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Autore: SLAPPYplatypus    21/09/2010    1 recensioni
okay, lo ammetto. avevo già fatto una FF per "interpretare" American Idiot. ma l'ho riletta, e non mi piace per niente. proprio, zero. quindi ci ho riprovato. incrociamo le dita.
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Io sono il figlio dell'ira e dell'amore.

Jimmy lo pensava in continuazione, semplicemente non riusciva a togliersi quelle parole dalla testa. Ira e amore. Ecco, quelle due spiegavano tutto. Spiegavano il suo lunatismo, spiegavano la sua voglia di rompere ogni cosa che fosse a portata di braccio. Spiegavano il suo amore. Beh, il suo innamoramento con l'idea dell'amore.

Le pensava mentre tirava boccate dalla sigaretta scroccata ad un passante, le pensava mentre la gente lo squadrava per la strada. Le pensava mentre sentiva che qualcosa stava per cambiare.

Io sono il figlio dell'ira e dell'amore.

E non riusciva a non rapportare quel pensiero alle parole della madre, a ciò che gli aveva sussurrato, fissandolo negli occhi con un'ironia tagliente. Chi sei tu, Gesù seduto sul divano, per soffrire dei miei peccati? No, tu non eri Gesù. O forse sì. Eri un Gesù nuovo, avresti seguito una Bibbia tutta tua, che nessuno avrebbe mai ascoltato, che nessuno avrebbe mai capito.

Nessuno era mai morto nell'inferno per i tuoi peccati, per quanto ne potevi dire, e non c'era nulla di sbagliato in te, anche se quella puttana non l'avrebbe mai capito, e nemmeno la società.

Era così che tu dovevi essere, un diverso in una terra di copia-incolla, in una terra di finzione, disposta a credere a tutto, ma non in te. Tu eri un Gesù diverso, un Gesù che non sarebbe rimasto a guardare dall'alto mentre succedevano disastri e il mondo andava a puttane. Tu avresti cambiato il possibile. Ti saresti innamorato, ti saresti indebitato, ma alla fine, che importa? Avresti bevuto, ti saresti fumato qualche sigaretta e Mary Jane ti avrebbe fatto impazzire.

Ma questa era la tua vita, dopotutto. Avresti raccontato del parcheggio, quello al centro della Terra, all'incrocio della settima e della undicesima, dove avevi praticamente imparato a vivere. Dove il motto era solo una bugia. Casa è dov'è il cuore. Oh, ma dai. Andiamo, come può essere considerata casa dove è il cuore? Il cuore di ognuno batte in modo diverso, vuole cose diverse, è diverso. Il tuo stesso cuore sembrava diverso, proprio adesso. Era come se stesse battendo fuori tempo, un leggero battito nel momento di perfetto silenzio in mezzo ai battiti degli altri.

Beh, quella era pur sempre la città della morte, in fondo, persa alla fine di un'altra, ennesima autostrada, dove i segnali non conducevano mai dove promettevano; una città dei dannati, piena di bambini sperduti dalle faccie sporche, ma a nessuno importava. Tu leggevi i graffiti sulle pareti dei centri commerciali, ed era come leggere le Sacre Scritture della sopravvivenza, sembrava confessare che il centro della Terra era la fine del mondo. Ma a nessuno importava.

E, se a nessuno importava mai di niente, perchè avrebbe dovuto importare a te?

Ognuno era così pieno di merda, lì. Nata e cresciuta, accudita da ipocriti, e grazie molte. Una città piena di cuori spezzati, riciclati ma mai salvati dalla loro tomba. Ma voi, voi eravate i ragazzi della guerra e della pace, le storie e le discipline del nuovo Gesù di Periferia.

E chissene frega.

Intanto eri sempre tu, tu con lei, persi insieme in quello spazio, una via di mezzo tra il pazzo e l'insicuro. Persi nel vuoto. Ma nessuno è perfetto, eppure tutti accusavano te, e la tua scusa migliore era la mancanza di un mondo migliore.

Era come vivere senza respirare. Come morire in tragedia. Correre via, cercare ciò in cui si crede davvero. Tu correvi, oh, tu correvi più di chiunque altro, tu scappavi da quel mondo di merda, lasciandoti dietro quell'uragano di fottute bugie. Avevano superato la linea, tu avevi superato la linea, almeno un milione di strafottute volte. Ma non questa.

Tu non stavi facendo altro che correre, scappare dal dolore che ti aveva distrutto tanto, non dovevi scuse a nessuno.

Non sento nessuna vergogna, scusarsi non serve a niente.

   
 
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