Capitolo XXI
Ore 11.00 –
Mosca, Casa di Dimitri
<< Telefona,
e vediamo cos’ha da dire >>.
Dimitri, l’aria di
sfida dipinta sul volto, le porse il suo cellulare, facendole un cenno con il
capo. Irina lo prese ma non compose il numero, titubante. Si riferiva
naturalmente a Vladimir Buinov, che aveva lasciato il
suo recapito appeso al cancello del garage.
<< Forse non
è una buona idea >> disse lentamente, << Perché telefonargli, se
sappiamo già che non accetteremo nessuna delle sue proposte? >>.
Emilian, che stava seduto
sul divano, incrociò le braccia. Non aveva detto di essere lì apposta per quel
fatto, ma piuttosto doveva essere passato per incontrare Dimitri, che poi lo
aveva reso partecipe della cosa.
<< Dobbiamo
capire esattamente cosa vuole >> rispose Emilian,
<< E non è ancora detto che non accetteremo… >>. Lanciò un’occhiata
a Dimitri.
Il Mastino non
disse niente, così Irina compose lentamente il numero di telefono che c’era
scritto sul fogliettino, e lo portò all’orecchio, in
attesa. L’idea di risentire di nuovo la voce rasposa
e stranamente metallica di Vladimir le diede un brivido.
Per un momento,
pensò che non avrebbe risposto nessuno: il telefono squillò a vuoto per quasi
un minuto. Poi, quando stava per mettere giù…
<< Non
credevo che ti facessi sentire, Dimitri… >> mormorò la voce agghiacciante
di Vladimir Buinov, dall’altra parte della linea.
<< Non sono
Dimitri… >> disse lei, e le venne stranamente in mente la cicatrice sul
collo del russo.
Ci fu una pausa,
poi le parve che Vladimir ridacchiasse.
<< Fenice,
mia cara, allora ti sei decisa a chiamare… >> fece lui, << Hai
fatto in fretta… Salutami Dimitri, so che è lì con te >>.
Irina guardò il
Mastino, per fargli segno se doveva mettere il vivavoce, ma lui fece cenno di
no. Sicuramente Buinov se ne sarebbe accorto, visto
che sembrava sapere sempre tutto quello che succedeva, anche se accadeva da
tutt’altra parte.
<< Per quale
motivo vuoi che passi dalla tua parte? >> chiese Irina, andando al centro
del discorso per non perdere tempo.
<< Oh, ma lo
sai già, mia cara >> rispose Vladimir, << Hai chiesto aiuto alle
persone sbagliate, per far fuggire Challagher… Sempre
che ciò sia quello che vuoi veramente >>.
Irina aggrottò le
sopracciglia. Dimitri ed Emilian la guardavano
interessati.
<< Cosa intendi dire? >>.
<< Intendo
dire che potremmo fare uno scambio equo, non credi? >> disse serafico
Vladimir, << Tu mi servi Dimitri su un piatto d’argento, e io ti riporto il tuo Challagher
senza farti muovere un dito… Più in fretta e più facilmente di quanto tu possa
sperare >>.
<< E chi mi
garantisce che tu possa veramente liberare William? >> fece lei.
<< Giusta
osservazione… Bé, non te lo garantisce nessuno, ma io sono un tipo di parola
>>.
Irina fece una
smorfia.
<< Tipo di
parola… Come fai a essere un tipo di parola, se hai paura di affrontare faccia a faccia il tuo nemico… >>. Irina guardò
Dimitri dritto negli occhi, mentre parlava. << Sbaglio, o sembra che tu
non abbia il coraggio di incontrarlo da solo? >>.
Vladimir dall’altra
parte tacque, ma Dimitri le rivolse un’occhiata: difficile dire se fosse
lusingato, arrabbiato o assolutamente indifferente. Irina però gli sorrise, per dirgli che era una cosa che pensava
veramente.
<< Sono
pronto a incontrarlo quando vuole >> ringhiò Vladimir, << Ma è lui
che non si sta facendo trovare, in questo momento… Hai un codardo, come
compagno di letto, mia dolce Fenice >>.
Irina ignorò il
commento.
<< Ammettiamo
che la tua offerta possa interessarmi >> disse lei, lentamente,
riprendendo il filo della questione, << Cosa dovrei
fare, di preciso? >>.
<< Nulla, se
non portare Dimitri nel luogo giusto al momento giusto, da solo >>
rispose Vladimir, << Ne usciresti pulita, e con
la mia eterna gratitudine >>.
<< Tu credi
davvero che Dimitri si lascerebbe fregare da me? Che si lasci prendere così
facilmente? >> ribatté lei, e guardò nuovamente il russo, << Non si
fida di me, lo sanno tutti >>.
Vladimir sembrò
scoppiare a ridere.
<< Questo lo
dici tu, Fenice >> disse, la voce uno strano
rantolo, << Ma la domanda è: tu ti fidi di lui? >>.
Non capì dove volesse arrivare, ma ebbe la sensazione che
Vladimir sapesse benissimo il perché di quella domanda.
<< Sì
>> rispose solo, e credeva in ciò che diceva.
<< Bé,
Fenice, ti sei mai chiesta qual è il motivo per cui ci
odiamo tanto? >> ribatté Vladimir, << Sai perché io voglio morto
lui, e lui vuole morto me? >>.
Irina guardò
Dimitri, e fu sicura che sapeva che stavano parlando
in qualche modo del suo passato. La fissava con aria assassina e indifferente
al tempo stesso.
<< Non credo
sia qualcosa che mi riguardi… >> rispose lei.
Vladimir rise di
nuovo. << Invece potrebbe interessarti >> disse, << Fatti
raccontare dal tuo caro Dimitri cosa è successo otto anni fa… Fatti raccontare
qualcosa del suo passato… Visto che lo hai davanti,
chiedigli perché ci odiamo così tanto… >>.
Irina guardò
Dimitri, senza sapere cosa fare. I suoi occhi grigi stavano cercando di leggere
nei suoi la conversazione che stava avvenendo.
<< Me lo dirà
se lo riterrà opportuno… >> rispose alla fine.
<< Saresti
un’ottima componente, per la mia squadra >>
sentenziò Vladimir, davanti alla sua risposta, << Sei fedele, ed è una
dote rara… E’ un peccato che tu non voglia partecipare alla Mosca-Cherepova
con me >>.
<< Non so chi
sei, ti ho visto solo una volta >> fece lei, << Perché mai dovrei
tradire Dimitri? Tu non mi puoi garantire niente, lo so. Non mi
impiccerò in qualcosa che non mi riguarda >>.
<< Quindi rifiuti… >> disse Vladimir, come parlando a se
stesso, << Peccato. Però credo che tu debba
sapere come stanno le cose, per decidere… Credo che ci risentiremo presto.
Quando saprai il passato di Dimitri, forse vorrai richiamarmi… Passa una buona
giornata >>.
Buinov mise giù, e Irina
abbassò il telefono. Dimitri ed Emilian la
guardavano, curiosi. Gli raccontò rapidamente cosa si erano detti.
<< Ha fatto
un accenno sul tuo passato… >> aggiunse titubante, guardando il Mastino,
<< Gli ho risposto che sono fatti che non mi riguardano >>.
<< E’ come ti
ho detto io… >> commentò misterioso Emilian,
guardando Dimitri, << So cosa ha in mente… >>.
Dimitri si voltò di
scatto, infuriato. << Non è detto… >> ringhiò, << Tanto non
avrà il coraggio di avvicinarsi, finché ci siamo noi… >>.
<< Sarebbe
controproducente, lo sai >> disse Emilian.
Irina li guardò,
senza capirci niente, ma chiaramente loro sapevano di cosa stavano parlando. Tra
quei due c’era un’empatia che lei aveva intuito, ma in cui non poteva mettere
il naso. Chiaramente il Mastino si fidava di suo cugino, nonostante
a lei mettesse un po’ di soggezione.
Dimitri si lasciò
andare a un’imprecazione, poi si voltò a guardarla.
<< Per il
momento lasciamo la situazione così com’è >> disse, << Sicuramente
cercherà di contattarti di nuovo. Fino ad allora, ignoriamolo… >>.
<< Ok… Ma
perché ci segue, secondo te? >>.
<< Ci sta
studiando… >> rispose Dimitri, più rivolto a Emilian
che a lei, << Sta studiando i nostri movimenti… Forse ci vuole tendere
una trappola. Perciò occhi aperti >>.
La guardò per un
momento, poi prese le chiavi del garage.
<< Andiamo di
sotto a scaricare quello che mi hai portato… >> aggiunse, chiaramente non
a lei.
Suo cugino annuì,
poi uscirono di casa, lasciando Irina da sola e sempre
più confusa.
Per le quattro ore
seguenti, Dimitri non si fece vedere, ma Irina trovò tutto normale, visto che lui era fatto così. Quando però si accorse che
all’appello mancavano le chiavi della sua Punto, di solito lasciate sul mobile
dell’ingresso, si insospettì. Le cercò in giro,
pensando per un momento di averle dimenticate da qualche parte, poi si rese
conto che doveva averle per forza Dimitri, visto che
non le trovava.
Leggermente
infastidita, decise di scendere in garage a controllare se la Punto c’era
ancora. Poteva almeno dirle che prendeva la sua macchina… Va bene che avrebbe
dovuto guidarla durante la Mosca-Cherepova, ma quello
non lo autorizzava a prenderla senza chiederle il permesso.
Una volta sotto, si
accorse che dal garage provenivano dei rumori strani, simili al battere di
qualcosa di metallico sul pavimento: forse un cacciavite o qualcosa del genere.
Inchiodò sulla soglia, stranamente titubante a entrare. Chiunque fosse era da solo, perché non sentiva parlare.
Furtivamente,
infilò la testa dentro, aspettandosi qualsiasi cosa, visti gli ultimi fatti, ma
per fortuna c’era solo Dimitri, sdraiato per terra sotto il paraurti anteriore
della Punto, alzata a mezzo metro da terra da un carrello.
Incuriosita, ma
senza farsi vedere, Irina si sporse in avanti, per scoprire che la fonte del
rumore che aveva sentito era il cacciavite che Dimitri gettava a terra a
intervalli regolari dopo averlo usato… Con stupore, si accorse che aveva appena
sostituito il suo paraurti danneggiato con uno integro, quasi uguale al suo, tranne per qualche particolare che lo rendeva ancora più
sportivo.
“Non ci credo…” pensò, trattenendosi dal ridacchiare, “Lo ha cambiato
senza che gli dicessi niente…”.
Rimase appoggiata
al muro, silenziosa, per non farsi vedere. Dimitri borbottò qualcosa, poi si
tirò in piedi e si pulì le mani sui pantaloni,
guardando il risultato. Sembrò soddisfatto, e afferrò uno strofinaccio per poi
passarlo sulla carrozzeria, per lucidarla a dovere.
Senza un apparente
motivo, Irina si ritrovò a sorridere. Per la prima volta, vide in Dimitri
un’aria meno scontrosa di quella che aveva di solito, e le parve quasi un
ragazzo qualsiasi alle prese con la sua auto preferita… Stentava a credere però
che quella fosse la sua, di auto.
Per quanto la loro
convivenza all’inizio fosse stata difficile, alla fine aveva scoperto che
Dimitri non era così cattivo come voleva far vedere. Quello che aveva appena
fatto glielo dimostrava, anche se lui non avrebbe mai ammesso che lo aveva
fatto per rimettersi a posto la coscienza.
Lo vide togliere un
telo e scoprire un carico di quattro pneumatici dentellati, più due grosse scatole
che non sapeva che cosa contenevano. Molto
probabilmente si era fatto portare tutti gli altri pezzi che gli servivano per
preparare la Punto alla Mosca-Cherepova, e aveva
deciso di fare tutto da solo senza chiedere aiuto a Dan.
Silenziosa com’era
arrivata, Irina ritornò di sopra, con un sorriso a illuminarle il volto.
Quell’avvenimento le aveva messo allegria, non perché la sua Punto era di nuovo
perfetta, ma perché era stato proprio Dimitri a riservarle quella “gentilezza”…
Allora non la odiava poi tanto.
Una volta di sopra,
sapendo che essere colto sul fatto gli avrebbe dato immensamente fastidio,
decise di tornare e fare finta di niente… Però la sua gratitudine gliela
avrebbe mostrata comunque.
Preparò un paio di
panini scaldandoli nel forno, e stappò una birra; mise tutto su un vassoio che
trovò in uno dei cassetti della cucina e scese di nuovo, questa volta preparata
a quello che avrebbe visto. Una volta sulla soglia, si schiarì la voce e bussò
sullo stipite per avvertirlo che stava arrivando.
Dimitri la fissò
avvicinarsi con il vassoio in mano, quasi confuso. Aveva appena smontato la
ruota anteriore destra della Punto e il relativo freno a disco, quindi aveva le
mani completamente nere e la maglia decisamente non
più pulita. Però aveva un’aria molto meno distaccata.
<< Avevo
pensato che volessi fare una pausa… >> disse lei, lentamente, per rompere
quel silenzio imbarazzante.
Dimitri gettò di
lato la chiave inglese che teneva in mano, e diede un ultimo sguardo alla
ruota.
<< E’ una buona
idea >> commentò.
Irina gli porse il
vassoio, in modo che potesse prendere quello che voleva, e Dimitri afferrò
rapidamente la birra, bevendone un sorso.
<< Sto
cambiando i freni e le gomme… >> spiegò, stringato.
Irina annuì.
<< Hai… Hai
anche rimesso a posto il paraurti, o sbaglio? >> fece lei, con tono un
po’ intimorito. Meglio non fargli vedere che le faceva
piacere.
<< Sì
>>.
Dimitri buttò giù
un altro sorso di birra.
<< Ehm… Bé,
grazie >> disse Irina, guardandolo in faccia per mostrargli che non lo
stava sfottendo, << Non eri tenuto a prenderti
questo impegno… >>.
<< Io ho
fatto il danno, e io rimedio >> ribatté lui,
solo.
Irina sorrise.
<< In ogni caso, io ti dico grazie comunque >>.
Dimitri agitò la
bottiglia di birra con fare improvvisamente divertito.
<< Ero
terrorizzato dall’idea di dovermela vedere con te… >> disse.
Irina lo guardò,
stupita per la sua battuta ironica. Lo vide ridacchiare un momento, e per qualche
istante fu indecisa se fare altrettanto o trattenersi: due manifestazioni di
simpatia in due giorni erano davvero troppe, per i suoi standard. Alla fine
però sorrise.
<< Al massimo
potrei costringerti a darmi qualche lezione di boxe >> disse.
Dimitri finì la sua
birra e la ripose sul vassoio che lei teneva ancora in mano.
<< Sarebbe
esilarante… >> mormorò, << Riuscirei ad avere più paura del sacco,
che di te >>.
Irina avrebbe tanto
voluto potersi lasciare andare e spalancare la bocca per lo stupore, di fronte
a quella battutina. Se il giorno prima per Dimitri doveva essere stato
piuttosto stressante, oggi sembrava molto più rilassato. Di fronte a quel
cambiamento, Irina non sapeva come comportarsi.
<< Almeno
però so di essere capace a fare da infermiera, a dispetto di quello che ha
detto tuo cugino >> disse, indicando la sua
spalla, << Vedo che funziona a dovere… >>.
Dimitri gli fece
cenno di lasciare il vassoio sul bancone lì vicino, forse per darsi il tempo di
trovare una risposta non troppo accondiscente.
<< D’accordo,
ammetto che sei stata brava >> disse alla fine.
Irina si voltò di
scatto, trovando Dimitri con un sorrisetto dipinto sul volto. Che la stesse prendendo in giro, o facesse sul serio, il fatto
stava che quell’espressione lo rendeva attraente e gli toglieva tutta
quell’aria gelida che aveva sempre…
<< Oh… Bé,
grazie >> biascicò, senza sapere cosa dire.
Dimitri tornò a
occuparsi della Punto, mentre lei rimaneva a guardarlo con aria stranita,
perplessa dal suo comportamento.
<< Se vuoi
sederti, c’è una sedia… >> borbottò Dimitri, riscuotendola.
Irina si guardò
intorno e individuò uno sgabello vicino al muro. Lo prese e lo portò più
vicino, poi si sedette. Dimitri stava smontando il freno a disco, facendo
tintinnare il cacciavite sul pavimento.
A quel punto,
sembrava essersi di nuovo chiuso. Irina, sentendosi a disagio in quel silenzio
molto strano, si mosse sulla sedia, poi disse, lentamente: << Ieri ho
sentito che… Che Konstantin ha
le mappe della corsa… >>.
Dimitri appoggiò
con delicatezza il freno rotondo che aveva appena smontato, e senza guardarla
rispose: << Sì, le ha lui… Suo padre ormai credo che stia definitivamente
tirando le cuoia, ma finché non muore Konstantin gli
farà da sostituto e i Referenti non potranno nominare nessun altro >>.
<< Credi
davvero che Nikodim non possa farsele dare? >>.
<< Konstantin è un’idiota, ma non è amico suo >> rispose
Dimitri, << Anzi, forse lo detesta quanto me… Questo è vantaggio per noi,
ma il problema che io non gli sono particolarmente
simpatico. E la cosa è naturalmente reciproca >>. Parlava continuando a
lavorare, come per mettere del distacco da ciò che diceva.
<< Non c’è
nessuno a parte lui che le ha? >>.
<< No… I
Referenti si dividono i vari compiti ogni anno, e ognuno di loro si occupa di
qualcosa… Se le ha lui, non le ha nessun altro >>.
<< Allora
dobbiamo rassegnarci a non avere la mappa? >>.
<< No,
possiamo ancora ottenerle. Devo solo trovare il modo di persuaderlo… >>.
Nella mente di
Irina baluginò la faccia di Konstantin, i capelli
biondi e l’espressione alla William, solo con qualche
anno e molto carisma in meno. Era giovane, forse meno furbo di quanto sembrava…
Come potevano ottenere quello che volevano?
Pensò ai metodi che
sicuramente avrebbe usato Dimitri: non sarebbero stati molto “dolci”… Non che
le interessasse particolarmente di Konstantin, ma
essendo praticamente un Referente non potevano farselo
nemico: rischiavano di mettersi in una posizione ancora più difficile…
Le venne in mente
l’occhiata che Konstantin le aveva lanciato la prima
volta che si erano incontrati, e una scena che aveva
visto in qualche film le riaffiorò nella testa: la spia che seduce il suo
contatto.
Si morse il labbro,
folgorata da una idea e da tutte le sue implicazioni:
quel tipo di “compito” era previsto, era realistico per un agente dell’F.B.I…. Di sicuro non era solo una cosa da film.
C’era solo un
problema: la spia a cui poteva spettare quell’impresa
era lei. Ma lei non era proprio la tipa che sapeva
fare quel genere di cose…
Prima di esporre la
sua idea, si prese qualche momento per riflettere.
Dimitri molto
probabilmente sarebbe stato d’accordo, Xander no, ma
non era necessario che lo sapesse… Oltretutto, lui sembrava stesse facendo la stessa cosa con quella Nina, quindi in qualche modo si
sentiva giustificata. Il problema più grosso, comunque, non era certo quello:
il problema era se lei se la sentiva.
Anche se era
passato del tempo, i segni del suo passato con Challagher
erano comunque rimasti, e lei non poteva negare che giocare con il suo corpo a
volte era ancora difficile. Xander lo sapeva, e poi
lei lo conosceva così bene che aveva imparato a essere un po’ più sciolta con
lui. Qui però si trattava di un’altra persona, che non conosceva e di cui non
si fidava; doveva mettersi in gioco, mostrarsi sicura di sé quando in realtà
non lo era, almeno da quel punto di vista.
“E poi, non è nemmeno detto che possa funzionare… Non
credo di essere abbastanza carina, per questi russi” pensò quasi con
sollievo.
Si mosse sulla
sedia, cercando di capire se era pronta a esporre la sua idea, oppure se era
meglio sorvolare per evitare che Dimitri approvasse. Sempre che non venisse in
mente a lui.
Poi si diede della
stupida: la missione veniva prima dei suoi interessi personali. Doveva fare uno
sforzo, trovare il coraggio di fare quello che temeva… Aveva deciso di partire
proprio per affrontare le sue paure, no?
Si schiarì la voce,
e guardò Dimitri che stava chino sulla Punto.
<< Credo di
avere un’idea… >> mormorò.
Il russo non si
voltò, continuando a lavorare.
<< Sarebbe?
>> fece.
<< Credi che
potremmo riuscire a ottenere la mappa con le buone? >> domandò lei.
<< Cosa intendi dire? >>.
<< Bé, forse…
Forse potrei cercare di farmelo amico >> rispose Irina, afferrando i
bordi della sedia, << Potrei… Magari… Non so, arrivargli un po’ più
vicino di quanto possa riuscire tu… O qualsiasi altro uomo >>.
Dimitri si voltò
lentamente, come se non avesse capito bene, e la guardò con un misto di incredulità e divertimento.
<< Tu
vorresti sedurlo per farti dare la mappa? >> domandò.
Irina abbassò lo
sguardo, imbarazzata. Aveva capito subito cosa aveva in mente, almeno.
<< Lo so che
non funzionerà, ma era solo un’idea… >> si affrettò a dire.
Dimitri rimase a
guardarla un momento, come se davvero non credesse a quello che aveva sentito;
forse stava cercando di capire da dove le fosse venuta quell’idea, e
soprattutto dove avesse trovato il coraggio di pensare che potesse anche
funzionare…
<< Di
preciso, cosa avevi pensato? >> chiese.
<< Magari
riesco a farmi dare la mappa, se faccio un po’ la
gatta morta con lui >> rispose Irina, << Non lo conosco, non so che
tipo è, magari si fa fregare… >>.
Dimitri incrociò le
braccia.
<< Konstantin è un’idiota, potrebbe anche caderci >>
disse, << Ma se devo essere sincero, non mi piace questo genere di cose…
>>. Arricciò il labbro in segno di fastidio. << Non vanno mai come
dovrebbero, e fanno più problemi di quelli che risolvono… >>.
Irina tornò a
guardarlo.
<< Tu hai
qualche idea? >>.
<< No
>> rispose Dimitri, << Se non quella di prenderlo
per il collo e farmi dare la mappa… Forse potrei convincerlo a scommetterla in
un incontro di boxe >>.
Irina fece una
smorfia al pensiero di vederlo di nuovo su quel ring, e per un attimo valutò
come migliore l’idea di sedurre Konstantin:
nessuno si sarebbe fatto male, in quel modo.
<< Un’altra alternativa? >> chiese.
Dimitri scosse il
capo.
<< Allora per
il momento, la mia idea è la migliore… >> mormorò Irina, anche se ammetterlo le metteva paura.
Dimitri sembrò
abbassarsi impercettibilmente per guardarla bene in faccia, e Irina
istintivamente gli occhi puntò gli occhi a terra.
<< Ti rendi
conto di quello che vuoi fare? >> domandò, serio. << Potresti anche finire a letto con lui… >>.
“Ecco, sa meglio di me che ho
poche speranze di farcela…” pensò lei.
<< Sì, so
cosa comporta >> rispose lentamente, << Però credo che in questa occasione sia più importante la nostra missione… Sono
stata pagata per questo lavoro, e sono tenuta a portarlo a termine >>.
Per quanto si impegnasse, non riuscì a dare alla sua voce un tono
abbastanza convincente, e Dimitri sembrò accorgersene.
<< Non è
questo il punto >> ribatté Dimitri, << Riusciresti a fare una cosa
del genere? >>.
Era lei a
immaginarlo, oppure in quella domanda si nascondeva un velato riferimento al
suo passato?
<< Devo
almeno provarci >> rispose Irina, a bassa voce.
Dimitri si appoggiò
alla fiancata della Punto, guardandola con le braccia incrociate, come se la stesse soppesando. Forse stava valutando le possibilità
che aveva di farcela… O semplicemente la stava
prendendo in giro.
<< Ammetto
che l’idea potrebbe essere valida >> disse, << Ma vorrei che ti
ricordassi che non sono stato io a proporre questa cosa… Ripeto: non mi piace. Ma se pensi di riuscirci, io non ti fermerò >>.
Era una frase
strana, che nascondeva qualcos’altro. Era come se avesse detto che, fosse stato
per lui, quella non era la strada da percorrere.
<< Dici che
possiamo provare? >> chiese Irina, dubbiosa.
<< Dico che
forse è il caso che ci pensi >> rispose lui, secco, << Non potrai
cambiare idea una volta a metà strada, e non puoi certo contare sull’aiuto di
qualcuno… >>.
Irina annuì.
<< Ok, ci
penso >> disse, << Ma credo che non ci siano altre alternative… Pacifiche, intendo >>.
Dimitri la guardò
di sottecchi, e mormorò: << Ci sono sempre delle alternative…
>>.
Irina tornò a
fissare il pavimento, rendendosi conto del coraggio che aveva appena avuto, e
che forse non era abbastanza per mettere in atto il
suo piano.
“Sono una fifona… Cosa può mai
succedere? Basta fare due smorfie e qualche moina, e sfilargli dalle mani la
mappa… Al massimo mi tocca un bacio, per il quale non
è mai morto nessuno”.
Cercò di visualizzare
la scena nella sua mente, e valutare quali potevano essere i suoi movimenti.
Sicuramente si sarebbero trovati in un locale, in mezzo a della gente, magari a
un tavolo… Poteva farlo bere un po’ più del solito, girargli un po’ intorno con
aria sensuale, e fare la sua richiesta, lasciando intendere che poteva pagare
con qualcosa che non fossero i soldi… E poi dileguarsi il
prima possibile, con la mappa tra le mani.
Le venne quasi da
ridere, al pensiero di sé stessa spia sexy e senza
scrupoli, ma c’era una variabile che la faceva rimanere seria: la situazione
poteva sfuggirle di mano, poteva fare un passo falso e ripiombare nel suo
vecchio, oscuro incubo…
“Cavolo, sono venuta qui per
questo… Per sfidare me stessa. Non mi posso tirare indietro”.
Guardò Dimitri, che
stava ancora lavorando sulla Punto, e ripensò a quello che aveva detto. Non
capiva perché il suo piano non gli piacesse, ma aveva ammesso che era valido e
che poteva funzionare, ma soprattutto non le avrebbe impedito di metterlo in
pratica. In qualche modo, era una prova di fiducia che nemmeno Xander sarebbe mai stato in grado di darle.
<< Ne parlerò
con McDonall >> disse all’improvviso, <<
Gli chiederò cosa pensa, senza che Xander sappia
nulla… Quando si potrebbe fare, la cosa? >>.
<< Quando
vuoi. Già domani sera, se ti va bene >> rispose Dimitri. Poi aggiunse,
quasi divertito: << Non stai nascondendo un po’
troppe cose, al tuo caro Went? >>.
Irina si alzò, e
gli rivolse un’occhiata amareggiata.
<< Finché non
la smetterà di considerarmi una bambina, non mi lascerà mai fare niente
>> disse, << E se voglio portare avanti questa missione, è il caso
che sappia il meno possibile quello che sto facendo… >>.
<< Ho sempre
saputo che Went era uno stupido… >> commentò
Dimitri, tornando al suo lavoro come niente fosse.
Ore 19.00 –
Mosca, Casa di Dimitri
Irina guardò il suo
riflesso nello specchio, riconoscendosi a mala pena. Per un attimo pensò di
scagliare qualcosa contro il vetro per distruggerlo in mille pezzi ed evitare
di vedere quella persona nella quale non si vedeva e che la innervosiva. O che
forse le ricordava troppo i suoi tempi passati.
Non sapeva nemmeno
se risultava volgare, perché per la prima volta non
era ricorsa ai consigli di Jenny, che sapeva vestirla anche attraverso una
linea telefonica, ed era andata a occhio e a gusti.
Indossava uno
striminzito vestitino nero, non come lo Chanel che
aveva indossato al matrimonio di suo fratello, semplice ma molto aderente e
senza spalline. Aveva optato per un paio di collant
color carne, per evitare la solita calza a rete che si sarebbe rotta dopo
cinque minuti che l’aveva messa, e per un paio di stivali neri con il tacco a
spillo, alti fino al ginocchio. Per il resto, niente collane, né bracciali,
solo i suoi inseparabili e lunghissimi orecchini di cui aveva una collezione
intera: quella sera la scelta era caduta su un paio d’argento con una pietra
trasparente. Per finire, capelli legati in una coda alta, perché Xander le diceva sempre che stava bene, e lei si fidava del
suo giudizio.
Rimaneva la fedina
d’oro bianco che portava al dito. Se la sfilò lentamente e la appoggiò sul
comodino.
“Scusa, Xander, non è colpa
tua”.
Le mancava il
trucco, così afferrò il suo beauty e si diresse verso il bagno, sperando di non
incontrare Dimitri a metà strada: in quel momento non si trovava proprio a suo
agio e non sarebbe riuscita a sostenere il suo sguardo.
Chiuse la porta, e
per la mezz’ora successiva cercò di trovare un compromesso tra sensualità e
volgarità. Alla fine optò per il suo vecchio trucco
“da gatta”, come lo aveva definito Xander, abbastanza
aggressivo da comunicare “Hey, guarda che sono
Fenice, non mi sfidare”. Occhi delineati di nero, e una
tonalità di rossetto leggermente più scura del solito.
Rimase a guardare
per qualche minuto il suo riflesso, sentendo crescere l’apprensione.
“Speriamo che funzioni…”.
Rimise tutto in
ordine, molto lentamente, nella speranza di far passare più tempo possibile
prima di incontrare Dimitri faccia a faccia e sottoporsi quindi al suo
giudizio.
Dopo l’ultima
occhiata allo specchio, si rese conto che forse un pochino si piaceva… Non era
il suo stile, non era il suo carattere, ma in fondo recitare quella parte la incuriosiva molto…
“Ahhh, basta farsi problemi…
Chi se ne frega se sono volgare, o non vado abbastanza bene. Tanto qui non mi
conosce nessuno, e in ogni caso non mi interessa
particolarmente il loro giudizio”.
Un po’ più risoluta
di prima si decise a uscire, non prima di aver dato
un’ultima sistemata al mascara, e aprì la porta. Si ritrovò davanti Dimitri,
che stava attraversando il corridoio, e si fermò per guardarla.
Forse perché non
era pronta, forse perché non riuscì a dare un’interpretazione al suo sguardo,
ma arrossì di botto come una bambina. Dimitri la scrutava dall’alto come se non
la riconoscesse, cosa che in effetti era plausibile.
Lei fece una faccia poco convinta, poi chiese, titubante:
<< Sono… Sono volgare? >>.
Dimitri sembrò non
comprendere la domanda, e per un momento rimase in silenzio. Forse stava
valutando il suo stato.
“Oddio, mi sa che ho combinato qualche guaio…”.
Alla fine il
Mastino inarcò un sopracciglio, e rispose: << Non basta un vestito per
essere volgari… C’è gente che è volgare anche in jeans
e maglietta >>.
Irina non capì bene
la risposta. << Pensi possa andare? >> domandò.
<< Cosa intendi per “possa andare”? >> ribatté lui,
Irina lo guardò. La
stava prendendo in giro! Voleva costringerla a chiedergli se la trovava
abbastanza sexy… Non ci sarebbe caduta.
<< Senti, non
fare finta di non volermi offendere. Sto cercando di dare il meglio perché devo
sedurre un russo del cavolo, quindi devo essere almeno accettabile >>
disse, arrabbiata, << Dammi un giudizio, e sappi che anche se sarà
negativo non ho alcuna intenzione di cambiarmi >>.
Dimitri sembrò
trattenersi dallo scoppiare a ridere, come se la trovasse ridicola. Le fece
cenno di girare su se stessa, ma Irina gli lanciò
un’occhiataccia: la sfotteva proprio.
<< Allora
cosa ti serve che ti dica se vai bene? >> disse lui.
<< Già, scusa
tanto, visto che è inutile… >>. Irina lo superò andando a recuperare la
pelliccia nera che aveva lasciato sul letto, << In effetti, c’è poco da
dire, immagino >>.
Si voltò per
raggiungere l’ingresso, ma Dimitri le sbarrò la
strada, bloccando la porta con il braccio poggiato sullo stipite, proprio
all’altezza del suo collo. La guardò per un momento, e questa volta sembrava
serio.
<< Di un po’,
ti sei data una guardata allo specchio? >> fece lui.
Irina sbuffò.
<< Sì… >> rispose, a bassa voce, << Ma non mi ci sono ritrovata… >>.
Dimitri scosse il
capo, e un sorrisetto gli affiorò sul volto. Le lasciò libera la strada e andò
a prendere il suo giaccone.
<< Sei
proprio una sciocca, certe volte… >> lo sentì mormorare.
Irina incrociò le
braccia.
<< Ah, e
perché? >> chiese, piccata.
Dimitri le rivolse
un’occhiata e poi rispose, enigmatico: << Lo devi capire da sola
>>.
Irina sbuffò di
nuovo, poi lo seguì di sotto, fino in garage e poi sull’R8.
Non era offesa, gli dava solo fastidio non aver ricevuto una risposta chiara.
La loro meta era
naturalmente il Black Diamond,
dove Konstantin passava la maggior parte delle sue
serate, e dove si intratteneva con le sue compagnie.
Aveva già la scena pronta nella mente, nella speranza che andasse tutto come
aveva previsto.
Rimaneva un’ultima
cosa da mettere in chiaro, che riguardava la persona seduta di fianco a lei in
quel momento. Dimitri avrebbe sicuramente dovuto
rimanere in disparte, ma Irina si era ritrovata a sperare accettasse la sua
richiesta… Le era venuta in mente una cosa che l’avrebbe fatta stare più
tranquilla.
<< Cosa farai, nel frattempo? >> gli chiese, incerta.
<< Berrò
qualche drink e farò quattro chiacchere con qualcuno
>> rispose il russo, neutro.
“Difficile immaginarlo mentre fa quattro chiacchere con qualcuno…”.
Irina deglutì.
<< Ah… Posso farti una domanda? >> fece lei, poi aggiunse: <<
Forse sarebbe meglio dire una… richiesta >>.
Dimitri continuò a
guardare la strada, senza fare nessun cenno. Lei lo interpretò come un sì, così
continuò: << Potresti… Potresti rimanere nei paraggi nel caso… Nel caso la situazione mi sfuggisse di mano? >>.
Il russo rimase in
silenzio, mentre Irina lo guardava aspettando con ansia una risposta. Solo
quando si fermò a un semaforo, si voltò a guardarla in faccia.
“Lo sapevo, non avrei dovuto chiedergli niente… Prima
mi propongo per questa cosa, e poi chiedo di farmi sorvegliare a vista. Starà pensando che sia un’idiota”.
<< Sei
veramente sicura di quello che stai facendo? >> chiese lui.
Presa alla
sprovvista, Irina rispose: << Sì… E’ solo che… >>. Si rese
improvvisamente conto della stupidità della sua richiesta. << Massì, lasciamo perdere. Sono io
che sono paranoica, cosa può mai succedermi… >>.
Dimitri le rivolse
un’altra occhiata, poi disse lentamente: << Se ti può servire… >>.
Irina distolse lo
sguardo, e si detestò, in quel momento. Doveva smetterla di avere paura, di
sentirsi inadeguata, e coinvolgere anche gli altri. Vagò con gli occhi nella
notte, finché non vide il Black Diamond
stagliarsi contro il cielo di Mosca.
Parcheggiarono la
R8, poi raggiunsero l’entrata senza dire niente. Una volta all’interno, si
diressero verso il quarto piano, dove c’era la sala riservata al bar.
L’ascensore li portò su insieme a un altro folto gruppo di persone, mentre
Irina sentiva la tensione salire.
La sala era ampia,
con le vetrate che davano sulla città illuminata, e numerosi tavoli piccoli e
grandi disseminati da ogni parte, attorniati da una parte
e dall’altra da lunghi banconi di acciaio lucido, dove i barman si esibivano in
spettacolari acrobazie con le bottiglie di alcolici, che abbondavano appese
alle pareti. Una scala a chiocciola che si sviluppava in verticale portava di
sopra, da dove risuonava una musica da discoteca che arrivava soffocata fin sotto,
dando al tutto un’atmosfera più festosa. Piccoli neon bianchi illuminavano i
tavoli e i banconi.
C’era molta gente,
più di quanta Irina si era aspettata, ma non abbastanza da non farle
individuare l’oggetto del suo interesse per quella sera. Konstantin
sedeva a un tavolino circondato da divanetti insieme a un gruppo di amici, e
dovevano aver già bevuto un bel po’, a giudicare dalle decine di bicchieri
vuoti abbandonati lì intorno.
Dimitri le si affiancò, e lei con la coda dell’occhio vide che c’era
anche Emilian, tra la folla. Era seduto a un tavolino
a pochi metri dal gruppetto, bene in vista.
<< Konstantin è laggiù >> sussurrò, << Scambiati
di posto con mio cugino, poi segui il tuo piano >>.
Irina deglutì, e
alla vista del gruppetto di ragazzi le venne il panico: non c’e l’avrebbe
fatta, non sarebbe mai stata abbastanza credibile…
“Eh no, non posso fare sempre la solita… Ero una brava
attrice, con William…”.
Annuì, poi si
diresse con passo sicuro verso Emilian; il russo si
alzò, lasciando libero il tavolo, e senza farle alcun segno si dileguò tra la
gente. Irina si tolse la pelliccia e la appoggiò con deliberata lentezza sulla
sedia, gettando uno sguardo verso il tavolo di Konstantin:
uno dei suoi amici sembrava averla notata, ma non fece alcun segno a nessuno.
Si sedette al
tavolo, con il volto rivolto dalla parte dei russi, e subito un cameriere la
raggiunse con un vassoio in mano: le porse un bicchiere pieno di un liquido
denso e rosato, forse vodka mescolata con del succo di
frutta. Lo prese, e vide Dimitri in lontananza farle un cenno con il capo: era
lui il mittente.
Irina si prese
qualche momento per entrare nella parte, e riguadagnare soprattutto la calma.
Bevve a piccoli sorsi il suo cocktail, scoprendo che era molto dolce e gradevole,
ma anche molto forte… Forse poteva darle una mano a sciogliersi un po’, ad
allentare la tensione che le attanagliava le viscere.
Si rese conto che
alla fine, in mezzo a tutta quella gente che parlava, beveva e ballava,
difficilmente le sarebbe potuto accadere qualcosa. E in più, Dimitri sembrava
aver preso sul serio la sua richiesta, perché riusciva a vederlo anche in mezzo
alla folla… La sua presenza la rincuorava almeno un pochino, perché sapeva di non essere proprio sola.
Per un attimo si
sentì di nuovo come ai tempi di Challagher, quando
quel genere di locali erano all’ordine del giorno
nella sua vita, quando era abituata a scolare più di un paio di drink senza
fare una piega, e quando sentiva addosso gli sguardi della gente per via del
suo abbigliamento, ma soprattutto per il fatto che era la ragazza dello
Scorpione, irraggiungibile e intoccabile. Non era poi molto diverso da allora,
quando aveva addosso la sensazione di essere una preda, un oggetto e
nient’altro, ma questa volta aveva la consapevolezza di essere in parte anche
la cacciatrice. Questa volta era tutto frutto delle sue scelte.
Istintivamente
portò la mano dietro il collo, dove sapeva esserci il tatuaggio della sua
fenice. Era scoperto, tutti potevano vederlo, e ricordava di quanto orgogliosa
fosse di quel segno sulla pelle, fatto nel momento più buio della sua vita
eppure anche il più significativo. Era lì che era nata
Fenice, o meglio, che finalmente era uscita allo scoperto.
“Ho passato cose peggiori, ho fatto cose
più difficili… Non posso fermarmi davanti a questo. E’ una
sfida che mi sono posta, ed è una sfida che voglio vincere”.
Alzò lo sguardo
verso il tavolo dei russi, e come se lo avesse chiamato, incontrò quello di Konstantin. Non batté ciglio, non vacillò nemmeno un istante
quando vide che l’aveva riconosciuta e quando con un sorriso si compiacque del
fatto che stava guardando proprio lui. Qualcosa di lei aveva capito che poteva
farcela, che se si era chiamata Fenice un motivo c’era.
Sapeva che il gioco
di sguardi poteva essere migliore di qualsiasi altra tattica, perché lasciava
molto all’immaginazione ma non dava niente per
scontato… Sostenne l’occhiata ancora per qualche istante, poi tornò a
concentrarsi sul suo drink, lasciando trasparire un piccolo sorrisetto. Avrebbe
dato l’impressione di essere lusingata per l’attenzione.
Bevve dal suo
bicchiere, poi accavallò le gambe, e appoggiò il mento sulla mano, gettando
un’altra occhiata dalla parte di Konstantin: la stava
ancora guardando, e questa volta anche i suoi amici. Fece finta di niente e
distolse nuovamente lo sguardo, anche se le venne da ridere.
“Cavolo, ma sono dei polli… Ci cadono già adesso”.
Cambiò posizione
alle gambe, poi con la coda dell’occhio tornò a guardare Konstantin:
stava parlottando con uno dei suoi amici, e sembravano eccitati. Forse il piano
stava funzionando… Si guardò intorno con disinteresse, e si accorse che Dimitri
sembrava essere sparito. Poco male, la situazione le sembrava più semplice di
quanto aveva previsto.
Improvvisamente, si
ritrovò davanti uno degli amici di Konstantin,
un tipo grosso dalla faccia quadrata e l’espressione poco intelligente. La
guardava con un mezzo sorrisetto.
<< Ehi,
bellezza, tutta sola stasera? >> disse, con un’orribile pronuncia
inglese, quasi incomprensibile, << Ti faccio compagnia io… >>.
Colta alla
sprovvista, Irina gli lasciò il tempo per sedersi, ma si rece subito conto che
era una sorta di prova. Forse volevano vedere come avrebbe reagito di fronte a
un “aggancio” del genere…
Guardò il ragazzo e
gli rivolse un’occhiata gelida e disgustata, scostando leggermente il suo
bicchiere. Poi disse, fredda come il ghiaccio: <<
Qualsiasi scommessa tu abbia fatto con i tuoi amici, puoi tornare pure indietro
a dichiarare la tua sconfitta: non sei certo tu che mi farai compagnia questa
sera >>.
Il ragazzo rimase
spiazzato, e Irina gli fece cenno di andarsene. Doveva mostrarsi sicura di sé stessa, forte della consapevolezza di poter in qualche
modo dettare delle regole in quando ragazza dello Scorpione, e in quanto
Fenice. Come hai vecchi tempi, voleva essere rispettata, e per farlo doveva far capire che non era disposta a farsi mettere i piedi in
testa… In fondo, era quello che aveva sempre attratto la gente che l’aveva
circondata: più una cosa è irraggiungibile, più è agognata.
<< Forse non
sono stata abbastanza chiara >> aggiunse, vedendo che il russo non sapeva
che dire, << Se sai chi sono, è meglio che lasci
immediatamente libera quella sedia >>.
Il ragazzo sembrò
folgorato dalla frase, e con espressione profondamente offesa si alzò di botto
e lasciò il tavolo, borbottando qualcosa di incomprensibile.
Raggiunse i suoi amici a testa bassa, come se fosse stato bastonato.
Irina si lasciò
andare a un sorrisetto, con addosso la sensazione di
rivivere quasi una scena del passato… Le era già successa qualche cosa del
genere, ai tempi di Challagher, prima che lui
minacciasse chiunque le girasse intorno. Poi era diventata intoccabile.
Con la coda
dell’occhio vide che Konstantin stava ridendo per
quello che il suo amico gli aveva raccontato, e capì che aveva fatto la mossa
giusta: presto sarebbe stato il diretto interessato ad alzarsi e venire da lei,
credendo di essere lui l’oggetto del desiderio. Si fece beccare mentre li
guardava nuovamente, poi tornò a fare l’indifferente.
Un
attimo, ed ecco Konstantin in persona farsi avanti,
fermarsi in piedi davanti al tavolo e guardarla dall’alto in basso con
un’espressione
divertita mista al sorpreso. Irina si lasciò andare a un sorrisetto, senza dire
niente.
<< Cosa fai qui stasera, da sola? >> iniziò lui, <<
Non sei con il tuo amico Dimitri? >>.
Irina afferrò il
suo bicchiere, per fargli vedere che la sua domanda non la intimoriva. <<
Dimitri mi serve solo per portare a termine la mia missione >> rispose,
secca, << E poi sono libera di fare quello che voglio, credo. Di’ ai tuoi
amici di smetterla di fissarci, perché non c’è niente da vedere >>.
Konstantin sorrise,
rivolgendo lo sguardo al suo tavolo: era chiaro che c’era una sorta di
scommessa in mezzo, o comunque di una prova per vedere chi di loro sarebbe
riuscito ad avvicinarla. La tecnica della difficile funzionava.
<< Se vuoi
sederti… >> lo invitò, con diffidenza.
Il russo non se lo
fece ripetere: prese possesso della sedia davanti alla
sua, e ordinò un paio di drink. << Posso offrirti da bere? >>
chiese lui. Sorrideva, e aveva tutta l’aria di chi ha adocchiato la sua preda,
convinto di saperla catturare.
<< Certo, e
non solo quello >> ribatté lei.
<< So che
parteciperai alla Mosca-Cherepova con Dimitri…
>> disse Konstantin, forse per avere qualcosa
di cui parlare, o forse per mostrarle che si interessava
a lei, << Sei una brava pilota, a quanto dicono… >>.
Irina fece una
smorfia. << Brava? >> ripeté, fingendosi disgustata dalla parola,
<< Io non sono brava, sono la ex numero tre
della Black List, e lo
sarei ancora se il mio capo non fosse dietro le sbarre… Brava è riduttivo
>>.
Konstantin rise. <<
Allora hai davvero liquidato il mio amico come mi ha riferito >> disse,
divertito.
Irina gettò
un’occhiata verso l’altro tavolo, poi disse: << Sì… Avrà bisogno di
tempo, per riprendersi, immagino >>.
Konstantin rise ancora.
<< Come mai ci guardavi? >>.
<< Ero
interessata a fare quattro chiacchere con te…
>> rispose lei evasiva, e dopo avergli rivolto un’occhiata eloquente,
aggiunse: << Vorrei sapere una cosa… >>.
<< Cioè?
>>.
Konstantin sembrava eccitato
dalla sua richiesta, come se avesse capito che ci sarebbe stato da “trattare”
per avere l’informazione…
<< Vorrei sapere dove posso trovare la mappa della gara >>
rispose lei a bassa voce, con un sorrisetto, << Mi hanno detto che si può
avere in anticipo… Tu sai chi la può avere? >>.
Il russo sembrò
gonfiare il petto, orgoglioso.
<< Certo che
so dove trovarla… Ce l’ho io >>.
Irina fece una
faccia stupita, poi ordinò un altro drink per lui con un rapido gesto verso il
cameriere. << Davvero? >> disse, allungandosi verso Konstantin, << E mi faresti
dare uno sguardo? >>. Ammiccò.
Konstantin sembrò capire le
sue intenzioni, e molto probabilmente si fece l’idea che Irina aveva previsto.
Allungò la mano sul tavolo, come se volesse raggiungerla, e con aria
disinteressata disse: << Dipende… >>.
Irina sorrise.
<< Già, io non sono una delle vostre ragazzette russe… Non si fraternizza
con il nemico >> mormorò, tenendo lo sguardo basso ma con il tono di chi
si sta divertendo.
“E adesso insisti, dimmi che si può fare…”.
<< Non ho
detto che non sia possibile… >> mormorò Konstantin,
bevendo l’ennesimo drink.
Irina si allungò
ancora un po’, rivolgendogli un’occhiata sdolcinata.
<< Credevo
che tu fossi uno dei Referenti con più cervello… >> sussurrò, giocando la
carta dell’adulazione, << Oltre che uno dei più carini… Ma se non si può…
>>.
Fece per ritrarsi,
ma Konstantin le afferrò la mano, cosa che a lei
diede fastidio, ma si trattenne dal darlo a vedere.
<< Per una come te, potrei fare un’eccezione… >> disse.
Irina sorrise.
<< Davvero? Ne sarei lusingata, sai? E poi, non è detto che io possa
ricambiare il favore… >>. Gli rivolse un’occhiata eloquente, e lui sembrò
capire. Alzò la mano e le sfiorò il mento, pregustando forse già la sua paga.
<< E quando
la potrei avere? >> aggiunse lei, lasciando che lo sguardo di Konstantin cadesse sullo scollo del suo vestito.
<< Anche
subito… >> rispose lui.
L’ennesimo drink,
non ordinato da nessuno, venne poggiato sul tavolo e
Irina se ne impossessò prima che il russo potesse prenderlo. Bevve un sorso, qualsiasi
cosa fosse, lasciando il segno del suo rossetto sull’orlo, poi lo porse a Konstantin, che lo prese e lo buttò giù tutto d’un sorso.
“Vediamo se così ti faccio capitolare…”.
Lui le rivolse
un’occhiata densa di bramosia, poi si frugò nella tasca dei pantaloni, e ne
tirò fuori un foglietto ripiegato, che le mise davanti con aria divertita.
Irina si accorse
che non era ancora ubriaco, ma non ci sarebbe voluto molto per farlo diventare:
ancora un paio di bicchieri, poi sarebbe riuscita a sfilargli la mappa di mano
e a dileguarsi prima che lui pretendesse il suo pagamento.
<< Posso
dargli un’occhiata? >> chiese lei, allungando la mano. Konstantin però scostò la sua, per impedire che riuscisse a
prenderla…
<< Aspetta,
niente fretta… >> mormorò, << Prima mi devi dire qualcosa di te…
>>.
Irina avrebbe
voluto sbuffare, ma invece sorrise sorniona.
<< E va bene…
Cosa vuoi sapere? >>.
<< Non sei la
ragazza di Challagher? >> domandò il russo.
Era sicura che la
risposta le avrebbe fatto guadagnare o perdere
l’intera serata: forse Konstantin conosceva William,
o lo temeva, e l’idea di ritrovarselo davanti dopo essere andato a letto con la
sua donna, perché chiaramente quella era la sua idea, non doveva essere una
prospettiva allettante… Forse voleva cautelarsi.
Irina assunse
un’espressione lievemente scocciata. Da vera Fenice non poteva non mostrarsi
infastidita da una presunta restrizione delle sue libertà…
<< Io non
sono la ragazza di nessuno >> rispose, << Tra me
e William c’è solo una “intima amicizia”, ma questo non vuol dire che io non
possa non vedere chi mi pare, esattamente come fa lui… >>. Ammiccò e
sorrise.
Konstantin rise. Allungò la
mano con la mappa per portarla più vicino a lei.
<< E Dimitri?
>> chiese.
Irina comprese cosa
volesse sapere. << Dimitri è un pezzo di ghiaccio >> rispose,
<< Andare a letto con lui sarebbe come dormire dentro un frigorifero… E io amo il caldo >>.
“Cavolo, che risposta… Non l’avevo nemmeno pensata”.
La reazione di Konstantin fu istantanea: allungò ancora la mano, e
qualcosa passò nel suo sguardo, dandogli l’aria di un lupo famelico. Irina fece
per prendere la cartina, ma lui glielo impedì un’altra volta.
<< Anche io amo il caldo… >> sussurrò, << Ma questo
posto comincia a starmi stretto… Accompagnami fuori >>.
Si alzò, e Irina si innervosì. La tirava per le lunghe. Cercò di prendere il
più velocemente una decisione, poi si alzò di scatto e lasciò la pelliccia
dov’era, nella speranza di non dover lasciare il locale.
<< Dove vuoi
andare? >> chiese disinteressata.
<< A fumare
una sigaretta fuori e fare due chiacchere… >>
rispose lui, << Avverto i miei amici. Aspettami qui >>.
Fece sventolare la
mappa e andò al suo tavolo. Disse qualcosa poi la raggiunse, prendendola per un
gomito e accompagnandola verso le scale, ma invece di
scendere di sotto, salirono al piano di sopra. Si ritrovarono in un piccolo
terrazzo deserto, chiuso da vetrate trasparenti, forse destinato ai fumatori, o
semplicemente chiuso al pubblico. Molto probabilmente Dimitri non li aveva
seguiti, e forse non si era nemmeno accorto di dove erano andati… Doveva
gestire la situazione da sola.
“Ok, devo cercare di farmi dare la mappa…”.
Vide Konstantin accendersi una sigaretta e portarla alla bocca,
senza mai distogliere gli occhi da lei. La percorse
dall’alto in basso come per una radiografia, il sorriso sul suo volto che non
si spegneva ma che aumentava a dismisura. Aveva lo sguardo da rapace.
<< Challagher non ti ha mai portato da queste parti… >>
disse, << Ti ha sempre tenuta nascosta…
>>.
Irina detestò
quella frase: la faceva sentire un oggetto, non una persona. Fece una smorfia,
mentre il fumo le arrivava alle narici.
<< Sono io
che non ho voluto venire >> rispose, <<
Qui ha sempre fatto troppo freddo per i miei gusti… >>.
Forse fu il
commento sbagliato, o forse Konstantin era solo
pronto a prendere ogni sua frase come un incoraggiamento, perché gettò la
sigaretta di lato e la schiacciò contro il muro, bloccandole le braccia e
fermando il viso a pochi centimetri dal suo.
Irina fece per
divincolarsi, ma non ci riuscì. Sentì una zaffata di alcool uscire dalla bocca
di Konstantin, e capì che non era così lucido come
sembrava.
<< Ti scaldo
io, se vuoi… >> mormorò lui.
Forse si sarebbe
dovuta far prendere dal panico, ma qualcosa la costrinse a mantenere la calma.
Era sola, in un posto isolato, con un russo ubriaco addosso, ma era
inspiegabilmente sicura di poter gestire la situazione… Mostrarsi spaventati non sarebbe servito; la tattica migliore era
stare al gioco…
<< Volentieri…
>> sussurrò, << Ma questo non mi sembra il posto adatto… >>.
Konstantin sorrise,
avvicinando il volto al suo. Sentì la sua mano scendere fino al suo ventre,
dandole un brivido orribile che riuscì a controllare…
<< Nessuno ci
disturberà >> disse il russo, << Da queste parti non viene nessuno…
>>.
Irina sorrise.
<< Ok, ma… Sai cosa vorrei, prima… >>.
Konstantin lasciò scivolare
la sua mano sulla sua schiena, sempre più giù, in un modo piuttosto viscido e
grossolano.
<< Certo…
>> disse, mostrandole la mappa, << Però prima si paga, e poi si
riceve, no? E’ il prezzo da pagare in terra straniera… >>.
Dal nulla sbucò il
russo di prima, quello alto e dalla faccia squadrata, che prese la mappa dalla
mano di Konstantin e se la mise in tasca, un ghigno
sornione sul viso. Irina lo guardò, gli occhi spalancati, e questa volta lasciò che un po’ di panico prendesse possesso della sua
voce.
<< Non erano
questi i patti… >>.
Konstatin le strinse il
mento, mostrandole poi un coltellino dalla lama affilatissima. << Mi
dispiace, ma la mappa ce l’ha lui, ora… Ed è anche
offeso per prima. Dovrai prima soddisfare me, e poi anche lui, se la vuoi
davvero… >>.
“Figlio di puttana… Questa non me l’ero
aspettata…”.
Rivolse un’occhiata
piena di disprezzo a Konstantin, e capì di essere nei
guai. Guai grandissimi, gli stessi guai in cui aveva
avuto paura di cadere. Ancora un attimo, e sarebbe andata completamente in
panico…
Improvvisamente,
sentì un rumore strano, e vide Konstatin andare indietro,
un po’ troppo velocemente, e finire dall’altra parte del terrazzo, afferrato da
qualcuno che sembrava molto più grosso di lui. Le ci volle qualche istante per
capire che si trattava di Dimitri, che sfilò rapidamente il coltello dalla mano
di Konstantin e lo inchiodava al muro, sollevandolo a
una spanna da terra.
Irina rimase ferma
dov’era, esattamente come l’altro russo che sembrava sorpreso quanto lei per
l’intrusione. Dimitri si voltò verso di lui e ringhiò, tenendo il coltello
puntato alla gola di Konstantin: << Rimani
fermo dove sei, o gli taglio la gola >>.
Il ragazzo alzò le
mani, in segno di resa, e rimase fermo a osserva la
scena, con Irina che rimaneva appiccicata al muro, pronta a qualsiasi cosa.
Dimitri però sembrava avere in mano la situazione, nemmeno avesse a che fare
con due stupidi bambini. Tuttavia il suo cuore continuò a battere molto più
forte del normale.
Konstantin sembrava
soffocare, esattamente come Nikodim la volta prima, e
Dimitri strinse ancora di più la sua presa. Abbassò il coltello fino
all’altezza del cavallo dei pantaloni del russo,
facendolo sbiancare e irrigidire come una statua.
<< Vediamo di
capirci bene… >> iniziò Dimitri, a voce bassa ma minacciosa come il
ringhio di una tigre, << Ci sono diverse cose che odio, e una delle
principali sono i figli di puttana che sanno solo fare due cose: rompere i
coglioni e scoparsi le ragazze. Ti è chiaro il concetto? >>.
Konstantin annuì,
terrorizzato. Il coltello premeva con un po’ troppa insistenza su i sui
pantaloni…
<< Bene
>>. Dimitri sembrò volerlo uccidere con lo sguardo. << Secondo,
vorrei che ripetessi parola per parola ciò che hai
detto ai tuoi amici poco fa… >>. Sorrise malignamente.
Konstantin deglutì, ma rimase
in silenzio. Irina guardò la gocciolina di sudore che gli scivolò lungo la
tempia. Stava per dire a Dimitri di lasciar perdere,
qualsiasi cosa avesse in mente, ma si sentì afferrare da dietro e le mancò il
respiro. L’altro russo la stava tenendo per il collo e le puntava una lama alla
gola.
<< Lascialo andare!
>> gridò, rivolto al Mastino.
Dimitri si voltò un
momento per vedere cosa succedeva, ma come se non si fosse accorto di niente tornò a guardare Konstantin.
Irina cercò di allentare la stretta, ma la tensione rendeva il russo molto più
forte di lei…
<< Vedo che
ci manca il coraggio, ora >> ringhiò il Mastino, << Forse è meglio
così, perché se ti sento dire un’altra volta una frase del genere, la cosa di
cui ti dichiari tanto bravo a usare rimarrà solo un ricordo. Sono stato abbastanza
chiaro? >>. Per suggellare le sue parole aumentò avvicinò ancora di più
il coltello alle parti basse del russo.
Konstantin annuì di nuovo,
sempre più bianco, ma Irina sentì la presa sul suo collo farsi più stretta…
Annaspò per un attimo, con il respiro mozzo…
<< Dimitri…
>> chiamò a bassa voce, nella speranza che lui sapesse cosa fare.
Il Mastino sembrò
ignorarla di nuovo, continuando a rimanere concentrato su Konstatin,
ma la sua testa si mosse appena e vide brillare i suoi occhi grigi verso di
lei. Sapeva nella posizione in cui stava.
<< Lascialo,
ho detto >> ribadì l’altro russo, e Irina fu
costretta a fare un passo avanti. Però venne di nuovo
completamente ignorato. Irina sperò che non si facesse prendere dal panico e le
infilasse il coltello in gola…
<< Spero che
il concetto ti sia entrato bene nella testa >> continuò Dimitri, <<
Quindi da oggi girerai al largo, ed eviterai di adocchiare cose che non devi…
Tutto abbastanza comprensibile, per te? >>. Aveva un tono talmente
minaccioso, che nessuno avrebbe mai osato contraddirlo. Konstantin infatti annuì energicamente, ormai di un grigio cadaverico.
Dimitri lo lasciò andare, facendogli di nuovo toccare terra con i piedi, e un
po’ di colore tornò sulla faccia di Konstantin.
Il Mastino gli
rivolse un’ultima occhiata di fuoco e fece per girarsi; ma poi strinse la presa
sul coltello e con una velocità assurda inchiodò la mano del russo sul muro,
strappandogli un grido straziante. Un attimo dopo, il suo amico faceva la
stessa identica fine, mentre Irina rimaneva immobile dov’era, ora in grado di
respirare.
L’aria venne invasa dai gemiti di dolore dei due russi, incollati
alle pareti opposte con un coltello piantato al centro della mano, il sangue
che colava sull’intonaco del muro… Fu una visione orribile, e Irina rimase
paralizzata.
Con tranquillità
Dimitri sfilò la mappa dalla mano dell’amico di Konstantin,
mentre lui non riusciva a dire niente per il dolore. Rivolse a entrambi un’occhiata
sprezzante, e poi si voltò.
<< Così la
prossima volta le mani ve le infilate da qualche altra parte >> ringhiò.
Prese Irina per il
gomito, con più delicatezza di quando si sarebbe aspettata, e la spinse dentro,
fino alle scale, in una sorta di trance. Dal tono con cui aveva parlato, doveva
essere furioso, ma era anche molto controllato, cosa che la spaventò ancora di
più.
<< Sai bene?
>> chiese, secco.
<< Sì…
>> rispose Irina, confusa. Tutto si era svolto così velocemente che non
aveva capito bene come erano andate le cose. <<
Grazie… >>.
<<
Andiamocene >> disse lui, nervoso. Scesero fino al pian terreno, completamente
estranei al rumore e alle persone che c’erano intorno a loro, e Irina si
accorse solo in quel momento che Dimitri le stava porgendo la sua pelliccia. Se
la infilò e raggiunsero la R8, nel parcheggio gelido e buio.
Una volta seduta
dentro la macchina, Irina comprese la portata di tutto quello che era successo:
l’aveva scampata per un soffio, e solo grazie all’intervento di Dimitri. Guardò
il russo, che stava fermo e non aveva acceso il motore, come se aspettasse
qualcosa.
<< Dimitri…
Scusami, non credevo che le cose andassero così… >> iniziò lei,
sentendosi stupida e sciocca, << Non pensavo che la situazione mi
sfuggisse di mano in quel modo… Io… Davvero, mi dispiace per averti costretto a
intervenire… Sono stata un’idiota, come al solito
>>.
Improvvisamente, le
venne da piangere, ma non per quello che era successo; le dava fastidio non
essere stata di nuovo in grado di guardarsi da sola. Trattenne le lacrime, ma
si lasciò scappare un gesto stizzito con la mano.
<< Mi
dispiace, scusami >> continuò, fissando il cruscotto dell’auto, <<
Non avrei dovuto farmi venire un’idea del genere…
>>.
Dimitri si voltò a
guardarla, ma sembrava un po’ meno furioso di prima. I suoi occhi grigi
indugiarono sul suo collo, come se avesse di nuovo il coltello puntato lì.
<< Non dire
stronzate, non ti sto dando nessuna colpa >>
disse, anche se appariva stizzito, << Mi hai forse sentito dire che hai
fatto qualcosa di sbagliato? >>.
Prese alla
sprovvista, Irina tacque.
<< No, ma…
>> balbettò.
<< Allora
smettila di dire che è colpa tua >> ringhiò lui, << Sapevamo che
c’era il rischio che le cose andassero così… Lo sapevo meglio di te, visto che era inutile chiedermi di tenervi d’occhio: l’avrei
fatto comunque >>.
Irina abbassò lo
sguardo. << Come hai fatto a sapere dove eravamo
finiti? >>.
<< Ho sentito
Konstantin parlare con i suoi amici, prima che vi
allontanaste >> rispose lui, mettendo in moto la macchina, << Ho
sentito cosa voleva fare… Quando ho visto il suo amico salire da voi, gli sono
andato dietro >>.
Irina annuì. Era
stato di parola, e solo grazie al suo sangue freddo non le era successo niente…
A lei. Agli altri era andata decisamente peggio.
<< Bé, grazie
un’altra volta, allora… >> disse lentamente, << Forse
però hai esagerato un po’… >>.
Dimitri fece una
smorfia. << Non credo. Era l’unico modo di fargli capire la lezione
>>.
Si avviò verso
casa, con Irina che rimaneva seduta in silenzio. Si sentiva stupida, inutile e
incapace, oltre che ridicola. Non sapeva far altro che cacciarsi nei guai…
<< In
effetti, forse è anche un po’ colpa tua >> disse Dimitri all’improvviso,
e Irina alzò lo sguardo su di lui. << Non so in quale specchio della casa
tu ti sia guardata, ma era difficile non trovarti sexy, stasera… >>.
Ghignò, come se la stesse prendendo in giro.
Irina rimase
spiazzata di fronte a quel cambiamento. Non seppe che dire, se non guardare la
faccia di Dimitri e godersi lo spettacolo del sorrisetto che gli affiorò sulla labbra, rendendolo irriconoscibile.
Lui approfittò di
un semaforo e tornò a guardarla, una scintilla divertita negli occhi di
ghiaccio; poi il suo sguardo cadde nuovamente sul suo collo, mentre Irina
arrossiva per la seconda volta in quella assurda
serata.
<< Hai un
graffio sulla gola… >> disse lui.
Irina si riscosse,
e portò una mano al collo. Sentì qualcosa di caldo bagnarle le dita, così aprì
lo specchietto di cortesia e si guardò: era solo un taglietto, talmente poco
profondo che non si era nemmeno accorta di averlo, anche perché aveva stillato
solo una goccia di sangue. Lo pulì con un fazzoletto di carta, poi si appoggiò con allo schienale del sedile, esausta.
<< Almeno
abbiamo la mappa… >> disse alla fine, per togliersi dall’imbarazzo.
Spazio Autrice
Purtroppo non ho tempo per
rispondere alle recensioni, ma giuro che lo farò nel prossimo capitolo! Intanto
spero vi siate goduti questo!
Un bacio enorme!