Disclaimer: Bellatrix
Lestrange e gli altri personaggi che compaiono in questa fanfiction sono
proprietà di J.K. Rowling e di editori come
Bloomsbury, Bros, Salani. Nessuna violazione del copyright
si ritiene pertanto intesa.
IMPORTANTE: Per espliciti riferimenti
alla violenza e alla morte, si consiglia una lettura a maggiori di anni 14. Grazie.
“Tremilaseicento
volte in un’ora, il Secondo
bisbiglia:
- «Ricordati!» – Con quella sua voce
da
insetto, Ora dice: «Sono già Allora, e veloce
ti
ho pompato la vita col pungiglione immondo!»
Remember!
Souviens-toi!
sciupone! Esto Memor!
(parla
tutte le lingue la mia gola metallica)
Sono
sabbia i minuti, spensierato
mortale,
da
non lasciare scorrere senza cavarne oro!
Ricordati
che il Tempo è un giocatore ingordo
Che
vince senza barare ad ogni mano! È la legge.
Ricordati!
Il giorno decresce; la notte aumenta;
l’abisso
ha sempre sete; la clessidra si svuota”.
Charles
Baudelaire, da L’Orologio, Les Fleurs du Mal
Questo capitolo è
stato scritto sulle note di Goin’ Under, degli Evanescence, e
l’ultima parte della colonna sonora del Signore degli Anelli (Le due
Torri, la battaglia al Fosso di Helm). E’ dedicato
in particolar modo a Ida59,
Nachan, Amechan (che ha avuto la titanica
pazienza di leggere tutti e nove i capitoli di fila!) come particolare
ringraziamento per i loro commenti stupefacenti, così intimamente
toccanti da lasciarmi commossa.
L’atmosfera di
“realtà deformata” è invece dovuta
all’influenza di Matrix, un film, un capolavoro…
l’Odissea di un’anima.
Geenna et Regnum Caeli
- Il Fuoco
dannato ed il Regno del Cielo -
Parte terza
Ormai
il dolore che lo percorreva istante dopo istante, ora
dopo ora, giorno dopo giorno, era diventato qualcosa che si era così
compenetrato con la sua anima da essere declassato allo “scomodo e
fastidioso”, piuttosto che essere avvertito come l’inumano fuoco
ustionante che non cessava di tormentarlo. Il suo spirito aveva finito con
l’abituarsi alla sopportazione di quella sofferenza torrenziale che
esigeva da lui la più piccola scintilla di energia.
Eppure…
Eppure esisteva un modo per far
cessare una tortura che era cominciata poco dopo la sua risurrezione…
quel corpo, quell’assemblaggio di carni che di natura umana aveva ben
poco, si era rivelato un involucro fragile, una materia non adatta ad
accogliere uno Spirito così sconfinatamene potente come il suo, che
aveva trasceso le colonne d’Ercole dell’umano per approdare ad una
condizione unica, inconcepibile per la mente pur sempre limitata dell’uomo,
una dimensione preclusa al resto dell’umanità tutta. Una dimensione
che aveva fatto sua, diventandone il
Signore incontrastato.
Aveva
poteri che rasentavano l’illimitato, gareggiando con Dio, ma un corpo
troppo debole per poter sopportarne il peso. Tutte le
volte che la sua mano pallida, stringente una scura e sottile bacchetta, si
sollevava per compiere un incantesimo, qualcosa di quella carne bianca, di quel sangue che gli inondava gli occhi dalle pupille
affilate, finiva inevitabilmente con consumarsi, col perire, crepandosi e sbriciolandosi
sotto il fardello insopportabile della sua stessa magia.
Non
gli ci era voluto molto per capire che
quell’involucro sottile avrebbe finito per lacerarsi come una carta
intrisa d’acqua.
Per
assurdo, il corpo che avrebbe dovuto renderlo intramontabile stava declinando dietro l’orizzonte del caduco. Il suo
spirito aveva bisogno di essere accolto in qualcos’altro, una dimora
stabile, forte, solida, che avrebbe sorretto, come sulle spalle di un titano,
quel potere sconfinato, ormai divenuto il fuoco che l’aveva fatto
rinascere, che lo manteneva in vita.
Quella
dimora era custodita nel tiepido grembo di Bellatrix Lestrange.
Aveva
sentito la nuova vita formarsi in lei ancora prima che la donna se ne accorgesse.
All’inizio
un sussurro, appena un bisbiglio modellato su labbra sottili, che poi si era
trasformato in un brontolio sempre più intenso, sempre più
pressante, fino a tramutarsi in un vociare turbolento e incessante che aveva
finito per gridare a squarciagola. Quella vita era ciò di cui aveva bisogno, quel
potere immenso che aveva avvertito aleggiare su Bellatrix, irraggiarsi da lei,
sconfinare fin quasi nel sovrumano. Un corpo fatto di carne, ossa e sangue, ma capace di accogliere il Potere del Signore Oscuro
come se fosse il tassello mancante per completare l’intricato mosaico
della sua inimmaginabile Energia… sarebbe diventato l’Unico ed
Incontrastato, e avrebbe obliterato Potter, Dumbledore e la feccia dei
Mezzosangue dall’intero Cosmo.
Per
questo doveva trovare Bellatrix e la sua progenie, ad ogni costo.
Era
stanco di quella guaina sottile che l’avvolgeva, scarnificata dalla sua
stessa magia, destinata a consumarsi lentamente in atroci spasmi che avrebbe
potuto sopportare ancora per poco.
E chiunque, chiunque avesse solo tentato di impedirglielo,
avrebbe pagato un prezzo altissimo, che gli avrebbe fatto rimpiangere mille e
mille volte di non essere mai nato.
Qualunque
essere vivente sulla faccia di questo stupido sasso… a cominciare da
Severus Snape.
Si.
Perché Snape sapeva.
E l’aveva ostacolato…
Non
si sarebbe mai accontentato di vederlo morto, neanche dopo avergli fatto patire
millenni di sofferenze…
L’entrata
dell’alta e snella figura di Lucius Malfoy lo distolse
dai suoi pensieri arroventati. Il biondo Mangiamorte si inginocchiò
devotamente ai suoi piedi, i chiari e sottili capelli a sfiorargli la fronte
pallida, e baciò l’orlo della sua pesante veste scura.
Quando
gli diede il permesso di alzasi, gli occhi
tratteggiati d’argento dell’uomo gli rivelarono subito che Malfoy
aveva scoperto qualcosa di interessante.
Le
sue labbra esangui fremettero di soddisfazione.
Lucius
Malfoy gli era sempre piaciuto. Il suo viso affilato, quasi a
evidenziare la sottigliezza della sua mente, gli avevano rivelato che aveva a
che fare con un uomo dalle molteplici apparenze… un umano capace di
recitare magistralmente diverse parti, scivolando dall’una
all’altra come se si sfilasse una maschera e ne indossasse una seconda
con un incredibile naturalezza, restando autentico soltanto sotto il suo
sguardo. Dietro i suoi occhi luminosi e altrettanto freddi
riusciva a scorgerne la vera personalità.
E quello che aveva visto
l’aveva piacevolmente sorpreso.
-
Si, Lucius – sussurrò con un filo di voce talmente tagliente da risultare letale come una sciabolata.
Il biondo
Mangiamorte accennò ad un sorriso, gli angoli delle labbra sottili
piegati verso l’alto in maniera diseguale.
-
Ho riflettuto su… un dettaglio, Mio Signore, e penso che potrebbe essere
importante – disse, le dita della mano destra
che stringevano con forza l’elegante bacchetta. Il suo corpo slanciato,
avvolto nelle scure vesti dei Mangiamorte, parve fremere appena di
un’impazienza che trapelava dalle linee tese del volto avvenente.
-
Un dettaglio… - mormorò lui, soppesando accuratamente ogni sillaba
– il Mondo si regge sui dettagli, Lucius. Dimmi quello che hai scoperto -
Gli
occhi d’argento liquido dell’uomo scintillarono sul pallore diafano
della sua pelle perfetta, mentre la paura che Lucius provava innegabilmente nei
suoi confronti si confuse con l’eccitazione del predatore nel momento in
cui si rende conto di aver stretto nell’angolo la propria preda.
Senza darle alcuna via
d’uscita.
……………………………………………………
Percorsero
l’interminabile navata centrale della cattedrale di ossa
quasi correndo. I loro passi frettolosi ticchettavano sulle scapole sporgenti
incastrate a formare il pavimento in uno stridio raccapricciante. Erano due
figure opalescenti che si spostavano in un universo a sua volta popolato di
spettri, ma dal rumore dei loro piedi sembrava che la loro
materialità non li avesse abbandonati un solo istante. Con la coda dell’occhio, Bellatrix scorse Severus Snape, che
la seguiva così da vicino da poter essere annoverato alla sua ombra.
Il suo volto - o perlomeno, l’immagine di esso -
parzialmente illuminato dalla luce rossastra che permeava l’ambiente,
mascherava abilmente i suoi veri sentimenti che tuttavia quegli occhi scolpiti
nel basalto non riuscivano a tener segregati troppo a lungo dietro la maschera
marmorea delle apparenze. Semplicemente, Snape era troppo abituato a non
lasciar trapelare quello che gli si dimenava turbolento nel nucleo
dell’anima.
Dovevano
tirarsi fuori da quel Mondo che sembrava sgretolato
dall’Assurdo, l’unico, assoluto monarca, creato dal potentissimo ed
atroce incantesimo che l’Oscuro Signore aveva scagliato sul suo
ex-servitore… anche se gli effetti fisici erano stati solo parziali, il
maleficio, per quanto concerneva la psiche, aveva funzionato maledettamente
bene. Lui aveva condannato la
brillante mente di Severus a vegetare prostrata dall’orrore fino alla
fine dei tempi.
O almeno, così sarebbe
successo, se non fossero intervenuti loro… i suoi figli, tramite lei.
Quel
giorno, non appena aveva avvertito che le vite da lei protette erano due,
nell’istante in cui aveva capito che erano due gemelli, qualcosa si era
dipanato attraverso la sua coscienza allibita, un potere così forte da
farle tremare le ginocchia . Si era dovuta sedere per
non crollare a terra, quasi oppressa da quell’aura potentissima che
sembrava averla circondata, una pesante coltre di pura energia che
l’aveva avviluppata, facendola sentire come l’anima di una sottile
ed eterna candela dalla fiamma inesauribile…non aveva mai avvertito un
potenziale così alto in nessun angolo del pianeta, neanche le molte
volte in cui si era trovata in presenza del Lord
Oscuro… Era indubbio che Lui
possedesse un potere tale da spazzare via in un istante qualsiasi entità
si fosse frapposta tra Lui e la sua
meta, ma quello che aveva sentito irradiarsi da lei e da quei due cuori che
battevano all’unisono trascendeva così completamente la mera
dimensione umana che le sembrava aver gettato un ponte tra il mondo degli
uomini e le intelligenze angeliche. Quando l’aveva realizzato, un cielo trapunto di stelle, un’immensa volta color cobalto si
era squarciato davanti ai suoi occhi, ed il suo sguardo, solo per un istante,
aveva accarezzato il futuro.
L’immagine
evanescente di due esseri umani, di quell’età privilegiata che
contempla lo sfumare dell’adolescenza nel fiore della giovinezza, si era
formata in quell’oceano picchiettato d’oro. Per un istante breve
come un battito di ciglia, le due creature più belle che
lei avesse mai visto – o addirittura la loro anima, non sapeva con
certezza - erano comparse. Così simili tra di
loro, eppure, ognuna con la sua formidabile individualità, avevano
collegato le loro menti con la sua. Come risvegliatasi da una trance, Bellatrix aveva saputo in quell’istante che
Severus Snape stava per oltrepassare la soglia del regno dei Morti ad opera
dell’Oscuro, e, unitamente a questo, come avrebbe dovuto agire per
strappare dalle spire dell’incantesimo la vita dell’uomo, ormai
ridotta ad una striscia sottile, poco più consistente di una voluta di
fumo.
Non
era un’esperta in Occlumanzia, ma qualcosa nel
suo cervello le aveva detto come agire. Si era stesa
sul letto, immobile, e i suoi occhi dilatati, poco a poco, avevano finito col
guardare il nulla, mentre la sua mente, svincolata dalla sua
parte cosciente, era andata in cerca di quella di Snape.
E,
dopo due giorni di ininterrotta ricerca, l’aveva
trovata.
Stavano
camminando ormai da diverso tempo, quando lei scorse una larga porta sormontata
da un imponente architrave che si apriva sul muro d’ossa della navata
più esterna.
- A
sinistra – bisbigliò a Snape, piegando leggermente la testa in
quella direzione. Più che una porta, due colonne
ingiallite delimitavano un varco di dimensioni considerevoli, che immetteva in
un lungo corridoio immerso parzialmente nel buio, ma almeno, in pietra e calce
grigia. Oltrepassarono la soglia e percorsero velocemente quello stretto
passaggio debolmente rischiarato dalle timide fiammelle di morenti mozziconi di
candele, saldate da rivoli di cera fusa al metallo sporco dei candelabri appesi
al soffitto. Non occorse molto tempo perché i due intravidero
l’uscita dall’altra parte, oltrepassandola con la speranza riaccesa
nel cuore di uno, la certezza di non essere ancora
fuori pericolo nell’animo dell’altra.
Si
trovarono improvvisamente all’aperto… ma
il paesaggio che si srotolò velocemente in loro presenza non
assomigliava a nessun luogo esistente sulla Terra.
Un’immensa
distesa fangosa si trascinava gorgogliante per miglia e miglia, fino a
scontrarsi violenta con un orizzonte tinto di un rosa malsano,
all’apparenza simile alle sfumature che intingono
il vespro, ma, ad un’analisi più attenta, più pesante,
soffocante…
Beffardo.
Come
se il sole, invece di star tramontando dietro la lontanissima linea piatta,
fosse in procinto di annegarvi agonizzante.
Ciuffi
di erba marcia intercalavano quell’immensa
pianura imbevuta di cenere ed una pioggerella insistente confondeva i contorni
di ogni cosa, dai radi alberi anneriti e contorti che annaspavano nel terreno
viscido a resti carbonizzati di mura, colonne e capitelli, di chiara fattezza
romana anche se quasi interamente ricoperti da grumi di fango in parte secco. I
ruderi di quello che doveva essere un tempio dedicato agli
dei pagani dell’Antica Roma era sparpagliato sul terreno grumoso,
nell’agonizzante attesa di consumarsi del tutto e mischiarsi alla cenere
che soffocava ogni cosa. Esalazioni sulfuree si levavano dalle depressioni del
terreno irregolare come turpi bestemmie rivolte al cielo opprimente, e il
tipico odore di uova marce trasformava ogni respiro in
un atto forzato, quasi violento.
Ma ciò che
sgomentò Snape non fu quella sorta di palude che si stendeva davanti ai
loro occhi, uniformando, divorando i colori, solvatando
le linee. Quello che gli inaridì la gola, dandogli l’impressione
che fiammate di paura lo stessero bruciando dall’interno, fu ritrovare
l’orientamento in quel mare di fango caliginoso.
Ed accorgersi che il sole
stava tramontando ad est.
Sentì
Bellatrix irrigidirsi accanto a lui, non appena la donna si avvide dello strano
fenomeno che l’aveva così profondamente turbato. I suoi occhi
spaziarono dal lato opposto, ad ovest, già innaturalmente immerso in un
buio dai riflessi purpurei che gravava come una campana di vetro smerigliato.
Sulla volta spasmodicamente tesa sopra le loro teste
le stelle erano soltanto grandi masse fredde…
…buie…
Spente.
-
Dove ci troviamo… - bisbigliò lui, rivolgendo il suo sguardo
penetrante sul viso serio della donna. Bellatrix alzò gli occhi verso di lui, le sue
iridi incupite dalla fermezza:
-
Siamo in un posto dove persino
Il
volto stanco di Snape lasciò trapelare la confusione mista alla
volontà di conoscere, e le sue parole non tardarono a confermarla:
-
Temo di non capirti, Bella – sussurrò infatti,
le pupille contratte nella luce sofferente del crepuscolo.
La
donna attese un istante prima di rispondere,
perché l’esatta spiegazione di dove si trovassero in quel momento
sfuggiva parzialmente alla sua comprensione – acuta, certo, ma pur
sempre, limitatamente umana. Il suo sguardo abbracciò il paesaggio
agonizzante intorno a lei, riflettendosi in miriadi di immagini
scomposte nella sua mente che cercava di ordinare e catalogare
l’incomprensibile.
-
Siamo in quella dimensione dove si riuniscono le Scelte non prese.
– disse dopo un po’- E’ difficile spiegarlo, ma
tenterò comunque. Vedi… tu, io,.. anche l’Oscuro, l’umanità
tutta… siamo chiamati a compiere delle Scelte, Severus… ed ogni
volta che lo facciamo, la nostra preferenza cade su una di esse, mentre le
altre sono inesorabilmente destinate a dileguarsi nel nulla. Certo,
potrà capitare di rimpiangerle, di disperarsi per aver compiuto la
scelta sbagliata o quella meno proficua… ma le Scelte non fatte non
ritorneranno mai più da noi… L’opportunità si presenta una volta sola. All’uomo non è
concesso di dominare sul passato e, se devo dirti la
verità, non oso immaginare cosa succederebbe se fosse altrimenti.
–
La
donna fece una pausa, per accertarsi che Severus stesse comprendendo appieno le
sue parole.
-
Questo… è il luogo dove le Scelte Perse vengono
riunite – concluse, accompagnando le sue parole con un lieve gesto della
mano pallida.
-
- Chi mai ha scelto di far nascere il sole
a levante e di farlo perire a ponente? Giorno dopo giorno… – concluse con una domanda che suonò quasi urgente.
Bellatrix
lo fissò, sorpresa da una simile richiesta. Poi, rassegnata,
abbassò lo sguardo sulle proprie mani intrecciate:
-
Questo non lo so, Severus – disse, e Snape ebbe
l’impressione di avvertire nel suo tono di voce un rispetto reverenziale.
E lui si fermò a
riflettere, per la prima volta, sui limiti che lo ingabbiavano, le stesse
catene che intrappolavano Bellatrix, i Mangiamorte, Dumbledore. Le corde ruvide
che il Lord Oscuro stava riuscendo pian piano a lacerare.
Mentre loro…
Erano
maghi, avevano a disposizione molte più risorse dei semplici Babbani,
eppure la loro mente era destinata a scontrarsi con le barriere erette dalla
sua stessa natura di essere uomo… mura che mai
un umano avrebbe potuto sfondare, neanche per aprirsi una breccia e spiare,
avido e terrorizzato, cosa esistesse al di fuori di quella cinta muraria che
stringeva in un doloroso e perenne assedio la sua mente smaniosa di
conoscenza…
E
se il mondo che vedevano, l’universo intero in cui vivevano,
fosse stato qualcosa di completamente diverso, che loro non riuscivano a
scorgere… qualcosa di cui l’uomo non riusciva a impadronirsi,
restandone esiliato, a ridosso dei margini, battuto, umiliato, condannato ad
indossare i paraocchi per il resto dei suoi giorni? E
se invece l’essere umano fosse in balia del nulla, un Niente a cui egli
aveva dato una forma illusoria e un’irreale consistenza, per cercare di
scacciare la miseria incombente che lo stritolava, richiudendosi intorno a lui
come una botte chiodata?
Snape
scosse lentamente la testa, cercando di scrollarsi quelle domande che
dolorosamente si erano incollate alla sua mente provata, insinuandosi tra le
pieghe del dubbio, incastrandosi tra le crepe dell’incomprensibile,
smontando lentamente i costrutti della logica, rosicchiando alle fondamenta le
certezze del suo esistere.
Una
crescente sensazione di atroce disagio montò in
lui con la furia di un mare in tempesta, scaraventando ovunque i detriti della
razionalità ritenuta fino ad allora una fortezza inespugnabile, e che
ora stava soccombendo…
…
precipitando nel nulla…
-
Severus! -
La
voce di Bellatrix parve scuoterlo e lui si sentì debole e vinto, un
fuscello colpito da un fulmine. Snape sbatté le palpebre, frastornato,
notando con stupore che il viso preoccupato della donna lo sovrastava,
guardandolo dall’alto… per poi rendersi subito conto che era lui ad
essere scivolato, accasciandosi nel terriccio melmoso, coprendosi di fango fino
al mento. L’umidore della terra calpestata dall’acqua e intrisa di
zolfo venefico finì per spazzare la nebbia che gli era calata sulla
mente: tutto ridivenne lucido, tutto sembrò ancora più squallido.
Bellatrix
gli tese una mano, aiutandolo a sollevarsi.
Il
risucchio del fango lo ripugnò.
- Sei caduto all’improvviso… - mormorò la
donna, scrutando il suo volto come se volesse cercarvi tutte le risposte alle
domande che pressavano anche la sua mente, insistenti, continue, fastidiose
come irritanti punture di zanzare. Provava la smania di grattarle via, di
liberarsene, di scuoterle di dosso, ma intuiva inconsciamente il rischio che si
poteva correre…
-
Non… non me ne sono accorto. Stavo pensando a… -
E
Severus si bloccò, indeciso, alla ricerca delle parole adatte con cui
spiegarle esattamente cosa gli fosse successo. Con grande costernazione, realizzò che nella lingua umana
non esistevano parole per esprimere ciò che aveva vissuto in quei brevi
istanti, che nella mente di lui si erano slargati a dismisura, come abnormi
tumori maligni.
Tuttavia
la donna annuì, consapevole.
-
Domande… - sussurrò infatti, ottenendo da
Snape come risposta un breve cenno d’assenso. – Sigilla la tua
mente, Severus, perché le domande di questo posto sono pericolose,
mentre le risposte… possono essere mortali -
L’uomo
sussultò impercettibilmente, avvicinandosi
d’istinto alla figura minuta di lei, intenta a contemplare per
l’ennesima volta la terra violentata delle Scelte Non Fatte.
-
Dobbiamo trovare un ponte… so che è l’unica via capace di
consentirci di ritornare nella nostra dimensione. – la donna
sospirò, poi aggiunse - Giungere qui è
facile, ma andarsene… -
- Da
che parte si trova questo “ponte”? – sussurrò Snape,
mentre il timore si faceva di nuovo strada nel suo
animo esausto – da che parte sei giunta? -
- Dobbiamo raggiungere l’orizzonte – mormorò
Bellatrix.
Snape
la guardò ancora. La cenere sospesa nell’aria si era posata qua e
là tra i suoi lunghi capelli nerissimi come l’imitazione ingrigita
di cristalli di neve. La sua figura sottile sembrava avvolta in un lucore che
baluginava a tratti e incostantemente intorno a lei, una luminescenza azzurra
che aveva il gusto dolce del potere arginato dalla saggezza. La sua parte
razionale si domandò sdegnata come fosse possibile raggiungere l’orizzonte, ma poi qualcosa gli ricordò
che in quel posto
-
D’accordo – disse, e le sue labbra accennarono ad un sorriso.
Bellatrix
ricambiò lo sguardo, poi anche le sue labbra si dischiusero in un riso
lieve, con un breve scintillio di denti bianchi.
Il
borbottio remoto di un tuono percorse l’aria snervata dalla fuliggine che
si insinuava ovunque, a tratti appesantita dalla
pioggia, incastonata nel fumo sulfureo.
Bellatrix
sfiorò con la mano il gomito di Severus, un gesto gentile e al contempo
pressante.
Si
avviarono insieme, diretti verso il cielo grondante di sangue, una ferita aperta sul petto del giorno che continuava, lento, a morire.
Continua…
Riusciranno
Bellatrix e Severus a raggiungere l’Orizzonte e il tanto sospirato
passaggio?
Che cosa ha scoperto Lucius
Malfoy?
Lo
saprete nel prossimo capitolo, Ara Pacis!
Bacioni a tutti coloro che mi commentano!
Charlize