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Autore: PattyOnTheRollercoaster    26/09/2010    1 recensioni
“Però devi promettere!”, aggiunse Leslie tendendogli di nuovo la mano, “Devi promettere che niente ci fermerà, e che faremo di tutto per realizzare il nostro sogno, e che se servirà ci sosterremo a vicenda.”
Jess sorrise e le strinse la mano. “Prometto”, disse, e pensava davvero a ciò che stava per dire, e desiderava ardentemente che le sue parole si avverassero. “Farò di tutto per realizzare il mio sogno, e ci sosterremo a vicenda.”

Leslie e Jess hanno sogni difficili da realizzare, molto da apprendere e solo loro stessi su cui appoggiarsi. Il mondo li attende solo per rendergli le cose ancora più complicate, ma il Re e la Regina di Terabithia, assieme, non si arrenderanno facilmente.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2.Il club degli artisti di Terabithia





Nel giro di una settimana il ponte era finito. Ci avevano lavorato tutti i giorni, dal mattino presto fino all’ora di pranzo e poi dopo mangiato fino a quando non faceva buio. I risultati erano stati ottimi, erano davvero fieri del loro lavoro: il ponte era resistente e anche bello da vedere. Le assi erano state dipinte di blu scuro, il corrimano era fatto tutto in rami e c’era una sorta di portale con sopra un cartello colorato a forma di rombo, su cui Jess aveva scritto a lettere eleganti ‘Niente ci schiaccerà’.
“Adesso che abbiamo finito mi pare che ci meritiamo un premio”, disse Leslie osservando il ponte da lontano.
“Giusto” concordò Jess seguendo il suo sguardo. “Le provviste di Terabithia saranno tutte scadute a questo punto. Non ci andiamo da quasi un mese.”
“Hai ragione. Non dovremmo portare là cose fresche. Vanno bene i biscotti e le caramelle. Ma la marmellata e il pane dovremmo evitarlo. Lo porteremo a piccole dosi.”
“D’accordo. Allora andiamo”, disse Jess passando attraverso il ponte. Mise il primo piede con solennità ma circa a metà si fermò e prese a saltellare. Allo sguardo interrogativo di Leslie rispose: “Volevo vedere se teneva per davvero.”
Arrivarono all’albero dove avevano costruito la casa e vi si arrampicarono. Una volta dentro dovevano stare un po’ chini, erano cresciuti di molto negli ultimi anni, soprattutto Jess. Si sedettero l’uno di fronte all’altro, le gambe incrociate, e cominciarono a mangiare biscotti. Da una delle finestrelle riuscivano a vedere benissimo il nuovo ponte che portava a Terabithia. Lo osservarono in silenzio, masticando lentamente.
“Che cosa pensi di fare dopo la scuola?”, chiese improvvisamente Jess.
Leslie posò il biscotto che stava per mangiare e ci pensò. “Non lo so”, disse alzando le spalle. “Però mi piace tanto scrivere i temi scolastici e inventare storie, quindi credo che vorrei fare la scrittrice anch’io, come i miei.”
“Si, in effetti sei portata. Sei l’unica che riesce a prendere una A con la Timmed. Sei una raccomandata!”, ghignò Jess.
“Può darsi. Magari mi dà dei bei voti solo perché vuole conoscere mia madre.” Leslie sorrise.
“Probabilmente è così”, osservò Jess con una falsa aria di disappunto.
“E tu?”, chiese Leslie.
“Boh. Veramente non c’è niente che mi piace fare particolarmente”, disse Jess.
“Ma sei molto bravo a disegnare, e anche in matematica e fisica. Non so come fai!” Leslie scosse la testa e mangiò finalmente il biscotto che continuava a portare alla bocca e poi dimenticare.
“Si va be’. Ma non è che mi piaccia molto matematica, o fisica. Se le faccio bene è solo una fortuna. E poi… non credo che il disegno mi porterà da qualche parte. Prima di tutto perché i miei non mi faranno mai frequentare una scuola apposta. Sai come la pensa mio padre sul disegno”, disse Jess con una smorfia.
Leslie sospirò. “Forse se gli dimostri che sei davvero bravo allora ti lascerà. Non può negare che tua sia molto portato.”
“Mi servirebbe prendere delle lezioni, ma quelle costano.” Jess rimase pensoso per un po’, poi disse: “Credo che mi troverò un lavoro estivo, così potrò mettere da parte qualcosa, e poi forse potrò pagarmi da solo un corso di disegno.”
“E’ una buona idea. Ma intanto che tu lavori io che farò tutto il tempo qua da sola?” chiese Leslie un po’ dispiaciuta.
“Mica vorrai restare qui a far nulla tutta l’estate”, la rimproverò Jess.
“Perché no? Gli anni scorsi l’abbiamo fatto.”
“Si ma adesso abbiamo sedici anni, perciò potremmo anche avere un lavoro.”
“Ah! Tu hai sedici anni, io ne ho ancora quindici”, sottolineò Leslie.
“Ma li compirai a Luglio. Non manca tanto” disse Jess. Rimase ancora un po’ in silenzio. “T’immagini se riuscissi a convincere mio padre a lasciarmi studiare arte? Il mio unico compito sarebbe disegnare! Ci possono essere dei compiti migliori di questo?”, chiese esaltato.
“Probabilmente no”, disse Leslie sorridendo davanti al suo entusiasmo.
“Dovrei insistere davvero tanto. E dovrei essere il migliore, forse così mi daranno una borsa di studio”, osservò Jess pensoso.
Leslie rimase ad osservarlo, poi prese la sua decisione. La decisione che molto probabilmente avrebbe cambiato radicalmente le loro vite, anche se al momento nessuno dei due se ne rese conto.
“Ho deciso Jess! Quest’estate anche io m’impegnerò a scrivere.”
Jess sorrise e tese la mano. Leslie la prese e la strinse forte. “D’accordo!” avevano stretto un patto, e quando loro stringevano un patto s’impegnavano a mantenerlo al massimo.
“Non ti pare che tutti e due siamo molto, non so… artistici?”, chiese Leslie ad un tratto, sorridendo eccitata.
“Che vuol dire essere artistico?”
“B’è tutti e due vogliamo fare dei mestieri non molto comuni. Tu vuoi disegnare e io voglio scrivere. Sai, dovremmo formare un club.”
“Mi pare una buona idea”, disse Jess, già soddisfatto di essere considerato artista. “Un club di artisti.”
“Gli artisti di Terabithia.”
“Solo le persone che conoscono Terabithia e vogliono fare carriere abbastanza artistiche possono entrarci”, decise Jess.
“Per ora siamo solo in due, ma chissà che non vi si unisca anche Joyce Ann”, disse Leslie.
Jess sorrise. “Non mi dispiacerebbe se succedesse: Joyce Ann è una delle mie sorelle preferite… a parte May Belle.”
“Allora è deciso. Quest’estate cercheremo di diventare una scrittrice e un pittore” disse Leslie con un grosso sorriso. Jess non poté fare a meno di pensare che era un’idea meravigliosa, e già s’immaginava a viaggiare in giro per il paese a fare mostre. “Però devi promettere!”, aggiunse Leslie tendendogli di nuovo la mano, “Devi promettere che niente ci fermerà, e che faremo di tutto per realizzare il nostro sogno, e che se servirà ci sosterremo a vicenda.”
Jess sorrise e le strinse la mano. “Prometto”, disse, e pensava davvero a ciò che stava per dire, e desiderava ardentemente che le sue parole si avverassero. “Farò di tutto per realizzare il mio sogno, e ci sosterremo a vicenda.”

Sbuffando, Leslie gettò un foglio nel cestino della spazzatura, poi appoggiò il mento alla mano e rimase a fissare insistentemente attraverso il vetro della finestra. Pensava che la sua fantasia sarebbe bastata a scrivere almeno un racconto. Nemmeno troppo lungo magari. Ma no! A quanto pare la fantasia doveva finire proprio in quel momento. Doveva essere proprio sotto terra, perché Leslie non si era mai sentita così abbattuta e priva di idee come allora. Era da giorni ormai che pensava in continuazione ad una storia. Purtroppo tutto quello che scriveva, o addirittura abbozzava su fogli trovati in giro per casa, sembrava inizialmente buono, ma ad una seconda rilettura pareva scontato, banale. Oppure Leslie si ritrovava a far vivere ai suoi personaggi avventure e di intrighi senza fine, senza poi riuscire a togliergli dagli impicci.
E’ assurdo!, si disse una di quelle volte, non riesco a risolvere un problema in un mondo che ho creato io stessa! Se non sono capace di farlo io come potranno farlo i miei personaggi?
Qualcuno bussò alla porta e il padre di Leslie entrò con una tazza di tè caldo. “Ciao tesoro. Ti ho preparato il tè al limone, il tuo preferito.”
“Grazie”, biasciò teatralmente Leslie facendo cadere la testa sulla scrivania.
Sentì suo padre avvicinarsi e posare la tazza al suo fianco. Poi udì le molle del letto abbassarsi. Si girò, con un fantastico broncio dipinto sul viso, a guardare suo padre.
“Che cosa c’è?”, chiese lui.
“Non riesco a scrivere nessuna storia”, disse cupamente Leslie.
“Ah, capisco”, disse suo padre annuendo a guardando altrove. “Sai, quando mi hai detto che volevi scrivere un racconto sono stato molto fiero di te. E sono sicuro che riusciresti benissimo a farlo ma, sai, scrivere è diverso da immaginare. Io so che tu hai una grande immaginazione. Ma spesso immaginare qualcosa è la parte più semplice. Per non parlare poi di immaginare una storia: immaginare una storia è una delle cose più difficili che esistano al mondo.”
“Me ne sono accorta”, disse Leslie prendendo la tazza di tè.
“Spesso l’inizio non è poi così difficile, ma poi mantenere il ritmo della narrazione è molto complicato. Lo sai anche tu, no? Hai letto un sacco di libri.” Leslie annuì. “B’è, se ti posso dare un consiglio è di leggere il più possibile, e di cercare ispirazione in qualcosa che ti piace. Si può trovare ispirazione in tutto. In giro, in casa, facendo esperienze. La tua vita è una fonte preziosissima di ispirazione, forse la più preziosa di tutte. E non ti preoccupare di non riuscire, non ti sforzare soprattutto. Un’idea forzata non è la soluzione migliore. Aspetta quello che io chiamo il colpo.”
“Il colpo?”, domandò Leslie poco convinta, ma tuttavia curiosa.
“Si, il colpo. L’attimo che ti farà venire in mente una storia diversa dalle altre, talmente buona che non saprai nemmeno come tu come hai fatto ad immaginarla”, disse il signor Burke con un vago sorriso sulle labbra.
“D’accordo”, disse Leslie sorridendo.
“Ti ho mai fatto leggere la prima stesura dei miei libri? No, vero?”
“Non credo”.
“Bene, se mai volessi leggerne una dimmelo subito. Non ti puoi immaginare quanto sia diversa la storia e delle volte persino lo stile, alla prima stesura di un lavoro.”
“Okay, grazie mille papà.” Leslie sorrise e strinse più forte le mani sulla tazza calda. Era una cosa che le piaceva fare. Dopo aver finito di bere aveva le mani calde calde.
“Di nulla tesoro”, le disse il padre. Le diede un bacio sulla fronte e uscì.
Leslie rimase nella stanza a bere il tè bollente e guardare fuori dalla finestra. Dopotutto suo padre aveva ragione. Forse era meglio non corrucciarsi troppo e aspettare l’idea giusta. Elaborala gradualmente nella sua mente e, solo quando era sicura di essere sulla buona strada, metterla per iscritto.
Si, avrebbe fatto così. Nel frattempo, chissà che non le sarebbe stato utile leggere diversi libri, di diversi autori, genere ed epoca. I più famosi magari: Charles Dickens, Thomas Hardy, Oscar Wilde, le sorelle Bronte. Oppure ancora Jane Austen, Ernest Hemingway, Robert Louis Stevenson, Emily Dickinson.
Erano così tanti, ma questo non era un problema. Voleva solo dire che si sarebbe messa d’impegno a leggere.

La casa pareva addirittura disabitata. Una buona parte del muro era coperta da edera rampicante, il giardino era disseminato di erbacce e spazzatura, la vernice bianca del cancelletto in ferro si era quasi del tutto staccata e, nel complesso, sembrava stare in piedi per qualche brutto scherzo del destino, che non aveva voluto farla crollare solo per dispetto nei confronti di chi la guardava. Jess spinse il cancelletto cigolante e dopo aver superato il giardino disastrato bussò alla porta. Dall’altra parte provenirono dei rumori di catenelle, poi la porta si aprì, rivelando la donna più eccentrica che Jess avesse mai visto.
“Tu sei Jess Oliver Aarons?”, chiese con voce decisa.
“Si. Lei è la signora Felicity Grenike?”, domandò a sua volta il ragazzo.
“Signorina. Entra”, disse scostandosi dalla porta e lasciandolo entrare.
Jess entrò e si guardò attorno. Gli bastò una sola occhiata per capire che l’interno della casa era una fedele riproduzione dell’esterno. E sinceramente, guardando anche la proprietaria, non ci si poteva aspettare altro.
Felicity Grenike era una donna alta e secca, dalle maniere eleganti e con un carattere duro e temprato dall’esperienza. Aveva i capelli bianchi, e li teneva ancora abbastanza lunghi, legati in una stretta e alta crocchia in cima alla testa. I suoi occhi erano azzurri e penetranti, il suo naso dritto e perfetto. Non aveva l’aria di un’anziana, aveva una pelle chiara e poche rughe profonde. Quel giorno indossava una larga camicia colorata, di un rosso intenso, simile a quelle che si vedono in Africa, pensò Jass. Poi dei pantaloni verdi, anche quelli molto larghi, che cadevano elegantemente ai suoi piedi e fluttuavano ad ogni suo movimento. Il tutto era addobbato da bracciali e gioielli.
La donna condusse Jess in salotto e lo fece sedere sul divano, davanti ad un tavolino sul quale era posato un vassoio con del tè e dei biscotti mezzi bruciacchiati. Lei si sedette sulla poltrona di fronte a lui, incrociando le gambe in modo elegante e posando le braccia ingioiellate al ventre. “Allora Jess, per prima cosa vorrei chiederti perché hai deciso di venire a lavorare per me.”
“B’è…” Inizialmente Jess aveva pensato solo di dire che voleva guadagnare un po’ di soldi, ma alla fine il suo orgoglio prevalse. Voleva che sapesse delle sue ambizioni, anche se la signora era praticamente una sconosciuta. “Voglio mettere da parte dei soldi per potermi pagare delle lezioni di disegno.”
Negli occhi di Felicity Grenike passò un veloce lampo, ma fu talmente fugace che Jess pensò di averlo solo immaginato. “Bene. Al telefono hai detto che t’intendi di lavori manuali.”
“E’ così”, disse Jess, e il suo pensiero volò verso il ponte di Terabithia.
“Perfetto. Verrai da me ogni pomeriggio, dalle due alle sei, dal lunedì al venerdì, e farai tutti i lavori che ti dirò di fare. Sarai come un uomo tuttofare”, disse con cipiglio severo. “Per quanto riguarda la tua paga, siccome dovrai fare lavori pensanti, credo che potrebbero andar bene anche trenta dollari a giornata.”
“Sette dollari e cinquanta all’ora.”
“Precisamente. Per la prossima volta indossa vestiti più adatti, non vorrei che tua madre mi accusasse di farti sporcare il vestito buono della domenica. Per ora potresti iniziare con il giardino. In cucina troverai i sacchi grandi della spazzatura, in garage tutti gli attrezzi per estirpare le erbacce.”
Jess, senza farselo ripetere due volte, si alzò e andò in cucina. Trovò i sacchi della spazzatura e, in garage, per precauzione, prese due grossi guanti. Non appena uscì nel giardino, guardandosi attorno e chiedendosi da dove sarebbe stato meglio iniziare, vide la signorina Grenike, sulla porta di casa, spegnere una sigaretta sul tacco della scarpa e poi gettarla in mezzo all’erbaccia. Jess sospirò e cominciò.
Si prospettava un lavoro lungo.

“Allora com’è andata?”, chiese Leslie.
“Abbastanza bene. Però in una sola settimana sono riuscito soltanto a mettere a posto il giardino, ripulirlo dallo schifo e piantare dei fiori”, rispose Jess. “Quella signora è strana forte. Dovresti vederla, scommetto che ti piacerebbe un sacco.”
“Dici?”, chiese Leslie guardando altrove.
“Secondo me sì. Mette sempre dei… non lo so, dei vestiti stranissimi. Non so neanche quanti anni abbia, ma non è giovane. Come minimo ha sessantacinque o sessantasei anni, se non di più. Comunque… tu?”
“Mah, nulla di che. Sto leggendo un sacco. Per prendere spunto, sai?”
“Che cosa leggi?”
“Un sacco di vecchi romanzi. Ho finito di leggere l’altro giorno Ragione e sentimento di Jane Austen. E adesso sto leggendo Il vecchio e il mare di Hemingway”, disse Leslie.
“E che te ne pare fin’ora?”
“La Austen non è per niente male, credo che leggerò qualcos’altro di suo. Mi piace il suo stile. E’ serio, però riesce a tenerti incollato al libro. Per quanto riguarda Hemingway…” Leslie si bloccò un secondo. “Sai, i grandi scrittori del passato non cadevano affatto nel banale quando parlavano del dolore. E sapevano che si può manifestare nei momenti più banali della nostra vita. Prendi ad esempio il dolore di un uomo che mangia, o che guarda fuori dalla finestra.”
Jess rimase un secondo in silenzio, poi sorrise e disse: “Cavolo. Una decina di pagine di Hemigway e sei diventata Socrate.”
Leslie rise e si allungò per prendere la grossa bottiglia d’acqua che stava sulla mensola proprio sopra le loro teste. Leslie teneva le bottiglie nel freezer e aspettava che fossero gelate, poi le portava sulla casa. Faceva talmente caldo che il ghiaccio si scioglieva in circa due ore. Spesso rimaneva un grosso ghiacciolo informe che galleggiava nel mezzo della bottiglia di plastica, ma alla fine anche quello si scioglieva e l’acqua rimaneva fresca.
“A proposito di Socrate”, disse Jess, “l’altro giorno ho trovato un suo libro nella mia stanza. Dev’essere stato di mia sorella, solo che lo ha dimenticato. Ne ho letto un paio di pagine ed è interessante. Se vuoi te lo passo.”
“Grazie. Ma che cos’è? Un racconto?”, chiese Leslie.
“No. In pratica Socrate era stato arrestato e nella sua Apologia c’è scritto tutto quello che ha detto quando si è difeso davanti ai giudici. E’ impressionante, riesce a rigirare la storia come vuole lui. Infatti lo accusavano di essere un sofista, e sai una cosa? Avevano assolutamente ragione”, disse Jess con un sorrisino.
“Davvero? Bello. Immagino che un personaggio così sia interessante, no?” Leslie pensò ad un personaggio dal grande carattere e con tanto carisma. Uno come Socrate, o come Dorian Gray. Affascinante.
“Probabile. Mi passi l’acqua?” Jess allungò una mano e prese la bottiglia che Leslie gli porgeva. Proprio mentre beveva si ricordò di una cosa: “Hm!” esclamò bevendo. Posò la bottiglia e disse con aria stralunata: “Mio padre ieri ha trovato il libro su Caravaggio che mi hai regalato al mio compleanno.”
“E che ha detto?”
Jass sbuffò. “Ha detto un sacco di cose. Prima di tutto che l’arte è una perdita di tempo, poi che dovrei farmi regalare dai miei amici cose più utili e, alla fine, che Caravaggio ci provava con i suoi modelli.” Jess fece una faccia come a dire assurdo no?
“Però è vero… di Caravaggio e i suoi modelli”, osservò Leslie.
“Si ma come fa mio padre a saperlo? E comunque anche se fosse non è interessante. Quello che importa sono i suoi quadri”, disse Jess. “Aveva una tecnica pazzesca, sembrano fotografie”, disse allucinato.
“Sono contenta che ti piacciano. Non sapevo proprio che cosa regalarti. Ne hai trovato uno che ti piace in particolare?”
“Si” disse subito Jess. “Si chiama Amor Vincit Omnia e, in pratica, c’è questo ragazzino con le ali nere, che rappresenta l’amore, e ai suoi piedi un sacco di cose. Libri, un’armatura, degli strumenti e alcuni spartiti. Significa che l’amore vince tutto: guerra, musica e letteratura, tutto.”
“Hm…”, fece Leslie, “Dovrei scoraggiare questo genere di cose.”
“Perché?”, chiese Jess stupito.
“La letteratura non viene vinta!” esclamò lei.
Jess la guardò un secondo, poi la spinse leggermente, ridendo.




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Ecchime! ^^
Allora, principalmente il tema di questo capitolo è quello su cui si basa tutta la fic, 
Lo so, alcuni di voi saranno delusi, perchè non si tratta di una storia d'amore ma di altro, però mi giustifico dicendo che non c'era scritto nulla di 'amoroso' nel genere XD Insomma, volevo scrivere qualcosa di diverso, perchè tutte le fic su questo fandom parlano di storie nelle quali Leslie e Jess si innamorano o one shot tristi dal punto di vista di Jess.
Ho fatto vivere Leslie perchè altrimenti non sapevo come fare una fic, non volevo farne una triste. Credo di essere stata -molto- infulenzata dal fatto che quando l'ho scritta stavo facendo l'ultimo anno di liceo XD Si, più avanti probabilmente si noterà di più XD
Comunque non disperate, è possibile che più avanti accada qualcosa. Non voglio spoilerare troppo però! Uhuhuh!

Recensioni! Miracolosamente ne ho ricevuta una, sono soddisfatta anche perchè non me ne aspettavo neanche una ad essere sinceri! XD

Lady Marion: wow grazie per la recensione, che anima pia! XD Mi spiace ma ho già infranto i tuoi sogni riguardo a Jess e Leslie che si mettono assieme, so che in questo modo diventerò molto impopolare, ma mi sembrava scontato altrimenti XD Comunque, grazie mille per aver commentato, ciao ciao :)

Un grazie sincero a chi ha letto, spero che aumenterete dato che così siete ben in pochi! XD Però, insomma, già sapevo che questa sezione non era poi così adatta per le long fic, comunque, anche se non ci sarà nessuno a commentare, se ci sarà anche un solo lettore o anche una sola persona che segue, io continuierò imperterrita a postare! La storia tanto è già finita, si tratta di fare una piccla revisione, non vi abbandonerò! XD

Patrizia
   
 
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