse sapere. << Dimitri è un pezzo di ghiaccio >> rispose, << Andare a letto con lui sarebbe come dormire dentro un frigorifero… E io amo il caldo >>.

 

“Cavolo, che risposta… Non l’avevo nemmeno pensata”.

 

La reazione di Konstantin fu istantanea: allungò ancora la mano, e qualcosa passò nel suo sguardo, dandogli l’aria di un lupo famelico. Irina fece per prendere la cartina, ma lui glielo impedì un’altra volta.

 

<< Anche io amo il caldo… >> sussurrò, << Ma questo posto comincia a starmi stretto… Accompagnami fuori >>.

 

Si alzò, e Irina si innervosì. La tirava per le lunghe. Cercò di prendere il più velocemente una decisione, poi si alzò di scatto e lasciò la pelliccia dov’era, nella speranza di non dover lasciare il locale.

 

<< Dove vuoi andare? >> chiese disinteressata.

 

<< A fumare una sigaretta fuori e fare due chiacchere… >> rispose lui, << Avverto i miei amici. Aspettami qui >>.

 

Fece sventolare la mappa e andò al suo tavolo. Disse qualcosa poi la raggiunse, prendendola per un gomito e accompagnandola verso le scale, ma invece di scendere di sotto, salirono al piano di sopra. Si ritrovarono in un piccolo terrazzo deserto, chiuso da vetrate trasparenti, forse destinato ai fumatori, o semplicemente chiuso al pubblico. Molto probabilmente Dimitri non li aveva seguiti, e forse non si era nemmeno accorto di dove erano andati… Doveva gestire la situazione da sola.

 

“Ok, devo cercare di farmi dare la mappa…”.

 

Vide Konstantin accendersi una sigaretta e portarla alla bocca, senza mai distogliere gli occhi da lei. La percorse dall’alto in basso come per una radiografia, il sorriso sul suo volto che non si spegneva ma che aumentava a dismisura. Aveva lo sguardo da rapace.

 

<< Challagher non ti ha mai portato da queste parti… >> disse, << Ti ha sempre tenuta nascosta… >>.

 

Irina detestò quella frase: la faceva sentire un oggetto, non una persona. Fece una smorfia, mentre il fumo le arrivava alle narici.

 

<< Sono io che non ho voluto venire >> rispose, << Qui ha sempre fatto troppo freddo per i miei gusti… >>.

 

Forse fu il commento sbagliato, o forse Konstantin era solo pronto a prendere ogni sua frase come un incoraggiamento, perché gettò la sigaretta di lato e la schiacciò contro il muro, bloccandole le braccia e fermando il viso a pochi centimetri dal suo.

 

Irina fece per divincolarsi, ma non ci riuscì. Sentì una zaffata di alcool uscire dalla bocca di Konstantin, e capì che non era così lucido come sembrava.

 

<< Ti scaldo io, se vuoi… >> mormorò lui.

 

Forse si sarebbe dovuta far prendere dal panico, ma qualcosa la costrinse a mantenere la calma. Era sola, in un posto isolato, con un russo ubriaco addosso, ma era inspiegabilmente sicura di poter gestire la situazione… Mostrarsi spaventati non sarebbe servito; la tattica migliore era stare al gioco…

 

<< Volentieri… >> sussurrò, << Ma questo non mi sembra il posto adatto… >>.

 

Konstantin sorrise, avvicinando il volto al suo. Sentì la sua mano scendere fino al suo ventre, dandole un brivido orribile che riuscì a controllare…

 

<< Nessuno ci disturberà >> disse il russo, << Da queste parti non viene nessuno… >>.

 

Irina sorrise. << Ok, ma… Sai cosa vorrei, prima… >>.

 

Konstantin lasciò scivolare la sua mano sulla sua schiena, sempre più giù, in un modo piuttosto viscido e grossolano.

 

<< Certo… >> disse, mostrandole la mappa, << Però prima si paga, e poi si riceve, no? E’ il prezzo da pagare in terra straniera… >>.

 

Dal nulla sbucò il russo di prima, quello alto e dalla faccia squadrata, che prese la mappa dalla mano di Konstantin e se la mise in tasca, un ghigno sornione sul viso. Irina lo guardò, gli occhi spalancati, e questa volta lasciò che un po’ di panico prendesse possesso della sua voce.

 

<< Non erano questi i patti… >>.

 

Konstatin le strinse il mento, mostrandole poi un coltellino dalla lama affilatissima. << Mi dispiace, ma la mappa ce l’ha lui, ora… Ed è anche offeso per prima. Dovrai prima soddisfare me, e poi anche lui, se la vuoi davvero… >>.

 

“Figlio di puttana… Questa non me l’ero aspettata…”.

 

Rivolse un’occhiata piena di disprezzo a Konstantin, e capì di essere nei guai. Guai grandissimi, gli stessi guai in cui aveva avuto paura di cadere. Ancora un attimo, e sarebbe andata completamente in panico…

 

Improvvisamente, sentì un rumore strano, e vide Konstatin andare indietro, un po’ troppo velocemente, e finire dall’altra parte del terrazzo, afferrato da qualcuno che sembrava molto più grosso di lui. Le ci volle qualche istante per capire che si trattava di Dimitri, che sfilò rapidamente il coltello dalla mano di Konstantin e lo inchiodava al muro, sollevandolo a una spanna da terra.

 

Irina rimase ferma dov’era, esattamente come l’altro russo che sembrava sorpreso quanto lei per l’intrusione. Dimitri si voltò verso di lui e ringhiò, tenendo il coltello puntato alla gola di Konstantin: << Rimani fermo dove sei, o gli taglio la gola >>.

 

Il ragazzo alzò le mani, in segno di resa, e rimase fermo a osserva la scena, con Irina che rimaneva appiccicata al muro, pronta a qualsiasi cosa. Dimitri però sembrava avere in mano la situazione, nemmeno avesse a che fare con due stupidi bambini. Tuttavia il suo cuore continuò a battere molto più forte del normale.

 

Konstantin sembrava soffocare, esattamente come Nikodim la volta prima, e Dimitri strinse ancora di più la sua presa. Abbassò il coltello fino all’altezza del cavallo dei pantaloni del russo, facendolo sbiancare e irrigidire come una statua.

 

<< Vediamo di capirci bene… >> iniziò Dimitri, a voce bassa ma minacciosa come il ringhio di una tigre, << Ci sono diverse cose che odio, e una delle principali sono i figli di puttana che sanno solo fare due cose: rompere i coglioni e scoparsi le ragazze. Ti è chiaro il concetto? >>.

 

Konstantin annuì, terrorizzato. Il coltello premeva con un po’ troppa insistenza su i sui pantaloni…

 

<< Bene >>. Dimitri sembrò volerlo uccidere con lo sguardo. << Secondo, vorrei che ripetessi parola per parola ciò che hai detto ai tuoi amici poco fa… >>. Sorrise malignamente.

 

Konstantin deglutì, ma rimase in silenzio. Irina guardò la gocciolina di sudore che gli scivolò lungo la tempia. Stava per dire a Dimitri di lasciar perdere, qualsiasi cosa avesse in mente, ma si sentì afferrare da dietro e le mancò il respiro. L’altro russo la stava tenendo per il collo e le puntava una lama alla gola.

 

<< Lascialo andare! >> gridò, rivolto al Mastino.

 

Dimitri si voltò un momento per vedere cosa succedeva, ma come se non si fosse accorto di niente tornò a guardare Konstantin. Irina cercò di allentare la stretta, ma la tensione rendeva il russo molto più forte di lei…

 

<< Vedo che ci manca il coraggio, ora >> ringhiò il Mastino, << Forse è meglio così, perché se ti sento dire un’altra volta una frase del genere, la cosa di cui ti dichiari tanto bravo a usare rimarrà solo un ricordo. Sono stato abbastanza chiaro? >>. Per suggellare le sue parole aumentò avvicinò ancora di più il coltello alle parti basse del russo.

 

Konstantin annuì di nuovo, sempre più bianco, ma Irina sentì la presa sul suo collo farsi più stretta… Annaspò per un attimo, con il respiro mozzo…

 

<< Dimitri… >> chiamò a bassa voce, nella speranza che lui sapesse cosa fare.

 

Il Mastino sembrò ignorarla di nuovo, continuando a rimanere concentrato su Konstatin, ma la sua testa si mosse appena e vide brillare i suoi occhi grigi verso di lei. Sapeva nella posizione in cui stava.

 

<< Lascialo, ho detto >> ribadì l’altro russo, e Irina fu costretta a fare un passo avanti. Però venne di nuovo completamente ignorato. Irina sperò che non si facesse prendere dal panico e le infilasse il coltello in gola…

 

<< Spero che il concetto ti sia entrato bene nella testa >> continuò Dimitri, << Quindi da oggi girerai al largo, ed eviterai di adocchiare cose che non devi… Tutto abbastanza comprensibile, per te? >>. Aveva un tono talmente minaccioso, che nessuno avrebbe mai osato contraddirlo. Konstantin infatti annuì energicamente, ormai di un grigio cadaverico. Dimitri lo lasciò andare, facendogli di nuovo toccare terra con i piedi, e un po’ di colore tornò sulla faccia di Konstantin.

 

Il Mastino gli rivolse un’ultima occhiata di fuoco e fece per girarsi; ma poi strinse la presa sul coltello e con una velocità assurda inchiodò la mano del russo sul muro, strappandogli un grido straziante. Un attimo dopo, il suo amico faceva la stessa identica fine, mentre Irina rimaneva immobile dov’era, ora in grado di respirare.

 

L’aria venne invasa dai gemiti di dolore dei due russi, incollati alle pareti opposte con un coltello piantato al centro della mano, il sangue che colava sull’intonaco del muro… Fu una visione orribile, e Irina rimase paralizzata.

 

Con tranquillità Dimitri sfilò la mappa dalla mano dell’amico di Konstantin, mentre lui non riusciva a dire niente per il dolore. Rivolse a entrambi un’occhiata sprezzante, e poi si voltò.

 

<< Così la prossima volta le mani ve le infilate da qualche altra parte >> ringhiò.

 

Prese Irina per il gomito, con più delicatezza di quando si sarebbe aspettata, e la spinse dentro, fino alle scale, in una sorta di trance. Dal tono con cui aveva parlato, doveva essere furioso, ma era anche molto controllato, cosa che la spaventò ancora di più.

 

<< Sai bene? >> chiese, secco.

 

<< Sì… >> rispose Irina, confusa. Tutto si era svolto così velocemente che non aveva capito bene come erano andate le cose. << Grazie… >>.

 

<< Andiamocene >> disse lui, nervoso. Scesero fino al pian terreno, completamente estranei al rumore e alle persone che c’erano intorno a loro, e Irina si accorse solo in quel momento che Dimitri le stava porgendo la sua pelliccia. Se la infilò e raggiunsero la R8, nel parcheggio gelido e buio.

 

Una volta seduta dentro la macchina, Irina comprese la portata di tutto quello che era successo: l’aveva scampata per un soffio, e solo grazie all’intervento di Dimitri. Guardò il russo, che stava fermo e non aveva acceso il motore, come se aspettasse qualcosa.

 

<< Dimitri… Scusami, non credevo che le cose andassero così… >> iniziò lei, sentendosi stupida e sciocca, << Non pensavo che la situazione mi sfuggisse di mano in quel modo… Io… Davvero, mi dispiace per averti costretto a intervenire… Sono stata un’idiota, come al solito >>.

 

Improvvisamente, le venne da piangere, ma non per quello che era successo; le dava fastidio non essere stata di nuovo in grado di guardarsi da sola. Trattenne le lacrime, ma si lasciò scappare un gesto stizzito con la mano.

 

<< Mi dispiace, scusami >> continuò, fissando il cruscotto dell’auto, << Non avrei dovuto farmi venire un’idea del genere… >>.

 

Dimitri si voltò a guardarla, ma sembrava un po’ meno furioso di prima. I suoi occhi grigi indugiarono sul suo collo, come se avesse di nuovo il coltello puntato lì.

 

<< Non dire stronzate, non ti sto dando nessuna colpa >> disse, anche se appariva stizzito, << Mi hai forse sentito dire che hai fatto qualcosa di sbagliato? >>.

 

Prese alla sprovvista, Irina tacque.

 

<< No, ma… >> balbettò.

 

<< Allora smettila di dire che è colpa tua >> ringhiò lui, << Sapevamo che c’era il rischio che le cose andassero così… Lo sapevo meglio di te, visto che era inutile chiedermi di tenervi d’occhio: l’avrei fatto comunque >>.

 

Irina abbassò lo sguardo. << Come hai fatto a sapere dove eravamo finiti? >>.

 

<< Ho sentito Konstantin parlare con i suoi amici, prima che vi allontanaste >> rispose lui, mettendo in moto la macchina, << Ho sentito cosa voleva fare… Quando ho visto il suo amico salire da voi, gli sono andato dietro >>.

 

Irina annuì. Era stato di parola, e solo grazie al suo sangue freddo non le era successo niente… A lei. Agli altri era andata decisamente peggio.

 

<< Bé, grazie un’altra volta, allora… >> disse lentamente, << Forse però hai esagerato un po’… >>.

 

Dimitri fece una smorfia. << Non credo. Era l’unico modo di fargli capire la lezione >>.

 

Si avviò verso casa, con Irina che rimaneva seduta in silenzio. Si sentiva stupida, inutile e incapace, oltre che ridicola. Non sapeva far altro che cacciarsi nei guai…

 

<< In effetti, forse è anche un po’ colpa tua >> disse Dimitri all’improvviso, e Irina alzò lo sguardo su di lui. << Non so in quale specchio della casa tu ti sia guardata, ma era difficile non trovarti sexy, stasera… >>. Ghignò, come se la stesse prendendo in giro.

 

Irina rimase spiazzata di fronte a quel cambiamento. Non seppe che dire, se non guardare la faccia di Dimitri e godersi lo spettacolo del sorrisetto che gli affiorò sulla labbra, rendendolo irriconoscibile.

 

Lui approfittò di un semaforo e tornò a guardarla, una scintilla divertita negli occhi di ghiaccio; poi il suo sguardo cadde nuovamente sul suo collo, mentre Irina arrossiva per la seconda volta in quella assurda serata.

 

<< Hai un graffio sulla gola… >> disse lui.

 

Irina si riscosse, e portò una mano al collo. Sentì qualcosa di caldo bagnarle le dita, così aprì lo specchietto di cortesia e si guardò: era solo un taglietto, talmente poco profondo che non si era nemmeno accorta di averlo, anche perché aveva stillato solo una goccia di sangue. Lo pulì con un fazzoletto di carta, poi si appoggiò con allo schienale del sedile, esausta.

 

<< Almeno abbiamo la mappa… >> disse alla fine, per togliersi dall’imbarazzo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Purtroppo non  ho tempo per rispondere alle recensioni, ma giuro che lo farò nel prossimo capitolo! Intanto spero vi siate goduti questo!

Un bacio enorme!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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