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Autore: Sanya    02/10/2010    1 recensioni
Alice Cullen non riesce a ricordare nulla del suo passato. Vede solo uno spesso muro nero, quando ci pensa. Ma vi siete mai chiesti cosa c'era esattamente nel suo passato? Quali sono state le decisioni che l'hanno portata a finire in manicomio e ad essere trasformata in una vampira?
E poi, siamo davvero sicuri che il suo creatore rappresentasse per lei solo uno sconosciuto?
Capitoli in via di revisione. Work in Progress
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Eccomi Qui!

Sono abbastanza puntuale?? Bha, può essere xD

Scusate l'orario assurdo, ma ho dovuto pubblicare per forza visto che domani non sono in casa, causa compleanno di parenti -.-"

Comunque sia, DECIMO CAPITOLO *.* Fantastico!!! SOno quasi a metà!!!! Tranquilli, tranquilli tra poco l'agonia finirà xD

Bene, Bene, ovviamente ringrazio tutte le persone che hanno letto! Ragazzi, siete voi che fate andare avanti questa pazzia!

E ora, risposte alle recensioni:

Tempest_The_Avatar:Sono felice che il capitolo del Byron minaccioso ti sia piaciuto! Spero che anche questa versione da "non-proprio-bravo-ragazzo" sia di tuo gradimento! COntinua a seguire la mia storia in questo modo, mi fa davvero molto piacere ^^

Mafra:Carissima!! RIeccoci al nostro ormai solito appuntamento settimanale!!! COme ho detto per Tempest sono felice che questo Byron un po' diverso e non il classico sdolcinato ti piaccia! In questo capitolo l'ho fatto diventare un cattivo ragazzo *me si guarda la punta delle scarpe* ti piace anche così???? Speriamo! Per quanto riguarda la storia per il contest Non preoccuparti ^^!! Sono felicissima di aver partecipato e di essermi messa alla prova su una Bella/Jacob, essendo una Team Edward convinta è stao un lavoro ben faticoso!!!

Bhe, che dire ancora? Spero che il capitolo piaccia a tutti quelli che lo leggeranno!

Buona lettura ;)

CAPITOLO 10

Rimasi sulla porta d’ingresso a fissare il foglio ingiallito piegato a metà. Lo rigiravo tra le mani augurandomi che potesse riportare la serenità a quella famiglia distrutta dal dolore.

Quando il dottore aveva accettato di fare la ricetta, avevo visto negli occhi di Margaret una luce nuova. Mi era apparsa speranzosa, più viva rispetto al giorno prima. L’angoscia che le dipingeva le guance era sparita, rivelando una nota di tenacia inaspettata.

-È sicuro, signor Byron?- continuava a chiedermi.

-Certo, signora Brandon- rispondevo io, tranquillo. –Se è solo questo che posso fare per aiutarvi, lasciate che me ne occupi io-.

Lei si apriva nel più sincero dei sorrisi di ringraziamento. Quella luce, così simile a quella che vedevo negli occhi di Alice un tempo, le illuminava le guance, conferendomi il più speciale degli onori. Non capivo perché quella donna aveva così tanta fiducia nei miei confronti, infondo avrei dovuto incuterle timore, titubanza e invece si comportava come se fossi il più caro degli amici di famiglia.

Alzai la testa e guardai i passi del medico confondersi tra il manto di neve fresca che copriva il vialetto.

-Grazie, Byron- mormorò la signora Brandon, posandomi una mano sulla spalla. Il calore mi fece trasalire; sentivo la rete di capillari che attraversava la sua carte trapanarmi la pelle. Mi voltai verso di lei e incontrai il suo sguardo implorante: il sangue le affluiva alle guance conferendole un colorito appetitoso, i suoi occhi mi perforavano il cuore addormentato che mi ritrovavo nel petto.

Ecco da chi aveva preso di più Alice: i capelli le ricadevano allo stesso modo sulle spalle, lo stesso sguardo ammaliatore, gli stessi tratti abbozzati, ma, soprattutto, lo stesso sapore appetitoso.

“Avanti, mordila. È quello che vuoi. Forza” urlò la parte più debole di me.

Ero davvero capace di fare una cosa del genere? Di espormi così agli umani? Ma, soprattutto a distruggere la vita innocente della donna che aveva messo al mondo l’unica ragione per cambiare ciò che ero?

Scossi la testa, cercando di ritrovare la lucidità offuscata. Smisi di respirare e serrai le palpebre.

-Devo andare- biascicai, uscendo dalla porta con passo sostenuto.

Mentre percorrevo deciso il vialetto di casa Brandon, sbirciai due o tre volte verso la porta della grande casa: Margaret mi fissava, stranita dal mio comportamento e da quella reazione insensata. Era aggrappata alla porta, alla ricerca di una parola o di un comportamento che avesse potuto ferirmi a tal punto. La confusione nel suo sguardo perso era evidente.

-Non si preoccupi, signora Brandon. Ritornerò domani col medicinale che avete bisogno- esclamai abbastanza forte perché potesse sentirmi. Ripresi fiato e l’aria pungente di neve mi ripulì i polmoni.

La signora Brandon sorrise e mi fece un cenno di arrivederci con la mano.

La porta si chiuse sbattendo.

Mi voltai e mi diressi a passo sostenuto verso il cancello. Le mie scarpe scricchiolavano schiacciando la ghiaia e i piccoli cristalli di ghiaccio che si incastravano fra i piccoli ciottoli.

Infilai il piccolo foglietto nella tasca dei pantaloni e mi incamminai tranquillo verso ciò che avrebbe riportato Alice in salute.

La responsabilità che mi ritrovavo addosso era enorme: solo io potevo salvare la vita più importante di tutte per me e la chiave era racchiusa in quel medicinale, in quel misero foglietto.

Non era importante sapere come l’avrei procurata, l’importante era sapere che la soluzione c’era e che sarebbe arrivata. L’avremmo accolta come un temporale dopo un lungo periodo di siccità.

Perché l’estate sarebbe ritornata, ne ero più che certo. Bastava attendere ed essere capace di sopportare il freddo gelido dell’inverno. L’estate sarebbe ritornata e, con sé, avrebbe portato l’animo forte e unico di Alice.

 

 

La notte calò lenta e inesorabile. La luna cominciò a tingere d’argento i profili dei palazzi e a illuminare la neve che aveva impolverato le strade della piccola città.

Attendevo, come solo un predatore sa aspettare, che tutte le persone lasciassero la strada e si rifugiassero nelle loro calde e accoglienti case.

Stavo seduto immobile davanti alla piccola farmacia, fissando le bianche luci che illuminavano la vetrinetta. Non vedevo l’ora che la loro luce cominciasse a dissolversi nell’oscurità e nella polvere che copriva ogni singolo centimetro della vetrinetta.

Avevo passato tutto il pomeriggio a pensare a come procurarmi quell’elisir per la vita e non ero giunto a molte conclusioni fattibili. L’unica che mi sembrava  realizzabile era quella di intrufolarmi in farmacia e…rubarla.

Effettivamente non era molto giusto, di questo ne ero consapevole, ma il dovere di salvare Alice veniva prima di qualunque altra cosa.

Alzai di nuovo lo sguardo e notai che le lampadine si stavano oscurando lentamente. La farmacista, una donna sulla quarantina, uscì dalla porta principale, chiudendola a chiave.

Si infilò la chiave nella tasca del camice e mi incamminò verso casa, lasciandosi alle spalle una scia forte e definita di sangue fresco.

Il suo odore mi entrò nei polmoni e a quel punto tutto mi apparve sfuocato e lontano, come se non lo stessi vivendo veramente io.

Passarono dieci secondi da quando vidi la donna uscire dalla porta del negozio e ora me la ritrovavo tra le braccia esangue e con gli occhi vitrei ancora spalancati dal terrore. Non aveva sofferto, non avevo sentito nemmeno un urlo o un gorgoglio risuonare nel buio del vicoletto.

Perché l’avevo fatto? Perché avevo strappato via la vita di quella donna? Non sapevo rispondere. Sete? Possibile. Orgoglio? Probabile.

Solo dopo alcuni eterni secondi di domande senza risposta mi venne in mente della chiave che le appesantiva il camice. La tirai fuori e la nascosi nella tasca dei pantaloni, insieme al foglietto.

Abbandonai il suo corpo in un angolo nascosto di una vietta senza uscita.

Ritornai davanti alla porta del negozio polveroso. Feci girare la chiave all’interno della toppa per due o tre volte prima che sentii il cigolio delle giunture che annunciavano la porta aperta. Sentii il campanello sulla porta, avvertendo la mia entrata.

Varcai la soglia di soppiatto e mi diressi verso il lungo bancone ricolmo di ricette mediche e formule per medicinali d’erboristeria.

Mi guardai in giro, in cerca del luogo deve era custodite le medicine. Girai intorno al bancone e mi ritrovai davanti a un enorme armadio. Aprii uno dei tanti cassetti che riempivano la sua superficie, controllai il contenuto con il foglietto in mano in cerca della medicina dal nome impronunciabile.

Controllai altri cinque o sei cassetti prima di trovare quello che stavo cercando: un flacone di vetro trasparente attirò la mia attenzione, lo presi in mano e lessi la scritta rossa sull’etichetta bianca immacolata: il nome coincideva.

La felicità che in quel momento invase le mie viscere fu incontenibile: dovetti tapparmi la bocca con il palmo della mano per evitare di scoppiare in un urlo liberatorio.

Raccolsi in una busta alcuni flaconi e presi anche qualche confezione di pillole contro la febbre alta. Cercai anche un paio di siringhe sterilizzate.

Uscii dal negozio, chiusi la porta con tre mandate e posai la chiave sullo zerbino dell’ingresso.

Mi allontanai con la refurtiva tra le mani, deluso da me stesso, ma anche felice di aver raggiunto il mio scopo. Quello di fare tutto ciò serviva per salvare la vita di Alice.

**********

Non lo faccio mai per mancanza di tempo ma oggi mi voglio soffermare anche su questi ringraziamenti.

Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno messo la mia storia tra le preferite ELeMasenCUllen, LiTtLe_MissGiuly_ e Xversa.

Tutti quelli che hanno inserito la mia storia tra le seguite kloe2004, LadyRhoswen, LuNa1312, pikkola_puffetta, Tempest_The_Avatar e _Mary.

Questi dati non indicano un fattore di successo della mia storia ma sono molto felice che a qualcuno interessi davvero questa mia pazzia! Siete voi che mi fate andre avanti a scrivere e sapere che alcune persone mi seguono mi spinge a andare avanti! Grazie davvero!

Ringrazio anche i lettori silenziosi, sperando che la mia storia vi piaccia ^^

 

   
 
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