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Autore: Tati Saetre    26/09/2010    6 recensioni
L’ho sognato, un’altra volta. Ho sognato il giorno del mio matrimonio, ho sognato Edward. Sono più di due mesi che Jacob ha chiesto la mia mano, ed io ho acconsentito. Da quel giorno, non faccio altro che rivivere il mio matrimonio. Ogni santa notte
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scendo dall’aereo con l’aria di che ne sa una più del diavolo

Scendo dall’aereo con l’aria di una che ne sa una più del diavolo. I viaggi non mi sono mai piaciuti, soprattutto quelli lampo. Inutile dire che questo l’ho odiato particolarmente. E’ notte fonda, e a Port Angeles fa freddo. Tanto freddo. Nemmeno riesco a pensare alle fitta pioggia che ci sarà a Forks. Spero solo ti trovare un taxi, che mi porti nell’unico motel della mia cittadina. Ma se la permanenza si dovesse prolungare, andrò da Charlie. Mio padre sarà felice, di vedere la sua unica figlia. Almeno lo spero. Mentre esco con una valigia di Louis Vuitton, una bella donna fa dei cenni con la mano. Sembra che stia catturando l’attenzione di qualcuno, o forse proprio la mia. Mi avvicino, notando che ce l’aveva proprio con me.

“Tesoro! Come sono felice di rivederti!” Lascio cadere tutti i bagagli, compresa la borsa che ho in mano, per abbracciare di slancio la mia seconda mamma.

Esme! Quanto mi sei mancata!” Dopo alcuni minuti ci stacchiamo, anche perché abbiamo quasi il fiato corto.

Con la mano porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Come sei bella. E… diversa.” Si nota, il cambiamento. Lo noto anch’io, guardandomi allo specchio. Non sono più Bells. Ora sono Isabella Swan, giornalista di Phoenix, quasi sposata con l’imprenditore Jacob Black. Vesto firmata, porto anche le scarpe con il tacco. Gli abitanti di Forks, se mi vedono ora, penseranno che sono la gemella di Bella. Isabella.

“I cambiamenti sono inevitabili”, dico, riprendendo possesso dei miei effetti. La sento sussurrare qualcosa, del tipo c’è chi cambia per dimenticare. Ma non dico niente, e la seguo fino al parcheggio. Una volta dentro al caldo nella sua Jeep, mi decido a parlare.

“Come mai sei qui?” Chiedo, scrivendo un messaggio a Jake, avvertendolo che sono arrivata.

Renèe ha chiamato tuo padre, avvisandolo che saresti tornata. Charlie ha chiamato Carlisle, che l’ha detto a me. Sapevo che avresti preso un taxi, per andare da qualche parte, e proprio non potevo permettertelo. E allora eccomi qua”. Mentre parla, ha messo in moto, e siamo partite per le strade buie.

Come faccio, a non adorare Esme? Quando ero a Forks, l’ho sempre considerata mia mamma. Quella premurosa, quella che si prendeva cura di me, come se fossi la sua vera figlia. La mamma che io non ho mai avuto.

“Grazie”, sussurro, guardando fuori dal finestrino. Sono tre anni, che non vengo a Forks. Sono tre anni, che non vedo nessuno dei miei più cari amici. Sono tre anni, che non ho la minima idea di cosa faccia Edward, se sta con qualcuno, se lavora ancora in città.

E’ la voce di Esme, a distogliermi dai miei pensieri “Tesoro, dove ti porto?” Ci penso un po’ su. Se le dicessi di portarmi in un motel, mi costringerebbe a passare la notte a casa sua. Ma non voglio nemmeno disturbare Charlie, sono le tre di notte.

“Portami da Edward.” Come dice sempre Jake: via il dente, via il dolore.

“Ne sei sicura?” Anche Esme, l’ha capito. Ha capito che il mio umore non è dei più rosei, quindi sa quello che succederà stanotte. Grida, urla, anche qualche schiaffo – naturalmente da parte mia -. Proprio come l’ultima volta.

 

“Cosa?” Non è arrabbiato. E’ incredulo. Stupito. Impaurito.

“Non so come sia potuto accadere.” Sussurro, passandomi una mano sulla mia chioma castana. Indosso un paio di jeans sbiaditi, una camicia a quadri – rigorosamente di mio marito -, e le Superga bianche. E sento, che le lacrime stanno per affiorare dai miei occhi.

Hey, amore. Non preoccuparti. Lo sai, ci riproveremo. Shh, non preoccuparti.” Quando i singhiozzi iniziano a scuotere il mio corpo, Edward viene dinnanzi a me e mi abbraccia. Un abbraccio caldo, pieno d’amore. “Shh”, sussurra, accarezzandomi i capelli. Io non so davvero come sia potuto accadere. Carlisle, qualche settimana fa, aveva detto che andava tutto bene. Tutto bene.

“Mi dispiace.” Mio marito continua ad accarezzarmi i capelli.

“Bella, non fa niente. Ci riproveremo. Riproveremo ad avere un altro figlio.”

 

“Allora, sei proprio innamorata.” Dice Esme, indicando con un cenno del capo la mia figura. Per innamorata, sicuramente intende cambiata. Indosso un maglione avana, lungo fino a sopra le ginocchia. Dei collant neri, pesanti. Una giacca dello stesso colore del maglione, tre bracciali d’oro, e il mio anello di fidanzamento. E poi, i miei più fidati amici: gli stivali UGG. Lì adoro, sono caldissimi e molto comodi.

“Sì. Sono innamorata.” Non è una bugia, ma nemmeno la verità. Amo Jacob, da impazzire. Ma non sono felice. E’ uno scherzo della natura, questo.

“E lui… com’è, lui?” Domanda, la mia mamma. Sorrido, pensando a Jake.

“Si chiama Jacob Black, e lavora nella concessionaria d’auto del padre. E’ alto, muscoloso, e abbronzato anche d’inverno”.

“Il contrario di Edward”, sussurra Esme, continuando a guardare la strada. E’ inutile ascoltarla, perché so che è Jake è il contrario di Edward.

Edward ha i suoi muscoli, ma anche la pancetta. Che io adoravo. Edward, non si abbronza neanche d’estate, proprio come me.

“Già”. Esme parcheggia nel vialetto della mia vecchia casa. Prima che scenda, mi ferma per un braccio.

“Bella, tesoro, per favore vacci piano. Per lui… per lui questi tre anni non sono stati come i tuoi. Pieni di sorprese e di un matrimonio imminente. Parlaci, chiarisci, fai firmargli quelle carte, ma non assalirlo.” Per lui questi tre anni non sono stati facili.

E per me, che cosa sono stati? Io, ho perso un bambino. In parte, la colpa della nostra sofferenza è mia. Il giorno dopo, sono stata io a lasciare Edward, con un bigliettino sul tavolo della cucina. Ma da parte sua, nessuna chiamata. Nessun segno di vita. Segno che aveva chiuso la porta, buttando la chiave al seguito. Ed io ho fatto lo stesso.

Poso un bacio sulla guancia di Esme, sussurrando un “Non preoccuparti.”

Lei riparte sgommando, ed io fisso la figura della Jeep finché non scompare. La pioggia mi ha bagnato i vestiti, ed i capelli. Ma me ne frego. Qui, a Forks, non sono Isabella Swan. Qui sono Bells. La donna a cui non le frega niente di andare in giro con gli stivali pieni di fango, anche se sono costati duecento dollari. Quella che struscia in mezzo al fango la valigia di Louis Vuitton, regalatami proprio da Renèe. Quando sono davanti alla porta, faccio un bel respiro. Devo ascoltare Esme: non attaccarlo, parlaci. Ma come faccio a non attaccare una persona che ha quasi rovinato il mio matrimonio? Quasi un cavolo, visto che ho dovuto rimandare le nozze! Con la mano a metà strada fra la porta, sono pronta a bussare.

 

“Dai! Amore, ti prego! Guarda com’è carino! Me l’ha regalato la signora Newton, perché al negozio non lo comprava nessuno!” Edward mi fissa allibito. Prende il piccolo oggetto dalla mie mani, e me lo sventola davanti agli occhi.

“Non lo comprava nessuno? Ci credo, che non lo comprava nessuno. Chi mai attaccherebbe alla sua porta di casa due…” ora, lo volta dalla sua parte per guardarlo meglio “chi prenderebbe due pupazzetti fatti di paglia, per attaccarli sulla porta di casa? Bells, è inquietante!” Sbuffo infastidita. A me piacciono tanto, quei due pupazzetti.

“Dai! Sembrano Romeo e Giulietta.” Ed è vero. Appena gli ho visti, mi sono venuti in  mente i due innamorati. E quando ho chiesto alla signora Newton quanto costava quell’oggetto da appendere alla porta, lei mi ha detto che me lo regalava. Era anni che stava lì, e nessuno lo comprava. Proprio perché i due pupazzetti avevano un aria inquietante. Edward sbarra gli occhi.

“Lo sai che fine fanno, Romeo e Giulietta?” Domanda, con una faccia schifata.

“Ma che sarà mai! Dai, appendiamolo! Non abbiamo nulla fuori alla nostra porta!” Manca davvero poco, che mi si avventi contro.

Poi, scuote la testa. “Non se ne parla. Ho costruito questa casa meno di un mese fa, e tu pretendi che faccia un buco sulla porta per… per questo coso?” Ora, più che arrabbiata sono infastidita. Un buco sulla porta, dovrà attaccare un chiodino quasi invisibile, che sarà coperto da l’oggetto che dovremmo appendere.

Sbatto le mani sulle mie gambe, e mi dirigo al piano superiore. “Lo sai che ti dico, fai quello che ti pare! E stanotte, dormi sul divano che è meglio!” Urlo, prima di sbattere la porta e buttarmi di peso sul letto.

 

Ancora non ho bussato. Fisso incredula il Benvenuto, che ancora è sulla porta di legno. Un po’ sbiadito, e con qualche pezzo di paia in meno. Ma è lì.

 

La mattina, mi sveglio più assonnata di prima. Di solito, appena sveglia cerco la mano di Edward, per stringerla. Per accettarmi che quello che sto vivendo è tutto vero, e non un sogno. Un bellissimo sogno. Invece, non trovo nulla. Soltanto un bigliettino.

 

Sono andato a lavoro presto.

Ci vediamo a pranzo.

Ti amo, Edward.

 

Non lo accartoccio. Questo è un vizio che ho da quando vivevo con Charlie. Ho conservato ogni singolo bigliettino che le persone mi lasciano. Lo piego, riponendolo in un cassettino. Guardo l’ora, e mi rendo conto che è tardi. Sono le otto e trenta. Di sicuro James mi sta già aspettando, alla redazione. Scendo trafelata dal letto, e prendo le prime cose che trovo. Un paio di jeans neri, una maglia rosa e le Nike. Vestita e lavata di fretta e furia, scendo al piano inferiore, dove trovo la colazione pronta. Un cornetto, un bicchiere di succo di frutta e del caffè. Se avessi tempo, mangerei tutto. Ma di tempo, non ne ho. Prendo la borsa nera ed il portatile, uscendo di casa. Faccio appena in tempo a voltarmi, per chiudere la porta di casa, quando le chiavi mi cadono per il vialetto. E’ lì. I due pupazzetti di paia sono lì, che si tengono la mano. Edward gli ha attaccati. Sorrido, accarezzando le rifiniture di quell’oggetto.

 

“Apri!” Ora i colpi si sono fatti insistenti. Inutile perdermi in ricordi, non servirebbe a nulla.

Cullen! Apri immediatamente!!” E busso ancora. Una. Due. Tre volte.

“Ma lei alle tre di notte non ha niente di meglio da fare?” Domanda, dopo aver aperto al porta. Ora, sono più arrabbiata di prima.

“Non ho niente da fare? Se tu avessi firmato le carte del divorzio ad Angela, a quest’ora stare festeggiando il mio addio al nubilato!” Dico, poggiando le mani sul suo petto e trascinandolo direttamente dentro casa. Non si tira indietro, mi guarda, basito.

Bells?” Sussurra ora, sgranando gli occhi. Lascio la presa dalla sua maglietta bianca, e gli faccio una radiografia. I capelli sono sempre spettinati, come al solito. Indossa una maglietta bianca, semplice. E dei boxer neri. Il fisico è sempre quello, perfetto.

Bells? Ti stai forse prendendo gioco di me, Edward? Tra sette ore mi sarei dovuta sposare, e tu hai combinato un bel casino. Non sai cosa significa avvisare duecento persone, per dirgli che il matrimonio è rimandato, per colpa del mio ex marito idiota!” E’ una risata amara, quella che proviene dalle sue labbra.

“Tuo marito”, sussurra.

“Cosa?”

“Per la legge, sono ancora tuo marito. Altro, che ex marito.” Spiega, passandosi una mano tra i capelli bagnati, a causa della pioggia che ha preso quando è uscito per aprirmi.

“Dio, Edward! Tu mi porti all’esasperazione, come hai sempre fatto! Se firmi quelle carte, non mi vedrai per il resto della tua vita. Ma firmale!” Ora sorride, e mi scompiglia i capelli. Una cosa che ho sempre odiato.

“Non se ne parla, Bells. Se vuoi puoi dormire sul divano, sai come si tira giù, no?” Dice, avviandosi al piano superiore. “Ah, prendi le tue valigie, che sono ancora fuori.” Finisce, sbattendo la porta della camera.

Odio quell’uomo. Lo odio! Prendo l’enorme borsa che ormai è diventata letteralmente fradicia, e la porto nel salone.

Il salone è buio, ed un po’ inquietante, a causa del fruscio degli alberi che si sente da fuori. I mobili sono sempre lì stessi, e sono messi allo stesso posto di sempre. Però, non c’è nessuna fotografia, sopra. Mi passo una mano tra i capelli, prendo un pigiama a caso, e mi dirigo al bagno. Il solo ed unico bagno che c’è a casa Cullen, è al piano superiore. Quindi, devo per forza passare davanti alla camera di Edward. Che una volta, era la nostra camera da letto. Faccio finta di niente, e una volta dentro al bagno mi cambio, e do un colpo di phon hai capelli ormai fradici. Mi sarei fatta una doccia il giorno dopo. Metto i vestiti bagnati nella lavatrice, sperando che Edward non me lì strappi in mille pezzettini – per tutto quello che sono costati –. Però, non sono di nuovo indifferente, ripassando dinnanzi alla sua porta. La apro, lentamente. Cercando di non farla cigolare. Sorrido, constatando che Edward dorme nella stessa posizione di sempre. A pancia sotto, con un braccio che si prende quasi tutto il letto. Abbiamo litigato molto, ogni volta che mi ritrovavo quel braccio sulla faccia, sui fianchi o su qualunque altra parte del corpo.

Anche la camera, è identica a tre anni fa.

Il letto di legno, al centro. I due comodini pitturati proprio da me. L’immenso armadio, e il settimino. Però, sopra al settimino ci sono ancora delle foto.

Una sua e di Alice insieme. Una di Esme, Carlisle ed Emmett.

Ed una, del giorno del nostro matrimonio. Ed io sono lì, con un sorriso a trentadue denti. Sospiro, ed esco di corsa dalla camera, quasi inciampando. Una volta sul divano, prendo il cellulare, inviando un messaggio a Jacob.

Sono arrivata, va tutto bene. Ora sono in un motel, parlo con Edward domani. Un bacio, Isabella’.

Lo spengo, e mi addormento, con mille pensieri che vorticano nella mia testa.

 

 

 

 

Come ben sapete, gli aggiornamenti di Non mi lasciare, saranno ogni domenica.

Allora, miei dolci lettori. L’inizio è stato davvero uno dei più graditi *--* La vostra accoglienza è davvero splendida, e ringrazio chi mi ha linkato il film. Non lo ricordavo bene, quindi l’ho rivisto. E devo dirvi che questa storia sarà molto diversa, dal film.

Insomma, Bella è scappata di casa, perché ha perso il bambino. Nel corso della storia, capirete perché ha avuto questa reazione così istantanea.

Ringrazio tutti, dal primo all’ultimo.

Ai preferiti, seguiti, a chi mi ha messo tra le storie da ricordare, tra gli autori preferite e chi legge tutte le mie fanfictions.

Grazie.

   
 
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