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Autore: Charlize_Rei    13/12/2003    3 recensioni
Bellatrix Lestrange... quasi tredici anni rinchiusa nella prigione di Azkaban... Una mente forse rifugiatasi nella follia. L'adorazione incondizionata per il Signore Oscuro, affamato di potere e, soprattutto, di anime... fino a quando l'incontro con colui che tutti i Mangiamorte considerano il Traditore cambierà radicalmente le vite di molte persone, innescando una serie imprevedibile di eventi che trascineranno il mondo magico in una Seconda Guerra, il cui esito dipenderà sia dalle scelte fatte sia, in eugual misura, da quelle non fatte. Le carte si mescoleranno, la parete che separa i nemici dagli amici si farà sempre più sottile. E mentre Voldemort si avvicina all'immortalità, c'è chi lotta senza sosta per impedire l'inizio della fine.
Genere: Dark, Drammatico, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Luna Lovegood, Remus Lupin, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Disclaimer: Bellatrix Lestrange e gli altri personaggi che compaiono in questa fanfiction sono proprietà di J

Disclaimer: Bellatrix Lestrange e gli altri personaggi che compaiono in questa fanfiction sono proprietà di J.K. Rowling e di editori come Bloomsbury, Bros, Salani. Nessuna violazione del copyright si ritiene pertanto intesa.

 

IMPORTANTE: Per espliciti riferimenti alla violenza e alla morte, si consiglia una lettura a maggiori di anni 14. Grazie.

 

“Tremilaseicento volte in un’ora, il Secondo

bisbiglia: - «Ricordati!» – Con quella sua voce

da insetto, Ora dice: «Sono già Allora, e veloce

ti ho pompato la vita col pungiglione immondo!»

 

Remember! Souviens-toi! sciupone! Esto Memor!

(parla tutte le lingue la mia gola metallica)

Sono sabbia i minuti, spensierato mortale,

da non lasciare scorrere senza cavarne oro!

 

Ricordati che il Tempo è un giocatore ingordo

Che vince senza barare ad ogni mano! È la legge.

Ricordati! Il giorno decresce; la notte aumenta;

l’abisso ha sempre sete; la clessidra si svuota”.

 

Charles Baudelaire, da L’Orologio, Les Fleurs du Mal

 

 

Questo capitolo è stato scritto sulle note di Goin’ Under, degli Evanescence, e l’ultima parte della colonna sonora del Signore degli Anelli (Le due Torri, la battaglia al Fosso di Helm). E’ dedicato in particolar modo a Ida59, Nachan, Amechan (che ha avuto la titanica pazienza di leggere tutti e nove i capitoli di fila!) come particolare ringraziamento per i loro commenti stupefacenti, così intimamente toccanti da lasciarmi commossa.

L’atmosfera di “realtà deformata” è invece dovuta all’influenza di Matrix, un film, un capolavoro… l’Odissea di un’anima.

 

 

Geenna et Regnum Caeli

- Il Fuoco dannato ed il Regno del Cielo -

Parte terza

 

 

Ormai il dolore che lo percorreva istante dopo istante, ora dopo ora, giorno dopo giorno, era diventato qualcosa che si era così compenetrato con la sua anima da essere declassato allo “scomodo e fastidioso”, piuttosto che essere avvertito come l’inumano fuoco ustionante che non cessava di tormentarlo. Il suo spirito aveva finito con l’abituarsi alla sopportazione di quella sofferenza torrenziale che esigeva da lui la più piccola scintilla di energia. Eppure…

Eppure esisteva un modo per far cessare una tortura che era cominciata poco dopo la sua risurrezione… quel corpo, quell’assemblaggio di carni che di natura umana aveva ben poco, si era rivelato un involucro fragile, una materia non adatta ad accogliere uno Spirito così sconfinatamene potente come il suo, che aveva trasceso le colonne d’Ercole dell’umano per approdare ad una condizione unica, inconcepibile per la mente pur sempre limitata dell’uomo, una dimensione preclusa al resto dell’umanità tutta. Una dimensione che aveva fatto sua, diventandone il Signore incontrastato.

Aveva poteri che rasentavano l’illimitato, gareggiando con Dio, ma un corpo troppo debole per poter sopportarne il peso. Tutte le volte che la sua mano pallida, stringente una scura e sottile bacchetta, si sollevava per compiere un incantesimo, qualcosa di quella carne bianca, di quel sangue che gli inondava gli occhi dalle pupille affilate, finiva inevitabilmente con consumarsi, col perire, crepandosi e sbriciolandosi sotto il fardello insopportabile della sua stessa magia.

Non gli ci era voluto molto per capire che quell’involucro sottile avrebbe finito per lacerarsi come una carta intrisa d’acqua.

Per assurdo, il corpo che avrebbe dovuto renderlo intramontabile stava declinando dietro l’orizzonte del caduco. Il suo spirito aveva bisogno di essere accolto in qualcos’altro, una dimora stabile, forte, solida, che avrebbe sorretto, come sulle spalle di un titano, quel potere sconfinato, ormai divenuto il fuoco che l’aveva fatto rinascere, che lo manteneva in vita.

Quella dimora era custodita nel tiepido grembo di Bellatrix Lestrange.

Aveva sentito la nuova vita formarsi in lei ancora prima che la donna se ne accorgesse.

All’inizio un sussurro, appena un bisbiglio modellato su labbra sottili, che poi si era trasformato in un brontolio sempre più intenso, sempre più pressante, fino a tramutarsi in un vociare turbolento e incessante che aveva finito per gridare a squarciagola. Quella vita era ciò di cui aveva bisogno, quel potere immenso che aveva avvertito aleggiare su Bellatrix, irraggiarsi da lei, sconfinare fin quasi nel sovrumano. Un corpo fatto di carne, ossa e sangue, ma capace di accogliere il Potere del Signore Oscuro come se fosse il tassello mancante per completare l’intricato mosaico della sua inimmaginabile Energia… sarebbe diventato l’Unico ed Incontrastato, e avrebbe obliterato Potter, Dumbledore e la feccia dei Mezzosangue dall’intero Cosmo.  

Per questo doveva trovare Bellatrix e la sua progenie, ad ogni costo.

Era stanco di quella guaina sottile che l’avvolgeva, scarnificata dalla sua stessa magia, destinata a consumarsi lentamente in atroci spasmi che avrebbe potuto sopportare ancora per poco.

E chiunque, chiunque avesse solo tentato di impedirglielo, avrebbe pagato un prezzo altissimo, che gli avrebbe fatto rimpiangere mille e mille volte di non essere mai nato.

Qualunque essere vivente sulla faccia di questo stupido sasso… a cominciare da Severus Snape.

 

Si.

 

Perché Snape sapeva.

E l’aveva ostacolato…

Non si sarebbe mai accontentato di vederlo morto, neanche dopo avergli fatto patire millenni di sofferenze…

 

L’entrata dell’alta e snella figura di Lucius Malfoy lo distolse dai suoi pensieri arroventati. Il biondo Mangiamorte si inginocchiò devotamente ai suoi piedi, i chiari e sottili capelli a sfiorargli la fronte pallida, e baciò l’orlo della sua pesante veste scura.

Quando gli diede il permesso di alzasi, gli occhi tratteggiati d’argento dell’uomo gli rivelarono subito che Malfoy aveva scoperto qualcosa di interessante.

Le sue labbra esangui fremettero di soddisfazione.

 

Lucius Malfoy gli era sempre piaciuto. Il suo viso affilato, quasi a evidenziare la sottigliezza della sua mente, gli avevano rivelato che aveva a che fare con un uomo dalle molteplici apparenze… un umano capace di recitare magistralmente diverse parti, scivolando dall’una all’altra come se si sfilasse una maschera e ne indossasse una seconda con un incredibile naturalezza, restando autentico soltanto sotto il suo sguardo. Dietro i suoi occhi luminosi e altrettanto freddi riusciva a scorgerne la vera personalità.

E quello che aveva visto l’aveva piacevolmente sorpreso.

- Si, Lucius – sussurrò con un filo di voce talmente tagliente da risultare letale come una sciabolata.

Il biondo Mangiamorte accennò ad un sorriso, gli angoli delle labbra sottili piegati verso l’alto in maniera diseguale.

- Ho riflettuto su… un dettaglio, Mio Signore, e penso che potrebbe essere importante – disse, le dita della mano destra che stringevano con forza l’elegante bacchetta. Il suo corpo slanciato, avvolto nelle scure vesti dei Mangiamorte, parve fremere appena di un’impazienza che trapelava dalle linee tese del volto avvenente.

- Un dettaglio… - mormorò lui, soppesando accuratamente ogni sillaba – il Mondo si regge sui dettagli, Lucius. Dimmi quello che hai scoperto -

 

Gli occhi d’argento liquido dell’uomo scintillarono sul pallore diafano della sua pelle perfetta, mentre la paura che Lucius provava innegabilmente nei suoi confronti si confuse con l’eccitazione del predatore nel momento in cui si rende conto di aver stretto nell’angolo la propria preda.

 

Senza darle alcuna via d’uscita.

 

 

……………………………………………………

 

 

Percorsero l’interminabile navata centrale della cattedrale di ossa quasi correndo. I loro passi frettolosi ticchettavano sulle scapole sporgenti incastrate a formare il pavimento in uno stridio raccapricciante. Erano due figure opalescenti che si spostavano in un universo a sua volta popolato di spettri, ma dal rumore dei loro piedi sembrava che la loro materialità non li avesse abbandonati un solo istante. Con la coda dell’occhio, Bellatrix scorse Severus Snape, che la seguiva così da vicino da poter essere annoverato alla sua ombra. Il suo volto - o perlomeno, l’immagine di esso - parzialmente illuminato dalla luce rossastra che permeava l’ambiente, mascherava abilmente i suoi veri sentimenti che tuttavia quegli occhi scolpiti nel basalto non riuscivano a tener segregati troppo a lungo dietro la maschera marmorea delle apparenze. Semplicemente, Snape era troppo abituato a non lasciar trapelare quello che gli si dimenava turbolento nel nucleo dell’anima.

Dovevano tirarsi fuori da quel Mondo che sembrava sgretolato dall’Assurdo, l’unico, assoluto monarca, creato dal potentissimo ed atroce incantesimo che l’Oscuro Signore aveva scagliato sul suo ex-servitore… anche se gli effetti fisici erano stati solo parziali, il maleficio, per quanto concerneva la psiche, aveva funzionato maledettamente bene. Lui aveva condannato la brillante mente di Severus a vegetare prostrata dall’orrore fino alla fine dei tempi.

O almeno, così sarebbe successo, se non fossero intervenuti loro… i suoi figli, tramite lei.

 

 

Quel giorno, non appena aveva avvertito che le vite da lei protette erano due, nell’istante in cui aveva capito che erano due gemelli, qualcosa si era dipanato attraverso la sua coscienza allibita, un potere così forte da farle tremare le ginocchia . Si era dovuta sedere per non crollare a terra, quasi oppressa da quell’aura potentissima che sembrava averla circondata, una pesante coltre di pura energia che l’aveva avviluppata, facendola sentire come l’anima di una sottile ed eterna candela dalla fiamma inesauribile…non aveva mai avvertito un potenziale così alto in nessun angolo del pianeta, neanche le molte volte in cui si era trovata in presenza del Lord Oscuro… Era indubbio che Lui possedesse un potere tale da spazzare via in un istante qualsiasi entità si fosse frapposta tra Lui e la sua meta, ma quello che aveva sentito irradiarsi da lei e da quei due cuori che battevano all’unisono trascendeva così completamente la mera dimensione umana che le sembrava aver gettato un ponte tra il mondo degli uomini e le intelligenze angeliche. Quando l’aveva realizzato, un cielo trapunto di stelle, un’immensa volta color cobalto si era squarciato davanti ai suoi occhi, ed il suo sguardo, solo per un istante, aveva accarezzato il futuro.

L’immagine evanescente di due esseri umani, di quell’età privilegiata che contempla lo sfumare dell’adolescenza nel fiore della giovinezza, si era formata in quell’oceano picchiettato d’oro. Per un istante breve come un battito di ciglia, le due creature più belle che lei avesse mai visto – o addirittura la loro anima, non sapeva con certezza - erano comparse. Così simili tra di loro, eppure, ognuna con la sua formidabile individualità, avevano collegato le loro menti con la sua. Come risvegliatasi da una trance, Bellatrix aveva saputo in quell’istante che Severus Snape stava per oltrepassare la soglia del regno dei Morti ad opera dell’Oscuro, e, unitamente a questo, come avrebbe dovuto agire per strappare dalle spire dell’incantesimo la vita dell’uomo, ormai ridotta ad una striscia sottile, poco più consistente di una voluta di fumo.

Non era un’esperta in Occlumanzia, ma qualcosa nel suo cervello le aveva detto come agire. Si era stesa sul letto, immobile, e i suoi occhi dilatati, poco a poco, avevano finito col guardare il nulla, mentre la sua mente, svincolata dalla sua parte cosciente, era andata in cerca di quella di Snape.

 

E, dopo due giorni di ininterrotta ricerca, l’aveva trovata.

 

 

Stavano camminando ormai da diverso tempo, quando lei scorse una larga porta sormontata da un imponente architrave che si apriva sul muro d’ossa della navata più esterna.

- A sinistra – bisbigliò a Snape, piegando leggermente la testa in quella direzione. Più che una porta, due colonne ingiallite delimitavano un varco di dimensioni considerevoli, che immetteva in un lungo corridoio immerso parzialmente nel buio, ma almeno, in pietra e calce grigia. Oltrepassarono la soglia e percorsero velocemente quello stretto passaggio debolmente rischiarato dalle timide fiammelle di morenti mozziconi di candele, saldate da rivoli di cera fusa al metallo sporco dei candelabri appesi al soffitto. Non occorse molto tempo perché i due intravidero l’uscita dall’altra parte, oltrepassandola con la speranza riaccesa nel cuore di uno, la certezza di non essere ancora fuori pericolo nell’animo dell’altra.

Si trovarono improvvisamente all’aperto… ma il paesaggio che si srotolò velocemente in loro presenza non assomigliava a nessun luogo esistente sulla Terra.

 

Un’immensa distesa fangosa si trascinava gorgogliante per miglia e miglia, fino a scontrarsi violenta con un orizzonte tinto di un rosa malsano, all’apparenza simile alle sfumature che intingono il vespro, ma, ad un’analisi più attenta, più pesante, soffocante…

Beffardo.

Come se il sole, invece di star tramontando dietro la lontanissima linea piatta, fosse in procinto di annegarvi agonizzante.

Ciuffi di erba marcia intercalavano quell’immensa pianura imbevuta di cenere ed una pioggerella insistente confondeva i contorni di ogni cosa, dai radi alberi anneriti e contorti che annaspavano nel terreno viscido a resti carbonizzati di mura, colonne e capitelli, di chiara fattezza romana anche se quasi interamente ricoperti da grumi di fango in parte secco. I ruderi di quello che doveva essere un tempio dedicato agli dei pagani dell’Antica Roma era sparpagliato sul terreno grumoso, nell’agonizzante attesa di consumarsi del tutto e mischiarsi alla cenere che soffocava ogni cosa. Esalazioni sulfuree si levavano dalle depressioni del terreno irregolare come turpi bestemmie rivolte al cielo opprimente, e il tipico odore di uova marce trasformava ogni respiro in un atto forzato, quasi violento.

Ma ciò che sgomentò Snape non fu quella sorta di palude che si stendeva davanti ai loro occhi, uniformando, divorando i colori, solvatando le linee. Quello che gli inaridì la gola, dandogli l’impressione che fiammate di paura lo stessero bruciando dall’interno, fu ritrovare l’orientamento in quel mare di fango caliginoso.

 

Ed accorgersi che il sole stava tramontando ad est.

 

Sentì Bellatrix irrigidirsi accanto a lui, non appena la donna si avvide dello strano fenomeno che l’aveva così profondamente turbato. I suoi occhi spaziarono dal lato opposto, ad ovest, già innaturalmente immerso in un buio dai riflessi purpurei che gravava come una campana di vetro smerigliato. Sulla volta spasmodicamente tesa sopra le loro teste le stelle erano soltanto grandi masse fredde…

…buie…

Spente.

- Dove ci troviamo… - bisbigliò lui, rivolgendo il suo sguardo penetrante sul viso serio della donna. Bellatrix alzò gli occhi verso di lui, le sue iridi incupite dalla fermezza:

- Siamo in un posto dove persino la Morte è costretta a sottomettersi al volere di qualcos’altro. Siamo in un luogo precluso all’umanità tutta… Nella Terra del Non Realizzato – concluse lei, la voce che era scemata man mano di intensità, come se avesse temuto che le ultime parole avrebbero potuto ritorcersi contro e azzannarla alla gola.

Il volto stanco di Snape lasciò trapelare la confusione mista alla volontà di conoscere, e le sue parole non tardarono a confermarla:

- Temo di non capirti, Bella – sussurrò infatti, le pupille contratte nella luce sofferente del crepuscolo.

La donna attese un istante prima di rispondere, perché l’esatta spiegazione di dove si trovassero in quel momento sfuggiva parzialmente alla sua comprensione – acuta, certo, ma pur sempre, limitatamente umana. Il suo sguardo abbracciò il paesaggio agonizzante intorno a lei, riflettendosi in miriadi di immagini scomposte nella sua mente che cercava di ordinare e catalogare l’incomprensibile.

- Siamo in quella dimensione dove si riuniscono le Scelte non prese. – disse dopo un po’- E’ difficile spiegarlo, ma tenterò comunque. Vedi… tu, io,.. anche l’Oscuro, l’umanità tutta… siamo chiamati a compiere delle Scelte, Severus… ed ogni volta che lo facciamo, la nostra preferenza cade su una di esse, mentre le altre sono inesorabilmente destinate a dileguarsi nel nulla. Certo, potrà capitare di rimpiangerle, di disperarsi per aver compiuto la scelta sbagliata o quella meno proficua… ma le Scelte non fatte non ritorneranno mai più da noi… L’opportunità si presenta una volta sola. All’uomo non è concesso di dominare sul passato e, se devo dirti la verità, non oso immaginare cosa succederebbe se fosse altrimenti. –

La donna fece una pausa, per accertarsi che Severus stesse comprendendo appieno le sue parole.

- Questo… è il luogo dove le Scelte Perse vengono riunite – concluse, accompagnando le sue parole con un lieve gesto della mano pallida.

- La Terra del Non Realizzato… - mormorò Snape, mentre i suoi occhi sconcertati indugiavano su ogni cosa. Ecco perché il sole tramonta ad est… è questo il motivo per cui le stelle sembrano solo pietre raffreddate da millenni…ma…

- Chi mai ha scelto di far nascere il sole a levante e di farlo perire a ponente? Giorno dopo giorno… – concluse con una domanda che suonò quasi urgente.

Bellatrix lo fissò, sorpresa da una simile richiesta. Poi, rassegnata, abbassò lo sguardo sulle proprie mani intrecciate:

- Questo non lo so, Severus – disse, e Snape ebbe l’impressione di avvertire nel suo tono di voce un rispetto reverenziale.

E lui si fermò a riflettere, per la prima volta, sui limiti che lo ingabbiavano, le stesse catene che intrappolavano Bellatrix, i Mangiamorte, Dumbledore. Le corde ruvide che il Lord Oscuro stava riuscendo pian piano a lacerare.

Mentre loro…

Erano maghi, avevano a disposizione molte più risorse dei semplici Babbani, eppure la loro mente era destinata a scontrarsi con le barriere erette dalla sua stessa natura di essere uomo… mura che mai un umano avrebbe potuto sfondare, neanche per aprirsi una breccia e spiare, avido e terrorizzato, cosa esistesse al di fuori di quella cinta muraria che stringeva in un doloroso e perenne assedio la sua mente smaniosa di conoscenza…

E se il mondo che vedevano, l’universo intero in cui vivevano, fosse stato qualcosa di completamente diverso, che loro non riuscivano a scorgere… qualcosa di cui l’uomo non riusciva a impadronirsi, restandone esiliato, a ridosso dei margini, battuto, umiliato, condannato ad indossare i paraocchi per il resto dei suoi giorni? E se invece l’essere umano fosse in balia del nulla, un Niente a cui egli aveva dato una forma illusoria e un’irreale consistenza, per cercare di scacciare la miseria incombente che lo stritolava, richiudendosi intorno a lui come una botte chiodata?

Snape scosse lentamente la testa, cercando di scrollarsi quelle domande che dolorosamente si erano incollate alla sua mente provata, insinuandosi tra le pieghe del dubbio, incastrandosi tra le crepe dell’incomprensibile, smontando lentamente i costrutti della logica, rosicchiando alle fondamenta le certezze del suo esistere.

Una crescente sensazione di atroce disagio montò in lui con la furia di un mare in tempesta, scaraventando ovunque i detriti della razionalità ritenuta fino ad allora una fortezza inespugnabile, e che ora stava soccombendo…

 

… precipitando nel nulla…

 

- Severus! -

 

La voce di Bellatrix parve scuoterlo e lui si sentì debole e vinto, un fuscello colpito da un fulmine. Snape sbatté le palpebre, frastornato, notando con stupore che il viso preoccupato della donna lo sovrastava, guardandolo dall’alto… per poi rendersi subito conto che era lui ad essere scivolato, accasciandosi nel terriccio melmoso, coprendosi di fango fino al mento. L’umidore della terra calpestata dall’acqua e intrisa di zolfo venefico finì per spazzare la nebbia che gli era calata sulla mente: tutto ridivenne lucido, tutto sembrò ancora più squallido.

Bellatrix gli tese una mano, aiutandolo a sollevarsi.

Il risucchio del fango lo ripugnò.

- Sei caduto all’improvviso… - mormorò la donna, scrutando il suo volto come se volesse cercarvi tutte le risposte alle domande che pressavano anche la sua mente, insistenti, continue, fastidiose come irritanti punture di zanzare. Provava la smania di grattarle via, di liberarsene, di scuoterle di dosso, ma intuiva inconsciamente il rischio che si poteva correre…

- Non… non me ne sono accorto. Stavo pensando a… -

E Severus si bloccò, indeciso, alla ricerca delle parole adatte con cui spiegarle esattamente cosa gli fosse successo. Con grande costernazione, realizzò che nella lingua umana non esistevano parole per esprimere ciò che aveva vissuto in quei brevi istanti, che nella mente di lui si erano slargati a dismisura, come abnormi tumori maligni.

Tuttavia la donna annuì, consapevole.

- Domande… - sussurrò infatti, ottenendo da Snape come risposta un breve cenno d’assenso. – Sigilla la tua mente, Severus, perché le domande di questo posto sono pericolose, mentre le risposte… possono essere mortali -

L’uomo sussultò impercettibilmente, avvicinandosi d’istinto alla figura minuta di lei, intenta a contemplare per l’ennesima volta la terra violentata delle Scelte Non Fatte.

- Dobbiamo trovare un ponte… so che è l’unica via capace di consentirci di ritornare nella nostra dimensione. – la donna sospirò, poi aggiunse - Giungere qui è facile, ma andarsene… -

- Da che parte si trova questo “ponte”? – sussurrò Snape, mentre il timore si faceva di nuovo strada nel suo animo esausto – da che parte sei giunta? -

- Dobbiamo raggiungere l’orizzonte – mormorò Bellatrix.

Snape la guardò ancora. La cenere sospesa nell’aria si era posata qua e là tra i suoi lunghi capelli nerissimi come l’imitazione ingrigita di cristalli di neve. La sua figura sottile sembrava avvolta in un lucore che baluginava a tratti e incostantemente intorno a lei, una luminescenza azzurra che aveva il gusto dolce del potere arginato dalla saggezza. La sua parte razionale si domandò sdegnata come fosse possibile raggiungere l’orizzonte, ma poi qualcosa gli ricordò che in quel posto la Scelta non fatta avrebbe potuto rendere realizzabile una simile impresa.

- D’accordo – disse, e le sue labbra accennarono ad un sorriso.

Bellatrix ricambiò lo sguardo, poi anche le sue labbra si dischiusero in un riso lieve, con un breve scintillio di denti bianchi.

 

Il borbottio remoto di un tuono percorse l’aria snervata dalla fuliggine che si insinuava ovunque, a tratti appesantita dalla pioggia, incastonata nel fumo sulfureo.

Bellatrix sfiorò con la mano il gomito di Severus, un gesto gentile e al contempo pressante.

Si avviarono insieme, diretti verso il cielo grondante di sangue, una ferita aperta sul petto del giorno che continuava, lento, a morire.

 

Continua…

 

Riusciranno Bellatrix e Severus a raggiungere l’Orizzonte e il tanto sospirato passaggio?

Che cosa ha scoperto Lucius Malfoy?

Lo saprete nel prossimo capitolo, Ara Pacis!

Bacioni a tutti coloro che mi commentano!

Charlize

  
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