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Autore: baby80    20/09/2010    12 recensioni
La storia dei nostri amati Oscar e André attraverso lo sguardo di un personaggio delicato e silenzioso, che ci mostrerà tutto quello che non è stato detto e non è stato visto, tutte quelle parole e quei gesti che sono rimasti celati dietro ad un'ombra...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La primavera è giunta puntuale anche quest'anno, richiamata dalle invocazioni che le vengono rivolte, dagli uomini, quando il gelo ghiaccia la pelle.
Compare come fosse una regina, sicura e altera, seguita dai fedeli servitori.
Il tiepido sole, che tesse per lei manti di verde, su cui vi ricama, poi, ghirlande di fiori d'ogni colore.
Il vento, lieve, che ha il compito di allontanare, con grazia, le soffici nuvole che potrebbero oscurare il suo passaggio.
Ed infine, l'amore.
L'amore, che sussurra il proprio verbo alle orecchie degli amanti, e si posa, con tocco leggero, sui corpi delle vergini, così da ingolosirne la curiosità.
Anche qui a palazzo Jarjayes vi è profumo d'amore, come è sempre stato, lo si può capire dalla baldanza improvvisa dei giovani servi, o dal chiocciare di un gruppo di cameriere.
Mi sono domandata spesso quale fosse il vero significato dell'amore, ho ricercato risposte tra i miei amati libri, e il verde dei miei occhi, ma è difficile comprenderne l'essenza, vi sono troppe variabili, troppe venature, in una semplice parola.
È amore quello che si ricerca tra il sudore della carne, a ridosso di un muro?
È amore quell'istante di piacere che si fa sussurro e grida?
È amore quello che induce alla rinuncia pur di godere, anche con un sol sguardo, dell'oggetto della propria bramosia?
È amore tutto questo? O solamente lussuria e masochismo?
Ho udito di sovente disquisizioni in tal proposito, ma come avrei potuto chiedere spiegazioni o palesare il mio pensiero, se non mi è dato di proferir parola?
E se anche avessi potuto non l'avrebbero preso in considerazione, perché per loro, per le giovani donne della servitù, io non sarò mai in grado di comprendere tale argomento.
Ancora oggi, ogni tanto, odo i loro discorsi sussurrati alle mie spalle.

“Marie, sei lenta, cosa ti prende stamattina? Il tuo Gaspard ti ha stancata troppo questa notte?”
“Si Marie, raccontaci come è stato cavalcare quello stallone di Gaspard!”
“Shhhh, abbassate la voce... non vorrete sconvolgere la piccola Anais! Ahahah.”

La piccola Anais che si confonde con le ombre, la piccola Anais che lavora sodo senza mai prender fiato, La piccola Anais che mai nessuno scorge nel proprio aspetto dimesso.
La piccola Anais... se solo loro sapessero.

Per questo, tutto ciò che ho potuto fare è stato ascoltare, e comporre, pezzo dopo pezzo, quello che è divenuto una sorta di mosaico, nella mia testa.
Esistono varie forme di amore, o almeno è questa l'idea che mi son fatta.
Vi è quindi l'amore per convenienza, che in questa dimora ha fatto il proprio ingresso innumerevoli volte, ricordo ancora i volti compiaciuti dei conti che hanno preso in sposa le figlie del Generale Jarjayes, così come non potrò mai cancellare le espressioni di desolazione, sui visi di quelle povere ragazzine, a cui fu negato, per sempre, qualunqual'altro significato di quella parola, per loro non vi sarebbero state alternative, per loro l'amore sarebbe stato, in eterno, una luttuosa benda ad avvolgere gli occhi, e il cuore.
Vi è poi la passione che si finge amore per appagare la carne, e di questo tipo, tra le mura della servitù, ne sono nati molti, come funghi di fine estate, ed altrettanti ne sono morti, come fuochi fatui.
Ma esiste anche l'amore puro, quello che non comprende l'interessa materiale, ma che ha in sé il rispetto e la fiducia, ed è un amore raro che mai ho avuto la fortuna di vedere, ma di cui ho sentito parlare tanto, dalle vecchie governanti di questo luogo.
Sono amori differenti, storie dissimili, vicende che giungono da un passato che pare lontano ma che in realtà non lo è, perché i racconti che ci vengono narrati appartengono alla vita di Nanny e del suo povero marito, e dei genitori di André, che non sono poi così distanti dal nostro presente.
E allora mi domando, dov'è l'amore che tanto ho letto nei libri? Dov'è quella passione che strugge l'anima?
Esiste quell'amore che fa desiderare di vivere, e morire, nel medesimo istante?
Forse. A giudicare da ciò che ho scorto, qualche settimana addietro.

Era già tardo pomeriggio quando mi fu intimato, con poco garbo, di stendere le lenzuola pulite, prima del giungere del buio.
Camminai con passo lento per raggiungere il retro del palazzo, il cesto con la biancheria pulita poggiato sul mio fianco, e la mano destra a sorreggerlo pigramente.
Mi diressi in direzione dei fili in prossimità del giardino, su cui vi erano già posti dei panni, e fu in quel momento che udii dei suoni che mi erano ormai familiari.
Grida, di uomo e di donna.
Risate, di un uomo e di una donna.
Rumori di oggetti metallici scagliati uno contro l'altro.
Avrei potuto riconoscere quei suoni ovunque, e in qualunque luogo avrei affermato, perfino giurando sulla mia vita, che dinnanzi a me avrei scorto Oscar e André.
Oscar... so che dovrei chiamarla Madamigella Oscar, come si confà ad una serva, ma nella mia testa, dove solo io posso udire le mie parole, questo tipo di formalità è bandita.
Posai il cesto e mi feci strada tra i teli bianchi, richiamata dalle parole sussurrate, e dai respiri pesanti prodotti dallo sforzo di quello che immaginai fosse dovuto ad un affondo o al ritrarsi.
Ho imparato parecchio sulla scherma, in questi anni a palazzo Jarjayes, non ricordo nemmeno più le volte che mi sono persa ad osservare Oscar allenarsi con la spada, ma quel giorno vi era qualcosa di differente.
Oscar e André si allenavano con le spade, e come di consueto udii gli scherni che i due si rivolgevano di tanto in tanto, le solite parole nate per provocare una reazione che, se incastrata al momento opportuno, avrebbe abbassato il livello di attenzione dell'avversario.
E così successe, ma contrariamente a ciò che di norma accadeva, fu Oscar a cadere nella trappola.
Catturai il momento esatto in cui abbassò la guardia, fu questione di un battito di ciglia, ma tanto bastò per coglierla impreparata, ed un piede poggiato nel punto sbagliato, fece il resto.
Guardai il suo corpo perdere l'equilibrio e precipitare pericolosamente all'indietro, ero pronta a serrare gli occhi, in attesa di quello che si preannunciava come un brutto ruzzolone, ma le mie iridi me lo impedirono, quando videro qualcosa di inaspettato.
Oscar riacquistò quella lucidità e quella attenzione che poco prima aveva smarrito, e, con un gesto deciso, afferrò tra le dita il tessuto delle maniche di André.
Mi portai una mano alle labbra dischiuse, a placare un improbabile grido, io che non ero in grado di produrre alcuno suono, è bizzarro come sia l'istinto, a volte, a guidare le nostre azioni.
Perpetuai il mio peccato, spiando ciò che non avrei dovuto scorgere, nascosta dietro le lenzuola accentuai ciò che sono sempre stata, da quando venni al mondo, un piccolo fantasma che nessuno scorge.
Mi trovai, senza ch'io potessi impedirlo, a studiare la scena che mi si parò dinnanzi.
Oscar era stesa di schiena, gli occhi chiusi per il brutto colpo ricevuto, André le stava sopra, con i gomiti poggiati a terra, ad impedirsi di rovinarle addosso, anche se, il resto del corpo, poggiava pesantemente su quello di lei.
Altre volte mi capitò, come a molti abitanti di questa dimora, di scorgere egual scena, che vedeva il proprio finale giungere con una fragorosa risata dei due, e la riacquistata posizione eretta, ma non quel pomeriggio.
Osservai Oscar dischiudere gli occhi, ed incontrare, con uno sguardo fisso e privo di esitazioni, quelli di André, come mai le avevo visto fare.
Scostai i bordi del lenzuolo per riuscire a cogliere meglio ciò che stava accadendo, e fu in un battito di cuore che la vidi posare le mani sulle braccia di lui, ed insinuarsi al di sotto delle maniche prive della costrizione dei legacci, e risalire lungo gli avambracci, e più su, scoprendone la pelle tesa ed abbronzata.
Le mani di Oscar ruotarono attorno ai muscoli, in tensione nello sforzo di reggere il proprio peso, su di essi.
Notai chiaramente le sue dita tremare, come il corpo di lui, colpito da un sussulto di sorpresa, e le sue labbra, dischiudersi in un gesto di stupore.
Non vi furono parole, solo sguardi, e quel contatto così inatteso e stranamente ricercato, come non lo era mai stato, fino ad allora era accaduto per sbaglio, che i loro corpi si toccassero, ma in quell'istante, che mi parve lungo come l'eternità, fu lei che volle toccarlo, e mi parve di cogliere un tremito nel petto di Oscar, come un respiro convulso, quei tipici movimenti che accompagnano la paura, o l'eccitazione.
E non vi era paura in lei.
Rimasero uniti per un tempo che non potei calcolare, qualche minuto o un'ora intera? Non potrei affermarlo con certezza, ma posso dire che, sia l'uno che l'altra, godettero di quella vicinanza, ed io con loro, perché mi parve la cosa più naturale di questo mondo, come se fosse giusto, agli occhi, e al cuore, che vi fossero quei gesti tra loro.
È anche questo amore? Mi domandai quasi senza rendermene conto.
Mi ridestai dai miei pensieri quando quell'istante di inaspettato venne interrotto, e fu in un attimo che André fece slittare i palmi della mani, che poggiavano sull'erba, sotto la schiena di Oscar e, con un movimento deciso si riportò in piedi, trascinandosi lei al seguito, con una semplicità che mi ricordò, anche se non ve ne era bisogno, che nonostante gli abiti fossero uguali, lui, era l'uomo.
Esitarono un istante prima di sciogliere definitivamente quell'insolito abbraccio, lo fecero solo quando udirono un rumore, lo schiamazzo di un gruppo di servi, e allora raccolsero le proprie spade e si allontanarono, senza più sguardi né parole.


È notte oramai, quando, a piedi scalzi, mi trovo a rincasare sperando di non essere udita.
L'orlo della veste stretto tra le mani ed i capelli sciolti lungo la schiena, in una cascata di riccioli castani, che mai hanno visto la luce del giorno.
Sorrido ripensando all'amore, e alle parole delle cameriere, quando credono ch'io non posso udirle.
Sorrido immaginando i loro volti, se solo sapessero, che è il corpo della piccola Anais che i loro “stalloni” bramano, quando il buio prende il posto della luce.
Getto il mio corpo stanco sul letto, serro gli occhi e mi domando dove sia l'amore di cui ho tanto letto nei libri.
Ed ora, più di ieri, mi è facile darmi una risposta, perché ho scorto quell'amore, acerbo, flebile, piccolo, ma vivo.
Ho guardato quell'amore dritto negli occhi, steso su un manto di verde erba, e posso affermare, in piena consapevolezza, che esiste amore sotto un affetto fraterno, o un tremito, inaspettato, di passione.
E, anche se loro ancora non posso comprenderlo, io so.
Era amore ciò che ho visto in Oscar e André.
  
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