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Autore: Sanya    19/09/2010    2 recensioni
Alice Cullen non riesce a ricordare nulla del suo passato. Vede solo uno spesso muro nero, quando ci pensa. Ma vi siete mai chiesti cosa c'era esattamente nel suo passato? Quali sono state le decisioni che l'hanno portata a finire in manicomio e ad essere trasformata in una vampira?
E poi, siamo davvero sicuri che il suo creatore rappresentasse per lei solo uno sconosciuto?
Capitoli in via di revisione. Work in Progress
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
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Heylà!!! Bentornati o benvenuti, dipende dal punto di vista ;)

Allora, scusate:

1) per l'estremo ritardo con cun cui aggiorno. Sapete, la scuola è una tortura anche in questo senso, impedendoti di fare quello che più ti piace

2) per l'orario, della serie "non potevi aggiornare più tardi" xD

Va bhe....Cmq, ecco a voi il capitolo numero *rullo di tamburi* Otto! Wow che traguardo *w*

In questo capitolo si vedranno le sofferenze della piccola, povera Alice...Mi viene da piangere anche a me rileggendolo *sigh*

Ora Risposte alle Recensioni!

Come al solito, ringrazio immensamente la cara Mafra per tutto ^^. Che bello! Sono felice che tu creda che il capitolo sia il più bello di tutti *.* Per come ce l'ho in mente il capitolo che più aspetto di scrivere (penso che sarà quello più smielato di tutta la storia =P) deve ancora arrivare...E cmq sono curiosa anche io di come la mia ispiazione si snoderà da adesso in poi....Spero solo che alla fine il risultato si apprezzato da voi e da te, mia cara e fedele lettrice!

Oltrettutto, vedi, anche io mi sono ritrovata a cambiare nick ;D

E come scordarsi della mia patata Ele!!! Carissima, non sai quanto sono felice che la FF ti piaccia! E già, è brutto che già si sappia il finale di questa storia comunque pazienza! Io mi sto divertendo un sacco a scriverla, anche se non ho molto tempo a disposizione adesso! Ovviamente i tuoi consigli e pareri sono più che graditissimi come quelli di tutti =)

Ok ragazzi ora vi lascio al capitolino sperando che vi piaccia!

Buona lettura ;)

Ps: a fine capitolo vi voglio porre una piccola domanda su una mia nuova storia ^^

CAPITOLO 8

Quando vidi che le prime luci dell’alba cominciarono a colorare il folto sottobosco, decisi di uscire dalla mia tana. Non appena mi ritrovai sul terreno umido e denso, notai che tutto ciò che mi circondava aveva assunto una sfumatura celestiale. Aveva nevicato quella notte, la prima nevicata dell’anno.

Alzai la testa al cielo e vidi i leggeri fiocchi di neve svolazzare trasportati dal vento. Ricordai che quando era più piccola io e Alice rimanevamo tutta la mattina in giardino a costruire pupazzi di neve, tirarci palle di neve e disegnare angeli sul prato imbiancato. Sussultai pensando che probabilmente non sarebbe più riuscita a vedere quella bellezza.

Scacciai l’ansia che mi legava lo stomaco e mi diressi in tutta fretta verso la grande casa bianca. Arrivato al possente cancello in ferro battuto, notai che le porte erano accostate. Entrai, preoccupato di chi potessi incontrare. Cosa era successo in mia assenza? Quella notte di leggeri batuffoli di neve aveva portato disgrazie annunciate oppure novità inaspettate?

Affrettai il passo spinto specialmente dalla curiosità. E se fosse successo qualcosa di irreparabile? Cosa avrei detto? Come mi sarei comportato?

Bussai nervosamente alla porta più e più volte. Dopo un’estenuante attesa, Virginia venne ad aprirmi la porta. Osservai i suoi comportamenti stanchi e affaticati; i suoi abiti erano ancora più usurati e sciupati e i capelli erano una massa indefinita di materia.

-Oh, Signor Byron! Buongiorno- farfugliò.

-Buongiorno Virginia. Come va?- domandai, cercando di non essere irruento. Sapevo che non tutto andava bene, lo percepivo. Cercai di apparire rilassato ma con una certa preoccupazione che mi dipingeva gli occhi.

-No, non va per niente bene- bisbigliò, abbassando lo sguardo e andandosi a sedere sul grande divano del salotto. La seguii aspettando una qualche spiegazione più esauriente.

-Christopher si sta riprendendo. Lentamente ma si sta riprendendo. La febbre continua a debilitarlo ma riesce a mangiare, a rispondere alle domande che gli poniamo. Insomma, reagisce…- lasciò la frase in sospeso. Guardò le abbagliati fiamme che provenivano dal caminetto e tirò su col naso. Incrociò il mio sguardo vivido.

-Alice…- scosse la testa. –Non si riprende. È sempre incosciente, urla nel sonno e farfuglia cose senza senso. Non sappiamo più cosa fare- sospirò, guardando le pieghe della gonna.

-E il medico, cosa dice?- chiesi, ormai sbigottito.

-Dovrebbe venire ancora durante la mattinata, ma lui non può fare niente. Nessuno può fare niente- mormorò.

Nessuno può fare niente. Queste erano le parole che mi rimbombavano nel cervello.

“Nessuno può fare più nulla. Nemmeno tu, Byron. Hai fallito, hai perso. È finita”. Mi sentii accusato. Gli occhi cominciarono a pizzicare e la mia vista si annebbiò.

Mi alzai in piedi, forse troppo velocemente per apparire umano, ma non mi interessai a quello. Dovevo fare qualcosa, mi ero ripromesso che non l’avrei lasciata andare per nessun motivo al mondo. Non avrei mai potuto darla vinta alla morte che bramava per portarla nelle tenebre. Mai.

Avrei combattuto al suo fianco per riportarla in vita. E se lei fosse stata troppo stanca per combattere, per struggersi per trovare una luce nel buio, avrei lottato io per lei. Avrei acceso io la luce che l’avrebbe riportata in vita.

-Virginia, vi ho promesso che avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarvi ed è quello che intendo fare. Non lascerò che qualche vostro caro si spenga in questo modo- urlai, in preda alla rabbia che l’impotenza mi trasmetteva. Virginia mi guadava con sguardo sconvolto: probabilmente non si aspettava una simile reazione da me.

-Ditemi, che posso fare? Ora, in questo momento voglio rendermi utile- implorai, inginocchiandomi davanti a lei.

-Bhe, non saprei…- mormorò, giocherellando con l’orlo del grembiule. La guardai ancor più intensamente.

Sospirò. –D’accordo- mormorò. –Margaret è andata a riposarsi e io sono parecchio stanca; Christopher sta riposando tranquillo, ma c’è bisogno di qualcuno che si occupi di Alice. Di sopra c’è la bacinella con l’acqua fresca. Se c’è qualcosa mi chiami, immediatamente-

-Grazie- mormorai e mi diressi verso le scale mentre Virginia si distese sul divano.

Raggiunsi i piedi delle scale e cominciai a percorrerle una per una, lasciando travolgermi dal flusso infinito di pensieri che mi gridavano di affrettarmi.

Come attratto da una forza invisibile, mi avvicinai all’ultima porta del corridoio. Presi un respiro profondo prima di abbassare la maniglia.

Quando aprii la porta lo spettacolo che mi si presentò davanti era spaventoso: le serrande di metallo erano abbassante e nemmeno un raggio della luce cristallina che colpiva la neve e rimbalzava tornando al cielo riusciva a penetrare l’oscurità. L’unica fonte di luce era una piccola lampada elettrica posata sul comodino accanto al letto.

Ai piedi di una piccola sedia in vimini si trovava la bacinella di metallo colma di acqua ghiacciata.

Notai che tutti gli intrattenimenti, i disegni e le bambole che la mia piccola tanto amava erano sparite. Al loro posto, si trovava solo l’oblio del nulla.

Lasciai che il mio sguardo si posasse sul letto sfatto che dominava la stanza. E la vidi.

Il mio piccolo angelo era riverso nel letto, sdraiata sulla schiena con una pezza umida sulla fronte. Boccheggiava in cerca d’ossigeno. Il suo petto si muoveva in maniera irregolare, insana. Il suo cuore era un mormorio talmente basso che lo sentivo perdersi nell’immensità della stanza.

Mi sedetti sulla sponda del letto e le tolsi dalla fronte il fazzoletto ormai accaldato. Le accarezzai la fronte con la mi amano di ghiaccio: era bollente. Presi il suo viso smorto tra le mani e lei sospirò di sollievo.

-Alice- sussurrai sull’orlo di quel precipizio chiamato dolore. Passai nervosamente le mie dita sul suo viso percorrendo le profonde occhiaie che le scavavano il viso, le sue guance cineree e il delicato naso che spuntava come la punta di un iceberg.

Provò a farfugliare qualcosa di incomprensibile, ma la gola riarsa le impedì di parlare. Provai a darle da bere un po’ dell’acqua che il bicchiere sul comodino conteneva. Trangugiò avidamente.

-Ho freddo- bisbigliò, aggrappandosi con le mani alla coperta e battendo forte i denti.

-Passerà, Alice, te lo prometto. Non sentirai più freddo- rassicurai. La febbre avrebbe smesso prima o poi di salire, no? Esisteva un limite dopo il quale la temperatura corporea avrebbe cominciato a scendere, vero?

Mi aggrappai alle speranze più assurde mentre passavo le mie mani morte sul suo viso ammalato. Le sfiorai la giugulare e sentii il sangue pompare indeciso, stanco, pronto a smettere da un momento all’altro. Strinsi forte i pugni cercando di concentrarmi su altro.

-Non vedo niente- gridò, portandosi le mani alla fronte e stringendosi le tempie fino a far diventare le nocche bianche. –Non vedo più niente!-

-Sssh- bisbigliai, togliendole le mani dalle tempie e posandole sotto le coperte. Non riuscivo a vederla in quello stato, non potevo. Mi domandai come avessi mai potuto pensare di abbandonarla in una situazione del genere. Provai disgusto per me stesso.

La strinsi tra le mie braccia, cercando di calmare il suo corpo irrigidito. La sua testa calda si posò sul mio petto e mi sentii come se il mio cuore avesse ricominciato a battere e il calore che emanava avesse cominciato disperdersi nelle mie viscere.

Dopo qualche singhiozzo di dolore, sentii il suo corpo ricadermi addormentato tra le braccia. Riposai la sua testa sul cuscino e la coprii con la coperta imbottita. Mi sdraiai al suo fianco e la avvolsi nella mia stretta innevata per tenerla al fresco. Il suo respiro accaldato cominciò a rimbalzare sul mio petto.

Alice. Mia piccola Alice.

Perché mi dovevi far vivere in quella sofferenza? Perché dovevo vederti in quello stato senza poter fare niente?

Non mi ero mai sentito più impotente. Stavo combattendo una battaglia ad armi impari: io e la morte in uno scontro faccia a faccia. In palio c’era la vita di Alice.

Sarei riuscito a vincere? Sarei riuscito a strappare via dalle mani avide della morte la vita di Alice? L’unica vita di cui mi interessava davvero?

Un urlo agghiacciate distolse la mia mente dai pensieri e mi riportò alla realtà.

Era Alice. Si era rannicchiata in posizione fetale e si premeva le mani sugli occhi talmente forte che pensai le avessero infilato due pungiglioni tra le palpebre.

La strinsi ancora di più a me e sentii gli occhi pungere come se mille api avessero costruito il proprio alveare all’interno delle mie iridi scure.

**********

Wow, ragazzi! se siete arrivati fino a qui i faccio i miei complimenti *Clap-clap*

Ok, questa è la mia domanda....Mi è venuta in mente una nuova storia e ho bisogno di sapere se può essere messa in pratica o se è solo una mia classica pazzia. Bene, questa sarebbe la presentazione....

Edward Masen aveva una sorella gemella. Marie Madeleine Masen. Questa, miracolosamente, si salvò dalla spagnola trasferendosi dagli zii in campagna. Ma cosa succederebbe se questa, una volta tornata in città, scoprisse che suo fratello è ancora vivo, in qualche modo?

Giù le armi ragazzi!!! Lo so, ripeto, lo so che ho più di un milione di storie attive però vorrei sapere se in un futuro prossimo prossimo potrà essere messa in pratica anche questa mia idea. Allora, che ne pensate? Aspetto le vostre recensioni sull'aromento ;) 

Ah, sono aperti anche i consigli titolo x questa FF...Al momento la mia fantasia è pari a zero! 

Sbizzarritevi e grazie per aver letto tutto quanto ^^

 

   
 
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