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Autore: ribrib20    23/09/2010    1 recensioni
"Un dio immortale non può innamorarsi”. Può una storia d’amore superare ostacoli come l’eternità e la morte?
Questa storia è arrivata ultima al contest "Il cielo sopra Berlino" indetto da hotaru.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un nuovo giorno stava iniziando.

Il sole si stagliava alto nel cielo, illuminando con la sua luce tutto ciò che i suoi raggi incontravano sul suo cammino: alberi, case e strade venivano colte dai caldi barlumi che annunciavano l'inizio di un nuovo giorno.

C'era solo silenzio nelle strade e la foschia calata nella notte stava sparendo; camminando senza una meta precisa, Amore poteva godersi quella pace, annusando gli odori del pane appena sfornato che presto sarebbe andato ad occupare i banconi dei negozi, la leggera brezza mattutina che faceva venire piacevoli brividi sulla sua pelle candida.

Si beava di quella meravigliosa calma che faceva sembrare l'intera città disabitata: come se il tempo in essa si fosse fermato.

Tutto ciò, così diverso dal caos che regnava su, nei cieli dai quali lui veniva, era fonte di benessere per il giovane dio.

Il suono delle campane, con conseguente volo delle colombe che si erano posate sul campanile "che scenario romantico" mise la parola fine su quel breve momento idilliaco. La piazza del duomo iniziò a riempirsi e così tutte le strade della città. Ovunque vi erano persone, risa, colori e odori. Anche nella piazza del mercato, dove Amore era solito incontrarsi, da un po’ di tempo a questa parte, con lei, quella giovane ragazza che l'aveva incantato, era piena di persone che urlavano, ridevano e barattavano preziose stoffe con denari o quant'altro.

Arrivato al punto d'incontro, il giovane si fermò e guardandosi attorno attese di vedere tra la folla la bionda figura che si avvicinava.

"Dove sei, incantevole fanciulla, mio adorato angelo?" La chiamava dentro di sé, sperando che lei rispondesse al suo richiamo. Ed eccola, come per incanto, farsi strada fra tutte quelle persone e raggiungerlo: aveva il fiatone, poverina, poiché per non arrivare in ritardo aveva corso da casa sino a qui.

<< Scusa il ritardo. >> disse, mentre cercava di riprender fiato.

Le sorrise dolcemente, scostandole un ciuffo di capelli finitole davanti agli occhi: << Non preoccuparti.  Sono appena arrivato anche io. >> le rispose, per poi prenderle la mano e stringerla delicatamente con la propria, per poi avviarsi via, lontani dagli occhi indiscreti di quelle giovani donne che un tempo furono sue amanti e che ora osservavano con occhi invidiosi i due, perché essi erano legati da un'invisibile forza chiamata amore.

Ma nessuno dei due se n'era ancora accorto. Andavano via, lontano da tutto e tutti e trascorrevano le giornate a parlare del più e del meno, a scherzare (a dire il vero più lui scherzava, più lei lo rimproverava per qualcosa. E allora lui rideva ancor di più, abbracciandola, mentre lei rossa in viso, gli diceva che era un dio stupido.).

Anche quella giornata non era diversa dalle altre, perché lei come al solito stringeva a sua volta la mano del dio, timida e poi gli chiedeva: << Dove andiamo? >> e allora lui le sorrideva e posandole l'indice della mano libera sulla punta del naso, le diceva che era una sorpresa, e che l'avrebbe scoperto solo una volta arrivati. E rideva, quando lei ogni volta metteva su un'espressione curiosa, come di un cucciolo di animale, che al giovane risultava essere molto buffa... lui

rideva e l'unico risultato che otteneva era il finto broncio di ella.

 Finto, certo.

Perché entrambi sapevano ormai che quella della fanciulla era solo una corazza, ma che in realtà lei era la prima, a divertirsi alle battute del dio.

 Era lei la prima a diventare rossa ed imbarazzarsi, quando lui le cingeva la vita e le carezzava il collo con le labbra.

Passeggiavano per le vie della città, salutando le persone che incrociavano, ignorando gli invidiosi e osservando il mondo andare avanti.

Lei sorrideva sempre.

Non apertamente, certo. Non era quel genere di persona.

I suoi erano sorrisi appena accennati. Difficile per chi non la conosceva, dire se era felice o triste, allegra o arrabbiata. Ma per Amore quella giovane fanciulla non aveva più segreti. La conosceva ormai da un mese, ma mai come con nessun altro, lui si sentiva bene.

Mai come a nessun altro, il dio confidava le sue emozioni, le sue paure e le gioie.

Con lei stava bene, davvero.

Molto più di quel che credeva.

E più andavano avanti, più si rendeva conto di provare qualcosa di diverso per quella giovane umana (perché lui, oh, non si era scordato della differenza che correva tra di loro e di sicuro anche lei era cosciente del fatto che la loro era una felicità effimera, che presto sarebbe finita. Ma entrambi preferivano non pensarci e godere l'uno della compagnia dell'altra fino al momento in cui, inevitabilmente, avrebbero dovuto separarsi per sempre.) che si era fatta strada nel suo cuore modestamente, al contrario di tutte le fanciulle da lui incontrate sino a quel momento.

Il suo atteggiamento così apparentemente scontroso l'avevano attirato e l'avevano spinto ad indagare (cosa assai nuova, per uno come lui, che dei sentimenti altrui non si era mai curato più di tanto) più a fondo, scoprendo ciò che non avrebbe mai voluto sapere: delle divinità, divinità come lui!, le avevano fatto del male. E lei in reazione a quanto accaduto aveva iniziato ad odiare tutti loro. Sentire queste parole, legate ai pianti e alle urla della giovane, l'avevano convinto che ella diceva il vero e il vedere quella donna che all'inizio si era mostrata tanto sprezzante ma che in quel momento gli pareva fragile come una castello di sabbia tormentato dal vento, fece crescere in lui la voglia irrefrenabile di abbracciarla e dirle che sarebbe andato tutto bene.

Come due normali esseri umani che scoprendo di amarsi, non possono più fare a meno dell'altro.

E da lì era iniziato tutto: si vedevano ogni giorno, tutte le volte che potevano e andavano in giro. Non importava dove. L'importante è che fossero assieme.

Ogni volta lui la portava in un luogo diverso e quello non era certo un giorno diverso: l'aveva guidata in un angolo di spiaggia isolato da tutto il caos cittadino e lei, dopo la faccia meravigliata e felice, l'aveva abbracciato (cosa che non faceva mai di sua iniziativa, poiché troppo timida per farlo.

O forse solo perché voleva mantenere un briciolo del suo atteggiamento duro,quello che la caratterizzava e che lui trovata così delizioso) e dopo essersi tolta i sandali era corsa in riva al mare a giocare con le onde, mentre lui si sedeva sulla sabbia e la osservava correre e ridere mentre l'acqua fresca  le bagnava i piedi.

Lui non faceva nulla.

Si limitava ad osservarla e sorridere.

Felicità. Questo è quello che provava stando con lei. Nient'altro che felicità.

E per la prima volta in vita sua si sentiva davvero vivo. Passando il tempo con lei si accorgeva di quante cose avesse dato per scontato fino a quel momento.

<< L'acqua è molto fresca oggi. >> e la voce della ragazza interruppe il flusso dei suoi pensieri, riportandolo alla realtà.

<< Davvero? >> le chiese lui, sorridendole e allungando una mano che lei afferrava senza esitazione, per poi sedersi al suo fianco, a guardare i riflessi del sole sul mare calmo di Agosto.

<< Sì. Dovresti venire. Non ti annoi a stare sempre qui seduto a guardarmi? >>

<< No. A guardarti ridere felice non mi annoierà mai. >> e le sue guance si tingevano di rosso, come accadeva ogni volta che il dio le faceva un complimento o semplicemente diceva qualcosa di carino "probabilmente non è abituata a queste cose" si era ritrovato a pensare la prima volta che capitò una cosa simile e subito scoprì di avere ragione: ella non aveva mai ricevuto complimenti o cose simili.

Era sempre rimasta isolata e non si poteva certo dire che fosse una chiaccherona. Questo l'aveva portata a non avere molti amici.

<< Stavo pensando ad una cosa. >> disse il dio, guardandola.

<< A cosa? >> volle ovviamente sapere lei, che anche se continuava a mantenere quel cipiglio duro (che solo con lui abbandonava) aveva comunque la curiosità tipica delle fanciulle della sua età.

Il dio le sorrise di nuovo, prima di stringere ancor di più la sua piccola mano, portandosela alle labbra, baciandogliela per poi riportarla al suo posto, appoggiata sulla spiaggia dorata:<< Non ti piacerebbe vivere da immortale? >> le chiese.

Lei lo guardò confusa da una domanda così inaspettata. Tutto si sarebbe immaginata tranne che una simile domanda. Pensò che fosse l'ennesimo scherzo del dio (mai avevano affrontato l'argomento immortalità) ma lo sguardo serio di quest'ultimo le fece capire che non era più tempo delle risa e degli scherzi. Era il momento di affrontare un argomento spinoso e di sicuro di non facile risoluzione.

<< Non ti piacerebbe diventare immortale? >> ripeté ancora una volta il dio, scrutandola.

Lei si sedette al suo fianco e sospirando, spostò lo sguardo dritto verso l'orizzonte davanti a sé.

Furono attimi di silenzio carichi di tensione, nei quali ambedue pensavano all'importanza del momento.

Cosa avrebbero fatto?

Amore avrebbe trovato il coraggio di superare la morte della fanciulla?

Sarebbe stato in grado di innamorarsi di qualcun altro, dopo la sua morte? O sarebbe tornato tutto come prima?

Domande cui era difficile trovare risposta.

Forse perché questa era troppo dolorosa.

Forse perché, semplicemente, non c'era.

E loro lo sapevano bene.

Fu la voce ferma della giovane a interrompere il flusso dei loro pensieri: << No, non mi piacerebbe. >> Disse lei, senza tanti giri di parole, e a questo il dio non poté fare a meno di sorridere: dare risposte così schiette era davvero da lei. Tuttavia il sorriso scomparve subito, non appena ella continuò con il suo discorso: << Se essere immortale vuol dire perdere di vista le cose importanti, se significa soddisfare solo bisogni materiali, dimenticando il significato di cose come l'amore, l'affetto... se essere immortale vuol dire andare avanti eternamente, escludendo gli altri dal proprio mondo, se significa restare soli... diventare aridi... no, non voglio vivere da immortale. >>

Lui la guardò per un attimo, interdetto. Gli aveva forse appena dato del superficiale? << Pensavo che non lo pensassi più... >> disse, con un filo di voce mentre piano tornava a guardarla. << Semplicemente dico che gli immortali vivono per sempre e come tali possono andare avanti per sempre, assaporare i piaceri della bella vita, conoscere persone, visitare paesi... hanno tutta l'eternità per fare quello che vogliono. Invece noi mortali abbiamo così tanti sogni, e così poco tempo per realizzarli. >> << E per questo li invidi? >> chiese ancora lui. Ma già sapeva quale sarebbe stata la risposta: << No, non li invidio. >> Si girò di scatto, guardandola con sorpresa "pensavi ti rispondesse di si, vero? Eh, a quanto pare questa ragazza non smette mai di stupirti eh?" e a questo pensiero non poté fare a meno di sorridere, mentre con una mano le faceva cenno di andare avanti a spiegare << Non vi invidio. Perché avete tutta l'eternità per fare ciò che volete è vero. Ma man mano che andate avanti e vedete la vita scorrere, le persone morire, mentre voi restate sempre giovani e immortali vi viene voglia di piangere. Ma quando anche le lacrime vengono meno, l'unica cosa che vi resta è la solitudine. E quando anche quella non c'è più, iniziate ad abituarvi a questa vita, se così si può ancora chiamare, e diventate...vuoti. Perché quando non hai più lacrime, né dolore... quando se ne va anche la solitudine, l'unica cosa che vi rimane è... il vuoto.  Ed è proprio per questo che desidero tenermi la mia vita da piccolo mortale e viverla al massimo, senza precludermi nulla... Forse perché so che presto la mia esistenza avrà fine...e proprio per questo voglio assaporare ogni attimo, ogni momento, come se fosse l'ultimo... voi immortali avete l'eternità per farlo. Noi no. >>

Il dio rimase ad ascoltare in silenzio.

Nella voce della giovane non c'era traccia di timore. Né di dolore. No, non erano quelli i sentimenti che governavano le parole della fanciulla, ma era qualcosa di molto più profondo. Qualcosa che il giovane dio non riuscì a cogliere subito.

Intanto il silenzio continuava senza che nessuno dei due facesse niente per interromperlo.

Si sentiva solo il rumore delle onde del mare che andavano a bagnare i piedi nudi della fanciulla.

<< Ti sei arrabbiato? >> chiese ad un certo punto ella, mentre con una mano andava a sfiorare, timida, la spalla del giovane dio, in una carezza lieve, come il suono della sua voce, ridotta ad un sussurro. Aveva forse paura di averlo offeso con le sue dure parole? Ancora una volta, amore non poté non sorridere a quella particolare fanciulla che era riuscita ad incantarlo già dal primo giorno. Dura e fredda all'apparenza, sapeva sciogliersi come neve al sole se ne aveva l'opportunità.

Era così dolce...

E bella.

Così meravigliosa che il ragazzo non resistette e si dovette avvicinare a lei per sigillarle le labbra in un candido bacio. Inutile dire che il gesto sorprese molto la fanciulla, che di tutte le possibili reazioni, quella era senza dubbio quella che si aspettava di meno.

E mentre le sue guancie si coloravano di rosso lei imbarazzata si alzava, mormorando che era ora per lei di andare. E poi si girava, per correre via, scappare, sotterrarsi per l'imbarazzo sempre crescente. "E' stato troppo per il tuo orgoglio, piccola ninfa?" pensò il dio, che per non farla scappare le prese la mano e poi la tirò piano, senza tirare eccessivamente, verso di sé, per poi stringerla in un abbraccio.

<< Ehi, che fai... scappi? >> le chiese, mentre con una mano andava ad accarezzarle i biondi capelli.

Tutta la malinconia di prima stava svanendo, per lasciare lo spazio ad un'altro sentimento, ben più forte e radicato nel loro cuore.

<< Io... >> mormorò piano lei, ora stretta tra le braccia del giovane.

<< Scappi da me? >>

<< Scusa. Io ... io sono ... imbarazzata … >> confessò ella mentre piano si rilassava al tocco delle dolci carezze di Amore, lasciandosi andare e godendosi tutte quelle attenzioni tanto a lungo ricercate e mai trovate.

<< Imbarazzata? >> chiese lui, sorridendo <> domandò ancora, questa volta posandole un piccolo bacio sulla testa, cosa che fece nuovamente fremere la giovane tra le sue braccia.

Non poteva vederlo, poiché il suo bellissimo viso era nascosto nel petto, ma il dio poteva immaginarlo: tutto questo la imbarazzava parecchio. "E sicuramente ora le sue guancie saranno tinte di un tenero rosa" e immaginandolo soffocò uno sbuffo tra i capelli biondi. << Sì, molto. Sono dannatamente imbarazzata! >> ammise lei, imbronciandosi un poco cosa che la rese ancor più tenera, agli occhi del dio << Un dio..un dio mi ha baciata e io... oh...non credo mi riprenderò facilmente! >>

 << Allora aspetterò che tu ti sia ripresa. Ma avvisami quando ciò avverrà... perché ho una voglia matta di baciare le tue labbra, le tue mani e il tuo viso >> disse Amore, prendendole la mano e portandosela alle labbra sorridenti, mentre lei alzata lo sguardo e lo guardava, rossa in viso, ma con un lieve sorriso sulle labbra: sorriso che non sfuggì all'occhio attento del ragazzo, che sorridendo ancora le posò la mano libera sulla morbida guancia, e avvicinandosi al suo orecchio, le sussurrò: << Sei felice? >>

<< Sì >>

Rispose ella, senza un attimo di esitazione. E questa volta fu lei a prendere di sorpresa il dio, alzandosi in punta di piedi e baciandolo delicatamente sulle labbra, per poi confermare quanto detto in precedenza: << Sì. Sono felice >>.

   
 
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