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Autore: Dea Elisa    22/09/2010    1 recensioni
...e se quando troverò il coraggio di dirti che mi manchi, ormai sarà troppo tardi?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Antonio termina la medicazione in silenzio e serietà e tu non riesci a fare a meno di osservare ogni sua minima variazione di espressione, dalla più concentrata a quella meno tesa.

Slegata la benda, ti chiede se avverti dolore nel muovere la mano.

Ti limiti a borbottare qualcosa d’indefinito che non pendesse né dalla parte del sì né da quella del no.

 

“Credo sia una leggera slogatura.”

 

Credete? Fantastico.”

 

“È pieno di medici, là fuori, pronti a dirvi che avete due o tre ossa rotte, che dovete stare a letto una settimana, che come minimo dovete ingurgitare due varietà di gocce al giorno. Ma vi assicuro che non è così. Voi non avete niente, non dovete prendere medicine, non dovete chiudervi in camera.”

 

“Peccato che-”

 

“Che a dirlo sia io. E che se non mi credete quando somministro cure necessarie, a maggior ragione non potreste fidarvi di me per banalità di questo tipo.”

Una pausa di qualche secondo separa il suo intervento successivo: il tempo utile per leggere nel suo volto un pizzico di pentimento.

“Ora, col vostro permesso, vorrei congedarmi.”

Si alza in piedi e ti gira le spalle.

“Ah.”

Ora sei curiosa e vogli lo sguardo alla sua figura, così composta, così bella, così… perfetta.

“Ho trovato questa, a casa. L’avrete dimenticata."

Senza voltarsi del tutto, appoggia la tua lettera sul letto.

Ti senti sprofondare.

Ecco perché aveva così fretta di rincontrarti.

 

Inutile evidenziare che, anche senza un esplicito riferimento al destinatario sulla carta sgualcita, l’epistola fosse indirizzata a lui.

Abbassi il capo, bloccata.

 

Senti che sorride, ma non ne capisci il motivo: era forse derisione?

 

“È per quello che siete venuta, ieri, vero?”

 

No.

O almeno non del tutto.

“No, non è per quella” indichi la lettera con un cenno del capo.

Ma sai che non ci credeva, anche se eri sincera.

 

“È stato un raptus di follia. Quella che hai letto non è la vera Anna” come se avessi bisogno di essere giustificata.

 

“O forse lo è davvero.”

Sarebbe stato meglio non addentrarsi in dilemmi psicologici, ma probabilmente era quello il tuo attuale destino.

 

Trovo ora abbastanza inutile discorrere della mia personalità...

“Forse” lo assecondi infine non terminando nemmeno la formulazione mentale di ciò che volevi pronunciare.

 

E se finisse il mondo?

Antonio, torneresti da me?

 

S’incammina verso la porta, la borsa in mano.

 

Se oggi fosse l'ultimo della nostra esistenza?

Se domani incontrerai un'altra donna, se domani-

 

“A cosa state pensando?” si rivolge ancora a te, una mano sulla maniglia, i piedi improntati a uscire.

 

Non riesci a rispondere con l’abitudinale prontezza.

“A tante cose” risolvi quindi. Il giusto compromesso per evitare una brutta bugia e soprattutto per infondere in lui un minimo di curiosità.

 

“Non ne volete parlare, vero?”

 

“Come siete sfacciato. Prima credete di sapere tutto di me e di quello che penso di voi, poi mi chiedete di rivelarvi ciò che mi passa per la testa?”

Alzi il capo affinché tu potessi guardarlo finalmente negli occhi. “No, non ne voglio parlare! Esiste forse una risposta alle mie domande?”

 

“Non lo so. Ma voi sareste disposta a cercarla?”

 

Annuisci, anche se ancora non capivi dove volesse arrivare.

 

“Se io mi trasferissi in una città lontana, mi cercheresti ancora?” ipotizza.

 

“No” rispondi d’istinto. “Avreste un’altra vita. Altre donne tra cui scegliere. E vi dimentichereste di me.”

 

“Voi siete troppo poco egoista, sapete?”

 

“C-come scusate?”

 

“Siete tremendamente presuntuosa, non ascoltate mai nessuno, non vi fidate di nessuno, disprezzate l’operato altrui, però non potete negare che non vi stia a cuore la felicità di chi vi sta intorno.”

 

“Ma che dite…”

Forse lo eri, ma vent’anni fa.

Non si possono comparare vite, famiglie, comportamenti di due età così diverse.

Adesso non t’importa più di nessuno: inchioderesti al muro quella serva di cui si è invaghito tuo fratello, faresti sposare Fabrizio con la prima nobildonna dei salotti di Torino e segregheresti tuo marito nel suo palazzo, lontano da giochi d’azzardo e donne.

Ma soprattutto lontano da te.

 

“Io, vostra madre, vostra figlia, vostro marito, vostro fratello... ma quanto aspetterete prima di pensare un po’ a voi stessa?”

 

Ti alzi in piedi di scatto, e lo raggiungi.

“Io sono cambiata. Non sono più quella donna che state descrivendo.”

 

“Dalla vostra lettera sembrava il contrario.”


“Vi ho detto di dimenticare quelle parole.”

 

“Allora perché le avete scritte e avete voluto che io le leggessi?”

 

“Dio, Antonio, non l’avete ancora capito?”

 

Ti prende una mano e ti trascina accanto a lui.

 

“Sono una donna spregevole, che non si merita niente da nessuno. Ecco perché mi avete lasciata: avevate capito come veramente sono. Perciò non mi lascio suggestionare dalle vostre bugie…”

 

“Non rivangate il nostro passato. Quel che è successo non è dovuto a questo.”

 

“Avete paura di parlarne, vero? E invece io ne parlo, e potrei continuare per mesi” appoggi un dito contro il suo petto, “di noi, di com’eravamo, di lei. E ti assicuro che non potrà mai più tornare come prima, perché non siamo in un libro dove il protagonista può interrompere una lite furiosa baciando la sua bella e cancellando per sempre ogni rancore, e perché se anche cascasse il mondo, io-”

 

Ti chiedi se davvero ti stesse baciando, e se ti tenesse per la schiena, e se ti stesse sciogliendo i capelli lasciando tintinnare le forcine a terra come una cascatella di grandine.

 

E al diavolo tuo marito, le convenzioni, le leggi, la moralità, i rimorsi, gli errori, le paranoie.

 

Non fu complesso disfarsi della tua veste da camera, che scivolò giù da sola ai tuoi piedi.

La scavalchi con le mani fisse sulle spalle di Antonio il quale continuava a baciare ogni angolo del tuo viso.

Finite sul letto, a carezzarvi l’un l’altro, a spogliarvi di quel che c’era rimasto, a giurarvi una seconda volta amore eterno mentre la luna avanzava nel cielo.

 

Ma questa volta, ti dici prima di addormentarti, non l’avresti lasciato mai più.

Cascasse il mondo.

 

Fine.






   
 
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