Capitolo 9
28 Agosto 1268 –
Roma, Italia centrale
Konrad ricordava Roma come una città allegra e colorata,
con gonfaloni di Svevia che sventolavano dalle torri; e addobbi tra casa e
casa, con la popolazione che lo applaudiva dalle finestre. Certo, non si
aspettava la stessa accoglienza ricevuta il primo ingresso in città, ma nel
giro di un mese Roma era stata completamente trasformata; diventando come la
triste Viterbo. La capitale della Cristianità era quasi vuota, le finestre chiuse,
e attraverso le poche e cui la gente era affacciata, si vedevano volti scuri e
inespressivi, che guardavano Konrad con riguardo.
<< A quanto pare il senatore non è tornato …
>> Borbottò Federico. << E il papa deve aver dato gli stessi ordini
di Viterbo. >>
Konrad rifletteva attentamente. << Meglio
raggiungere il mare il più presto possibile. Roma non è più dalla nostra parte.
>> Concluse. Era triste, perché strategicamente aveva perso una città ed
una posizione importante; ma affettivamente Roma gli era rimasta nel cuore, e
quell’accoglienza così fredda lo faceva soffrire.
***
31 Agosto 1268 –
Astura, sul Mar Tirreno
<< Siamo salvi! >> Esultò Federico, ispirando
l’aria salmastra.
Konrad invece non era del tutto sicuro. << Non
esultare troppo presto, porta sfortuna. >> Constatò, lapidario.
L’entusiasmo di Federico un poco si spense, e prese a guardarsi intorno. Erano
su una piccola nave, e avevano lasciato la città da poco, si vedeva una lunga e
opaca striscia di terra alle loro spalle. Un castello svettava su tutto: a strapiombo
sul mare, si ergeva la dimora di Giovanni Frangipane. Era Ghibellino e
beneficiato del nonno di Konrad, Federico II, così almeno sulla spiaggia, gli
uomini non persero tempo ad essere furtivi, sapendosi tra amici.
Rimasero infatti molto sorpresi, quando dalle pendici del
castello, videro partire un veliero, che li raggiungeva velocemente.
Konrad si mise subito sulla difensiva, perché ormai aveva
capito che non ci si poteva fidare di nessuno. Lo aveva capito completamente
quando aveva ucciso Enrico di Cousence, credendolo Carlo d’Angiò. Il suo nemico
non aveva onore, visto che si nascondeva durante una battaglia, quindi poteva
aver benissimo corrotto il Ghibellino Frangipane. << Pronti all’attacco!
State attenti! >> Urlò, ma l’unico che fece caso ai suoi ordini fu
Federico. Dopo la sconfitta a Scurcola aveva perso l’appoggio anche dei più
fidati, che come lui non vedevano l’ora di tornare a Pisa per ripartire alla
volta di Landshut.
***
La lenta nave degli sconfitti e il rapido veliero di Frangipane
erano ormai bordo a bordo, e il rumore della risacca delle onde era secco e fragoroso.
Risultava difficile sentire quello che il signore di Astura stava dicendo,
parlando faccia a faccia con Konrad.
Il giovane re aveva la spada in pugno, deciso e fiero.
Frangipane, però, era visibilmente soddisfatto, e si
faceva beffa di Konrad. << Quella non vi servirà, penso. >> Disse,
schiaffando via la spada del re con gesto non curante. Il ragazzo rimase
spiazzato da quell’azione, ma ascoltò cosa il Frangipane diceva con apparente
calma.
<< I miei soldati, altrimenti, farebbero scempio di
quelli che a voi sono rimasti. >> Indicò con il mento un gruppo di una
trentina di soldati molto ben armati alle sue spalle. Konrad guardò le loro
tuniche: rosse, con due chiavi e un nastro bianco ricamati sul petto.
<< Le vostre,
truppe? >> Chiese, sprezzante, cercando di nascondere la paura dietro una
maschera di strafottenza. << A me quelli sembrano soldati del papa.
>> Il suo cuore batteva impazzito. Scappare non potevano: il veliero del
Frangipane era tropo veloce, e il vento non era dalla loro parte. Se avesse
dato l’ordine, forse solo lui e Federico avrebbero combattuto; gli altri erano
troppo demotivati, e restii ad alzare le armi contro un loro vecchio compagno
in Terrasanta. Il re non vedeva altra vie di fuga, se non ascoltare cosa questo
borioso Frangipane aveva da dirgli. << Ora siete miei prigionieri.
>> Diceva soddisfatto. << Miei e del papa. Sarà l’assemblea a
decidere casa fare di voi. >>
<< Voi eravate Ghibellino! >> Lo incolpò
Konrad stringendo i pugni. << Voi avevate giurato fedeltà! >>
Frangipane rise di gusto poi, di colpo, tornò serio.
<< Prendeteli. >> Ordinò alle guardie.
Gli uomini di Konrad non poterono nulla contro di loro:
erano troppi e troppo ben armati.
Quando il giovane re fu incatenato, e di fronte la
traditore, questi si avvicinò, e gli parlò con il viso a poca istanza da quello
del ragazzo: << L’occasione fa l’uomo ladro, sire. Così è la vita.
>>
Lasciò il ragazzo recalcitrante in coperta, mentre lui
andava a prua, tutto soddisfatto.
Konrad allora, triste e demoralizzato, ebbe modo di
ragionare sulla situazione. Ma non c’era molto da fare, ormai. Erano
prigionieri del nemico, e fuggire era impossibile.
***
La notizia della cattura dello Svevo fece rapidamente il
giro della penisola, giungendo alle orecchie del papa, che astutamente aveva
comprato il Frangipane, e di Carlo d’Angiò, che tornò in fretta nella sua corte
a Napoli. Entrambi inviarono dei portavoce al castello di Astura, reclamando i
prigionieri. Il pontefice, con la voce del cardinale di Terracina, chiedeva che
gli fossero consegnati in quanto erano le sue truppe che li avevano catturati,
mentre l’ammiraglio Roberto di Laverna, inviato da Carlo d’Angiò, giocò
d’astuzia. Propose un meschino ricatto al pontefice; che anni prima aveva
chiesto l’aiuto di Carlo d’Angiò per occupare il Mezzogiorno. L’Angioino non
aveva ancora chiesto nulla in cambio, ed era arrivato quel momento. <<
Consegnatemi i prigionieri Svevi, e il vostro signore non dovrà più nulla al Re
di Sicilia. >> Disse al Cardinale di Terracina. L’uomo scrisse una
lettera disperata al papa; e alcuni giorni dopo tutto fu deciso.
***
Alcuni giorni dopo
– Roma
Konrad dovette opporre tutta la sua forza di volontà alla
propria rabbia, vedendo entrare trionfalmente Carlo d’Angiò a Roma. Erano
incatenati nella piazza centrale della città, osservando l’usurpatore che si
avvicinava a cavallo, tutto vestito d’oro, che ghignava meschinamente.
<< Finalmente ci incontriamo. >> Sputò tra i
denti quando si ritrovò accanto a Konrad, che lo guardava, suo malgrado, dal basso. << Avrei voluto
incontrarvi sul campo di battaglia. >> Rispose Konrad, che non voleva in
alcun modo darla vinta all’Angioino. << A quest’ora sareste morto.
>> Anche se non poteva scappare, voleva tenere comunque alto il suo
onore. Era un re, dopotutto.
Appena pronunciò quelle parole, Carlo si irrigidì in
sella. Konrad capì subito chi aveva davanti: il suo stesso orgoglio, il suo
stesso alto sento dell’onore. E Carlo, essendo scappato dal campo di battaglia,
era stato ferito proprio su quel punto.
Konrad intimamente esultò: anche da prigioniero
incatenato, riusciva a ferire l’Angioino. Si chiese se il proprio carattere
l’avrebbe portato, da adulto, a diventare come il suo nemico. Se adesso, a
quindici anni, sarebbe saltato al collo di chiunque avesse fatto
quell’affermazione, chissà allora a trent’anni, o più.
Il filo dei suoi pensieri fu intercorro da Carlo, che con
voce tonante, decretò: << Questi prigionieri sono rei di predizione e di
maestà, e verranno rinchiusi a Castel dell’Ovo fino a quando non decideremo una
punizione equa. >> Fissò i suoi occhi scuri in quelli limpidi e azzurri
di Konrad, infondendo in quello sguardo tutta la propria meschinità. << Così
è la vita, ragazzo. >> Disse tra i denti. Konrad sostenne il suo sguardo
finché non voltò il cavallo e uscì dalla piazza al galoppo, poi un gran numero
di guardie li prelevò, e chiuse in un carro ferrato. << Ora non c’è
proprio più niente da fare. >> Sospirò Federico, e non disse praticamente
più nulla.
***
Mese di Settembre
1268 – Castel dell’Ovo, Napoli
Federico e Konrad erano in cella insieme, mentre degli
altri baroni avevano perso la tracce, da quando li avevano sbattuti in quella
squallida cella.
<< Dietro le sbarre come due ladruncoli! >>
Sbottò Federico, dopo aver misurato a lunghi passi e per l’ennesima volta la loro
prigione. << Tu sei Re, e io sono Duca! Non ci possono chiudere qui dentro
a marcire! >> Konrad alzò la testa, perché per la prima volta Federico
sbandierava il suo titolo ad alta voce. Era veramente fuori di sé, così il
ragazzo provò ad infondergli un po’ della sua pacatezza. << Se noi
avessimo catturato l’Angioino, non lo avremmo trattato in modo diverso.
>>
<< Avrei dovuto ucciderlo quando era lì, di fronte
a me! Al diavolo la paura e i sensi di colpa! >> Sbraitò l’altro tornando
finalmente a sedersi accanto a Konrad. << Cosa ti fa stare così calmo?
>> Chiese dopo un po’. << Io sto impazzendo. >>
Konrad lo guardò tristemente. << Ormai non ho più
alcun dubbio sulla nostra sorte. Finiremo giustiziati davanti a tutti. Dobbiamo
solo aspettare che l’assemblea di Carlo decida quando. >>
Federico sbuffò. << Sei molto positivo. >>
<< Scusa se non mi metto a saltare dalla gioia, ma
penso a mia madre. >>
Federico si voltò a guardarlo, con sguardo colpevole.
Sulla ferita al viso di Konrad brillò una lacrima.
<< Lei ci aspetta ansiosa, e prega per noi. Questi
pensieri mi fanno soffrire. Almeno morirò nel giusto. Ha sofferto molto dopo la
mia scomunica, e ora il papa ha acconsentito a rimettermi in grembo alla Chiesa.
>>
Federico fece un sorriso tirato e mesto. << Tutto quello che si può, per un condannato a morte. >>
***
Ciaooo!!
allora, che ne dite di questo nuovo capitolo? chiedo scusa se è effettivamente un po' corto e con poca sostanza, ma purtroppo i capitoli transitori sono così... spero almeno di non avervi annoiati!
...e la prossima volta ci aspetta il gran finale!
grazie mille a Tracywelsh ed Hivy per le loro recensioni, siete sempre troppo buone!
alle prossima, ciaooo