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Autore: livia    23/09/2010    2 recensioni

Questo è un racconto che può essere definito autobiografico-fantastico, poiché mescola elementi della mia vita reale con altri inventati di sana pianta, e conditi con alcune delle ricette di cucina che amo di più. Non è una fan-fiction, ma si può dire che alcuni personaggi sono una vera "citazione" di altri ben noti, che sono sicura riconoscerete benissimo....
Ciao,
Livia
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La nonna ha borbottato come una pentola a pressione per tutta la preparazione del clafoutis. Chi diavolo si crede di essere questo Giampaolò, ha cominciato mentre lavava le ciliege e le privava del gambo e del nocciolo, e come si permette di dirti che le tue vacanze sono finite, eh?, ha esclamato sbattendo letteralmente la pirofila dai bordi bassi che ha imburrato con un gesto rabbioso. E poi, ha continuato, cospargendola di zucchero che cadeva un po' a casaccio, non sono un diritto di tutti i lavoratori, le vacanze? La gente ha fatto la Rivoluzione per i propri diritti!
Vedi, nonna, il fatto è che io sono una di quelli che si definiscono lavoratori atipici, le ho spiegato mentre lei sbatteva con violenza le uova e lo zucchero in una terrina fino a trasformarli in un composto chiaro e spumoso. Ho un contratto che è un vero cappio al collo, non ho diritti, non mi pagano le ferie, e se questa può essere un'occasione per migliorare il mio trattamento, ben venga....
Quindici giorni, ha incalzato lei, aggiungendo al composto la vanillina e la farina setacciata, si trattava solo di quindici giorni e poi avrebbe avuto tutto il tempo di parlare con te al tuo ritorno...
No, nonna, l'ho interrotta io mentre lei, più che versare lentamente, decisamente gettava il brandy e il latte nella terrina e li rimestava sgraziata, Giampaolo partirà per la Sardegna tra quattro giorni e...e sapendo che un po' più di soldi ti fanno comodo, ha concluso lei distribuendo le ciliege nella pirofila e versandoci sopra il contenuto della terrina, si diverte a farti ballare come un topolino, tanto che gliene frega a lui? Andrà a godersi le sue vacanze in Sardegna, razza di sfruttatore egoista, capetto infame...
Sono seguiti altri quarantacinque minuti di sproloqui, fino a quando il clafoutis è uscito dal forno e ci siamo accorte, con orrore, che invece di avere il consueto aspetto soffice e ben dorato era rinsecchito e bruciacchiato agli angoli.
- Tutta colpa di quel Giampaolò che mi ha fatto arrabbiare! -, ha esclamato la nonna con aria avvilita, - Guarda che disastro, Livià....
E mentre rivolgeva uno sguardo desolato alla pirofila, ho visto che le sono spuntate due lacrimuccie negli occhietti tristi.
- Dai, nonna, - l'ho incoraggiata, - Non è la morte di nessuno se ti è venuto male il clafoutis...
- Sai cosa me ne frega del clafoutis! -, ha ribattuto lei mentre le due lacrimuccie le si srotolavano sulle guance seguite da molte altre più copiose. - Piango perché te ne vai, bébé!
Alain invece ha commentato tutto con un semplice “Ah”, e ha continuato a guidare concentrandosi sulla strada verso casa. Dopo qualche istante di assoluto silenzio da parte di entrambi mi ha passato le sigarette e l'accendino facendomi gentilmente cenno di accendergliene una, e mi sono scoperta a indugiare non poco con la sigaretta tra le labbra sapendo che sarebbe finita tra quelle di lui.
- In fondo è la vita, no? -, ha osservato dopo qualche tiro, evitando accuratamente di voltarsi verso di me, - Le cose iniziano e poi finiscono, è così che succede... …...
E' stata una cena strana, durante la quale abbiamo finto che fosse tutto come sempre e che non ci fossero le mie borse già pronte di sopra, e anche adesso che prendiamo la strada verso le terre coltivate come abbiamo fatto per tante sere mi sembra impossibile che domani dormirò in un altro luogo.
-Non abbiamo visto la nebbia all'alba -, mi dici d'un fiato, dopo che abbiamo percorso un bel pezzo di strada in silenzio.
- Già-, asserisco io, e non posso aggiungere altro. Piuttosto che le falene, stasera mi sento un rospo gonfio che mi pesa sul petto, o forse è una nuvola carica di pioggia.
- Magari fai un salto a dicembre, eh?-, mi dici, e di nuovo la tua mano si appoggia leggera al centro della mia schiena ricordandomi la prima volta che lo hai fatto, - Il Natale è bello da queste parti...
- Magari, sì -, ti faccio eco, e già mi faccio coccolare dall'idea di un abete vero carico di decorazioni nel soggiorno della nonna invece di quel triste alberello di plastica che ho comprato all'Ikea, ma poi mi dico che è meglio non indugiare su questo quadretto perché sarà impossibile e lo sappiamo tutti e due.
- Ci sediamo, vuoi?-, e mentre lo chiedi sei già per terra con i gomiti sulle ginocchia, e mentre mi siedo accanto a te immagino già che tirerai fuori le Gauloises. Invece mi freghi, e mi circondi le spalle con un braccio.
- Magari vengo a trovarti io -, spari, con una punta di timidezza nella voce.
- Magari -, ripeto ancora, e mi sembra proprio un dialogo tra due intronati con tutti questi “magari”.
- Guarda -, mi dici, e indichi la luna piena che si è aperta un varco tra le nubi della sera e rischiara le sagome degli alberi e delle vigne.
Rimaniamo assorti nella sua contemplazione per un bel po', con la mia testa lievemente reclinata all'indietro sul tuo braccio e il tuo braccio che la sostiene. A un tratto ti volti verso di me con un leggero sussulto, come se ti avesse colto un'intuizione geniale.
- Livia...?
Anch'io mi volto verso di te, e i tuoi occhi sembrano fendere l'oscurità.
- Si?
Il silenzio che segue si può quasi toccare tanto è denso e carico di significati; poi scuoti la testa più volte e sorridi con un sorriso sottile, come se volessi scacciare un'idea bizzarra.
- No...niente -, sussurri.
Lo so, lo so.
Sarebbe perfetto se ora tu mi baciassi, se io potessi stringere il mio corpo al tuo e poi chissà...ma tutto questo renderebbe ancora più difficile partire, domani. Non si può, commissaire, siamo due mondi separati: abbiamo avuto la luna, non chiediamo anche le stelle.
Di nuovo ti bacio sulla fronte e di nuovo è un bacio amichevole, rassicurante, d'incoraggiamento, e tu mi guardi e sorridi, e capisco che hai capito.
- A che ora parti domani? -, mi chiedi mentre mi tieni per mano sulla via del ritorno.
- Presto, le sei e mezzo o le sette – ti rispondo, e forse solo ora mi accorgo davvero che domani me ne vado.
- Allora passo un po' prima -, annuisci, - a dare un'occhiata al motore della Michelina, per sicurezza....tanto mi sa che stanotte non dormo.
Ma dove lo trovo un altro così?, mi domando mentre ti guardo allontanarti sul vialetto. Mi stringo nelle spalle e entro in casa, con la nube nel petto che è molto, molto carica di pioggia.
  
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