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Autore: thefung    27/09/2010    4 recensioni
Bella Swan è un'agente della CIA a cui viene affidata un'importantissima e difficile missione. Dovrà lavorare con una squadra molto speciale ed affiatata, in particolare insieme a Edward Cullen, che oltre ad essere un ragazzo arrogante, pieno di sé e donnaiolo, è anche il nipote del capo. Bella pensa di aver capito tutto di lui, sin dal loro primo scambio di occhiate. In realtà Edward nasconde moltissimi segreti, e, alla fine, quella che sembra una missione per la salvezza del pianeta, diventa per Bella una missione per la vita, per ritrovare sé stessa e soprattutto l'amore.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Missione d'Amore

CAPITOLO CINQUE

Per l'ennsima volta, mi rigirai nel grande letto matrimoniale dalle lenzuola rosse.
Non c'era freddo, non c'era nemmeno caldo, per una volta si riusciva a respirare, ma...non avevo sonno. O meglio, i pensieri mi impedivano di dormire come avrei voluto.
Inutile girarci intorno: mi sentivo tremendamente in colpa.
Solitamente non ero brava ad ammettere certe cose, ero fin troppo orgogliosa, anche non essendo molto sicura di me...
Quella notte, tornati dal disastroso primo giro di perlustrazione, dopo la mia sfuriata e la sua spiegazione sconvolgente eravamo andati a cambiarci senza dire nulla, io troppo scombussolata, lui...immaginavo che pensieri dovesse aver avuto.
Poi ci eravamo infilati sotto le lenzula in religioso silenzio e avevamo spento la luce. Di parole ne avevamo dette forse anche troppe per quel giorno. Io di sicuro.
Fortunatamente durante la notte un po' in fondo ero riuscita a dormire nonostante i dolorosi e confusionali pensieri.
Perché infondo della sua spiegazione non avevo capito tanto...solo che ero stata io a fare una grandissima cazzata e che forse entro poco tempo mi sarei ritrovata senza un compagno per la missione, visto il suo coinvolgimento personale.
Guardai l'orologio: erano le 5.30...la luce cominciava ad illuminare la stanza attraverso la porta finestra semi aperta.
Ho dormito abbastanza, pensai tanto più che finché fossi rimasta a letto avrei avuto pensieri sempre più negativi.
Scostai in fretta il groviglio delle lenzuola dai piedi, e mi alzai anche se ancora con le vertigini.
Cercai le infradito da sotto il letto, e le misi ai piedi sollevandomi nuovamente. Davanti a me c'era ancora Edward dormiente, proprio come ieri: un bambolotto nel corpo di un venticinquenne. Quella mattina però la sua espressione non era rilassata e sorridente come il giorno prima...e mi dispiaceva sapere che era anche colpa mia.
Mi avvicinai maggiormente a lui facendo il giro del letto, attirata da quella rughetta sulla sua fronte. Segno di preoccupazione?
Una volta che fui però a pochi centimetri da lui un altro particolare mi fece aggrottare le sopracciglia. Sul comodino accanto al letto di Edward, vi era un portafogli marrone chiuso, dal quale sporgeva un angolo di una fotografia che mostrava un cielo terso e perfetto.
La curiosità fu troppa perché riuscissi a reprimerla, e, facendo attenzione a non far rumore, lo presi in mano, dirigendomi verso il balconcino poco distante.
Aprii leggermente l'anta della porta finestra prima di entrare nel terrazzino e aprire il portafogli. Sorrisi al pensiero che chiunque mi avesse visto in quel momento avrebbe pensato che lo volessi derubare...
All'interno di una taschina trasparente vi era una foto ritraente quattro persone.
La terza era Edward, senza ombra di dubbio. Riconobbi immediatamente i suoi capelli ribelli e i suoi caldi occhi verdi. Alla sua destra c'erano invece un uomo e una donna  molto belli nonostante l'età che sembravano comunque avere. Il primo era un uomo alto, magro e muscoloso, con capelli ramati - lo stesso colore di quelli di Edward - e occhi azzurro-grigio. La donna accanto a lui doveva essere sue moglie, una signora elegante e sorridente, gentile all'aspetto e della quale riconobbi immediatamente gli occhi, verdi come smeraldi.
Infine, la ragazza alla destra di Edward. Spalancai gli occhi guardandola più attentamente. La somiglianza tra lei e il ragazzo era impressionante...lunghi capelli bronzei ondulati, fisico statuario, pelle lattea e grandi occhi verdi...quelli però erano piuttosto strani: uno era puntato verso l'obiettivo mentre l'altro...guardava da tutt'altra parte.
Lo sfondo era un paesaggio di mare, probabilmente greco.
Ero confusa nel guardare quella foto e anche molto interessata, mio malgrado. Più guardavo l'uomo con i capelli biondi, più mi sembrava di scorgere una somiglianza con Marcus...
"La mia famiglia, al completo", una voce profonda mi fece trasalire.
Oddio.
In quel momento volli sprofondare nelle profondità più remote della terra. Avevo forse fatto rumore? E allora perché si era svegliato scoprendomi a ficcanasare tra le sue cose?!?!
Non mi voltai nemmeno, mi limitai a chiudere gli occhi dalla vergogna. Si avvicinò maggiormente a me, sino ad arrivare al mio fianco.
"Ehi, non mi sembri più nemmeno tu. Da quando non mi rispondi?", la sua voce era calma, tranquilla. Molto più di quanto mi sarei aspettata.
Sollevai le palpebre e lo guardai, incontrando i suoi occhi verdi.
Mi sorrise, come per rassicurarmi, per poi distogliere lo sguardo verso l'orizzonte.
Il paesaggio che mi vedeva dal balcone era davvero splendido, ma prima ero così concentrata sulla fotografia da non averlo nemmeno lontanamente notato.
"Mia sorella era splendida...una ragazza unica...", mormorò come perso in un ricordo lontano.
"Come si chiamava?", chiesi titubante.
Si voltò verso di me, sempre con il sorriso sulle labbra. Era strano non trovare quel solito ghigno strafottente sul suo volto...ma in effetti speravo di fare l'abitudine a questa sfaccettatura del carattere di Edward, così nuova e diversa da quello che stavo iniziando a conoscere.
"Renesmee, anche se tutti la chiamavano Nessie...", rispose con un luccichio negli occhi.
Prese ad osservare la foto ancora tra le mie mani e ricominciò a parlare, quasi tra sé e sé.
"Mi sembra ancora di vederla, con quei suoi capelli mossi, il corpo esile...e quegli occhi, quei grandi occhi verdi leggermente strabici che facevano perdere il senno a tutti... erano davvero magnetici: più la osservavi, più non potevi fare a meno di distogliere lo sguardo.", tornò a fissare il mare, gli occhi spalancati.
"Ti va di raccontarmi cosa le è successo...?", a dire il vero non ci speravo molto, e infatti non erano nemmeno affari miei, perciò mi stupii quando lo vidi annuire, spostando lo sguardo leggermente verso il basso, come se fosse in un qualche modo divertito.
"Venti giugno 1985: è questo il giorno in cui entrambi cominciammo a vivere...eravamo fratelli gemelli. Io ero il maggiore, anche se lei, fino all'ultimo, continuava a sostenere il contrario", s'interruppe un attimo, appoggiando entrambe le mani alla ringhiera del balcone. "Eravamo una famiglia molto unita, felice, nonostante i nostri genitori, Esme e Carlisle, stessero lontano molto tempo, in quanto anche loro agenti della CIA. "
"Cosa? Davvero? Non sapevo che anche i tuoi fossero spie!"
Sorrise lievemente, un sorriso tirato che non accese i suoi occhi.
"Sì, ed è grazie a loro che questa...professione è diventata il mio sogno. Comunque...ci predemmo una vacanza di circa tre settimane tutti insieme quando io e Nessie avevamo vent'anni...andammo in un paesino dello Stato di Washington a dir poco orrendo dove i miei abitavano da giovani...trascorremmo la vacanza tranquilli, ci divertimmo nonostante la pioggia...Renesmee però, man mano che passavano i giorni, si faceva vedere sempre meno,", s'irrigidì ancora di più, "finché, la sera prima della nostra partenza, non la trovammo più. E con lei erano scomparsi tutti i suoi vestiti, i suoi libri, tutto..."
La sua espressione era dura, la mascella contratta, gli occhi puntati verso un punto indefinito. Sembravano bruciare.
"Eravamo sconvolti...e non tanto per il fatto che fosse sparita, ma perché sembrava un qualcosa di volontario. Cercammo e ricercammo all'infinito: il paese era piccolo e non c'erano posti 'pericolosi' dove avrebbe potuto nascondersi, eppure...passarono tre anni, prima che uno dei nostri investigatori privati la trovasse.", fece una pausa, mentre i suoi occhi si riempivano lentamente di lacrime.
"L'uomo parlò con me al telefono perché i miei erano in missione ed io mi trovavo in casa loro giusto per studiare per l'esame finale con alcuni loro vecchi manuali. Mi diede immeditatamente la notizia...mi disse di andare in un posto... lo feci, ero felicissimo, così preso dal desiderio di rivederla da non dirlo nemmeno subito ai miei... ma...quando andai da lui, la trovai...morta." s'interruppe chinando il capo verso terra.
Rimanemmo in silenzio per pochi interminabili minuti, finché non risollevò la testa tornando a guardare il cielo.
"Eravamo ancora più sconvolti di prima, lo puoi immaginare, ma poi, poco dopo la terribile notizia, i miei dovettero partire per un'altra missione. Ricordo ancora il volto di mia madre, preoccupato ed amorevole mentre mi diceva che quest'ultima sarebbe stata pericolosa, di accompagnarli all'aeroporto...non lo feci, ero ancora arrabbiato con loro perché se non fosse stato per il loro 'lavoro' non mi sarei ritrovato io con il corpo morto di mia sorella davanti...eppure...eppure non avrei potuto sapere che mia madre aveva  ragione...che quella sarebbe stata l'ultima che li avrei visti...se fossi andato all'aeroporto.", fece un profondo respiro, prima di continuare. Capii che gli costava molto dire a me quelle cose...mi sentivo in colpa. Immaginavo che trauma dovesse essere perdere tutta la propria famiglia, ciò a cui si vuole più bene in assoluto, così, in una settimana...sapevo perfettamente che tutti, chi prima e chi dopo, dovevamo morire, ma...così...sembrava molto, molto più doloroso, nonostante non riuscissi a mettermi nei suoi panni.
"Durante quella missione sono morti entrambi, uccisi da un gruppo di criminali. Così sono rimasto solo...solo con me stesso", concluse. Ormai le lacrime gli rigavano il volto pallido testimoniando il suo dolore.
Sentii gli occhi pizzicarmi, segno evidente che presto sarei scoppiata in lacrime anche io.
Tutto, avrei immaginato tutto, salvo che questa storia così traumatica...
"M-mi dispiace, Edward, i-io non avrei dovuto...scusa, davvero", mormorai con la voce rotta dai lucciconi di acqua salata che ormai avevano preso a scorrere sulle mie gote.
Il suo sguardo triste si posò su di me. "Sei la prima persona a cui lo dico...non voglio che gli altri provino compassione per me, non voglio elemosinare affetto da nessuno. Quello che mi ha lasciato la mia famiglia è stato...sufficiente. Adesso sto solamente continuando ciò per cui avevano faticato molto, la CIA...", sussurrò passandosi una mano sugli occhi.
Feci un passo incerto in avanti. Qualcosa mi diceva di abbracciarlo, ma non sapevo se avrei potuto prendermi tutta questa confidenza...d'altronde ero stata abituata a trattare con lui in vesti di stronzo pervertito...non avrei mai immaginato...
Gli buttai le braccia al collo e mi strinsi a lui con impeto singhiozzando.
Mi accorsi solo troppo tardi che lui invece era rimasto immobile come un pezzo di marmo. Mi allontanai di scatto, un po' impaurita e sicura di aver fatto male.
"Scusa, è stato più forte di me, io...mi sento così in colpa, non sapevo nulla, non potevo permettermi di giudicare, non...", questa volta però fu lui a lasciarmi di stucco mormorando: "Stai zitta", e abbracciandomi stretta alla vita. Lo sentivo singhiozzare piano sulla mia spalla in una muta richiesta di conforto.
Un po' titubante appoggiai le mani sulla sua schiena muscolosa, percependo brividi lungo il corpo, nonostante sapessi benissimo che non fosse affatto il momento.
Non avevo mai visto un uomo in lacrime, però lui ne aveva tutto il diritto, assolutamente, nonostante la cosa mi lasciasse abbastanza sorpresa.
Perdere tutto in così poco tempo...doveva essere devastante.
Dopo qualche minuto si allontanò da me, con ancora gli occhi gonfi e arrossati dal pianto.
Sorrise debolmente e si scusò. "Perdonami, sono tre anni che non reagisco così, ma vedere quella foto...pensavo di aver ormai superato quella fase..."
Era un po' impacciato, si torturava la nuca con una mano, grattandosela e tenedo gli occhi bassi...tutto assolutamente nuovo. Lui sembrava nuovo.
Dovetti sbattere le palpebre prima di rispondergli. "Edward...tu non mi devi nulla. Questa è una cosa che riguarda te. Hai tutto il diritto di reagire in questo modo, anzi, se non lo facessi forse ti reputerei un insensibile."
Il suo sorriso si allargò, mesto. "Io sono un insensibile...è solo in questi momenti che non riesco a trattenermi...la mia famiglia era tutto...e anche se so che adesso mi stanno guardando da lassù, mi mancano. Mi mancano le loro continue ramanzine, le litigate con mia sorella...", fece un sospiro, "sembro proprio una ragazzina alla sua prima delusione d'amore", ridacchiò alzando lo sguardo verso di me, nonostante i suoi occhi ancora lucidi.
"Oh, sì, puoi starne certo...", risposi scuotendo la testa. Gli porsi la fotografia.
"Questa è tua...mi dispiace di averla presa senza il tuo consenso...", mormorai guardandomi la punta dei piedi. Mi sentivo tanto una ladra appena beccata dalla sua vittima stessa...che vergogna.
"No, non ti preoccupare...in fondo ne avevi diritto", sorrise, prendendo la foto in mano. La fissò a lungo, secondi, minuti...non sapevo quanto, sapevo solo che era stato per un tempo interminabile, avevo in testa solo i suoi occhi vitrei mentre la esaminavano.
Improvvisamente alzò la testa con gli occhi di nuovo lucidi. "Mi devi promettere una cosa", disse con tono fermo, i suoi occhi color smeraldo fiammeggiavano.
"Sì", risposi flebile, intrecciando le dita tra loro, in un gesto di nervosismo.
"Devi fare il possibile per aiutarmi a capire perché questa foto si trova lì e non dire niente a mio zio di tutto questo.", rispose fissandomi attentamente, come pronto a scorgere ogni mio segno di titubanza.
"Sì, tutto chiaro", mormorai. "E' il minimo che possa fare"
Sorrise dolcemente, il primo vero sossiso che gli vedevo fare. Un sorriso che gli accese anche quegli splendidi occhi che si ritrovava. Mi prese una mano tra le sue, allontandandola dalla mia. "Grazie, Bella"


* * * * *



"Ricapitoliamo?", chiese Edward.
Eravamo seduti sul letto matrimoniale a gambe incrociate, ripetendo e analizzando per bene ciò che c'era da fare questa sera. Quel giorno era lui che dettava le regole ed io, per una volta, forse l'unica in vita mia, mi imposi di rimanere ferma e zitta e sottostare 'ai suoi voleri'.
"Ok...", farfugliai.
"Guarda che hai promesso", ribatté schietto. Impressionante come fosse ritornato entro poco l'uomo privo di sentimenti umani come la compassione. Davvero notevole.
"Losso", risposi attaccando le due parole con fare stizzito.
"E allora ascoltami, benedetto Dio! Allora...come stabilito, questa notte tu sedurrai Jacob mentre io andrò a cercare altre notizie in giro per la casa. Preferirei stare lontano dalla stanza per almeno un giorno"
"Aspetta, aspetta...'sedurrai' non credo proprio che sia il termine giusto. Io preferirei dire 'tenere impegnato' visto che, per colpa di qualcuno, la notte scorsa avrebbe potuto avere dei sospetti riguardo a certi spioni in casa sua.", puntualizzai.
Sbuffò. "Dì quel che vuoi, tanto la sostanza è la stessa. Adesso che non c'è dovremmo approfittarne per capire bene cosa dovresti fare...a quanto ho capito questa notte o domani mattina arriveranno due suoi amici, uno dei quali è Quil, tra l'altro. E non mi è sembrato che provasse molta simpatia per te, perciò...vedi, perlomeno, di metterti nelle grazie di Jacob- una- camicia- manco- morto!"
Storsi il naso. "Si può sapere perché lo chiami così?"
"Mi pare semplice! L'hai mai visto con una camicia da quando siamo arrivati? Io no! Credo proprio che ne sia allergico, scusa! Ma com'è possibile che non si copra manco una volta contata?!"
Ah-ah, gelosetto il nostro agente, eh...
"Solo perché lui ha qualche muscoletto da mostrare in più rispetto a te...", mormorai senza guardarlo.
"Che hai detto?", strinse gli occhi. "Guarda che io quello lo posso battere anche ad occhi chiusi!", esclamò spavaldo.
Scossi la testa. "Sembri un bambino.", mi interruppi un attimo, giusto per pensare tre secondi prima di dire ciò che avevo in mente da tempo. "Ma si può sapere che fine ha fatto la persona con cui ho parlato questa mattina?"
La sua espressione divenne dura, seria, severa.
Cazzo, me l'avevano sempre detto di contare fino a sette prima di dire qualcosa, non fino a tre!
"Non lo so, Bella. Io sono io, punto", rispose imperturbabile. "E adesso vediamo di pensare a cose più importanti. Appena Jacob tornerà, tu dirai che io sono in camera mia con un torcicollo forte come non so cosa e che ne stai 'approfittando' per divertirti un po'."
"Ma sì, tanto la figura della porca traditrice la faccio io!", esclamai sarcastica sbattendo le mani a palmo aperto sul letto.
"Bella, hai..."
"Lo so che ho promesso, porca vacca! Ma ti dispiacerebbe evitare di ripetermelo ogni tre secondi netti?", esclamai esasperata.
Non ne potevo più di lui e dei suoi cambiamenti... mi dispiaceva enormente per la sua storia, però anche io ero umana, anche io potevo sbagliare. "Ah, un'altra cosa: lo so che ti da fastidio che io te lo faccia notare, ma tendi a nascoderti. Se non ti avessi visto questa mattina direi che questo", lo indicai con un frettoloso gesto del dito, "sei tu e basta. Invece ora posso affermare con certezza che quello che invece eri stamattina...era meglio, era più umano, nonostante la sua storia traumatica. Edward, io voglio davvero aiutarti perché penso a come ti devi sentire in questo momento...", non mi lasciò finire.
"No, Bella, tu non lo sai come mi devo sentire io adesso! Tu non lo sai! Tu vuoi essere perfetta, vuoi sempre essere al corrente di tutto, ma ci sono cose che non puoi sapere, e come ci si sente nel perdere tutto in un istante è una di quelle!"
Chiusi la porta davanti a me, prima di mettermi a piangere correndo via da lui.



* * * * * *



"Mmm...Ciao, Bella...scusami se sono tornato così tardi...ma mi hanno trattenuto", mormorò tra uno sbadiglio Jacob entrando dalla porta sul retro della cucina.
Ah, certo, bella risposta all'accoglienza calorosissima che gli avevo riservato!
Nonostante ad Edward avessi detto il contrario, alla fine avevo fatto come mi aveva ordinato lui, anche se i risultati non sembravano quelli che mi aspettavo.
"Ah...ok...allora a domattina, Jake", mi finsi delusa, chiamandolo con quel nomigliolo che sapevo adorava.
"Sì...'notte, Bella", mormorò aprendo e chiudendo di colpo gli occhi  come un orologio a cucù.
Oddio.
Non appena sentii la porta della sua stanza aprirsi e chiudersi, mi precipitai anche io su per le scale, verso la mia stanza.
La trovai vuota: bene, Edward doveva essere già andato. Non avevo assolutamente voglia di parlare con lui dopo il modo in cui c'eravamo lasciati.
Avevo un piano: lui non voleva tornare subito in quella stanza...ma io sì. Ne avrei approfittato, per una volta.
Soltanto pensare il suo nome, fece montare nuovamente il senso di colpa, ricordandomi quello che stava passando tutt'ora. Possibile che i miei sentimenti nei suoi confronti continuassero a cambiare costantemente? Dall'odio all'irritazione, dalla compassione all'odio...non ero normale.
Chinai il capo mentre tiravo fuori la divisa dalla valigia. Mi rimbombava ancora nelle orecchie la sua ultima esclamazione...aveva ragione. Lui aveva tutto il diritto di essere lunatico, io ero solo un'egoista. Un'egoista che non riusciva nemmeno a comprendere le enormi sofferenze degli altri, pensando semplicemente a ciò che fosse meglio per lei stessa.
Ero orribile, ma l'avrei aiutato, sarei andata in quella stanza per cercare risposte. Per lui.
Entro poco tempo fui pronta, come il giorno prima, con la differenza che adesso ero sola.
Uscii dalla stanza che era tutto buio, se non fosse stato per i miei occhiali a raggi X.
Sgattaiolai ancora una volta lungo il corridoio, attenta a non far rumore o quant'altro. Le voci che avevamo sentito ieri non erano solo fantasie.
Scesi le scale aspettando i momenti più opportuni, ovvero quelli in cui le telecamere non mi sorvegliavano, tentando di non pensare che Edward era a pochi metri da me, che gli poteva star succedendo chissà cosa...
Mi abbassai di scatto. Per colpa dei miei pensieri privi di senso stavo per farmi beccare dalla sorveglianza della villa! Ero proprio una deficiente.
Cercai di ridestarmi e concentrarmi per una buona volta sul mio lavoro.
Ed ecco che, con un po' di attenzione in più, arrivai davanti alla famigerata porta che tanto aveva complicato la missione.
Aprii la porta...anzi, no, era già aperta...era stata lasciata socchiusa.
Mille brividi mi attraversarono la schiena: lì dentro poteva esserci chiunque, la mia vita poteva finire in un battito di ciglia come per i genitori di Edward...
Avrei rischiato, faceva parte del mio lavoro, avrei dimostrato a tutti che ne avevo il coraggio, soprattutto a Edward.
Entrai dentro velocemente, abbassandomi subito lungo il pavimento.
Ricordavo bene il meccanismo delle telecamere nascoste, e mi stupii che quelle due che avevamo messo fuori uso ieri non fossero state riparate.
Bene, meglio così.
Strisciai sempre più avanti, fino a trovarmi a pochissimi passi dalla scrivania. Aspettai con finta calma il momento successivo, ed arrivai dietro il tavolo.
Una figura scura era accucciata vicino al cassetto di quest'ultimo, come a cercare qualcosa smaniosamente.
Oddio, oddio...sarà stato un tizio losco, un ladro...un assassino...
Per poco non lanciai un urlo, se non fosse stato per la mano che 'lo sconosciuto' mi aveva mi aveva appoggiato con irruenza sul volto tappandomi la bocca.
Riconobbi i suoi occhi, era Edward.
Il mio sollievo e la mia felicità nel costatare che era lui furono incalcolabili, così tanto che mi rifugiai tra le sue braccia, spaventata a morte per ciò che avrebbe potuto essere.
Purtroppo però la reazione di Edward fu ben diversa dalla mia...
"E tu che ci fai qui?", sibilò guardandomi truce ed allontanandomi da sé.
Mi sentii fuori posto, improvvisamente ricordai tutto.
"Lo stesso motivo per cui tu sei qui, apparentemente", la mia voce voleva suonare sicura e convincente come questo pomeriggio, ma era debole, incerta, spezzata.
"Bella, e Jacob cosa sta facendo adesso??? Ti rendi conto che per colpa tua potremmo essere scoperti?", era furibondo adesso, sembrava non mi avesse nemmeno ascoltato.
La colpa era anche sua però!
Mi avvicinai a lui, spingendolo più indietro.
"Basta, Edward, non puoi fare sempre come vuoi! Non, non...", non riuscii a finire, perchè due mani - le sue - mi trascinarono nella sua direzione, portandomi giù insieme a lui, in una galleria buia e strettissima.
Urlai, mi dimenai, ebbi paura di morire, proprio come quella volta da piccola che mi ero persa nel bosco di notte.
Finalmente il tunnel terminò facendoci cadere su di un pavimento duro come il marmo.
Una luce in lontananza. Poi...tutto divenne buio.




OK...VI PREGO, ABBANDONATE ASCE, COLTELLI, COLTELLACCI E RIVOLTELLE...ANCHE TU, LAGGIù CON QUELLA BALESTRA! GIù SUBITO!!!!!!!!!!!!!
VA BENE, ADESSO CI SIAMO!!
MI SCUSO TANTISSIMO PER IL RITARDINO NELL'AGGIORNAMENTO, MA COME AVRETE NOTATO, è STATO PIUTTOSTO IMPEGNATIVO E NON SO NEMMENO SE SIA USCITO PROPRIO COME VOLEVO IO, SPECIALMENTE LA SECONDA PARTE.
EDWARD HA AVUTO UNA STORIA TRAUMATICA COME AVETE VISTO...ED è RENESMEE LA SORELLA PERDUTA, OLTRE AI GENITORI ESME E CARLISLE. SPERO DI AVERE CHIARITO I VOSTRI DUBBI IN QUESTO CAPITOLO, NONOSTANTE IL FINALE SIA SADICO COME MIO SOLITO ù.ù
DOVE CAVOLO SI SONO CACCIATI????
BELLA SI SENTE IN COLPA, NONOSTANTE NON RIESCA A CONCEPIRLO BENE. NON è UNA PERSONA CON TROPPO TATTO, MA LA STORIA DI EDWARD L'HA TOCCATA MOLTO, ANCHE SE NON LO DA' A VEDERE NEMMENO A SE' STESSA.
SCUSATEMI, RAGAZZE, MA IN QUESTO MOMENTO SONO DI FRETTA IN UN MODO ASSURDO!
SAPETE, DI Là C'è EDWARDUCCIO CHE MI ASPETTA...SAPETE, NIENTE DI PERSONALE, MA EDWARD è EDWARD! XD
UN BACIONE, RAGAZZE, A PRESTO!!!!!!!
DOMANI METTERò LE RISPOSTE ALLE RECENSIONI, STATENE CERTE!! ^^
SPERO DI NON AVERVI DELUSO...ANCHE SE QUESTO CAPITOLO, COME HO GIà DETTO, NON MI CONVINCE TROPPO! PROBABILE CHE CORREGGERò QUALCHE COSINA QUA E Là...
VABBE', MO' VADO!!!!!
UN ALTRO BACIO!!!!!!!!!!!!!!
ELE


P.S. PER CHIUNQUE VOLESSE, VORREI DIRVI CHE HO APPENA INIZIATO UNA NUOVA STORIA, SI CHIAMA YOUR GUARDIAN ANGEL. ^^ ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=575558&i=1)
SE VOLETE LEGGERLA IO NE SAREI FELICISSIMA!
QUESTA è LA TRAMA =)


Isabella Swan è una ragazza di diciassette anni a cui viene diagnosticata la leucemia. Non reagisce male alla notizia, infatti è convinta che la sua vita non abbia senso, che questa malattia sia una 'manna dal cielo', mandata per alleviare tutte le sue sofferenze terrene. All'ospedale di Phoenix incontra un ragazzo dalla bellezza sconvolgente, Edward Cullen, suo coetaneo che, nonostante le carattersitiche fisiche, rimane sempre coi piedi per terra. E' qui per assistere una sua parente in malattia e, giusto per scacciare la noia, decide di scambiare due parole con Bella. Quest'ultima, piuttosto che raccontare al ragazzo il vero motivo per cui si trova lì, inventa una scusa, nascondedogli la sua malattia.
Da quelle che sembrano poche ed insignificanti parole, nasce un'amicizia che ben presto diventa un'attrazione travolgente. Purtroppo però il loro sogno sembrerebbe irrealizzabile, perché c'è ancora qualcosa che Edward non sa e che minaccia di distruggere tutto.
Tratto dal capitolo: "Lo sai che dal modo in cui scrive una persona, si può capire come essa sia?", mormorò Edward fissando il mio foglio scarabocchiato. Mi accigliai. "Mi stai dicendo che faccio schifo?". Sorrise. "No, affatto. Sto dicendo che tu sei diversa, sei speciale."

   
 
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