Nick Autore: LoveChild
Titolo: Glencora
Evelyn O’Grady
Personaggi: Glencora
Evelyn O’Grady, Plantagenet Sebastian Nott (aka Nott
senior), Theodore Nott
Pairing: Glencora/Nott
senior
Genere: triste,
drammatico
Rating: verde
Avvertimenti: /
Introduzione: Pezzi
di vita della madre di Theodore Nott, dall’incontro con
il suo futuro marito alla morte.
Dati OC: Glencora
Evelyn O’Grady è una Purosangue scozzese di
famiglia
aristocratica. Nasce nel 1944 da Mr e Mrs O’Grady.
E’ la terza di quattro
sorelle: Deirdre, Imogen e Morgause. Ha lunghi capelli color tiziano e
gli
occhi grigi, entrambi retaggio delle sue origini irlandesi.
Conobbi
Plantagenet ad una festa in casa Black; fu
sul finire di agosto, qualche giorno prima della partenza per Hogwarts,
prima
dell’inizio del mio ultimo anno di scuola. Mi
colpì subito: era diverso dagli
altri, era adulto. Alto e muscoloso, il viso dai lineamenti duri,
perennemente
assorto, produceva una serie di rughe sulla fronte aggrottata. I
capelli mossi
gli arrivavano a metà del collo ed erano di un biondo
chiaro. La pelle lattea
contribuiva a far risaltare i grandi occhi blu, le ciglia folte ma non
troppo
lunghe rendevano lo sguardo, già fermo ed indagatore,
ipnotico. La bocca
carnosa e sensuale era leggermente stretta, come a bloccare qualcosa.
Era
vestito elegantemente e s’intuiva che ogni particolare era
stato curato con
minuziosa attenzione. Era l’uomo più affascinante
che avessi mai visto. Solo in
seguito scoprii che aveva quindici anni più di me, ma
allora, certa che non
poteva superare i venticinque anni, mi avvicinai a lui con grazia e una
certa
dose di sfrontatezza, pronta, se non a conquistarlo, a farmi prestare
attenzione.
Avevo mormorato
con l'aria più seria del mondo. Plantagenet ruotò la testa
e la piegò quel tanto che bastava a guardarmi dritto negli
occhi. Con
un’impertinenza che stupì anche me stessa, assunsi
un’espressione stupita.
Non
rispose, si limitò ad alzare le sopracciglia
con aria scettica. Sentii il sangue che cominciava la sua frettolosa
risalita
verso le guance.
– Bene,
vi chiedo ancora scusa, Signor…?
– Nott.
– rispose secco.
– Buona
sera, Signor Nott.
Dopo
un piccolo inchino, mi allontanai. Appena
fuori dal suo campo visivo lasciai fluire il sangue che avevo
trattenuto, fino
alle mie guance, la sconfitta mi bruciava cocente nel petto. Durante la
breve
conversazione, se così si poteva definire, avevo avuto la
precisa sensazione che
lui fosse un uomo di quelli con cui non ci si possono concedere
libertà di
nessun genere e per nessun motivo.
***
– Finite
Incantatem.– Sussurrò una voce profonda e vagamente sarcastica
alle sue spalle.
–Buongiorno,
Signor Nott. – Sussurrò. Una specie di
sorriso increspò le labbra dell’uomo.
Glencora
arricciò
il naso e fece una piccola smorfia.
– Buon
pomeriggio, allora, Signor Nott.
Si
alzò con grazia e si voltò a guardarlo. Lui se
ne stava appoggiato al muro della torre ad osservarla attentamente,
questo la
irritò enormemente.
– Ehi!–
sbottò – Non si fissa la gente!
– Mia
cara, voi non siete la gente.
– Ma
se non ti conosco nemmeno!
Il
passaggio repentino dal voi al tu, lo infastidì,
perché replicò piccato:
–
Madamoiselle, dovreste avere più rispetto per gli
adulti.
–Oh,
andiamo! Non puoi avere più di ventitré anni,
venticinque al massimo!
– Ne
ho trentadue, Miss O’Grady. Quindici più di
voi.
Lo
guardò stralunata.
– V-voi…
trentacinque?– inspirò profondamente – Cosa
intendeva con “lei non è la gente”?
– Ah!–
esclamò con disappunto l’uomo, aggrottando
leggermente le sopracciglia
– Vedo che
non vi hanno ancora detto…
Glencora,
lo fissò come se fosse pazzo, ma un
frullio d’ali la fece voltare.
– Mennès!–
l’allocco lasciò cadere una lettera tra
le mani della ragazza, che lanciò un’occhiata
penetrante a
Mr.
Nott e poi aprì la busta. Il contenuto le
comunicava quanto segue:
“Diletta
Glencora,
è
per noi una grande gioia ed un grande onore annunciarti
che Plantagenet Sebastian Nott, un gentiluomo del nostro stesso
ambiente, ti ha
chiesta in moglie. Egli possiede numerose proprietà in
Scozia, una vasta
proprietà nel Derbyshire e un castello in Irlanda. La sua
rendita annuale è di
cinquantamila galeoni. Sappiamo bene che la scelta finale tocca a te,
ma ti
invitiamo a riflettere attentamente sulla proposta. Ricorda che, avendo
ormai
compiuto diciassette anni, le probabilità di ricevere
un’altra proposta di
matrimonio sono davvero poche, e che sarebbe imbarazzante spiegare
perché una
ragazza della tua posizione non ha trovato marito.
Aspettando
la tua
risposta, ti salutiamo con affetto,
Mr. and Mrs. O’Grady”
– Allora è così?– Sussurrò,
assorta.
Non le dispiaceva, tutt’altro, era solo stupita.
Piantò gli occhi grigi in
quelli blu dell’uomo.
– Perché
mi avete
chiesta in moglie?
Lui
fece spallucce.
–
E se io non
accettassi?
Un
guizzo sinistro
attraversò gli occhi di Plantagenet Sebastian Nott.
– Non
lo farete.
– Come
potete
esserne certo?
L’uomo
si avvicinò
e le intrappolò i polsi.
– Perché
io vi
piaccio Glencora… Ma soprattutto perché io
lo voglio.
Probabilmente
un’altra donna sarebbe affogata nel mare di quegli occhi,
sarebbe soffocata,
lei non lo fece. Non abbassò lo sguardo, non
vacillò, né tremò, non tese i
muscoli, né tentò di divincolarsi.
Continuò a fissarlo piatta, finché, ruotando
i polsi con leggerezza, poggiò i palmi delle mani sui polsi
di lui.
– In
cosa consiste
il contratto?
Plantagenet
lasciò
i polsi della ragazza, si voltò verso il parapetto della
torre e scrutò con
attenzione il panorama.
– Finirete
l’anno
scolastico, Miss O’Grady. Appena conseguiti i M.A.G.O.
fisseremo la data delle
– E’
stato
forgiato dai folletti. Viene passato di madre in figlio da sedici
generazioni,
lo porterete finché il nostro primogenito maschio non lo
passerà alla sua
futura moglie. Abbiatene cura.
Plantagenet
la superò
degnandola solo di un’occhiata fugace e lasciò la
torre, lasciandola sola.
***
I mesi
s’inseguivano veloci, e così si trovò
alle porte di Maggio. La notizia del
fidanzamento era trapelata poco dopo il loro incontro, precisamente con
il
numero della Gazzetta del Profeta successivo.
La ragazza aveva
avvertito il peso consistente di essere la promessa sposa di un uomo
importante, temuto, eppure non era mai riuscita a capire fino in fondo
gli
sguardi di disprezzo, talvolta paura, che alcuni studenti le lanciavano
a
intervalli regolari. C’erano notti che passava totalmente
insonni pensando a
sua sorella, Deirdre, ormai sposata da tre anni; si chiedeva se anche
lei,
prima del matrimonio, non sapesse nulla del suo sposo.
Qualche giorno
prima dei M.A.G.O. un avvenimento chiarì quei messaggi
oscuri a Glencora. Era
seduta all’ombra di una quercia nel parco di Hogwarts,
intenta a ripetere per
l’esame di Pozioni, quando aveva visto risalire dal lago un
ragazzino che
doveva avere circa quindici anni; questi le era passato accanto diretto
verso
il castello e le aveva sibilato, guardandola con disgusto,
“Schifosa puttana di
Mangiamorte”.
Sebbene l’ambiente
della scuola fosse ovattato, Glencora sapeva bene chi erano e,
soprattutto,
cosa facevano i Mangiamorte. La purezza di sangue per lei e la sua
famiglia era
fondamentale, certo, ma si era sempre chiesta se ciò che
faceva quella gente
fosse giusto e scoprire che il suo promesso faceva parte di quella
cerchia di
persone la poneva davanti ad un dato di fatto: se lui era un
Mangiamorte, lei,
in quanto futura moglie, non aveva scelta, doveva appoggiarlo.
Si chiese se
avrebbero costretto lei stessa a diventare Mangiamorte, se avrebbe
dovuto
uccidere, seminare terrore e morte. L’angoscia
s’impadronì di lei, quando pensò
ai racconti di suo cugino Ulster: “Molti pare che
dormano… l’Avada Kedavra è
una morte dolce, dopo tutto. Ma ve ne sono altri, – un brivido aveva
scosso il
bel viso dell’uomo – a volte non si limitano ad uccidere,
hanno trovato cadaveri
in condizioni disumane... Si divertono, giocano con le loro vittime.
Non è
consigliabile essere in contatto con i mezzosangue e i nati babbani, di
questi
tempi”.
Visi sfigurati,
toraci dilaniati e tanto sangue, ovunque. Ecco cosa aveva iniziato a
sognare. I
suoi sogni erano affollati da migliaia di paia d’occhi che la
guardavano,
sguardi minacciosi, disperati, di pena e cordoglio, occhi che
piangevano; ma
qualsiasi cosa facessero, quegli occhi la fissavano continuamente con
aria di
rimprovero. Rivedeva il volto insolitamente pallido di suo cugino
mentre
raccontava ciò che sapeva; rabbrividì pensando
che sarebbe potuto capitare ad
ognuno di loro, ognuno di loro sarebbe potuto morire per mano dei
Mangiamorte,
anche soltanto per errore.
Glencora si guardò
intorno e il dormitorio le si presentò distorto;
più piccolo e stretto, troppo
stretto. Si guardò allo specchio: le pupille erano dilatate.
La testa le
doleva, la sua frequenza cardiaca era aumentata, si sentiva intorpidita
e aveva
una leggera sensazione di nausea, il respiro si era fatto superficiale
e le
mani erano diventate ghiacciate e scosse da tremore. Si sedette sul
letto e
provò a focalizzare l’immagine più
bella che le venisse in mente.
Si formarono nella
sua mente le coste vicine al castello di Glenn, le lunghe spiagge
sabbiose di
Donegal, dove lei e le sue sorelle, Deirdre, Imogen e Morgause,
facevano lunghe
camminate nei pomeriggi d’estate. Poi, uno squarcio di sangue
nel ricordo,
Imogen aveva sposato Ulster; altro sangue scorse dietro le palpebre
chiuse di
Glencora, anche Deirdre si era sposata. La lunga spiaggia bianca
cominciò a
coprirsi di macchie rosse, Morgause fuggiva ma Glencora non poteva che
fissare
il fiume di sangue che continuava a scendere verso la costa, verso
di lei.
Spalancò gli occhi impaurita e un grido le morì
in gola, poi svenne.
Quando
si riprese
Mary-Anne, la sua compagna di stanza, le sedeva accanto; non le fece
nessun
tipo di domanda, Glencora non era il tipo di persona a cui si facevano
domande,
semplicemente le porse una boccetta lilla e le disse: – Me
l’ha data
l’infermiera, è una pozione calmante, tre gocce
prima di dormire, sotto la
lingua. Aiuta a fare sonni senza sogni. – concluse guardandola di
sottecchi.
Fu
la prima crisi
d’ansia che Glencora avesse mai avuto, la prima volta che
aveva dovuto prendere
una pozione per dormire: non se ne sarebbe liberata mai più.
***
Nove mesi dopo il
matrimonio era nato il primo figlio, Sebastian. A diciassette anni suo
figlio
si era unito ai Mangiamorte. Ricordava ancora l’orrore e il
disgusto che aveva
provato verso suo marito quando le era stata comunicata quella
decisione. Ancor
di più ricordava l’orrore e la disperazione alla
vista del corpo del suo bambino,
morto, per errore. Morto perché un Auror
l’aveva colpito durante uno
scontro. Ricordava la pelle bianca e soffice del suo viso, i morbidi
capelli
del suo stesso colore, ricordava di aver immaginato il suo sguardo
grigio,
vitreo, dietro le palpebre chiuse. Il dolore di quella perdita, si era
aggiunto
a quello per gli aborti subiti negli anni. Non era debole il suo
fisico, questo
lo sapeva, era il suo cuore di carta velina che li
uccideva, che la
uccideva. Come potevano non capire? Non comprendevano cosa volesse dire
aspettare ogni notte il ritorno del proprio marito, non sapendo se
sarebbe
rincasato? E, peggio ancora, riuscivano forse a comprendere il dolore
che
provava nel sapere cosa suo marito stesse facendo? Per questo ricorreva
alle
pozioni, per non impazzire, per poter dormire.
Sul Maniero dei
Nott, le sembrava, ormai da anni, che non sorgesse più il
sole: quel cognome,
come un presagio, avvolgeva ogni cosa come la notte. Il freddo e
l’oscurità pesavano
sul suo cuore leggero che però si ostinava a battere. A
volte si odiava,
Glencora, perché non riusciva a odiare quel mostro che era
suo marito. Non riusciva
a odiare quell’assassino. In lui vedeva solo
l’amore, e provava un sollievo
simile al dolore quando lo sentiva Materializzarsi
nell’ingresso del Maniero. Si
sentiva colpevole e, allo stesso tempo, sollevata quando si lasciava
andare
nelle sue braccia forti e fredde. Cercava disperata il calore di quel
corpo
impietoso, l’amore di quell’uomo distante. Trovava
sollievo nel sentire la
propria guancia graffiata dalla barba affilata del marito, si beava
della vista
dei suoi capelli rossicci mescolati a quelli brizzolati di Plantagenet,
adorava
la sensazione della sua bocca che le sussurrava parole dolci
all’orecchio…
Fu durante una di
quelle notti, mentre cercava conforto tra le braccia di Plantagenet,
che
Theodore fu concepito.
***
Una
notte, era
ormai inverno, Glencora fu svegliata da alcuni rumori provenienti dal
vestibolo
del Maniero. Quella notte non aveva preso la pozione perché
Theodore,
spaventato dai fulmini, aveva voluto dormire con lei. Plantagenet non
era
ancora tornato. I rumori si fecero più intensi e, pensando
si potesse trattare
di suo marito, Glencora si alzò e decise di andare a
controllare. Percorse
silenziosamente il lungo corridoio, a farle luce c’erano solo
le fiaccole
appese ai muri. Scese per metà la grande scalinata e
notò una luce intensa
provenire dal salone, guadagnò altri due o tre gradini e
ciò che vide le gelò
il sangue nelle vene: Mangiamorte. Ve n’erano almeno sette e
fra di loro si
agitava una vittima imbavagliata. I Mangiamorte bisbigliavano
concitati,
evidentemente stavano decidendo il da farsi. Una voce fredda si
levò dal gruppo
e tutti tacquero.
– Sapete
bene –
disse Plantagenet – che non mi piace affatto che succedano
queste cose in casa
mia. Quindi facciamo quello che dobbiamo, e facciamolo presto.
Sarebbe
voluta scappare via, ma le sue gambe sembravano pietrificate.
Il bavaglio fu
rimosso e un urlo spaventoso squarciò l’aria, la
tortura era cominciata,
infastidito Plantagenet usò l’incantesimo Silencio
per ammutolire l’uomo.
Glencora non vide
molto di ciò che accadde quella notte, poiché
scoprì che il suo cuore non era
affatto di carta velina. Lo sentì frantumarsi fragorosamente
in mille pezzi.
Un lampo illuminò
a giorno l’ingresso: mentre la sua anima volava via, il suo
corpo rotolava giù
per le scale, privo di vita. Se i suoi occhi grigi avessero ancora
potuto
vedere avrebbe notato il suo bambino, il piccolo Theodore, che la
guardava con
gli occhi sbarrati.
FINE
1. Nascita di
Theodore
Nott 1979\1980
2. Mr. Nott si
unisce
ai Mangiamorte 1955
3. Morte Mrs. Nott
poco dopo la nascita di Ted (1982circ.)
4. Differenza
d’età
fra Mr. & Mrs. Nott (15anni)
Nome
Nott : Plantagenet
Sebastian Nott
1929
Nome Mrs. Nott: Glencora Evelyn
O’Grady 1944 (fine
H. 1961circ.)
Il nome di Nott Senior
l’ho dovuto ovviamente
inventare perché non ce n’è ha traccia.
All’inizio era “Theodore Sebastian
Nott” ma mi sembrava troppo ovvio e quindi l’ho
cambiato. Bello Plantagenet,
eh? xD
Dopo queste interessantissime (come no! =.=) comunicazioni passerei ai ringraziamenti: grazie alle pazienti commentatrici quando leggo una vostra recensione la giornata si fa più bella! Grazie a chi ha inserito la mia storia fra le seguite, le ricordate o addirittura le preferite!
Questa è una raccolta a cui tengo tantissimo forse perchè è quella dove riesco ad esprimere meglio la mia inventiva, cosa per me non facile, come avrete notato dalla lentezza degli aggiornamenti. Forse quest'ultima storia è quella che preferisco anche se rimango indissolubilmente legata a Cassandra Yaxley.
So che dovrei rispondere alle vostre amabili recensioni una per una ma ho aspettato talmente tanto per pubblicare questa storia che ora mi sento un po' svuotata quindi spero non me ne vogliate se rimando le risposte al prossimo capitolo. Sappiate comunque che ciò che scrivo è sempre un dono per ognuna di voi e come tale penso che vi appartenga, o, almeno lo spero.
Bisous,
LoveChild