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Autore: Pleasance Carroll    26/09/2010    2 recensioni
ciao a tutti!questa è la 2 storia che scrivo su Twilight abbiate pietà di me non sono molto brava...comunque mi è venuta in mente rileggendo BD...Didyme,la moglie di Marcus,mentre è a caccia trova una bambina che decide di chiamare Erice,in onore del luogo dove si è cibata dei suoi genitori,ed in effetti,portata agli anziani è questo il destino che decidono anche per lei una volta cresciuta ma... possibile che un'umana possa diventare "discendente"dei Volturi?leggete e fatemi sapere!a proposito mi dispiace per il rating,non sono molto pratica ma spero di avrci azzeccato...
Genere: Romantico, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XIII

Trappola

 

Era trascorso appena un giorno dalla partenza di Eleazar e, ora che il sole non era altro che una luce soffusa che pian piano andava intensificandosi, all’orizzonte; l’intera congrega dei Volturi era riunita per una nuova udienza nel Salone Principale.

Erice avrebbe potuto prendervi parte, certo, ma quella volta decise di non volerlo né poterlo fare, presa com’era a camminare, inquieta, avanti e indietro in Piazza dei Priori, rosicchiandosi le unghie e giocherellando nervosamente con il suo ciondolo d’alabastro. Nonostante non sentisse o vedesse nulla- completo merito della pesante tenda rossa che oscurava la finestra che dava sulla piazza; e del bassissimo tono di voce proprio di tutti i vampiri- sapeva benissimo quali parole, quali richieste stavano riecheggiando in quel luogo: il clan stava discutendo del desiderio di Marcus e Didyme di cambiare vita, e…della sua libertà.

La ragazza aveva cognizione di quanto fossero spiccate le doti oratorie di sua madre, perciò dava per certo, sentiva che Didyme stava pregando suo fratello e tutti i presenti, di lasciare che lei, il suo compagno e sua figlia si congedassero pacificamente da Volterra- così com’era stato per Eleazar- alla ricerca di qualcosa di diverso.

La questione sembrava così semplice: non appariva altro che una semplice udienza durante la quale, il Consiglio avrebbe dovuto decidere se accogliere la richiesta oppure no. Il problema, agli occhi “esterni”di Erice, almeno, era un altro se non, era più di uno. In primis, nulla era ciò che sembrava. Inoltre, più volte quella mattina l’umana, in preda all’angoscia per la notizia di un’ipotetica partenza, aveva iniziato a pensare, a riflettere, fino alla paranoia, avvezza com’era all’idea che, almeno in quel mondo, persino gli atteggiamenti potevano dirsi fittizi.

La decisione che gli Anziani avrebbero dovuto prendere, sarebbe stata abbastanza imparziale, considerato che in seno a loro c’era un componente che voleva lasciarli ad ogni costo? E, se anche fosse stato dato loro il permesso, Aro sarebbe stato pronto ad accettare una separazione da sua sorella, oltre che dal membro del Consiglio del quale si fidava di più?

Erice chiuse gli occhi e provò ad immaginare come sarebbe stato se, realmente, il capo della congrega avesse dato loro il suo placet…subito, tra i pensieri, le apparve il volto dai lineamenti alieni, famelici di Aro, gli occhi neri assetati di potere…

No. Chiaramente non avrebbe mai dato a nessuno dei tre il permesso di lasciare i Volturi, bramoso com’era di dominio; anzi, per evitare che la situazione gli sfuggisse di mano, avrebbe trovato un modo per fare di Marcus e Didyme un esempio per tutti coloro che erano intenzionati ad andarsene -probabilmente percependo, come aveva fatto Erice, che presto tutti i vampiri non eccessivamente legati al potere, sarebbero stati desiderosi di imitare Eleazar. Altrimenti, nella peggiore delle ipotesi, Aro avrebbe concesso solo a sua sorella ed a Marcus di allontanarsi, mentre avrebbe preteso che Erice rimanesse lì, per avere modo di scaricare su di lei tutta la sua rabbia ed il suo risentimento.

La ragazza rabbrividì: alla luce di quelle supposizioni, lei cosa avrebbe dovuto e voluto, fare? Doveva forse unirsi ai suoi genitori ed imparare a conoscere qualcos’altro, che non fosse il mondo che le era stato messo davanti agli occhi, com’era desiderio di Didyme? Oppure, dal momento che non riusciva neppure a concepire l’idea di separarsi da Santiago, sarebbe stato più giusto che fosse rimasta tra i Volturi, ad accettare quindi, tutto ciò che sarebbe venuto, qualsiasi cosa fosse?

“ sì, certo. Così non appena Didyme sarà lontana e non potrà più proteggermi, come ha fatto, invece, durante tutti questi anni, Aro si vendicherà su di me in qualsiasi modo, facendomi addirittura pagare per essere nata…” pensò lei, torturando nel frattempo il cuore d’alabastro che le aveva donato il suo compagno.

Davvero non riusciva a sopportare l’idea di stargli lontana ora che, dopo troppo tempo si erano dichiarati…ma…se avesse chiesto a Santiago di seguirla, lontano dai Volturi?

“ah, ovvio! Bella idea, Erice! Così Aro ti farà dare la caccia da Demetri per farti soffrire fino al limite dell’umana sopportazione e vendicarsi quindi, del fatto che tu saresti la causa della disgregazione della millenaria congrega dei potenti Volturi…” si rimproverò da sola, mordendosi un labbro mentre il flebile barlume di speranza, suscitato dalla possibilità di non dover rimanere senza il suo amore, si spegneva rapidamente.

Era letteralmente dilaniata. Come avrebbe dovuto agire? Non ne aveva la minima idea…

 

All’improvviso il portone nero di Palazzo dei Priori si spalancò con un tonfo violentissimo e, prima che avesse il tempo di aguzzare lo sguardo, per capire cosa lo avesse causato, fu avvolta da un innaturale tornado che, a causa della sua repentina veemenza, minacciò di farla cadere. In breve, quando si riprese, la ragazza si ritrovò circondata da tutti quei vampiri, ai quali si era avvicinata, durante i turni alla Cinta Muraria. C’erano Corin, Afton, Chelsea, i visi terrei…e, esattamente davanti a lei, leggermente fuori dal cerchio perfetto di mantelle grigie, stava Santiago, il cui sguardo tormentato, distrutto era perfettamente visibile nonostante il cappuccio calato sul viso, e non prometteva nulla di buono…

Non appena i loro sguardi si incrociarono il vampiro fu addosso ad Erice e, velocissimo, la prese in braccio, per trascinarla in Vicolo Mazzoni, dove, col favore dell’ombra avrebbero guadagnato un po’ di riservatezza, per parlare, da soli.

La ragazza si ritrovò con le spalle al muro quando riaprì gli occhi; Santiago era davanti a lei, le mani posate sui suoi fianchi come per assicurarsi che non fuggisse, lo sguardo quasi nero, straziato.

Senza il cappuccio era così bello- si perse a pensare, Erice nel tentativo di imprimere a fuoco tra i suoi ricordi, anche la più piccola inezia che lo riguardasse- il viso bianco e splendido in parte celato dall’ombra, un leggero accenno di baffi e una piccola chiazza di barba sotto il mento; ma gli occhi, adombrati appena dai ricci neri, esprimevano tutto il dolore che condivideva anche lei.

Ad Erice, che allora stava per dire qualcosa, mancò il respiro, il cuore le si incastrò in gola.

-         cos’è successo…?- si sforzò di domandare, la voce rotta.

Santiago cadde sulle ginocchia, stremato e, stringendo le braccia attorno alla sua vita, affondò il volto nel ventre della sua compagna; tremava ed era scosso da violentissimi singhiozzi, mentre continuava a bisbigliare qualcosa che somigliava ad un “perché? Perché?”. Se avesse potuto, avrebbe sicuramente pianto.

In quel momento Erice comprese che non ci sarebbe stato bisognò di alcuna parola: quella scena tanto drammatica parlava da sé. Sentì la sua anima sgretolarsi, il cuore le pulsava impetuosamente ma si sentiva spaesata, senza parole; tanto che carezzava i capelli di Santiago con un gesto automatico, come se avesse avuto la mente distaccata dal corpo.

-         Didyme si è presentata qualche ora fa nel Salone Principale, dicendo che lei e il suo compagno avevano intenzione di lasciare i Volturi, per cercare un nuovo stile di vita, qualcosa di diverso, come ha da poco fatto Eleazar…questa notizia ha rattristati grandemente il nostro signore Aro ma…ciò che ha rattristato maggiormente me, è stato sapere che…hanno intenzione di portare via anche te…- sussurrò il vampiro, sconvolto.

La ragazza si riscoprì tesa e vibrante d’emozione e paura, per una snervante attesa dell’unica informazione che non aveva udito. Solo in un secondo momento si concentrò davvero sulle parole del messicano, tanto da notare che non aveva chiamato “miei signori” né Didyme né Marcus, forse per punirli del loro intento di separarlo dalla sua donna.

-         e…l’…l’esito?- chiese lei, lo sguardo perso nel vuoto.

-         Alec, Jane, Felix e Demetri sono stati mandati come ambasceria al seguito di Marcus, per esplorare la zona dove dovranno…dovrete passare. Aro nel frattempo intende dare la sua benedizione a Didyme per la partenza così…entro questa sera sarete liberi.- mormorò Santiago, contro il suo ventre.

Quella reazione, quella dimostrazione di fragilità- in particolare da un vampiro possente come il suo compagno- scioccarono Erice più di quanto lei stessa si aspettasse, tanto che, impiegò diversi minuti a comprendere che la libertà di cui si stava parlando, comprendeva anche lei.

Tentò allora di trovare conforto negli occhi scuri di Santiago, ma le tremarono le ginocchia, ed i contorni del vicolo buio, umido, attorno a lei presero a vibrare…

Prima che avesse la possibilità di dire qualsiasi cosa, avvertì che due mani fredde l’afferravano, due possenti braccia la stringevano con fare protettivo e, nel momento in cui la nebbia si diradò dai suoi occhi, Erice riconobbe il soffitto della sua stanza. Fece per alzarsi, ma il suo compagno, apparso come per magia al suo fianco, si preoccupò di non farla muovere troppo velocemente; quindi, quando lei riuscì a mettersi seduta, prese posto ai suoi piedi, con sguardo implorante:

-         quello che hai sentito è vero, amore mio: entro questa sera lascerai Volterra al seguito di Didyme e Marcus - le carezzò una guancia, lentamente. Si sentiva svuotato, era evidente, dal momento che la possibilità di perderla si stava concretizzando; tuttavia, si sforzò ugualmente di mostrare forza, risolutezza e persino un pizzico di felicità per la sua amata, per la nuova avventura che le si prospettava, anche se senza di lui- dai, dovresti preparare i bagagli.- le consigliò, offrendosi di aiutarla.

Erice annuì, come un automa e, dopo qualche minuto trascorso racchiusa in un silenzio incredulo, depositando tutti i suoi indumenti sul piccolo letto; parve risvegliarsi di colpo e, in un impeto d’ira, iniziò a gettare a terra tutte le magliette che le capitavano a tiro mentre urlava che era ingiusto che non li potevano separare perché si amavano e condividevano molto di più della sola carne.

Santiago, vedendola così, fu in parte sbalordito dalla sua reazione ma in parte soffrì anche maggiormente di quanto già non facesse, e si odiò per non avere la possibilità di piangere; di conseguenza, straziato, fu costretto ad avvolgere la compagna nella propria stretta d’acciaio, attendendo che si calmasse. La ragazza però, non dava cenni di cedimento, addirittura parve che non le importasse di avere una sorta di montagna di pietra gelida, davanti a sé, e continuò ad inveire, anche su di lui, dando pugni alla cieca sul suo petto.

Quando, d’un tratto, si stancò, il vampiro messicano cadde sulle ginocchia assieme a lei, e scivolarono insieme sul pavimento.

-         io ti amo…- mugugnò sfinita Erice, incapace di guardarlo a causa del dolore che provava e della consapevolezza che stavano per dividersi.

L’unica soluzione che Santiago riuscì a trovare, per alleviare il dolore di entrambi, fu sollevarle il mento con due dita e premere le proprie labbra contro le sue.

Passione, rabbia, disperazione, un che di violento ed un po’ di dolcezza furono le contrastanti emozioni che grondavano da ogni loro gesto, respiro e movimento ma, in breve, i due si ritrovarono avvinti in un reciproco, intenso abbraccio e fecero l’amore.

Entrambi sembravano aver dimenticato che appena oltre la porta, c’erano decine di vampiri in grado di udire ogni cosa. Ma non gli importava: esistevano solo loro.

 

Era mattina inoltrata quando gli amanti, con un ultimo bacio e la morte sulle labbra, si rivestirono; Santiago, gettando uno sguardo furtivo al bel viso della compagna ed al ciondolo d’alabastro che aveva al collo, si obbligò, seppur sconvolto, a comportarsi con naturalezza e quindi ad andare presso la Cinta Muraria, per svolgere le proprie mansioni. Erice invece, rimasta sola, tornò a preoccuparsi di gettare i suoi abiti in una borsa.

Di colpo, ad un tintinnio più forte del braccialetto che anni fa le era stato donato da Didyme, il suo cervello corse a lei, a sua madre, insospettito dal fatto che ormai dovevano essere trascorse ore da quando Marcus e Didyme si erano divisi. Poteva certo comprendere che l’ambasceria al seguito del compagno di Didyme impiegasse molto tempo a mostrargli la strada da percorrere, dal momento che Marcus non lasciava Volterra da quando il clan si era diretto in Transilvania.

Ma…possibile che per una semplice benedizione, a Aro e Didyme, servisse tanto tempo?

Con uno strano presentimento nel cuore spaventato, ed i nervi a fior di pelle, Erice afferrò senza pensare la sua mantella grigio fumo, e se la gettò sulle spalle, iniziando a correre già mentre scendeva le scale; forte del fatto che, grazie allo Scambio di Sangue appena rinnovato con Santiago, che aveva contribuito a potenziare le sue qualità, nessuno l’avrebbe fermata.

 

Alcuni minuti più tardi, abbastanza lontana da Volterra, ma non a sufficienza da aver trovato Didyme ed Aro, Erice fu costretta a calmarsi e concentrarsi per far uso della deprivazione sensoriale, e riconoscere così i loro profumi portati dal vento…

Spostatasi in un boschetto, riprese quindi a correre fino ad avere il fiato corto per l’inquietudine e la fretta; di tanto in tanto fu costretta a fermarsi per tornare a respirare con naturalezza e, con gli occhi chiusi riprendere la sua ricerca delle loro tracce.

Dopo un tempo interminabile che si sarebbe potuto distendere in ore, oppure in semplici minuti, la ragazza si ritrovò dietro un possente albero che dava su un piccolo spiazzo erboso. Didyme e suo fratello Aro erano lì, distanti un metro l’uno dall’altra, tanto immobili da sembrare mute statue; tuttavia, qualcosa le suggerì che si stavano parlando, seppur a bassissima voce.

Erice trovò saggio nascondersi alla loro vista, porsi sottovento affinchè nessuno dei due potesse sentire il suo odore ed essere abbastanza lontana e calma da non far arrivare alle loro orecchie, i suoi battiti cardiaci. Nonostante tutto, però, qualcosa di celato, sconosciuto ma insito nell’aria, le suggeriva di dover restare all’erta, irrequieta. In effetti, una volta spostato lo sguardo sull’espressione di Aro, vide una maschera di ghiaccio che tentava di nascondere- anche se piuttosto male- un’emozione di rabbia intensissima che sfociava quasi in odio puro; e si augurò che sua madre Didyme, nonostante avesse i sensi annebbiati dalla felicità, fosse tanto sveglia da accorgersene.

-         e così, mia dolce sorellina, vuoi lasciarmi, lasciare i Volturi…- esordì il vampiro, esibendo una smorfia che sembrava triste.

-         Ti ringrazio per la possibilità che ci hai dato, fratello…ti confesso che mi elettrizza la prospettiva di ritrovare il mondo, vedere com’è cambiato; forse proverò anche ad assaggiare lo stile di vita vegetariano, tanto decantato da Eleazar. Ma, non essere triste per questo nostro distacco perché, ti prometto che non ti abbandonerò del tutto: faremo ritorno prima o poi…- replicò Didyme, lo sguardo perso e felice di una ragazzina, mentre con le mani giunte dietro la schiena si dondolava leggermente e sorrideva, bella come una dea. Un sospiro di vento le scosse la gonna del vestito.

-         Ah, sono sicuro che lo farete immediatamente, dal momento che non avete mai provato altro stile di vita che non fosse quello carnivoro. Inoltre, non oso pensare a quanto saranno scarsi i livelli di resistenza tuoi e di Marcus, con un’umana tra di voi, tutti i giorni e tutte le notti…quando mi hai pregato di ottenere la libertà anche per lei, giuro che ho creduto che voleste Erice per un ultimo pasto che possa definirsi serio…- l’espressione gentile di Aro, i suoi modi pacati, scomparvero di colpo, ed il suo viso si fece duro, beffardo, tanto che Didyme(che, a differenza di Erice, aveva sempre potuto fare affidamento sui suoi sensi di vampira) rimase impietrita e spaventata, per quel repentino, inaspettato cambiamento. Anche se con qualche secondo di ritardo, riuscì a reagire in una sola maniera: si irrigidì scoprendo appena i denti, ed emettendo un ringhio tanto basso da sembrare un sibilo. Mai come in quel momento- pensò Erice- i due fratelli avevano somigliato a dei vampiri, feroci, spietati, adirati.

-         Sorella, mia splendida sorella; non avercela con me: ti sto dicendo solo la verità. E la tua reazione mi dice che stai facendo questo radicale ed inutile cambiamento- e stai costringendo anche Marcus a seguirti- solo per lei, solo per un’insignificante umana.- Aro intrecciò le mani in grembo, un sorriso falso sulle labbra sottili.

Didyme, allora, esplose: si piegò rapida in posizione d’attacco, e ringhiò contro il fratello con tanta veemenza da far rabbrividire persino Erice, che da una vita intera era abituata ai modi dei vampiri.

-         non osare offendere la mia Erice!- fece, fredda; gli occhi ridotti a fessure. La ragazza, da dietro l’albero tratteneva il respiro, tentando d’immaginare il bellissimo volto di sua madre, trasfigurato dalla rabbia.

-         La tua Erice?- la canzonò il capo dei Volturi, mentre scuoteva la testa e faceva schioccare la lingua come se si trovasse davanti ad un caso irrecuperabile.

-         Tu non hai mai capito, Aro, non potresti mai capire. Hai odiato Erice sin dal primo momento in cui l’ho portata tra noi, ma non ti sei mai curato di osservare come io l’ho sempre guardata: la considero mia figlia, e in tutto questo tempo l’ho protetta ed amata come una qualsiasi altra madre farebbe.  È stata una parte della mia femminilità che ho dovuto recuperare dopo la mia morte, poiché, quando mi hai trasformata in vampira, ti sei preoccupato solo di attendere che divenissi una donna, e così mi hai privato dei miei bisogni, dei miei desideri.- la vampira mora iniziò il suo discorso con un sospiro e un’aria di superiorità, ma, infine, il disprezzo represso nei confronti del fratello, il vuoto causato dalla privazione di sé come persona, donna e madre, ebbero il sopravvento sulla sua lucidità.

-         Puttana ingrata! Dovresti essermi riconoscente per ciò che ho fatto per te! Ti ho resa splendida, veloce e forte; ti ho sottratta all’abbraccio della morte, allora e sempre, fino alla fine di ogni tempo. Ho fatto sì che tu fossi parte del mio grande progetto, di fondare il clan dei Volturi: una stirpe gloriosa che avrebbe avuto il mondo ai suoi piedi. Ti ho anche fatto dono di un compagno che potrai avere sempre al tuo fianco. E tu come mi ripaghi? Cercando di portarmelo via, lasciando così che i Volturi rimangano solo un ricordo…

È colpa tua e di quell’inutile umana, se presto andrà tutto in rovina!- anche Aro aveva fatto mostra del rancore e dell’odio che provava verso Erice, ed ora anche nei confronti di Didyme, perché stavano vanificando tutti gli sforzi compiuti dal vampiro in quei millenni.

La ragazza, non ebbe il coraggio di sporgersi a guardare quanto stesse accadendo; aveva lo stomaco serrato in una morsa gelida. Tuttavia, dal momento che non aveva mai sentito quel vampiro perdere il controllo in quel modo, provò ad immaginare la rabbia titanica di Aro, i pozzi neri che dovevano esser divenuti, i suoi occhi.

Didyme, che nonostante in tutta la sua esistenza aveva cercato di compiacere suo fratello, era sempre stata una vampira indipendente e sveglia, in quel momento, contrariamente alle sue stesse aspettative, indietreggiò spaventata, ferita da quelle parole mentre apriva per la prima volta gli occhi su chi fosse veramente suo fratello.

-         di me non ti è mai importato nulla, vero, fratello?- mormorò, con voce rotta anche se le bruciava la lingua a pronunciare quell’appellativo.

Aro fece un respiro profondo e, quando apparve più calmo voltò appena la maschera di bronzo in cui era mutato il suo viso, per studiare con sufficienza Didyme.

-         no sorella. Hai ragione. Amo di più il potere, per questo…quando ti ho trasformata mi aspettavo grandi cose da te- visto il potere che ho ereditato io- ma…mi hai davvero deluso quando ho scoperto quale fosse realmente la tua qualità. Ora, infatti, ti detesto perché vuoi privarmi del membro più fidato che ho nel Consiglio. Vedi io…devo impedirtelo, devo fare di te un esempio per far comprendere a cosa andranno incontro tutti coloro che in futuro vorranno abbandonare i Volturi.- dichiarò il vampiro, con voce tagliente, quasi fosse una dichiarazione di guerra.

In quell’istante Erice decise di girarsi verso lo spiazzo erboso, più concentrata sul pensiero che non vedeva nulla di male in una capacità di persuasione che poteva tornare utile in qualsiasi momento, facendo piegare le persone a qualsiasi volere; piuttosto che sull’ultima promessa del capo dei Volturi.

Ciò che vide appena un secondo dopo, infatti, la paralizzò, facendola tremare come una foglia, togliendole il respiro…

Aro, ridotto ad un’aura nera come la pece, ai suoi occhi, si avventò lesto su sua sorella e la scaraventò contro un albero, sfruttando l’elemento sorpresa. Quella impiegò un po’ a riprendersi dallo stupore, ma ebbe solo il tempo di rialzarsi saltando il tronco, sull’erba, ormai ridotto ad un ammasso di trucioli; perché, un secondo più tardi, il fratello le fu di nuovo addosso, per non lasciarle il tempo di prepararsi ad uno scontro fisico, e prese a strapparle a morsi ogni “appendice” del suo corpo: le braccia, le gambe, le orecchie, le labbra…

Le urla di Didyme erano strazianti, tanto che Erice avrebbe voluto soccorrerla, essere lì al suo fianco a proteggerla e salvarla, ma, nonostante avesse portato con sé il pugnale dalla lama doppia che le era stato regalato da Anthenodora, la ragazza non riusciva a muoversi, la mano le tremava in modo incontrollato, e si sentì fragile e spaventata mentre scopriva un sentimento dannatamente umano: la paura.

Senza alcun preavviso, sotto lo sguardo impietrito dell’umana, Aro iniziò a sradicare alberi ed a distruggerli, gettandoli tutt’attorno al corpo mutilato della sorella, che ormai non poteva più neanche urlare, perché privata della lingua.

Erice comprese troppo tardi quale fosse l’intento di quel vampiro sadico e, udendo un semplice “mi dispiace, ti ho voluto bene” uscire dalle labbra di lui, rivolto agli occhi imploranti ma consapevoli della sorella; si decise a muoversi solo quando le fiamme roventi di quel rogo colossale, le avvamparono sul viso.

Lì in mezzo, nel fuoco crepitante e rosso come l’inferno, c’era Didyme. Erice si sentì impotente in quanto una presa di freddo acciaio era serrata attorno al suo corpo, e le impediva di muoversi. Sapeva di non poter fare nulla, di non aver mai potuto fare nulla a causa della sua condizione umana, caduca e svantaggiata rispetto a quella di un vampiro; così, frustrata dalla paura e dall’odio verso Aro e verso se stessa; si sorprese ad urlare:

-         bastardo assassino! Pagherai per questo!-

allora, nonostante quasi tutti i rumori fossero coperti dallo scoppiettio delle fiamme, Aro sollevò la testa di scatto, come fosse stato un segugio a caccia.

La forza che teneva Erice inchiodata al suo posto, la lasciò improvvisamente andare, con una spinta, e lei si ritrovò al centro della radura, al cospetto di Aro; il pugnale stretto nella mano che tremava, il viso sconvolto e terreo.

La ragazza non seppe mai cosa fosse successo dopo, esattamente…forse i riflessi delle ultime fiamme che si stavano estinguendo, avevano illuminato il viso di Erice tanto da renderlo minaccioso e spingere il vampiro, spaventato, a dileguarsi in un tornado invisibile ed innaturale…o forse, poiché era senza mantello, dal momento che era bruciato assieme alla sorella, fu il sole- che si trovava nel punto pi alto del cielo- ad impedirgli di muoversi, di avvicinarsi a lei e, per quella volta le salvò la vita.

Comunque,dopo attimi interminabili passati a scrutare quel folle vampiro, Erice rimase sola in quel luogo devastato. Dinnanzi alle ceneri sparse a terra, l’unica traccia rimasta dell’esistenza di sua madre, si sentì svuotata. Cadde in ginocchio, senza parole, tenendosi invece stretta un’ultima, vana speranza: giunse le mani in preghiera implorando ossessivamente sempre la stessa cosa. Magari quel qualcuno cui si stava rivolgendo, le avrebbe davvero restituito la vampira che aveva amato, tutta intera.

La ragazza riaprì gli occhi dopo poco tempo e fu costretta a supplicare quella richiesta ad alta voce, quasi ad urlarla. Ma non accadeva nulla. Non c’era nessuno ad ascoltarla.

Persa, distrutta e logorata non ebbe altra soluzione se non quella di gettarsi tra le generi di sua madre e piangere, immaginando di averla vicina un’ultima volta, ora che cominciava a comprendere in modo profondo quale vuoto aveva lasciato dentro di lei, la sua perdita.

Fu allora che, per quanto fosse consapevole della sua condizione di inferiorità rispetto ai vampiri ostili che da quel momento l’avrebbero circondata- poiché non ci sarebbe più stata Didyme, a proteggerla- Erice si fece una promessa, e la estese anche alle polveri che, dalla terra, si stavano disperdendo nel vento: sua madre era morta come una martire, pura, aveva sofferto, certo; ma era anche riuscita a dimostrare la vera indole, malvagia, del fratello; il suo sacrificio, quindi, non sarebbe stato vano, perché lei, Erice, sua figlia, sarebbe riuscita presto a fare giustizia, mostrando a tutti di quale crimine Aro aveva voluto macchiarsi le mani, pur di mantenere il proprio potere.

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti!

Come state?(soprattutto, scelta giusta chiederlo dopo un capitolo simile XD)

Scusate il ritardo; ho cercato di fare il prima possibile ad aggiornare.

Spero che, nonostante questo capitolo sia un po’ particolare(non so voi ma a me viene da piangere) vi sia piaciuto lo stesso; chiedo venia per il linguaggio un po’ “di strada” di Aro, ma ho cercato di immedesimarmi il più possibile in lui in una situazione simile(ah, se trovate qualche ripetizione di concetti o termini, sorry ma non ho avuto tempo di ricontrollare).

In particolare mi auguro che questo post abbia reso giustizia a ciò che vi avevo promesso nel precedente “spazio d’autore” o meglio, che sia stato abbastanza “da fuochi d’artificio” come lo aveva definito Ayumi, se non sbaglio. Grazie davvero ad entrambe, Luce e Ayumi per i vostri commenti, e per il fatto che mi seguite sempre, scusate se non vi ringrazio a dovere ma sono un po’ di fretta…

Spero comunque di non aver deluso le aspettative, fatemi sapere che ne pensate, vi ringrazio in anticipo

Marty23

  
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