Non
era la prima volta che
mi diceva quella frase.
Le
circostanze in cui la
udì la prima volta sono come marchiate a fuoco nei miei
ricordi.
Era
precisamente il 30
agosto, dell'estate più calda che io abbia mai passato.
Non
avevo parlato per
tutto il giorno; ero triste all'idea che l'indomani sarebbe tutto
finito, sarei
tornata a casa mia, in Italia.
Diventavo
solare e piena
di parole soltanto quando mi trovavo davanti ad una telecamera accesa.
Devo
ammettere che fingere in quel modo mi riusciva piuttosto bene e nessuno
si
accorse di nulla dato che mascheravo il mio mutismo con il nervosismo
in vista
del Galà di quella sera.
Registrammo
solo di
mattina mentre il primo pomeriggio lo passammo a provare.
La
novità era che non
avrei condotto da sola il Galà come avevo fatto per tutto
l'arco dei giochi,
infatti dall'Italia la fondazione mi mandò un cavaliere. Si
chiamava Jari, faceva
il cantante e l'attore di sit-com. Mi fece molto piacere riuscire a
parlare la
mia lingua con un ragazzo della mia età. In
verità ero partita con Valentina
Francesconi, sedici anni come me e attrice nella stessa sit-com di
Jari, ma
dato che era una concorrente avevo raramente l'occasione di parlarci.
Era un
peccato perchè quella ragazza mi piaceva. La incontrai la
prima volta in
aeroporto la mattina della partenza. Notai subito che dal modo di
camminare,
vestire e parlare era una ragazza molto eccentrica; aspetto che
apprezzo nelle
persone.
Nascondeva
la sua tensione
per il viaggio parlando molto e velocemente, di tutto quello che le
passava per
la mente. Una volta scese dall'aereo conoscevo già tutti gli
aspetti più
importanti della sua vita, la sua famiglia, i suoi affetti e le sue
passioni.
Pensandoci ora, un'amica con cui confidarmi mi avrebbe fatto molto
comodo
durante quelle 5 settimane. Credo che sarei riuscita ad affrontare
tutte le mie
questioni complicate riguardanti Michael in modo più
tranquillo.
Il
mio bisogno di parlare
e sfogarmi si fece notare da Jari il quale si proclamò
volenteroso ad
ascoltarmi. In un primo momento rifiutai ma continuai a riflettere
sulla sua
proposta mentre mi truccavano, sistemavano i capelli e sceglievano il
vestito
più adatto alla mia carnagione. Secondo loro il blu ceruleo
era perfetto per
me.
Più
tardi stavamo
aspettando di iniziare davanti ad una delle grandi porte della sala da
ballo,
eravamo in anticipo di circa un'ora. Infatti per i corridoi non c'era
nessuno.
Senza
voltarmi verso di
lui e senza spostare lo guardo da davanti a me gli dissi:
"Sai...non
so se voglio
partire."
"Beh,
mi sembra ovvio. Io sono qua da poco più di un giorno e
già me ni sono innamorato di 'sto posto quindi non
faccio fatica a credere che tu non te ne voglia andare più
via!"
Sapevo
che quello che
stava dicendo era vero ma non mi sentivo del tutto convinta.
"Si,
in parte."
"E
l'altra parte quale
sarebbe?"
"Mi
sembra come se mi
fossi persa qualcosa in questo viaggio, come se ci fosse qualcosa che
mi sento
di fare ma non so cosa."
"Certo
che lo sai."
Ero
stupita. Come faceva
lui a dirmi cosa sapevo io?
"Lo
saprei?"
"Assolutamente!
Ma è
probabile che questa cosa ti esponga così tanto che non vuoi
ammetterla nemmeno
tu. Capisci cosa intendo?"
"Si,
credo che tu abbia
ragione. Ti sei mai sentito così anche tu?"
Annuì.
"E
come ti sei
comportato?"
"Ero
convito che se
fossi partito ignorando quella sensazione me ne sarei pentito e mi
sarei sempre
chiesto “cosa sarebbe successo se...”. Quindi mi
buttai e col senno di poi me
ne pentii ma almeno non ho rimorsi. Per me è meglio
così."
"Centrava
una
ragazza?" chiesi insinuante.
Per
la prima volta
dall'inizio della nostra conversazione si girò a guardami.
"E
nel tuo caso centra
un ragazzo?"
Abbassai
lo sguardo
iniziando a fissarmi la punta delle scarpe eleganti.
"Ecco,
ti sei risposta
da sola."
Era
il momento di fare una
scelta: i sicuri rimpianti o i possibili pentimenti.
Decisi
in un attimo; non
volevo essere una di quelle persone che arrivate ad un certo punto
della loro
vita si chiedono quali decisioni prese diversamente l'avrebbero resa
migliore.
Gli
dissi solo: "Torno
subito." e non sapendo nemmeno dove andare mi misi a correre per i
corridoi
nella speranza di incontrare lui, Michael.
Mentre
mi allontanavo vidi
Jari sorridere, e quello mi convinse che stavo facendo la cosa migliore
in quel
momento.
Le
mie speranze si
concretizzarono alla vista di un ragazzo dai capelli ramati camminare
canticchiando
con la spalla addossata alla parete ricoperta da una discutibile carta
da
parati lilla.
Vedendomi,
assunse quel
sorriso che mi era sempre piaciuto, ed io non riuscì che a
fare lo stesso. Poi
si accorse che avevo appena finito di correre: guance arrossate,
respiro
affannoso e, inizio principale, le scarpe col tacco in mano.
"Dove
vai così di
fretta?" disse mentre rideva.
Il
fatto di non salutarci
mai con la parola di rito “ciao” la consideravo una
nostra tradizione.
"Veramente
cercavo
te." Mi pentii immediatamente della mia sincerità sfacciata.
Non
lo vidi affatto
stupito anzi il suo ego, tipicamente maschile, ne godeva.
Mi
sentivo un po' a
disagio, la sicurezza che avevo durante la corsa mentre pensavo a cosa
dirgli
non la trovavo più.
"Beh,
sai com'è...tra
poco inizia il Galà e non potremmo parlare più di
tanto poi domani ho l'aereo
presto quindi..." finsi calma mentre lo guardavo negli occhi la prima
volta
dall'inizio della conversazione "Ci tenevo a salutarti."
"Mi
fa piacere, hai
fatto bene." Si mise la mano tra i capelli scompigliandoli, come se
stesse
cercando di tirarne fuori le parole più adatte.
"Non
mi piacciono molto
i saluti, non so mai cosa dire."
"Nemmeno
io, posso solo
dirti che i capelli in disordine non stanno bene con lo smoking!"
Ironizzai
per calmarmi. Adoro l'ironia, in me e negli altri, rende le cose
divertenti ma
non troppo e soprattutto allevia la tensione.
"Non
smetti nemmeno
l'ultimo giorno con le tue frecciatine vero?"
"Come
potrei? Sono il
mio marchio! Non l'hai ancora imparato?"
"Si,
è vero." Ridemmo
entrambi.
Mi
ricordai che avevo
ancora le mie scarpe in mano e, cercando di fare il più in
fretta possibile, me
le rinfilai diventando otto centimetri più alta.
"E
poi sono i miei
capelli che non si adattano all'eleganza della serata, vero?"
Sorrisi.
"Touché."
Avevo perso la cognizione del tempo quindi era meglio fare quello che
volevo
fare in fretta.
"Comunque,"
ripresi
cercando di essere seria "C'è una cosa che devo fare,
altrimenti so già che
non riuscirò a tornare a casa tranquilla. Capisci cosa
voglio dire?"
"Si,
più o meno,
forse...hai bisogno di me?"
Da
quel momento in poi è
tutto avvolto da un aura nebulosa.
Lo
fissai negli occhi per
dei secondi che sembrarono lunghi il doppio cercando di raccogliere la
mia
decisione e la forza di seguire, senza pensare alle conseguenze, i miei
desideri.
Non
avevo più voglia di
pensare. Premetti le mie dita contro le sue spalle, gli feci fare un
paio di
passi all'indietro in modo che la schiena si appoggiasse al muro e in
quel
momento, grazie ai tacchi alti, sollevai la mia testa solo di qualche
centimetro e le mie labbra sfiorarono le sue con una lieve pressione.
Mi
allontani immediatamente, dandogli le spalle.
Non
saprei spiegare perchè
non mi sentivo del tutto soddisfatta. Avevo appena fatto quello che
volevo ma
dentro di me sapevo, anche se in quel momento non lo avrei ammesso, che
quello
che c'era appena stato non era un bacio. Quel gesto intimo non era
degno di
essere chiamato con quel nome; erano solo due corpi che si erano
toccati, il
fatto che fossero state le nostre labbra era irrilevante. Probabilmente
avrei
raccolto quella mia piccolissima vittoria e sarei scappata lontano
cercando,
poi, di evitare il suo sguardo per tutta la serata, ma una reazione
inaspettata
sconvolse il mio progetto di fuga, fuga dal corridoi e da lui.
Gli
bastarono pochi lunghi
passi per raggiungermi e in un gesto solo mi voltò e
appoggiò la mia schiena
all'altro muro. Adesso erano le sue labbra che erano sulle mie e
sentivo la sua
mano dietro la mia nuca, come se non volesse lasciarmi andare via. Cosa
che,
comunque, non avrei fatto.
Dopo
pochissimi secondi
sentii le sue labbra allontanarsi e scorrere lentamente sul mio viso
mentre con
la sua guancia accarezzava la mia.
"Non
ho parole."
dissi impulsivamente.
"A
volte le parole sono
del tutto inutili." Mi sussurrò all'orecchio pronto a
baciarmi di nuovo.
Provare
sulla mia pelle
tutte le sensazioni che scaturiscono da un bacio vero mi fecero sentire
leggera
e rilassata, come se si fosse riempito tutto d'acqua e noi ci eravamo
dentro,
noi che non avevamo bisogno di respirare ma volevamo solo lasciarci
trasportare
dalla corrente.
Cominciammo a schiudere le labbra rendendo il bacio ancora più vero e profondo. Istintivamente intrecciai le dita tra i suoi capelli poco più scuri dell'ambra e da li non le spostai più. Sentivo le sue, invece, dappertutto lasciando al loro passaggio una scia di calore che mi sembrò così forte da sentire il vestito andare a fuoco. Forse eravamo solamente noi ad andare a fuoco. Un fuoco incontrollabile, quel fuoco che hanno sempre chiamato passione, che è un insieme di desideri, voglie e piaceri. Non riflettendo su quello che stavamo facendo mi lasciai condurre per il corridoio e automaticamente abbassai una maniglia che apparve come dal nulla vicino al mio gomito.
_______________Scusate
questo ritardo mostruoso ma ho avuto seri problemi al
computer…tutto risolto,
per fortuna! Mi faccio perdonare con questo capitolo bello sostanzioso!
Buona
Serata! =}