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Autore: Laura Sparrow    03/10/2010    4 recensioni
Terzo capitolo della saga di Caribbean Tales - Una volta qualcuno li aveva definiti "una razza in via d'estinzione". Ora Will poteva solo sperare con tutte le sue forze che quel tale, quella volta, stesse sbagliando di grosso.Le acque dei Caraibi si fanno burrascose, qualcosa comincia a cambiare. Forse solo Jack, come Pirata Nobile, può sfidare le forze che ancora una volta si muovono contro di loro, e accettare un'alleanza vitale quanto pericolosa. Nel frattempo Laura comincia a capire il prezzo del titolo di "Capitano", mentre per Will la stessa parola comincia ad avere il sapore di qualcosa di inevitabile...
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14
La resa dei conti



Quando capii che i nostri nemici avevano abboccato, mi precipitai sul ponte tirandomi dietro la lanterna traballante. Sudavo freddo. La cosa più importante era assicurarsi che non si accorgessero del fuoco, fino a quando non fosse stato troppo tardi per tornare indietro: sul ponte era stata srotolata una lunga fune di micce di cannone legate insieme, che portava dritta alla santabarbara. Era abbastanza sottile da bruciare con discrezione, e abbastanza lunga da permettermi di scappare in tempo, se fossi stata rapida.
L'esplosione avrebbe distrutto il ponte e buona parte della chiglia, investendo di fiamme e detriti la sventurata nave che le fosse passata accanto. Le assi spalmate di pece avrebbero preso fuoco, impedendo all'incendio di consumarsi in fretta.
Le navi erano entrate nella baia quasi in assoluto silenzio: udii giusto le voci lontane degli ufficiali che gridavano ordini, e il rumore provocato dal lento rollio delle imbarcazioni. Sembrava tutto tranquillo. C'era talmente buio e tanto silenzio che avremmo potuto essere soli.
Osservando le loro manovre, notai che si stavano posizionando ai due lati del relitto. Mica stupidi: avevano tutte le ragioni di temere un'imboscata, e se il relitto si fosse rivelato pieno di pirati pronti ad attaccare, loro avrebbero risposto con una doppia bordata, colpendo entrambi i lati della chiglia. Non avevo dubbi che i loro cannoni fossero stati caricati, e che gli artiglieri, là sotto, fossero allerta e pronti a fare fuoco. Quello che di certo non immaginavano era che avremmo usato il relitto stesso come arma contro di loro.
Agitai ancora una volta la lanterna, tanto per farli incuriosire ancora un po', poi presi un respiro profondo e mi inginocchiai sul ponte. Avevo atteso quel momento così a lungo, che i miei gesti divennero quasi meccanici: aprire la lanterna, sollevare la coda della miccia e tenerla sulla fiamma finché non si annerì e cominciò a scoppiettare. Era fatta. E ormai, comunque fosse andata, il mio tempo era scaduto.
Abbandonai la lanterna accanto alla miccia, che aveva preso fuoco con rapidità impressionante, e corsi verso la prua, protetta dalle tenebre. Vedevo già i profili delle due navi avvicinarsi a destra e a sinistra: sembravano correre per tagliarmi la strada.
Raggiunsi la tolda. Senza permettermi neppure di pensare a cosa stavo facendo, scavalcai la murata e mi aggrappai alle cime tese sotto il bompresso. Sotto di me, era un salto di circa quattro metri nell'acqua. Si poteva fare.
Mi dondolai e mi tuffai: impattai con l'acqua anche prima di quanto mi aspettassi, e affondai dritta come un fuso per qualche metro. Con poche bracciate tornai in superficie, dove mi concessi pochissimi secondi per prendere fiato. Le navi incombevano dietro di me. Tirai tre respiri frettolosi e poi uno profondo, per riempirmi i polmoni, poi mi tuffai di nuovo sott'acqua, rabbrividendo per il freddo, e nuotai il più velocemente possibile lontano dal relitto.
Là sotto perfino l'acqua era scura, e vedevo a malapena dove andavo: ero più o meno consapevole delle sagome imponenti delle tre chiglie alle mie spalle, mentre l'unico rumore che sentissi chiaramente era il battito forsennato del mio cuore. Ad un tratto mi sembrò di sentire l'acqua stessa vibrare, e un boato terrificante arrivò, anche se attutito, alle mie orecchie.
In quel momento feci l'errore di voltarmi a guardare indietro: vidi la chiglia del relitto scuotersi come se fosse viva, e la superficie si accese improvvisamente di luce gialla e rossastra. L'onda d'urto mi investì poco dopo, facendomi ribaltare su me stessa e scagliandomi lontano come se non pesassi niente: il contraccolpo mi fece perdere preziose bolle d'aria, ma soprattutto persi l'orientamento. Per un istante annaspai nel vuoto, presa dal panico e coi polmoni che bruciavano.
Per fortuna, c'era ancora il bagliore dell'esplosione a guidarmi: cenere e detriti si stavano riversando nell'acqua come una lenta e silenziosa valanga, e sulla superficie brillavano ancora le fiamme dell'incendio. Puntai le braccia verso l'alto, lasciandomi guidare; agitai le gambe e finalmente emersi, quasi soffocandomi nella fretta di respirare. Lassù, la notte si era improvvisamente illuminata: il relitto, o quel che ne rimaneva, bruciava di fiamme rossastre che ruggivano contro il cielo; l'esplosione aveva sfondato la chiglia, e ora gli alberi si frantumavano e cadevano a pezzi, gettando altri detriti infuocati sulle vani vicine. Ovunque risuonavano scoppi e urla. L'acqua in cui nuotavo sembrava diventata tutto ad un tratto più calda.
L'esplosione e il rollio delle navi ferite avevano sollevato delle onde, che ora mi travolgevano schiaffeggiandomi la faccia. Boccheggiai e lottai per restare a galla, mentre mi imponevo di continuare a nuotare nella direzione giusta.
Dietro di me risuonarono i primi colpi di cannone, e la luce delle fiamme svelò le sagome minacciose della Queen Anne's Revenge e del Curlew che, mettendo mano ai remi, si mossero rapide verso le due navi avversarie. Nella vampa luminosa di un cannone, ebbi una fugace visione di Trentacolpi sulla tolda della Queen Anne, che dirigeva tre piccoli cannoni alla volta, ridendo sguaiatamente. Ancora non riuscivo a vedere la Perla, per quanto fossi sicura di stare nuotando verso di essa.
Ad un tratto, solo poche braccia davanti a me, una scialuppa sembrò letteralmente comparire dal nulla, protetta dalla semioscurità: per un attimo ebbi un sussulto di paura e balzai indietro, preparandomi ad immergermi di nuovo... ma, l'istante dopo, la vampata di un cannone mi rivelò le facce dei due occupanti.
Come mi videro, Faith e Jack si sporsero per afferrarmi per le braccia e issarmi a bordo, mentre io ancora ansimavo e tossivo.
- A cosa devo il piacere?- gracchiai, con la gola piena d'acqua.
- Davvero credevi che ti avremmo lasciata sola, in acqua, senza neppure offrirti un passaggio?- replicò Faith, sogghignando. Jack mi buttò la sua giacca sulle spalle e si sedette dietro di me, approfittandone per stringermi la vita col braccio come se fosse stata una mera casualità. - Sarebbe stato quantomeno scortese da parte nostra, comprendi?- mi fece.
- Ben detto. - mormorai mentre tiravo il fiato, appoggiandomi a lui e voltando le spalle all'inferno che avevo lasciato dietro di me.

*

- Fuoco!- si sentì urlare nuovamente Barbanera. Una seconda bordata si abbatté sulla Florence, che era già stata distrutta per metà sul lato esposto all'esplosione. Le palle di cannone fracassarono alberi e vele, e sfondarono la chiglia. Fu chiaro fin da subito che quella nave era perduta.
Mentre la Queen Anne si avvicinava ancora di più, di sbieco, alla prua del galeone, tagliandogli ogni ritirata, ci fu una terza raffica e l'albero maestro della Florence crollò con un baccano spaventoso fra le urla della ciurma. Fu allora che gli uomini di Teach si prepararono all'abbordaggio.
L'Esperanza invece aveva avuto più fortuna: era stato solo per puro caso che l'esplosione si fosse scatenata con più violenza verso il galeone britannico. La nave spagnola, bruciacchiata e con la chiglia scorticata, riuscì ad eseguire una brusca manovra anche in quello spazio ristretto, per mostrare al Curlew la fiancata gremita di cannoni pronti al fuoco.
- Ora!- l'urlo di Anne sovrastò il fracasso, e una ventina di pirati agirono istantaneamente come un sol uomo. Mary Read diede fuoco alla miccia, e così fecero tutti gli altri cannonieri a distanza di soli pochissimi istanti l'uno dall'altro: la bordata esplose con tutta la sua violenza, investendo il galeone spagnolo, che beccheggiò sotto i colpi.
- Ricaricare, ricaricare! Non perdete tempo!- continuò a gridare Anne che, in piedi sulla murata, guardava dritta verso la fiancata della nave nemica. Quel che temeva accadde fin troppo in fretta: l'Esperanza rispose alla bordata con altrettanta potenza, e lei stessa dovette gettarsi a faccia in giù sul ponte mentre una palla di cannone ben piazzata faceva saltare parte del parapetto in una nuvola di schegge. Si rialzò l'istante dopo, spazzandosi via la polvere di dosso come se non fosse successo nulla. - Ricaricare, figli di puttana! Svelti!-
Un'altra voce, molto più tranquilla, si sovrappose alla sua. - Barra a babordo!- ordinò Rackham dalla sua postazione in cima al cassero di poppa. Il timoniere esitò solo per un secondo, sorpreso dalla richiesta, ma poi eseguì senza fiatare.
Anne si guardò attorno, sbigottita. Stavano virando. Ma era assurdo, così avrebbero offerto agli spagnoli tutto il loro punto morto, senza contare la poppa.
Sottocoperta, con la guancia premuta contro il metallo freddo del cannone e un occhio che si affacciava dal portello, Mary imprecò. La nave aveva improvvisamente virato, facendole perdere completamente la mira verso la fiancata avversaria.
- Che diavolo stai facendo, Calico?- gridò Anne, correndo lungo tutto il ponte fino a fermarsi sotto il cassero di poppa. Rackham abbassò per un attimo lo sguardo per scrutarla con uno sguardo quasi di scusa, quindi si strinse nelle spalle senza aggiungere nulla: il Curlew terminò la sua brusca virata, dirigendo la sua prua prima verso la Perla che presidiava l'uscita dalla baia, poi verso quello stretto passaggio, quella porta per il mare aperto. E i rematori cominciarono a darci dentro.
- Stiamo scappando!- strillò Anne, senza più riuscire a controllarsi. - Dio Cristo, Calico, non puoi volerlo fare davvero!-
- Faccio il nostro interesse, come tutti. - replicò il capitano, senza traccia del minimo rimorso. Anne urlò, imprecò, e si gettò di corsa su per le scalette del cassero impugnando la pistola; quando la puntò contro Calico, però, il pirata la stava a sua volta minacciando con le sue, una in ogni mano. I due rimasero per un lunghissimo istante a fissarsi; Rackham immobile e dal volto imperscrutabile, Anne quasi ringhiando, col dito che fremeva sul grilletto.
- Non fare la stupida, Anne. - la riprese il capitano, con una durezza insolita nella voce. - Non farlo. Non conviene a nessuno, e non migliorerai le cose se finiamo entrambi stecchiti sul ponte, adesso. -
- Probabilmente. Ma, Dio, se mi piacerebbe farlo. -
- Metti giù la pistola. - Rackham fece scattare il cane di entrambe le sue armi. - Fallo subito, e dimenticherò questo piccolo inconveniente. Altrimenti dovrò metterti ai ferri per insubordinazione e, credimi, non ti piacerebbe neanche un po'. Muoviti. -
Ringhiando tutti gli insulti che conosceva, Anne abbassò la mano e infine lasciò cadere la pistola sul ponte, con Rackham che seguiva da vicino le sue mosse. Doveva scegliere il minore dei mali, e, a malincuore, doveva dire che anche in questo caso, l'unica colpa del suo capitano era quella di essere un codardo e un bugiardo. Due cose che la mandavano in bestia, ma contro le quali non poteva fare nulla.
Per ora.

*

Subito, le manovre del Curlew mi parvero azzardate, poi incomprensibili. Poi, con una fitta di panico, compresi perfettamente, e affondai le unghie nel legno del parapetto.
- Sta scappando... - balbettai, così incredula da riuscire a malapena a parlare. Jack, infatti, non capì subito che cosa avessi detto, e dovetti ripeterlo e indicare, sbigottita, la nave che avanzava, perché capisse cosa stava succedendo. - Sta scappando! Non ci credo... No! Quel... piccolo... stronzo... vigliacco... vuole uscire dalla baia, sta scappando!-
Jack si precipitò a guardare dal parapetto: come si accorse di quanto avevo visto rimase immobile, come paralizzato, il viso tirato in una smorfia incredula e la lingua stretta tra i denti. Il suo silenzio e la sua espressione mi dissero esattamente tutto quello che non si lasciò sfuggire.
Il Curlew ci sfilò davanti: stava succedendo tutto fin troppo rapidamente, eppure mi sembrava di osservare tutto con lentezza, in ogni singolo, disarmante dettaglio. La nave che prendeva velocità, sospinta dai remi. Le grida di protesta dei cannonieri sottocoperta. Uno squarcio del viso di Rackham nella luce giallastra di una lampada, immobile e tronfio in cima al cassero di poppa. Il volto di Anne Bonny, poco lontana da lui, che mi balenò davanti per un rapidissimo momento prima di sparire; ma nel viso della donna dai capelli neri mi sembrò di vedere riflesso esattamente quello che provavo io: sbigottimento e rabbia. Mi sembrò perfino che ricambiasse il mio sguardo, per un attimo.
Il brigantino guadagnava terreno rapidamente, passandoci davanti quasi in gesto di scherno, e avvicinandosi sempre di più all'uscita. Scambiai un rapido sguardo smarrito con Jack.
- Potremmo... - azzardai, accennando ai cannoni.
- ...prenderli a cannonate per impedirgli di scappare? Potremmo, ma a che scopo?- Jack scrollò le spalle, guardando preoccupato oltre la murata. - Inoltre, non sono loro il nostro problema. Rackham ci ha fatto proprio un gran bello scherzo a scappare dietro di noi... considerando il fatto che, in teoria, noi siamo qua a difesa dell'unica via d'uscita. -
Alzai gli occhi, e capii a cosa si riferisse: l'Esperanza, che si era lanciata all'inseguimento di Rackham, sembrava decisa a guadagnarsi l'uscita dalla baia almeno quanto lui... e stava puntando tutti i suoi cannoni proprio su di noi, che in quel momento le intralciavamo il passaggio. Per un lunghissimo momento rimasi a fissare le bocche dei cannoni ad occhi sgranati, paralizzata dalla paura, e quando mi voltai verso Jack vidi riflessa la mia stessa espressione.
- Ci sarà un modo per dire “passate pure, non intendiamo fermarvi”?- commentò lui, alzando le sopracciglia con aria rassegnata. L'istante dopo, una cannonata partì dall'Esperanza, e la palla di metallo andò a sfondare il parapetto a pochi passi da noi due: la detonazione mi scaraventò a terra, le schegge di legno esplosero tutt'attorno; sentii il dolore di alcune di esse che mi si conficcavano nella pelle del braccio.
Sul ponte nemico, alcuni soldati imbracciarono i fucili e cominciarono a sparare fra le vele: uno dei nostri pirati urlò e precipitò, cadendo sul ponte. Ebbi una fugace visione di Jonathan, diverse braccia sopra di me, che si dondolava fra le sartie come un'ombra: il giovane sparò, e uno dei cecchini spagnoli piombò a terra con un foro nel petto.
- Rispondete al fuoco!- gridai, mentre mi rialzavo: mi presi giusto pochi secondi per tirare su la manica della camicia e scoprire il braccio sinistro; sanguinavo, ma non sembrava niente di grave. L'Esperanza era ormai talmente vicina che potevamo guardarne in faccia la ciurma. I miei pirati corsero verso il parapetto imbracciando pistole e fucili, e non ebbero bisogno di alcun segnale per sparare una raffica di colpi dritti contro il ponte della nave spagnola: la loro carica fu seguita un attimo più tardi dal boato dei nostri cannoni. Eravamo a distanza abbastanza ravvicinata da causare dei seri danni, e mi sentii riempire di cupa soddisfazione quando vidi chiglia e murata dell'Esperanza fracassarsi in diversi punti.
Nel frattempo, però, anche gli spagnoli erano tornati all'attacco. I soldati spuntarono da dietro il parapetto con le baionette spianate, pronti a fare fuoco di nuovo: in quel momento Jack mi agguantò per una spalla e mi fece abbassare dietro la murata. - Tutti giù!- gridò ai pirati assiepati sul ponte.
Tutti eseguirono senza discutere, buttandosi carponi sul ponte: chi era vicino al parapetto ne approfittò per sporgersi quel tanto che bastava a prendere la mira, e rispose alle fucilate degli spagnoli. Jack mi tenne ferma al suo fianco, con gli occhi puntati verso gli alberi, l'unica cosa che da lì riuscivamo a scorgere della nave nemica. - E ora, speriamo che gli sia bastato. -
Capii cosa intendesse dire quando vidi la nave cominciare a sorpassarci. Gli spagnoli non avevano smesso di sparare, ma si stavano solo coprendo la ritirata: sembravano del tutto intenzionati ad uscire dalla baia e inseguire Rackham, piuttosto che restare a combattere contro di noi.
In quel momento risuonò un boato dal centro della baia, e una palla di cannone filò dritta verso l'Esperanza, tranciando le sartie e colpendo in pieno la gabbia di mezzana: il pennone si spezzò in due e precipitò, trascinandosi dietro un groviglio di funi e vele; l'albero scricchiolò e si piegò da una parte. Le grida di allarme degli spagnoli si mescolarono a quelle di stupore provenienti dalla nostra ciurma: era stato un colpo da maestro, e non era arrivato da noi. Mi voltai verso la baia: la Queen Anne era ancora accanto ai resti fumanti del Neptune e della Florence, solo che aveva virato e ora ne guardavo la prua. Sulla tolda, fui sicura di vedere Trentacolpi che sghignazzava come un pazzo dietro ai suoi cannoni girevoli.
Pur con un albero spezzato, l'Esperanza non indugiò oltre e proseguì dritta sulla sua rotta, acquistando velocità man mano che si avvicinava all'imboccatura della baia: noi non facemmo altro per fermarla, e in pochi attimi la vedemmo guadagnarsi l'uscita e la libertà.
Era fatta. Stentavo a crederlo: le cose non erano andate esattamente secondo i piani, eppure il Neptune era un relitto fumante, la Florence era stata presa e il suo equipaggio massacrato, mentre Rackham e i suoi inseguitori spagnoli si erano dileguati. Tutto era finito.
Non arrivavano più urla dalla Florence, se non quelle vittoriose dei pirati di Barbanera che buttavano in acqua i corpi dei nemici. Io e Jack ci rialzammo lentamente, ed io mi guardai attorno, trovandomi davanti una schiera di visi che mi fissavano dall'oscurità. Prima dello scontro a fuoco era stata accesa qualche lampada, perché i pirati sul ponte potessero muoversi liberamente: nella luce irreale scrutai le facce dei pirati che si guardavano attorni, confusi, sollevati, come se il pensiero che il pericolo fosse finalmente passato fosse troppo incredibile per loro.
Mi schiarii la gola e mi feci avanti, facendo ricadere la manica sul braccio graffiato dalle schegge. - Signori... direi che abbiamo vinto!-
Qua e là si fece sentire qualche timida risata, poi finalmente gli uomini cominciarono ad agitare in aria le armi, a gridare vittoria come si deve, e in poco tempo l'intera ciurma stava esultando, sollevata e finalmente libera.

*

Mentre i pirati festeggiavano a modo loro, Jack mi fece cenno di seguirlo: salimmo sul cassero di poppa, e pochi istanti dopo -neanche avessimo indetto ufficialmente un raduno- fummo raggiunti prima da Gibbs, poi da Faith ed Ettore, infine arrivò anche Will, seguito non da Elizabeth -che era scesa sottocoperta a recuperare David- ma dal gigante dalla testa mostruosa che si era portato dietro.
Non avevo avuto tempo di guardarlo con attenzione, prima, durante tutti i frettolosi preparativi per la battaglia: inoltre, Will lo aveva fatto salire a bordo della Perla e lo aveva mandato sottocoperta, per evitare che gli succedesse qualcosa durante la battaglia. Sospettavo che lo avesse fatto anche perché temeva che la sua presenza a bordo potesse causare scompiglio, e non era stata poi una cattiva idea. Quando tutti quanti ci riunimmo in cerchio sul cassero alla luce delle due grosse lanterne, mi accorsi di starlo fissando con fin troppa insistenza, ma non potevo proprio farne a meno.
Tutto il suo viso assomigliava ad una forma di pane mal lievitata, con protuberanze carnose che sbucavano fuori dalla sua fronte e dalle guance, deturpandone i lineamenti. Doveva anche avere una gobba, o qualcosa di simile: Will gli aveva procurato una camicia, ma quella sporgenza ossea sulla schiena e le spalle esageratamente larghe tiravano la stoffa, tanto che non c'era modo di chiuderla, e la portava aperta sul petto.
In quel momento il gigante ricambiò il mio sguardo: il peso della malformazione gli faceva piegare la testa, così ebbi la sensazione che mi stesse guardando storto. Ma non era così. Mi scrutava con la stessa curiosità con la quale io osservavo lui, e vidi una tale ingenua lucidità in quello sguardo che ne rimasi quasi turbata.
- Eravamo d'accordo che lo avresti tenuto al sicuro. - disse Jack a Will ad un tratto, in tono di disapprovazione.
- L'ho fatto!- replicò lui. - La battaglia è finita adesso, no?-
- Sì, ma non so quanto sia saggio nemmeno tenerlo troppo tempo sotto gli occhi della ciurma. - ribatté il capitano, guardandosi rapidamente attorno. - Va tutto bene, Ogro?-
- Bene. - il gigante sorrise mentre lo diceva, e annuì con la grossa testa. Guardò di nuovo verso di me, e in quel momento fui certa che cercasse di rivolgermi uno sguardo amichevole.
- Non c'è stato tempo per le presentazioni, ma, ebbene, questo è il famoso Ogro. - fece Jack, allungando un braccio verso il gigante. - Viaggerà con noi, grazie al volenteroso William che ha acconsentito a prendersi cura di lui durante tutto il viaggio. Ma ora veniamo a noi... al momento, temo, c'è ben poco da festeggiare, mi spiego?-
- Eccome, capitano. - rispose Gibbs, cupo in volto. - La Perla ha subito danni, e dobbiamo ripararli il prima possibile. Inoltre, ci sono i feriti che hanno bisogno di cure, e... diciamo che non tira una bella aria qui, con gli ultimi avvenimenti. E' necessario attraccare e sistemare quello che possiamo, e poi suggerisco di salpare al più presto possibile!-
Jack annuì, agitando una mano con fare distratto: stava fissando il relitto ancora fumante, ed era evidente che aveva tutt'altro per la testa. - Suggerimento più che accolto, signor Gibbs. Di quanto tempo abbiamo bisogno?-
- Al massimo fino all'alba, se cominciamo subito. -
- Benissimo. Avvisate tutta la ciurma che non si dormirà, stanotte: ci mettiamo al lavoro subito. - disse, rivolto a Faith ed Ettore. Una volta sciolta la nostra piccola assemblea, io feci per seguire gli altri che già stavano scendendo le scale del cassero: Jack però mi fermò agguantandomi per il dietro della camicia, e tirandomi verso di sé. Senza una parola, sollevò delicatamente la mia manica sinistra, scoprendomi il braccio. Il sangue si era seccato in rivoli sottili, ma aveva smesso di scorrere: c'era ancora qualche scheggia conficcata sottopelle.
- Tu, prima di tutto, chiedi a Faith di dare un'occhiata a questo braccio. Ti fa male?-
- Non molto. - risposi sinceramente. Jack mi lasciò andare e mi squadrò per un momento con espressione indecifrabile, infine sospirò con disapprovazione. - Maledetta stupida pazza avventata. -
- Maledetto stupido pirata ingrato. - replicai, offesa. Lui soffocò una risatina, poi ad un tratto si sporse verso di me come se volesse abbracciarmi, ma non lo fece: si limitò ad accostarsi al mio orecchio per bisbigliarmi: - Hai diritto ad una pausa. Sei stata molto brava, oggi. -
Si tirò indietro prima che potessi rispondere, e si accomiatò con un sorriso per poi voltarmi le spalle e raggiungere Gibbs, che ancora blaterava di riparazioni e danni. Un pochino ci rimasi male: ero stanca, provata, e riuscivo a stento a credere che fossimo usciti tutti quanti vivi da quella vicenda; e lui sapeva bene quanto avessi bisogno di averlo vicino in momenti del genere. Purtroppo, la verità era che non avevamo più un briciolo di tempo, e pareva proprio che ci saremmo potuti concedere di tirare il fiato solo quando avessimo lasciato quella maledetta isola una volta per tutte.

*

Sottocoperta, nell'infermeria, si spruzzava dell'aceto per disinfettare l'ambiente: l'odore copriva anche quello del sangue. I feriti stavano distesi nelle loro amache: solo pochi erano in gravi condizioni, come i sopravvissuti all'assedio sulla spiaggia; altri erano rimasti feriti durante gli ultimi scontri, ma erano lì solo in convalescenza.
Valerie aveva il braccio destro immobilizzato da due stecche di legno, e fasciato strettamente attorno al collo: l'osso era fratturato, ma sarebbe guarito in alcune settimane.
- Come stai?- le chiesi mentre mi avvicinavo alla sua amaca; io avevo una fasciatura che mi ricopriva tutto il braccio sinistro, ma riuscivo a muoverlo senza problemi.
- Un po' fasciata, come puoi vedere. - rispose lei in tono vivace, scrollando le spalle. - Ma non mi lamento. Là fuori com'è finita?-
- Un disastro per certi versi, un successo per altri. Rackham è scappato, e con lui gli spagnoli. Barbanera invece ha affondato il secondo galeone inglese. Credo che nessuno ci infastidirà per molto tempo. -
La giovane annuì, quindi si sistemò più comodamente sull'amaca. - E adesso, cosa abbiamo intenzione di fare?-
- La Perla è danneggiata, e credo che anche la Queen Anne abbia subito qualche danno: sono ormeggiati di fianco a noi da ore. Dovremo aspettare fino all'alba per salpare. -
- Capisco... e dai galeoni, è stato possibile recuperare qualcosa?-
Quasi risi: con tutto quel che era successo, l'eventuale bottino era stata l'ultima cosa a cui avrei pensato. - Da due carcasse? Figurati, quasi ogni cosa è andata distrutta. Qualche barile intero, un po' di carico... nient'altro. -
Valerie annuì, meditabonda. - E' la fine dell'alleanza, immagino. -
- Già... -

*

Camminavo di nuovo lungo la riva, con gli stivali che affondavano nell'acqua.
Le nuvole si stavano diradando, e anche il cielo scuro cominciava a rischiararsi di una tenue luce azzurrina che precedeva l'alba. Anche nella baia l'oscurità andava affievolendosi, e sull'acqua spiccavano nitide le figure dei due galeoni mezzi distrutti, lasciati a galleggiare in mezzo ai propri detriti. La Perla e la Queen Anne's Revenge erano ormeggiate a pochi metri dalla riva: da una parte e dall'altra, entrambe le ciurme avevano lavorato senza sosta per ore per sanare le loro ferite e prepararle a salpare di nuovo.
I primi raggi del sole si affacciarono nella baia, facendo scintillare l'acqua. Fu grazie ad essi che notai la chiazza più scura portava sul bagnasciuga dalla marea: qua e là c'erano grumi di liquido rosso scuro che si mescolavano alla spuma. Sangue.
Trattenni il respiro quando mi trovai a camminarvi proprio in mezzo: era il sangue di tutti gli uomini che erano stati uccisi quella notte a bordo della Florence; anche se diluito in litri e litri di acqua salata non aveva perso il suo colore, e intrise i miei stivali.
Tornai rapidamente all'asciutto, strofinando i piedi sulla sabbia.
Risalii la spiaggia fino a costeggiare il boschetto che la circondava: mi domandavo se Praho e la sua gente avessero assistito a tutta la battaglia, da dietro gli alberi, o se ad un certo punto se ne fossero tornati al loro villaggio, silenziosi come erano arrivati. Tutto sommato, le cose per loro erano andate bene: si erano liberati di Ogro e di una minaccia, e presto si sarebbero liberati anche dalla nostra presenza. Tuttavia non potevo non essere loro almeno un po' riconoscente: ci avevano aiutati, a modo loro, e non avremmo avuto la nostra arma finale senza il loro intervento. O quello di Jack. O un po' di entrambi.
Ero ancora persa nei miei pensieri, quando udii uno scricchiolio di rami spezzati alle mie spalle. Non ebbi neppure il tempo di voltarmi, che qualcuno mi afferrò da dietro, bruscamente, cogliendomi totalmente alla sprovvista.
Braccia robuste mi abbrancarono per la vita, togliendomi il fiato, e mi strattonarono all'indietro: cercai di gridare, ma una mano callosa mi agguantò la faccia, coprendomi la bocca e affondandomi le unghie nelle guance. Il mio aggressore indietreggiò rapidamente in mezzo alla vegetazione, trascinandomi con sé come se fossi stata un sacco; gridai a vuoto e mi divincolai come una furia, cercando al tempo stesso di vedere in faccia il mio avversario... ma capii improvvisamente di chi si trattava appena fiutai la familiare puzza di bruciato e sentii la sua voce ringhiare: - Avanti, fammi vedere quanto sei valorosa adesso!-
Barbanera mi sollevò di peso e mi scaraventò brutalmente per terra: caddi di schiena, atterrando su un groviglio di radici. Cercai subito di togliermi da lì, ma come una furia lui mi piombò addosso e mi afferrò un polso.
- Zitta, troietta... zitta, ho detto!- mi cacciò di nuovo la sua mano in faccia, chiudendomi la bocca. Io lo morsi selvaggiamente, scrollando il capo da sinistra a destra, e con la mano libera gli graffiai la faccia, ficcandogli le dita negli occhi.
- Lasciami!- urlai con tutto il fiato che avevo in corpo, dimenandomi come una furia. Riuscii a sferrargli un calcio all'inguine, e lui reagì tirandomi un pugno alla mascella: crollai di lato, sentendomi bruciare tutta la faccia, e lui ne approfittò per serrarmi le mani attorno alla gola. Mi strinse il collo così forte che credetti che me l'avrebbe spezzato.
- Non faccio niente per niente!- ruggì, fissandomi, coi tizzoni di barba ardente che dondolavano terribili attorno alla sua faccia spiritata. - Anche la vostra stupida alleanza... che cosa ci abbiamo guadagnato? Te lo dico io; niente! Credevate di cambiare qualcosa? Credevate di essere più forti solo perché avevate qualcuno a pararvi il culo? No, stupida... Calico è stato il primo a tagliare la corda, appena ha visto che non poteva più nascondersi. -
- Questo lo so!- ringhiai, col fiato corto: Barbanera mi immobilizzava completamente col suo peso, e continuava a stringermi la gola, soffocandomi. Gli affondai le unghie nelle mani, cercai perfino di torcergli i mignoli all'indietro, ma niente sembrava poter spezzare la sua stretta. - ...Che cosa vuoi?!-
C'era qualcuno. C'era qualcun altro dietro di lui. Non avevo idea di chi fosse, ma c'era qualcuno.
Barbanera emise un rabbioso suono gutturale. - Li conosco, quelli come Calico e come il tuo Sparrow. Voi non sapete niente, niente! Tutti voi avete cercato di fregare me... avete davvero pensato di poter fare fesso me, figli di puttana!-
- Non siamo stati noi a scappare all'ultimo momento!... - non respiravo. Trovai la forza di sferrargli un pugno in faccia, e Teach sussultò quel poco che bastava a fargli allentare di pochissimo la presa: quello che bastava a me per tirare un respiro rantolante.
Era il vecchio, quello alle spalle di Barbanera: Trentacolpi era emerso dalla boscaglia e ci stava guardando con espressione strana. - Capitano?- fece, in tono sorpreso. - Capitano, dobbiamo andarcene da qui... -
- Sta zitto!- Barbanera non lo ascoltò, e mi sollevò per poi sbattermi di nuovo la testa per terra. Emisi un guaito di dolore, e lui si chinò su di me, soffiandomi in faccia il suo alito pestilenziale.
- Non fare l'innocentina, stupida vacca. Il lavoro sporco l'ho fatto io. A chi spettano le ricompense lo decido io. Il vostro bel piano ci ha lasciati tutti con un pugno di cenere in mano, razza di idioti... Vediamo se riesco a ficcare in testa a Sparrow che cosa succede a fare il furbo con me. -
Ecco cos'era. Uno smacco personale. A Teach non era andato giù il nostro piano, così come non aveva tollerato il tradimento di Rackham: lo avevano toccato nell'orgoglio, e ora la vendetta sarebbe ricaduta su Jack. Rantolai di nuovo, con le dita del pirata che sembravano volermi scavare la pelle del collo.
Io ero lo scotto da pagare. Barbanera aveva già deciso che io sarei stata il suo smacco personale per Jack, tanto per ricambiare il trattamento subito.
Annaspai con le mani verso la mia cintura, dove da qualche parte doveva ancora esserci la pistola: Barbanera però mi teneva le ginocchia sulle costole, impedendomi di raggiungere la mia arma.
- Non ci provare. - soffiò. - Se stai zitta, potrei anche lasciarti vivere, dopo. -
- Capitano, non c'è tempo. Lasciatela qui. Dobbiamo andare!- era Trentacolpi che ancora protestava. Dio, se fossi stata abbastanza vicina da riuscire ad impossessarmi di una sola di quelle dannate pistole che si portava addosso!
- Ho detto zitto!- urlò Teach.
C'era qualcos'altro, però, che si stava muovendo verso di noi: tra i miei rantoli e le minacce di Barbanera, nessuno si era accorto dei passi pesanti che si avvicinavano. Nemmeno io me ne accorsi, fino a quando non vidi Teach sollevare di scatto lo sguardo verso un punto imprecisato davanti a lui; l'espressione di paura che gli vidi negli occhi mi stupì così tanto che perfino io reclinai furiosamente il capo all'indietro, cercando di vedere cosa stesse accadendo.
- Che cazzo hai da guardare?!- gridò il capitano, ma la voce tradiva la sua paura. A neanche un passo da noi, nell'ombra del fogliame, si stagliava la figura massiccia di Ogro.
Sentii il cuore balzarmi fino in gola, e allungai un braccio verso di lui in una disperata richiesta di aiuto. Ogro guardò me con gli occhi spalancati, poi fissò Teach.
- Trentacolpi, sparagli!- ringhiò Barbanera, voltandosi freneticamente a guardare prima il suo compare, poi il gigante che incombeva su di lui. Il vecchio non fece una piega, osservando tutta la scena come se la trovasse estremamente interessante.
- Sparagli! Tu, brutto figlio di puttana... - non potendo più fare affidamento sul suo complice, il capitano lasciò la presa su di me, portandosi precipitosamente le mani alla bandoliera per afferrare le sue pistole. Ne approfittai per dargli uno spintone sul petto con tutte le mie forze; nello stesso istante Ogro emise una specie di muggito, e in un attimo vidi quella deforme massa di muscoli piombarmi addosso. Ma non stava mirando a me: il gigante si buttò addosso a Barbanera, scavalcandomi di slancio e rotolando a terra insieme a lui.
Si levarono urla orribili mentre i due lottavano corpo a corpo, con violenza inaudita: credevo che Ogro fosse abbastanza grosso da potere avere la meglio su qualsiasi uomo in pochi secondi; Barbanera invece oppose una strenua resistenza, respingendo le braccia che cercavano di strangolarlo e tempestando di pugni la sua faccia tumefatta. Vidi il sangue schizzare sulle escrescenze ossee della testa di Ogro, e il gigante cacciò un ululato di dolore.
Mi rialzai di scatto, gridando per puro istinto: avevo ancora la gola in fiamme, e il mio urlo uscì rauco e doloroso. Afferrai la pistola, ma non osavo sparare: Ogro e Barbanera lottavano a terra senza sosta, avvinghiati come bestie, rotolando, colpendosi con calci e pugni; in ogni momento avrei potuto colpire quello sbagliato.
Risuonò uno sparo, vicinissimo, seguito dal gemito sofferente di Ogro, che fu percosso da un tremito terribile e cadde al suolo di schiena. Barbanera era a terra, con le braccia raccolte contro al petto, stringendo la sua pistola fumante.
- No!- urlai, incespicando in avanti, riuscendo a malapena a reggere la pistola nella mano, che aveva preso a tremarmi furiosamente. Teach si voltò a guardarmi, e nei suoi occhi c'era una tale furia che mai avevo visto sulla faccia di un uomo prima di allora. Si rialzò goffamente, con le nocche bianche e ammaccate, e rivoli di sangue che gli colavano dalle labbra impiastricciando la barba irsuta: mi venne incontro con lentezza terribile, puntando contro di me l'altra arma ancora carica.
In quel momento non ebbi il minimo dubbio: mi avrebbe uccisa in quello stesso istante, proprio come aveva fatto con Ogro.
Prima che potesse fare un altro passo, però, ci fu un secondo sparo, stavolta dietro di me: Barbanera emise un grido strozzato ed entrambe le pistole gli caddero di mano, mentre il proiettile gli perforava la spalla sollevando uno spruzzo di sangue che gli schizzò in faccia.
Mi voltai di scatto, e fu con immenso sollievo che dietro di me vidi schierati i pirati della Perla Nera che accorrevano dalla spiaggia, richiamati dalle grida e dagli spari: davanti a loro, a soli pochi passi da me, c'era Jack, immobile come una statua, col braccio ancora teso e la canna della pistola che fumava. Sul volto aveva un'espressione mai vista prima: il viso rigido, terribilmente impassibile, ma negli occhi bruciava una tale, mortale collera, che lì per lì ne ebbi quasi paura.
Fu come se tutti avessero trattenuto il respiro per un lunghissimo istante, poi Ettore si lanciò davanti a tutti con un ruggito di rabbia, abbrancò Barbanera alla vita e lo sbatté per terra: il resto della ciurma si affrettò a seguire il suo esempio, circondando il capitano e tenendolo sotto il tiro delle pistole. Minacciarono anche Trentacolpi, ma quello si limitò ad alzare docilmente le mani, senza fare neppure un gesto verso le sue numerose armi.
C'era Will alle spalle di Jack, e per qualche momento sembrò essersi paralizzato come lui. Jack si mosse con lentezza inquietante quando abbassò la pistola, poi però venne accanto a me e mi prese per le spalle con fare quasi spaventato, come se temesse che potessi spezzarmi da un momento all'altro.
- Stai bene?- mi fece, con un tono tale che quasi non riconobbi la sua voce.
- Sì... - risposi, riacquistando poco a poco il controllo: gli ultimi istanti mi avevano letteralmente paralizzata dalla paura, e mi stavo riprendendo solo ora. - Ogro... ha sparato a Ogro!-
Jack seguì la direzione del mio sguardo, e lo stesso fece Will: quando vide il grosso corpo riverso tra le frasche, quest'ultimo sbarrò gli occhi. Insieme ci avvicinammo, e ci inginocchiammo accanto a lui. Jack allungò una mano a toccare la sua testa e, per mia grande sorpresa, vidi il gigante sussultare e sbarrare gli occhi, emettendo un grugnito lamentoso.
- Vecchio mio, sei ancora tra noi?!-
- Sì... - sbuffò Ogro, puntellandosi col gomito e rialzandosi con sorprendente prontezza: la sua camicia era macchiata di sangue sul fianco, dove il proiettile lo aveva colpito. Il gigante tastò distrattamente la parte ferita, limitandosi a digrignare i denti per il dolore. Ma era ancora vivo.
- Dio, non posso crederci... - mormorò Will, riprendendo a respirare. Ogro si voltò verso di lui sfoderando un sorriso soddisfatto, e agitò vagamente una mano in segno di saluto. - Ci sono, Wii-liam. -
- Ogro, tu sei una benedizione, lo sai?- sbottò Jack, che sembrava quasi sopraffatto dal sollievo: dopo aver dato un'altra occhiata a me per sincerarsi che stessi bene, si rialzò di scatto e si diresse a grandi passi verso Barbanera, ancora trattenuto a forza da Ettore. Gli si accosto, quindi lo prese per il bavero della giacca perché lo guardasse in faccia. - Cosa diavolo credevi di fare?!-
Barbanera fece una risata orribile, sadica. - Non lo immagini neanche, Sparrow?- replicò, accennando a me con la testa. Jack strinse le dita sul colletto della sua giacca come se volesse strozzarlo e, ad un palmo dalla sua faccia, sibilò: - Lei non la tocchi, hai capito? Tu, razza di sporca verruca a forma di capitano, viscido, dannato, rognoso pezzo di traditore...!-
Cominciò a voce bassa e finì quasi urlando, dando un'ultima scrollata a Teach prima di lasciarlo andare con espressione disgustata: sembrava fuori di sé. Barbanera invece lo fissava con scherno, mettendo in mostra i denti nerastri. - Tu prova solo ad uccidermi, Jack. C'è la mia ciurma, laggiù, e lascia che ti dica che non sono contenti di come sono andate le cose: aspettano solo il più piccolo pretesto, la minima scusa per potere accoppare anche te e la tua ciurma di smidollati. -
- E se non ti uccido, ci penserai tu comunque a sguinzagliarci addosso tutta la tua ciurma. -
- Parli come se credessi di meritare un trattamento migliore. -
- Io non ho tradito nessuno di voi, né te né Rackham!- scattò Jack, puntandogli addosso un dito. - Il mio aiuto l'ho dato, e non me ne importa niente se non era quello che pretendevate. Ma né io né un solo uomo della mia ciurma siamo scappati, né abbiamo fatto del male ad uno qualunque di voi. E comincio ad averne abbastanza. Davvero abbastanza. -
La sua mano fremeva sul calcio della pistola. Fu Ettore, che continuava a tenere immobilizzato Barbanera, a guardarlo negli occhi e fare un brusco cenno di diniego col capo.
- No, Jack. - disse in tono fermo. - Ha ragione. Se uccidiamo lui, garantiamo un massacro: i suoi uomini non ce la faranno passare liscia, si aggrapperanno a qualsiasi cosa pur di mettersi contro di noi. -
- Se lo teniamo in ostaggio, ci attaccheranno lo stesso. - replicò Jack, impassibile, muovendo due passi lenti verso di lui con la pistola puntata. - Non importa, posso anche dargli un colpo in testa e lasciarlo qui. Che vengano pure a cercarlo poi i suoi uomini, noi saremo già lontani quando lo troveranno... -
Uno scatto metallico, quasi impercettibile. Per un istante nemmeno mi chiesi da dove venisse, poi, solo allora, mi resi conto che la mano destra di Barbanera si era infilata sotto la sua giacca, per quanto Ettore cercasse di tenerlo fermo. Balzai al fianco di Jack e lo spostai con uno spintone, puntando la mia arma alla testa di Teach.
Sarei comunque arrivata troppo tardi, se... se, nello stesso istante, qualcosa non avesse attraversato l'aria con un sibilo; più rapida di me, più rapida di Barbanera, più di tutti i presenti con le loro armi spianate.
Una minuscola freccia andò a conficcarsi nella gola di Barbanera, ad un soffio dal braccio di Ettore. Questo sobbalzò, lasciando la presa: il capitano barcollò per qualche momento, emettendo un gorgoglio strozzato, per poi cadere con la faccia al suolo.
- Non preoccuparti, pirata, ho una buona mira. -
Quella, fra tutte, era di sicuro l'ultima voce che mi sarei aspettata di sentire in quel momento. Quasi senza fare il minimo rumore pur muovendosi tra il fogliame, Praho si fece avanti con tutta naturalezza in mezzo al gruppo di pirati che lo fissavano ad occhi sbarrati, e si fermò davanti a Barbanera che era rimasto accasciato al suolo, privo di sensi. Gli rivolse a malapena un'occhiata, poi si chinò e sfilò la piccola freccia dal suo collo: quando mosse il suo corpo privo di sensi, vidi che il capitano stringeva effettivamente in mano una pistola che aveva tenuta nascosta fino a quel momento, il dito già sul grilletto. Sarebbe sicuramente riuscito a sparare a Jack a bruciapelo, se Praho non l'avesse fermato in tempo.
- E' ora che tutto questo finisca. Non volevo farmi vedere da lui, perché non ho la minima intenzione di rischiare che la sua ciurma se la prenda con la mia gente. -
Tutti i pirati si voltarono all'unisono verso Trentacolpi che, dal canto suo, alzò le mani ancora più in alto. - Io non ho visto niente, capo. - rispose, con un sorriso sghembo.
- Ti ringrazio, Praho, ma la cosa al momento non ti riguarda. - replicò Jack, facendo un cenno come ad invitare il capo degli indigeni ad andarsene, ma quello scosse il capo con decisione.
- Mi riguarda eccome. Sono rimasto qui per tutta la notte, per vedere con i miei occhi quando ve ne sareste finalmente andati. Ora non posso lasciare che le vostre risse si risolvano in un altro massacro: lasciate qui quest'uomo e salpate. -
Jack lo scrutò, e finalmente un mezzo sorrisetto gli piegò le labbra. - Insomma, è un invito a scannarci da qualche altra parte, basta che non lo facciamo qui. -
- Praticamente. - perfino Praho sorrise appena. - Sbrigatevi. -
Nel voltare le spalle a Jack, passò accanto a me, Will e Ogro, e per un istante rimase a guardarci. Lui e Ogro di fissarono negli occhi per un attimo che sembrò eterno, e mi sembrò quasi di vedere un'ombra attraversare lo sguardo del capo indigeno. Di che cosa si trattava? Rimorso? Poteva essere? Qualunque cosa fosse, l'indigeno distolse lo sguardo dal gigante e proseguì per la sua strada, scomparendo rapidamente tra gli alberi così come era apparso.
Fu Will a rompere il silenzio, indicando Trentacolpi. - Di lui cosa ne facciamo? Non possiamo lasciarlo qui: ha visto Praho. -
- Ehi, io so tenere la bocca chiusa quando serve. E non è che Barbanera mi ispiri tutta questa simpatia, diciamocelo. - si difese il vecchio.
- Non possiamo rischiare. - Ettore sospirò, alzando gli occhi al cielo. - Ci toccherà portarcelo dietro. -
Jack infilò la lingua fra i denti, facendo una smorfia disgustata. - Quello lì? Non se ne parla. -
- Al contrario!- il vecchio pirata sembrò improvvisamente più arzillo, e si fece avanti con spavalderia. - Non ho nessun problema a seguire un altro capitano, signore. Detto tra noi, sono contento che abbiate dato due calci in culo a quella vecchia carcassa... Se lo ordinate, io e le mie ragazze siamo pronti a seguirvi!- così dicendo diede una pacca alle bandoliere, facendo sferragliare la moltitudine di pistole che si portava appese addosso. Jack fece un lungo sospiro e gli voltò le spalle, facendo un vago cenno di approvazione con la mano: sentii il vecchietto sghignazzare di gioia, mentre seguiva il resto della ciurma.
Insieme a Will aiutai Ogro a rialzarsi, e gli restammo accanto mentre ci incamminavamo lungo la spiaggia: Jack camminava di fianco a noi, in silenzio. Quando finalmente si decise a parlare, se ne uscì borbottando: - Il vecchio ferramenta possiamo sempre buttarlo in mare non appena prendiamo il largo... -
Ridacchiai e scossi il capo. - Secondo me potremmo perfino fidarci di lui. Ha cercato di convincere Barbanera a lasciarmi andare. -
- Ma non ha fatto un bel niente per aiutarti. - replicò lui, con un lampo di rabbia nello sguardo. Stavamo camminando ancora l'uno di fianco all'altra: allungai un braccio intorno alla sua vita, lui mi attirò a sé a sua volta e mi strinse forte.
- Ci ha provato, a modo suo. E si è rifiutato di sparare a Ogro. -
Jack annuì senza parlare: nel frattempo, insieme a tutta la ciurma avevamo raggiunto la Perla. Non avremmo impiegato più di qualche minuto ad imbarcarci, e da quel che vedevo la ciurma di Barbanera era ancora accampata sulla riva.
- Sono morto di paura. - ammise semplicemente Jack qualche attimo dopo, parlando a bassa voce ad un soffio dal mio orecchio, ed evitando di guardarmi negli occhi. - E per oggi posso davvero dire di averne avuto abbastanza, comprendi? Ora resta solo un'ultima cosa da fare. -
Lo guardai sorridendo. - Salpare e andarcene da quest'isola?-
- Giusto. E trainare il relitto. -
- Il relitto?!-
- Il relitto. -
- Quale relitto? E... perché?- il mio sguardo si spostò verso le due navi distrutte nel mezzo della baia.
- Quello della Florence, direi, è ridotto meno peggio fra i due. Non credo che Barbanera se ne avrà a male se ci portiamo via una di quelle “inutili carcasse”, comprendi?-
Ne avevo passate davvero troppe per quella notte, così che non feci altre domande e salii a bordo senza una parola, lasciando che chiedesse alla ciurma di fare tutto quello che voleva; basta che poi ce ne andassimo di lì.
Agganciare il relitto della Florence fu addirittura più semplice di quanto avessi pensato: il galeone britannico aveva quasi le nostre stesse dimensioni, ma buona parte degli alberi era andata distrutta, e la chiglia era stata svuotata di tutto quello che conteneva; così che fu sufficiente assicurare alcune cime al bompresso e ce la tirammo dietro come un pesce attaccato all'amo.
Prendemmo il largo mentre il sole si levava alto nel cielo limpido, e una volta fuori dalla baia ci accolse una brezza fresca e impetuosa, facendoci pregustare un mare piatto e una navigazione veloce. Una volta che la nave ebbe preso il vento, scesi sottocoperta alla ricerca di Will e di Ogro. Come pensavo, Will aveva portato il gigante in infermeria, dove la sua presenza non aveva mancato di portare scompiglio: quando entrai, uno dei feriti gravi stava delirando, gridando di avere visto tutti i diavoli dell'inferno, gli altri protestavano, chiedendo che “il mostro” fosse portato fuori dall'infermeria.
Faith, che si stava già occupando della ferita di Ogro, non li degnava della minima attenzione.
- Bentornata. Sapevo che dovevi centrare qualcosa con tutto questo. - mi salutò Valerie con la massima calma dalla sua branda, quando mi vide entrare.
- Già che ci sei, spiega a questo branco di paurosi che Ogro resterà qui sotto fino a quando sarà necessario. Non c'è nessun bisogno di strillare in questo modo. - aggiunse Will, che stava aiutando Faith nelle sue manovre, e scoccò un'occhiata di biasimo agli altri impauriti occupanti dell'infermeria. Sorrisi fra me, e mi avvicinai al tavolo sul quale il gigante era stato messo a sedere: ora che era senza camicia potevo vedere ancora meglio quanto la deformità fosse presente su tutto il suo corpo; dalla sua schiena spuntava una gobba, e il resto delle sue ossa sembrava crescere in modo irregolare. Il suo fianco destro era chiazzato di sangue, e Faith stava lavorando attentamente accanto al foro aperto dal proiettile nella sua carne: Ogro però sembrava tranquillo, e avvicinandomi capii perché; gli avevano dato una bottiglia di rum, da scolarsi tutto da solo.
- Ogro... - mi avvicinai, appoggiando con cautela una mano sul suo braccio enorme. - Grazie. -
I suoi occhi mi fissarono da sotto la protuberanza che gli cresceva dalla fronte, e le sue labbra macchiate di rum si stirarono in un sorriso. - ...Tu stai bene?-
- Sto bene, sì. Grazie a te. -
Il sorriso del gigante si fece ancora più largo, poi lui tornò ad attaccarsi alla bottiglia e non fece la minima piega neanche quando Faith mise mano al ferro per incidergli la carne ed estrarre il proiettile.




Note dell'autrice:
Questa volta voglio iniziare le note con un brindisi. Anzi, con un intero barile di rum da dedicare a Mally per una delle recensioni più belle, accurate e appassionate che mi siano mai state fatte: non hai idea di quanto i tuoi complimenti, critiche e osservazione mi abbiano resa felice. Non scherzo dicendo che è un onore ricevere parole del genere da qualcuno che legge quello che scrivi. Spero che il sito ti abbia dato una vagonata di punti per la recensione!
E su questa ci spendo più di due parole: intanto, sono sorpresa di sentire che il mio azzardato salto dalla prima alla terza persona, a quanto pare, funziona bene. Penso questa storia come se fosse un film, per questo non mantengo sempre il punto di vista di Laura: è un sollievo sapere che non è un balzo troppo brusco per un lettore!
Sulle belle parole che hai speso per i miei personaggi ci sarebbe troppo da dire. Grazie alle recensioni, io stessa arrivo a conoscere meglio e in modo più completo perfino Laura! (che, ci tengo a precisare, non considero semplicemente una mera proiezione di me stessa, ma un personaggio a tutti gli effetti... che, naturalmente, ogni tanto prende e fa di testa sua in barba all'autrice!)
E poi, naturalmente, la mia grande soddisfazione e il motivo per cui scrivo... ovvero Capitan Jack Sparrow. Non posso non essere felice quando mi sento dire che lo rendo al meglio nelle mie storie. Sono contenta anche di sentire che ritieni Will il personaggio più IC: da quando scrivo anche di lui sono arrivata ad apprezzarlo sempre di più... col risultato che ora vi sono irrimediabilmente affezionata!
Insomma, grazie. Non c'è proprio altro da dire. Sarò felicissima se tornerai a dare un'occhiata da queste parti!
Grazie a duedicoppe che è rimasta a corto di commenti ^^, e grazie all'intramontabile Fanmnysparrow!
Questa storia si avvia verso il suo finale: restate in attesa. Wind in your sails!
  
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