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Autore: Fuffy91    02/10/2010    2 recensioni
“ E’ complicato.”
Fu l’enigmatica risposta di lui, che prima osservò David ed in seguito Edward, che strinse gli occhi, quasi innervosito. Non comprendevo così tanta segretezza. Fino ad allora, i Cullen mi erano sempre sembrati la famiglia più unita e priva di misteri e segreti che avevo mai conosciuto.
Infondo, all’inizio della nostra conoscenza, Edward me lo avevo spiegato:
“ Con Alice che prevede il futuro ed io che leggo nel pensiero, i segreti risultano inutili nella nostra famiglia.”
Che David, invece, fosse l’eccezione che perfino Edward, così brillante ed attento ai particolari, non era mai riuscito a cogliere?
E chi lo sa??? Se volete scoprirne di più, cliccate e leggete insieme a me!!!
Baci baci, Fuffy91!!!^___^***
AGGIUNTO CAPITOLO 7!!! BACISSIMI!!!
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Successivo alla saga
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Capitolo 4

Bella.

 

Come Alice aveva previsto, dopo alcune ore, mi ritrovai davanti alla soglia della camera di Edward, titubante, la mano destra a stringere la maniglia della porta, senza avere alcuna intenzione di aprirla.

Avevo trascorso quelle poche ore di libertà dai sensi di colpa, accanto ad un cespuglio di rose bianche, che Esme aveva piantato il mese scorso, seduta accanto ad Edward, entrambi brillanti alla luce dei tenui raggi del sole uggioso di Forks, stretta a lui, semplicemente, a goderci quel raro pomeriggio assolato. Sospirai, godendomi la sua vicinanza, seguendo il ritmo regolare del suo respiro, tastando con le dita la consistenza del suo petto marmoreo, giocando con i bottoni della sua camicia bianca. Levai il capo, protendendo le labbra sulla linea elastica del suo collo niveo, pressando sulla sua pelle ricoperta di diamanti, la mia bocca dischiusa, regalandogli un bacio, a cui lui rispose con un sorriso e una carezza languida lungo la schiena, coperta da un maglioncino blu elettrico.

Fra le braccia di Edward, tutto sembrava insignificante e mi sentivo avvolta da un’aura di protezione e di sicurezza, che mi lasciava una piacevole sensazione di appagamento. Quando Edward inclinò il capo, catturando le mie labbra con le sue, così morbide ed invitanti, anche il vento invernale che frustava i nostri corpi e i battiti frenetici degli uccelli lontani, nascosti nei loro nidi, non erano sufficienti a distrarmi. Mi aggrappai a lui, approfondendo il dolce bacio, desiderosa più che mai delle sue attenzioni. Edward rise del mio slancio, finché i suoi sussulti divertiti non mi costrinsero ad abbandonare la sua bocca tentatrice. Mi accarezzò con lo sguardo color topazio, scostandomi i capelli dalla fronte, attorcigliandone fra le dita affusolate le ciocche castane.

“ Quanto entusiasmo. A cosa lo devo?”

Mi chiese in un sussurro, continuando a giocare con i miei capelli.

Scivolai sul suo petto, stringendolo a me, in una morsa quasi soffocante, posando le labbra nel triangolo di pelle visibile e lasciato scoperto dalla camicia. La sua pelle, come la mia, non brillava più. Alzai per un attimo lo sguardo al cielo. Era di nuovo nuvoloso.  Sbuffai, ritornando ad appoggiare il volto sul petto di Edward, affranta. Sentii Edward sorridere.

“ Suvvia, è inverno. E’ naturale che le piogge siano più frequenti.”

Cercò di raddolcirmi, con la sua voce dal sapore di miele.

Sorrisi a malincuore, baciandolo di nuovo sulle labbra sorridenti, in un tocco lieve e casto.

“ Sei rimasta turbata, vero?”

Mi disse, rompendo il silenzio leggero sceso fra di noi. Spalancai gli occhi, raggelata. Sapevo che si riferiva a quello successo qualche ora fa, nel salotto di casa, con Bia. Il ricordo del suo volto trasfigurato dal dolore, mi colpì come uno schiaffo. Di riflesso, le mie mani si strinsero a pugno, torturando la sua camicia e nascosi il volto nell’incavo tra la sua spalla e il mento.

Edward non si oppose e non si lamentò del mio gesto di disperato possesso, accarezzandomi dolcemente la schiena e posando lieve le labbra fra i capelli e la fronte.

“ Non essere arrabbiata con Bia. Non voleva farlo di proposito.”

Mi distaccai da lui, indispettita, osservandola accigliata, uno sguardo severo a cui lui rispose con uno imperturbabile. Mi alzai in piedi, stizzita, le braccia incrociate al petto, improvvisamente arrabbiata, si, ma stranamente con lui.

“ Come puoi?”

Gli chiesi, sibilando, camminando avanti ed indietro, sul tappeto erboso che ricopriva il giardino.

Edward mi osservava, rilassato e tranquillo, ancora seduto comodamente fra i cespugli di rose impallidite.

“ Come puoi giustificarla? Dopo quello che vi ha fatto…che ti ha fatto!”

Esclamai, nel tono di voce rigido, una nota di rabbia. Edward mi osservò ancora, negli occhi, una luce divertita.

“ Mi sembri Alice.”

Bisbigliai, convincendomi di essere nel giusto, dandogli le spalle di proposito.

“ Come potete essere così accondiscendenti? Lei non ha avuto alcun riguardo per noi. Non ha provato nemmeno a cercare di capire la situazione, di provare ad accettarla, di essere più tollerante. Invece no, ci ha aggredito, subito, nemmeno dieci minuti dopo che ci aveva distrutto la porta. Questa non è civiltà, non è un modo di comportarsi! Ti confesso che non invidio affatto David. Deve essere stato più che difficile, convivere con lei.”

“ Si, in effetti, lo è stato. Bia non è una persona dal carattere facile.”

Commentò Edward, avvertendo il fantasma di una sua risata.

“ Oh, questo è stato chiaro fin dall’inizio.”

Dissi, indispettita. No, era inutile che cercasse di convincermi. Non l’avrei accettata, non volevo tollerare i suoi scatti e i suoi comportamenti discutibili. Non avevo alcuna intenzione di diventare sua amica. E come potevo, del resto, se in ogni momento, avrei dovuto vivere con il terrore di vedere Edward, Alice o qualsiasi altro, finire agonizzante al suolo, contorcendosi dal dolore. Era peggio del potere di Jane! Inaccettabile.

Sospirai. Forse ero troppo dura e, ripensando alle parole di Carlisle, era molto probabile che lo fossi. Ma non potevo farci nulla. Non riuscivo a perdonarla.

Avvertii le braccia di Edward circondarmi la vita da dietro, attirandomi a sé, facendo scontrare dolcemente la mia schiena contro il suo petto.

Baciò la mia tempia destra e scese con le labbra lungo il mento, baciandomi l’angolo della bocca, dischiusa per emettere un sospiro beato, ad occhi chiusi.

“ Ti prego, non negarle una seconda chance. Non sai come sono tristi i suoi pensieri, in questo momento. E’ un’agonia il solo ascoltarli.”

Mi confessò, una sfumatura di tristezza nella sua voce bellissima.

Allungai un braccio verso il suo collo, massaggiandogli la nuca, sfiorando i suoi capelli bronzei, scossi dal venticello dispettoso.

“ Allora non farlo.”

Gli suggerii, anche se con la morsa del rimorso che cominciava ad istruirmi la gola.

Edward vibrò una tenue risata nel mio orecchio sinistro.

“ Sempre la solita testarda.”

Mi disse, serrando la presa delle sue braccia intorno alla mia vita, risalendo con la mano destra lungo il ventre piatto.

“ Sei adorabile, quando metti il broncio.”

Continuò, suadente, cullandomi, plasmando il mio corpo sul suo, il suo respiro contro l’orecchio ad inebriarmi i sensi, ubriacandomi della sua presenza.

“ E tu sei un incantatore nato.”

Replicai, la voce ridotta ad un soffio.

Edward rise ancora, vittorioso.

Sospirai, sconfitta.

“ D’accordo.”

Dissi, accarezzandogli la mano destra aperta sulla mia pancia.

“ Darò una seconda possibilità a Bia. Ma non smetterò mai di stare all’erta. Non mi fido ancora.”

Edward mi liberò dal circolo delle sue braccia, lentamente, scivolando con entrambe le mani lungo il mio corpo, quasi restio ad abbandonarlo. Quando mi voltai verso di lui, i suoi occhi brillavano di orgoglio. Mi sentii lusingata da quello sguardo ardente, tanto da allungarmi in punta di piedi a posare un bacio stampo sulle sue labbra, incurvate in un nuovo sorriso.

“ Grazie.”

Mi ringraziò, e non solo per il bacio.

Feci spallucce.

“ Se per te va bene…a me importa solo del tuo giudizio, lo sai. Ma ribadisco la mia diffidenza.”

Aggiunsi affrettata, per dargli ulteriore campo libero per convincermi di quanto “innocua e triste” fosse Bia.

Edward ricambiò il bacio con uno più prolungato sulle mie labbra arrendevoli, e non smise fino a quando non persi la condizione del tempo e dello spazio. Il suo sguardo dorato mi incendiò di passione quando si staccò, fremente ma sorridente.

“ Lo sai? Avevo torto. Sei incantevole quando sei imbroncia.”

Ed ora eccomi qui, la mano destra ancora stretta al pomello della porta, combattuta tra il desiderio di riscendere le scale e raggiungere Edward a caccia e la parte razionale di me che esigeva che varcassi quella soglia, decisa e priva di reticenze.

Avevo già bussato e chiamato il suo nome, ma Bia non aveva dato segno di aver sentito o per lo meno di aver emesso un cenno, un suono, un respiro che mi confermasse che fosse ancora lì, nella camera di Edward.

Per un attimo, mi chiesi se fosse fuggita dalla finestra, ma affinando il mio olfatto, il suo odore di more e tulipani, dissipò ogni mio dubbio.

Bussai ancora, senza richiamarlo e tirando un sospiro di coraggio, abbassai in giù la maniglia della porta, spalancandola di qualche centimetro, sbirciando all’interno.

Sembrava tutto tranquillo. Lo stereo era ancora in fondo alla parete, i libri e i CD disposti accuratamente sulle mensole bianche, l’armadio richiuso accuratamente, il divano in pelle nera con i cuscini intatti, senza alcuna impronta di qualcuno che vi si fosse adagiato, e al centro della stanza, il grande letto a baldacchino, che Edward aveva comprato a posta per me, quando era ancora umana, le tende aperte e bloccate ai pali in legno scuro, da due strisce di tessuto purpureo, il copriletto dorato, come le iridi dei suoi, ed ora anche dei miei, occhi.

Solo un particolare increspava quella tenue immobilità: il corpo di una ragazza, raggomitolata su di un fianco, il capo affondato nei bianchi e morbidi cuscini.

Aprii del tutto la porta, che cigolò nel silenzio irreale che dominava in  quella stanza. Sembrava la camera di un morente, per quanto fosse lugubre e ricolma di una sottile sofferenza l’aria che si respirava. Tesa e rigida, nonostante l’eleganza che caratterizzava i miei movimenti, avanzai all’interno, chiudendomi la porta alle spalle, e il suo tonfo sordo mi fece sussultare.

Mi bloccai con i piedi immersi nel soffice tappeto immacolato che ricopriva il pavimento, ascoltando il sussurro del vento che filtrava tra i pini della foresta, al di là della finestra chiusa.

Abbassai lo sguardo, quando avvertii qualcosa di ruvido toccarmi la caviglia destra. Era il pantalone in jeans stracciato e sbiadito di Bia, i risvolti chiari degli orli simili a due pesciolini dalle squame argentate che guizzavano in un lago di latte. Più in là, vicino al comodino destro, mi occorsi di un particolare che alla prima occhiata mi era sfuggito; la canotta rossa di Bia era stata gettata alla rovescia sul cestino dei rifiuti vuoto, quasi come se fosse uno straccio vecchio da buttare. Accanto al letto, le scarpe giacevano con ancora i lacci attaccati, le calze sfilate di malagrazia, visti i larghi buchi e sfilamenti lasciati da dita rabbiose, erano aggrappate mollemente ad uno dei lati del materasso, prossimi a cedere alla gravità, cadendo sul pavimento, come serpenti morti.

Era evidente che Bia si era tolta i vestiti, spargendoli distrattamente da una parte e l’altra della stanza. Avanzai ancora di qualche passo, verso il letto che conteneva, sotto la coltre morbida del lenzuolo bianco e del copriletto d’oro, la sua esile figura, ancora immobile nella stessa posizione raggomitolata.

I capelli mossi e color cacao arano sparsi a ventaglio sui cuscini, simili ad alghe brune del fondo del mare. Bia aveva nascosto il viso sotto le lenzuola, che lasciano visibili solo alcune dita della mano di lei, che supposi essere la sinistra, visto che era rivolta a palmo aperto verso l’alto.

Con cautela, scostai le coperte, rivelando il suo viso, perfettamente attento e pallido, gli occhi grandi ed espressivi da gatta selvatica, bui come due pozze nere di petrolio, brillavano alla tenue luce della lampada accesa, appesa alla parete, spalancati e puntati verso un punto indefinito del letto. La bocca piccola spiccava sanguinea sul suo volto candido, il naso all’insù era in sincronia con il cipiglio che aleggiava sulle sue fini sopracciglia scure.

Sembrava una bambola di porcellana, che una bambina poco attenta, aveva lasciato cadere a terra, rompendola in mille frammenti. La scoprii fino al busto, rivelando la spalla destra del braccio minuto a stringersi al petto, mentre il sinistro era inclinato verso l’alto, la mano aperta, come supponevo, appoggiata mollemente sulla federa di uno della coppia di cuscini.

Una spallina del reggiseno di pizzo nero era scivolata lungo il braccio. La rimisi al suo posto, in un gesto automatico, senza ottenere una sua minima reazione. Sembrava inanimata.

Sospirai, sedendomi sulla sponda del letto, accanto a lei, che si ostinava ad ignorarmi, immersa nei suoi- a detta di Edward- tristi pensieri.

Osservandola, così indifesa e vulnerabile, dentro di me sentii sciogliere quell’ostinato senso di ostilità, portandomi a posare, amichevolmente, una mano sulla sua spalla scoperta. Neppure allora, reagì.

“ Bia, come ti senti? Stai bene?”

Le chiesi, con tono delicato, sussurrando senza rendermene conto. Forse, per non spaventarla con un mio gesto brusco.

Alla mente, stranamente, mi balzò l’immagine di David bagnato di pioggia. Chissà se Bia stava pensando a lui? Scossi la testa. Ma certo che pensava a lui. Del resto, era il suo uomo, partito verso un futuro non certo roseo, dove sullo sfondo del suo destino si prospettava uno scontro all’ultimo sangue con un assassino senza pietà né coscienza. Edward lo aveva chiamato Munir. Cercai di immaginare come potesse essere il volto di un mostro che si prospettava essere più crudele dei Volturi. Non certo piacevole. Guardando Bia, mi chiesi cosa volesse da lei. Si, il suo potere era fuori dal comune e sicuramente temibile, ma questo bastava per imbattere una guerra per la ua conquista? Non seppi darmi risposta. Era ancora presto, per la verità, lo sapevo, ma questo non diminuiva la mia smania di conoscenza.

“ Cosa vuoi?”

Mi chiese inaspettatamente Bia, con voce velata, così all’improvviso che sussultai, scostando la mano dalla sua pelle di marmo, in un gesto istintivo.

La vidi prendere vita davanti ad un mio sguardo stupito, alzandosi a mezzo busto, il frusciare delle coperte che si ritiravano dai suoi fianchi, arrotolandosi sulle sue gambe, fu l’unico suono che udii, e quando i suoi occhi così espressivi incatenarono i miei, fu solo allora che ricominciai a respirare.

“ Perché sei venuta qui?”

Mi domandò insistente, la voce di velluto ruvida ma seducente.

Scacciai l’iniziale sorpresa, cercando di assumere un tono che fosse il più amichevole e conciliante possibile.

“ Scusami, è che…mi chiedevo come ti sentissi. Sai, dopo quello che è successo ore fa, ci chiedevamo se fossi ancora arrabbiata con noi e intenzionata ancora ad assumere un atteggiamento ostile.”

Bia mi osservò attentamente, senza battere ciglio, finché non disse:

“ Hai iniziato in prima persona, e poi hai concluso il discorso col ‘noi’.  Mi chiedo che intenzioni hai. Vuoi forse uccidermi, perché ho attaccato il tuo compagno e la tua congrega?”

Rimasi sbalordita dalle sue parole. Era il discorso più lungo e sensato che avesse mai pronunciato fino ad allora e l’inflessibilità della sua voce mi lasciò ancora più meravigliata. Il suo sguardo attento e il suo tono schietto e fin troppo tranquillo mi ricordarono vagamente quello brillante di Edward. Quella ragazza non era quella che voleva far credere di essere.

Dopo un ultimo labile sguardo, si gettò nuovamente sul letto, le braccia spalancate ai lati del capo, il viso rivolto al soffitto soffice del baldacchino.

“ Fa come ti pare. Tanto, non sei l’unica né l’ultima che desidera farmi a pezzi e bruciare i miei resti, per rendermi ancora più morta di quanto non sono già.”

La sua voce, ora, era fredda e distaccata, completamente insensibile alla prospettiva di perdere la sua eterna esistenza, per una qualsiasi mano, che fosse la mia o un’altra.

Io, dal canto mio, non volevo di certo ucciderla, ma mi sorprese il fatto che aveva captato la mia ostilità nei suoi confronti. Da quando avevo varcato la soglia della camera di Edward, avevo cercato di reprimere il più possibile quel sentimento, per non inquinare ulteriormente acque già notevolmente sporche.

“ Non voglio ucciderti, Bia.”

Dissi, in un sospiro.

“ Si, lo so. Sei qui per redimerti.”

Spalancai gli occhi, osservandola sbalordita.

“ Cosa?”

“ Ti senti combattuta tra la possibilità di strangolarmi e quella di perdonarmi. È tipico, di donne generose come te. Quando provano sentimenti diversi dalla loro indole, più irruenti ed irrazionalei come il desiderio di far del male al prossimo, scatta in loro automaticamente un senso di oppressione e di rimpianto. Anche se, nel tuo caso, sospetto sia stato il tuo uomo a costringerti a venire a farmi visita.”

Mi alzai, allontanandomi da lei, di qualche passo. Come faceva a sapere ciò che mi turbava e le condizioni che mi avevano condotto da lei? Che leggesse nel pensiero come Edward? Ma no, era impossibile. Tuttavia, mi sentivo scoperta di fronte ai suoi occhi da gatta, incantatori ed imperturbabili.

Di fronte a quello sguardo insostenibile, la domanda insistente che cercava di affiorare dalle mie labbra, era: “ Chi sei?”

Era inspiegabile quella sensazione di soggezione che quella ragazzina infondeva in me. Forse, poteva sembrare piccola ed immatura nel corpo, ma in quanto alla testa, mi superava di gran lunga.

Sembrava che conoscesse più cose di quanto non volesse dare a vedere. In un certo senso, era inquietante.

Ma, sorprendendomi ancora una volta, si liberò dalla costrizione delle coperte, alzandosi dal letto, coperta unicamente dall’intimo in pizzo nero.

Si sgranchì le gambe e i muscoli delle braccia, tendendosi in più direzioni nello spazio, compiendo semplici esercizi di ginnastica con l’eleganza e la flessuosità di una ballerina classica.

E fu così, che indossò l’impermeabile grigio di David, che era nascosto sotto il letto, indossandolo con disinvoltura, senza annodarsi la cintura in tessuto lasciando intravedere il suo corpo seminudo con ingenua sfrontatezza, per poi dirigersi alla porta con tre falcate. Prima di aprirla, il braccio destro a mezz’aria, si voltò verso di me, ricordandosi della mia presenza.

“ Ah, accetto le tue scuse per avermi aggredito. Ma, del resto, ti capisco. Comunque, sappi che ho agito istintivamente. Non era programmata una mia reazione. Ciao.”

Mi salutò, scivolando lungo la rampa di scale, con l’impalpabile leggerezza di un fantasma.

Rimasi lì, immobile in quella posizione statica non so per quanti minuti, per poi sbloccarmi, ancora intontita dal corso inaspettato degli eventi.

Sentii la voce familiare di Edward ed Alice che tornavano dalla caccia con Jasper, e subito, senza pensarci, spalancai la finestra, saltando dal davanzale, atterrando con leggerezza al suolo, non sporcandomi neppure le ballerine argentate ai piedi.

Vidi Edward venirmi incontro, con un sorriso ad illuminargli il volto perfetto, i capelli bronzei scossi indietro dal vento, la camicia incollata al corpo, ad evidenziare i muscoli del torace, gli occhi due pietre di topazio puro. Per un momento, mi arrestai ad ammirarlo, lasciandomi illanguidire dalla miscela di amore e desiderio che sentivo scorrere nelle mie vene, incendiandomi i sensi, per poi raggiungerlo.

“ Avevi fretta di vedermi?”

Mi chiese ironico, gli occhi divertiti che indicarono con un veloce sguardo la finestra.

“ Si, in realtà. Ho appena parlato con Bia e…

“ So già tutto. Alice ha appena avuto una visione che riguardava voi due. E’ tutto a posto, quindi.”

Mi disse, cingendomi la vita ed inclinando il capo a baciarmi. Lo lasciai fare, ma la mia mente era lontana, il pensiero fisso sull’atteggiamento di Bia.

Edward se ne accorse e si distaccò dalle mie labbra, confuso.

“ Cosa c’è, Bella? Sei tesa.”

Mi disse, accarezzandomi il lato destro del viso, con il dorso delle dita.

“ Edward, Bia non è…insomma, è strana. Mi ha parlato, abbiamo discusso, poco fa, e quello che ha detto…be’, mi ha lasciato un po’…mi ha scombussolata, ecco.”

Edward mi osservò attento e guardingo, ma la confusione ancora accennata sul suo viso.

“ Avete parlato di quello che è successo in salotto, e vi siete scusate a vicenda.”

Riassunse velocemente, lo sguardo ancora immerso nel mio.

“ Si, ma...senti, vieni, ti faccio vedere di persona.”

Dissi, prendendolo per mano e trascinandolo dentro, in casa.

“ Cosa, devi fargli vedere?”

Chiese gioiosa Alice, mano nella mano con Jasper, che mi guardò interessato, gli occhi stretti.

Sondava il mio umore.

“ Sei turbata, Bella.”

Concluse, dopo un attento esame. Alice lo guardò, per poi rivolgere uno sguardo indagatore a me.

“ Turbata? Perché?”

Per un attimo, il suo volto si fece molle, la sua espressione rigida, gli occhi vacui. Stava avendo una visione, ed io sapevo quali erano i suoi soggetti.

 “ Mmm.”

Disse Edward, improvvisamente più vigile.

“ Andiamo dentro.”

Disse, preceduto da Alice e Jasper, che varcarono la soglia di casa per primi. Stranamente, fu Edward a trascinare me, ora confusa. Le parti, in un baleno, si erano invertite.

Non appena ci ritrovammo in salotto, sentii una melodia familiare invadere la stanza. Qualcuno stava suonando al piano e di certo, non era Edward.

Ci recammo al centro della sala, dove lì, all’angolo destro, su un basamento creato a posta per lui, si trovava il piano a coda nero di Edward, sul cui sgabello c’era la coppia più mal assortita che avessi mai visto.

Renesmee era seduta a destra e suonava la ninna-nanna che Edward aveva scritto per me con grande abilità, guardando le sue mani scorrere sui tasti neri e bianchi sorridendo, mentre a sinistra, accanto a lei, c’era Bia, che osservava non il piano, né i tasti, ma Nessie. I suoi grandi occhi da gatta la seguivano in ogni movimento, interessati ed affascinati allo stesso tempo, come se stesse osservando un’opera d’arte e ne stesse soppesando il reale valore.

Nessie, senza badare a noi, trascinata dalle note delicate e dolci della melodia, alzando lo sguardo solo per regalare un sorriso alla sua vicina, che non ricambiava, ma intensificava lo sguardo, rendendolo ancora più intenso.

Quando la musica terminò, Nessie alzò il volto ad incontrare quello di Bia, ridendo di fronte alla sua espressione imperturbabile.

“ Ti è piaciuta?”

Bia annuì, nuovamente senza parlare.

“ L’ha composta mio padre per mia madre. È una delle sue composizioni più belle. Mio padre è bravissimo, più bravo di me, certamente. Sono orgogliosa di avere un padre come lui.”

Disse e l’orgoglio, parlando di Edward, trasparì dal suo sguardo color del cioccolato, così abbagliante da farla brillare di splendore. Vidi Edward al mio fianco sorridere a quelle parole, sorriso a cui mi unii anch’io.

“ Anche mia madre è molto dotata, ma non ha mai voluto imparare a suonare uno strumento. È troppo insicura, ma ha un animo coraggioso e buono.”

Continuò, sempre sorridendo, aggiustando gli spartiti con mani ferme. Non sembrava infastidita dalla presenza di Bia, anzi, sembravano quasi vecchie amiche che non si vedevano da tanto e che ora, dopo tanto tempo, parlavano tranquillamente, sedute accanto ad un pianoforte.

“ Tu sai suonare?”

Bia scosse la testa, in senso di diniego, anche questa volta senza parlare.

Renesmee si illuminò, aprendosi in un ampio sorriso.

“ E’ facile. Se vuoi, ti insegno. Guarda, comincio a mostrarti le note.”

Disse, riportando la mano destra, da cui pendeva il braccialetto colorato di Jacob, mostrandogli le note del pentagramma.

“ Do.”

Disse, tastando il primo tasto bianco a sinistra.

“ Re.”

Disse, tastando il secondo, di seguito.

“ Mi.”

Il terzo.

“ Fa.”

Il quarto.

“ Sol.”

Il quinto.

“La.”

Il sesto.

“ Si.”

Il settimo.

“ E di nuovo Do.”

L’ottavo.

Bia aveva seguito ogni suo movimento di dita, assimilando ogni singolo suono.

“ Questa è una prima ottava, la seconda è di seguito. È uguale, la disposizione delle note, alla prima.”

Nessie la guardò, senza sorridere, attenta, ora lei, ad una sua reazione. Bia alzò la mano a sfiorare la tastiera, quasi affascinata. Quando alzò il volto verso Nessie, lei l’accolse con un nuovo sorriso.

“ Vedrai, è facilissimo. Ti piacerebbe imparare?”

Bia annuì. Nessie rise e si protese ad abbracciarla. Vidi Bia irrigidirsi e sbarrare gli occhi, sorpresa e si rilassò solo quando Nessie si staccò.

“ Diventeremo grandi amiche, ne sono sicura.”

E ridendo, si alzò dallo sgabello, volteggiando verso il nostro gruppetto.

“ Papà, mamma! Sono tornata proprio adesso da La Push. Mi ha accompagnato Jacob, ma poi è dovuto andare subito via. Tutto bene? Ho conosciuto Bia. È simpatica. Rimarrà qui, vero?”

Disse tutto di un fiato, abbracciandomi stretta e non staccando gli occhi dai miei, speranzosi. Mi sciolsi in un sorriso, ricambiando la stretta. Era adorabile, impossibile resisterle.

“ Si, certo.”

Confermai, e vidi la gioia brillare nei suoi occhi scuri.

Improvvisamente, sentimmo una nuova melodia provenire dal piano muto, ma non era una delle melodie di Edward, di Beethoven, di Mozart o Chopin, era una musica sconosciuta, tenue, soffusa, che ti invadeva l’anima. Era struggente. Ci voltammo tutti, sorpresi e meravigliati.

Era Bia. Bia stava suonando. Ed era bravissima. La sua canzone divenne commovente, le note scorrevano lente, poi veloci, poi lente, poi di nuovo veloci. Le sue dita scorrevano invisibili sui tasti bianchi e neri, il suo sguardo era concentrato ma lontano, come se le sue mani avessero vita propria.

La melodia assunse toni drammatici, sofferti, nei ‘do’ forti e dei ‘si’ striduli, per poi terminare con la dolcezza dei ‘la’ e la delicatezza dei ‘sol’. I decisi ‘re’ davano il posto ai placidi ‘mi’, un’ultima nota di un duro ‘do’ e la soffusa tenerezza di ‘la’ e ‘fa’.

Quando la melodia terminò, rimanemmo tutti impietriti, incapaci di dire nulla. Fu Nessie a rompere il silenzio, lo sguardo sbalordito.

“ Ma, Bia. Avevi detto, che non sapevi suonare.”

Disse, con l’ingenuità di una bambina di dieci anni, nonostante ne avesse sedici, mostrandone venti.

Bia si alzò dal piano, chiudendo il coperchio sulla tastiera.

“ Infatti.”

Rispose Bia, la voce suadente ma ruvida, quasi selvatica, investendoci con il suo sguardo penetrante da gatta.

“ Ho imparato adesso.”

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Salve a tutti e a tutte!!! Scusate il ritardo, ma non vi ho fatto penare molto questa volta, vero???

Ed ora, passiamo ai…

Ringraziamenti a…

 

Albicoccacida: Ciao, Albicocca!!! Tutto ok? Come, non volevi diventare giudice??? E, vabbe’, la vita è bella perché è varia!!!XD Ti auguro, in qualsiasi scelta futura, tutto il bene del mondo, davvero!XD

Allora, ritornando alla storia…ti è piaciuto il nuovo capitolo??? Bia è sempre più strana e misteriosa!!! Ormai la detesti, ma spero di farti cambiare idea!!! Grazie mille per la tua immancabile recensione!!! Bacissimi, Fuffy91!!! ^__^*

Beuzz94: Ciao, Beuzz!!! Come stai?? Tutto ok, a scuola??? Spero di si!!! Interrogazioni e compiti a parte, grazie mille per avermi recensito!!! Figurati, non c’è problema!!! Si, Bia può sembrare un po’ bastarda, ma spero di farti ricredere sul suo conto!! E’ un personaggio che ha molte sfaccettature e spero che almeno una di quelle che ti mostrerò, ti piacerà! Baci baci e grazie mille per la tua recensione, Fuffy91!!!^__^*

 

Grazie anche a tutti voi che leggete, che seguite e che commentate tra voi e voi!!!

Baci baci e a presto dalla sempre vostra Fuffy91!!! <3<3<3

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