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Autore: annina94    03/10/2010    5 recensioni
- Buongiorno signori Jonas. – disse Anna, non lasciando trapelare dal suo tono, il nervosismo che s’infrangeva contro le sue labbra, desideroso di uscire. - Buongiorno a te! Io mi chiamo Denise, piacere.- disse la donna porgendole la mano. Il suo tono era caldo ed esprimeva felicità. - Anna, il piacere è mio.- classiche formalità, noiose ma utili. Il suo dubbio si rimpossessò della sua mente, quando la signora pronunciò il suo nome. “ Se è lei la Denise che penso io, allora ci sarà da ridere. Vediamo come si chiama il padre, e il gioco è fatto.” Pensò Anna, che non osava pensare alle conseguenze di nove mesi passati al loro fianco. - Io sono Paul Kevin Sr., benvenuta- si presentò l’uomo, porgendo anch’egli la mano. “ Bingo”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 21

Riemergo dal regno dei morti e sono da voi.

Allora, io non so se il capitolo precedente vi sia piaciuto, ma spero che questo si a di vostro gradimento.


Jonas_princess: Te lo avevo promesso, no? Ecco che arriva una furia mora! Io ho aggiornato e tu devi fare o stesso, cara la mi Nls. Baci!




Why Couldn't It Be Christmas Every Day?


- Perché odi andare in aereo? -

- Chi ha mai detto che io odio andare in aereo, Joseph? -

- Non l'hai detto tu, che odi andare in aereo? -

- Io non ho mai detto che odio andare in aereo. -

- E allora perché io credevo che tu odiassi andare in aereo? -

- Perché da piccolo avevi paura di andare in aereo e allora credi che tutti debbano odiare andare in aereo. -

- Hey, ma tu come lo sai? -

- Ho sparato a caso. -

- … -

- Anna, posso farti una domanda? -

- No. -

- ... -

- Perché odi andare in aereo? -

- Perché ho la sensazione che tu sia più stupido del solito? Stai forse cercando di parlare a vanvera per cercare di pensare a qualcos'altro che non sia rivelarmi qualcosa di importante? - rispose stizzita la diciassettenne, esasperata dalle chiacchiere di Joe, alzando gli occhi dal suo libro, battendo una mano sul bracciolo della poltrona.

Avevano detto troppe volte “aereo”.

A quelle parole, il diciannovenne scosse la testa, abbandonando il discorso inconcludente di poco prima.

Non del tutto convinta, Anna tornò a concentrarsi sul suo libro, un romanzo che si era portata da casa e che non aveva avuto occasione di leggere.


- Anna, vuoi qualcosa da bere? - chiese Nick, vedendo passare la hostess sul corridoio dell'areo.

Erano in viaggio per il New Jersey, per passare il Natale con i famigliari dei Jonas.

- Mmm, si va là, acqua, grazie. - rispose lei, senza staccare gli occhi dalle pagine.

- Joe, potresti prendere una bottiglia d'acqua? - chiese il minore, lanciando un'occhiata eloquente al fratello.

Il moro rispose con un cenno affermativo del capo.

Una volta che la bottiglia fu arrivata ad Anna, sia Kevin che Frankie avevano già attinto.

- Mpf. - fu il commento sommesso della ragazza, quando notò che le erano rimasti tre o quattro sorsi da fare.

Pulì il bordo con la manica della maglia e senza degnare Nicholas di uno sguardo, finì il contenuto della bottiglia, incurante dello strano colore del liquido e asciugandosi la bocca con il dorso della mano, prima di concentrarsi nuovamente sul suo libro.

Il ricciolino sospirò.

Era da quando erano partiti che Anna era strana, ma infondo la poteva capire.

Quello che avevano fatto al ballo della scuola aveva scombussolato emotivamente anche lui, più di quanto fosse disposto ad ammettere anche a se stesso.

E avevano deciso di non dire nulla al resto della famiglia; era una cosa che dovevano ancora assimilare loro.

Non avevano pensato alle conseguenze al momento, ma ora che ci erano nel mezzo, delle conseguenze, nemmeno Anna sapeva esattamente come comportarsi. Per il momento Nicholas la lasciava in pace, ma sentiva che se la ragazza non avesse rielaborato i fatti velocemente, sarebbe impazzito, aveva urgente bisogno di parlare con lei.

Evidentemente, la cosa del ballo doveva averla scombussolata parecchio, a giudicare dalle sue reazioni.

Tutta la famiglia sapeva che Anna era in grado di mascherare molto bene le sue emozioni, quindi per risultare così acida doveva essere veramente scossa.

Beh, io naturalmente sono esaltato, ma perché ho ballato una canzone improponibile con una persona altrettanto insolita, di cui tra l'altro sono abbastanza cotto” rifletté Nicholas, appoggiando la testa sul pugno chiuso “Però non capisco perché lei sia ancora stordita... Certo, a meno che... oddio, non riesco a pensarlo!” sobbalzò sul sedile, sperando con tutto il suo essere di non sbagliarsi.

A meno che anche lei non provi qualcosa per me.”


Erano ormai passate ore da quando Anna aveva bevuto l'acqua e si era addormentata pesantemente.

- Anna.. Anna... - tentò di svegliarla Nicholas, ottenendo in risposta solo un mugolio di protesta.

Sospirando, il ricciolino cominciò a scuoterla dolcemente, posandole una mano sulla spalla.

Stavano cominciando le manovre di atterraggio e la ragazza ancora dormiva come un sasso.

Vedendo che Anna non sembrava molto intenzionata a dargli retta, Nick elaborò un piano.

- Se non riesco a svegliarti io così, dovrò chiamare Joe.. E sai come ti sveglierebbe lui, no? -

Ammise a se stesso di essere stato cattivo, ma si consolò dicendosi che una volta a destinazione la ragazza lo avrebbe perdonato.

Neanche avesse nominato Michael, Anna scattò a sedere, drizzando di colpo il busto e spalancando gli occhi, tendendo le orecchie per captare segnali potenzialmente pericolosi provenienti dal mezzano.

Resasi conto che Joe era ancora al suo posto bello che tranquillo ignaro della minaccia del fratello, la diciassettenne concentrò la sua ira micidiale sul ragazzo che le sedeva affianco, sciogliendolo con la forza del pensiero.

Nicholas si era aspettato una reazione simile, ma non così tanta rabbia repressa.

Istintivamente si allontanò da lei, piantando le unghie nei braccioli e infossando la testa nelle spalle, pronto ad una scarica di insulti epocale...

che non arrivò mai.

Sorpreso, si azzardò ad aprire un occhio e si sorprese di vedere Anna appoggiata stancamente al proprio seggiolino, la testa abbandonata all'indietro.


Anna's POV


Fuori dall'aereo è buio, quindi non vedo un pistacchio.

Ci sono solo tante lucine.

Però devo ammettere che me ne aspettavo di più, insomma, siamo nel New Jersey, mica nel Burundi, cavolo!

Va be', è notte, magari domani vedrò le cose con più chiarezza.

Urgh, mi sento come se mi fosse passata sopra una mandria imbufalita: una suoletta, in poche parole.

Chissà che...

- Che ore sono. - chiedo a Nicholas, continuando a guardare fuori dalla feritoia.

Non era propriamente una domanda, più che altro un ordine un po' implicito.

Ok, lo ammetto, ho le balle girate, contenti?

E non è solo a causa del ballo di Natale, ci sono altri fattori determinanti: il fatto che mi sia venuto il ciclo è uno di questi; ma anche il mio risveglio non è stato dei migliori e poi mi sento veramente una pezza da piedi.

E quando mi sento così divento schifosamente lunatica.

Credo che prima Nicholas si sia preso un colpo, quando l'ho incenerito.

- Le sette e mezza ora locale. - risponde dopo un po'.

Devo averlo scioccato se ci ha impiegato così tanto a trovare l'orologio.

Affari suoi.

Le sette.

Un momento.

Le SETTE?

Come diavolo è possibile che siano già le sette?

Insomma siamo partiti stamattina alle otto da Los Angeles, e qui è sera?

Abbiamo aspettato in aeroporto una coincidenza, è vero, ma da lì a qui sono quattro ore di fuso, non un secolo.

Ah, io mi sono addormentata.

Questo significa che ho dormito...Quante ore?

Basta, non ne posso più! Non capisco più un ciufolo!

Fra un po' qualcuno mi sente, eccome se mi sente!

***

Gne.

Mi sento ancora più rincoglionita di prima.

Ma molto di più.

Probabilmente mi hanno messo della droga nell'acqua, perché non è possibile.

Io sono un tipo lucido e pragmatico, non mi rimbambisco tanto facilmente, ma sembra che i santini Jonas siano riusciti a farmi fare anche questo.

Almeno siamo quasi arrivati, perché ancora un po' ed esplodevo.

Tutte queste curve mi danno la nausea.

Ma dove diavolo abitano questi, in cima ai crozi?

E che cavolo.

Cioè, continuano a dirmi – quelle rare volte che non dormo o non tengo il mio classico broncio omicida – che quando arriveremo capirò tutto, ma io ne dubito seriamente, date le mie condizioni mentali.

- Anna ti senti male? Vuoi una caramella per lo stomaco? - Denise, io ti voglio tanto bene, ma se mi rifili una pastiglia rincoglionente, preferisco astenermi, che poi mi dovete portare in casa di peso e muovere con i fili attaccati alle articolazioni.

- No grazie, Denise, fra un po' passa. - certo, se tengo gli occhi ancora chiusi sento quel poco che ho mangiato per pranzo che lotta sanguinosamente con i miei succhi gastrici.

Mi viene da vomitare. Mi viene da vomitare. Mi viene da vomitare. Vomito.

- Ehm, ripensandoci è una buona idea, quella delle caramelline. - mi arrendo, aggrappandomi con entrambe le mani ai sedili anteriori.

Ho insistito per stare in mezzo, fra Nicholas e Kevin.

Denise, perché mi guardi come se avessi appena bestemmiato?

Oh, giusto, per colpa del mio aspetto.

Devo essere orribile: faccia da pesce lesso, occhiaie e occhi rossi.

Bleah.

Metto in bocca la caramella e prego con quelle poche forze che mi sono rimaste che faccia effetto abbastanza in fretta, in modo da essere presentabile ai parenti Jonas.

Due minuti dopo scopro di stare meglio.

È un fatto positivo, considerando la mia giornata.

Ravano all'interno della mia borsa alla ricerca dello specchietto, giusto per controllare di non essere troppo mal messa.

Evito di fare l'inutile sforzo di pensare a come mai il mio specchietto – che non uso mai – sia nella mia borsa e mi concentro sulla sagoma dorata di Michael cucita su di essa.

Studio attentamente la mia immagine, notando che ho solo le palpebre un po' pesanti, ma tutto sommato sono a posto.

Wow, credevo peggio.

Non sono comunque uno splendore di ragazza, eh.

Sento che finalmente la macchina si ferma e mi allaccio la giacca.

Kevin mi ha detto che d'inverno sulla East Coast fa freddo, quindi mi sono attrezzata per bene: giacca imbottita e felpe pesanti.

Nicholas apre la sua portiera e subito una folata d'aria gelida si precipita all'interno dell'abitacolo, prendendomi in pieno.

Ihhh freddo!

Faccio per seguirlo, ma Kevin mi blocca sul mio sedile.

Oddio che cosa vuole ancora questo qui.

- Mi dispiace, ma ti devi mettere questa. - mi spiega, sollevando una pezza lunga e sottile nera.

- Non dirmi che me la devo mettere sugli occhi perché è una sorpresa, perché sennò ti svengo sul vialetto, Kev. - lo accuso, dato che coprirmi gli occhi significherebbe farmi piombare nel sonno.

Tecnicamente ora sono abbastanza sveglia da camminare con una benda sugli occhi, ma chissà come mai sono sospettosa.

Fingendo meglio che mi riesce, faccio la faccia che dovevo ave avuto poco tempo prima, sforzandomi di fare la stessa impressione di una moribonda.

Mi guarda ridacchiando.

Ha capito il mio bluff, che sfiga.

Tutt' a un tratto la prospettiva di presentarmi ai parenti dei Jonas mi sembra il peggiore dei miei incubi.

Effettivamente dopo la caramellina malefica di Denise sto meglio, non ho più la nausea e mi sembra di essere sulla Terra.

Con uno scatto alzo la testa e fisso tutti i membri della famiglia uno ad uno: era tutto calcolato!

La mia inspiegabile stanchezza e la craramellina drogata!

Sento che la mandibola lotta contro la mia forza di volontà, ma riesco a tenerla attaccata al resto della zucca.

Haa, forza di gravità 0, Anna 1.

Quei maledetti avevano previsto tutto!

Incazzata come una iena incazzosa, assottiglio gli occhi e stringo i denti in classica posizione da combattimento.

Wait a moment.

Rilasso improvvisamente i muscoli facciali e abbasso lo sguardo un secondo.

Perché avrebbero dovuto raccontarmi balle sull'orario ed essere misteriosi da quando siamo partiti?

No, forse non lo voglio sapere.

Questa cosa sa molto da film.

Troppo da film.

Tsé, fortuna che volevano un anno da persone normali..

La mia domanda rimane sempre la stessa: ma dove diavolo siamo?

In Alaska? Antartide? Tibet?

Ma qualcosa di normale no, eh?

Perché è evidente che il New Jersey non lo vedrò in queste vacanze.

Ho come il sospetto che da sola non lo scoprirò mai, quindi sposto lo sguardo su Kevin e con un movimento assai seccato mi giro verso di lui, in modo che mi metta quella benedetta benda sugli occhi.

Non lo vedo, ma so che intanto gli altri sorridono.

Un giorno di questi la faccio anche io, una sorpresa, oh sì.


- Ok, fa' attenzione a uscire. - ma che premuroso Nicholas.

Forse doveri ricordargli che è diabetico e che io odio le cose dolci.

Anna, calmati.

Siamo sotto Natale, anzi, oggi è il 24 sera, quindi concentrati e fa' uscire quella minima parte di te che gli altri definiscono umana.

Inspiro, espiro. Inspiro, espiro.

Ok, ci sono.

Con gli occhi chiusi tendo le mani avanti, lentamente, cercando di calcolare le distanze.

Sento la mano di Nicholas, avvolta nel guanto, che afferra gentilmente la mia e mi aiuta ad uscire dalla macchina.

Come fa lui ad essere così gentile con me, quando io lo tratto alla stregua di un nemico?

Be', magari nemico no, ma benché mi sia confidata con lui, rimango quasi sempre sulla difensiva.

E poi sono acida.

E orgogliosa.

In fin dei conti loro sono tutti molto gentili, carini e disponibili con me.

Forse dovrei sciogliermi un po'.

Magari solo per il periodo di Natale.

Sì, credo che si possa fare.

Sento che il braccio di Nicholas trema, probabilmente dal freddo.

Nemmeno io ho caldo, ma per me credo sia già più sopportabile.

Sembra quasi il clima di..

Scuoto la testa per liberarmi del pensiero e stringo con vigore la sua mano, un po' per non cadere rovinosamente per terra, un po' per scaldare lui.

Come metto i piedi per terra capisco che il suolo è coperto di neve.

Ci incamminiamo su quello che suppongo sia un vialetto e saliamo una piccola scalinata.

Dall'interno provengono delle voci allegre, ma il tono è troppo basso perché riesca a capire i discorsi dei nostri presunti ospiti.

Sento che qualcuno bussa e subito il vociare si zittisce.

Dei passi si avvicinano alla porta e il rumore della maniglia che si abbassa è praticamente l'unico suono.

A giudicare dalle vocine acute strozzate, ci devono essere dei bambini. E anche molto euforici, direi.

Lentamente entriamo nell'edificio, che non so come definire, dato che non l'ho nemmeno visto da fuori.

Percepisco immediatamente il cambio della temperatura: fuori c'è freddo, dentro anela un calduccio meraviglioso.

Quasi da caminetto.

I nostri passi sono attutiti da quello che suppongo sia linoleum, fino a che riconosco il famigliare scricchiolio del parquet.

Anche la mia camera dai Jonas è pavimentata con il parquet.

Un dubbio a momenti mi inchioda al pavimento.

Non sarà mica che non ci siamo mai mossi da L.A., vero?

No, perché non sarebbe divertente.

Ma proprio per niente.

Ho fatto la rima.

Giro la testa verso Nicholas, provando a immaginarmelo in questo momento, ma nemmeno la mia fervida immaginazione arriva a tanto.

Dopo qualche passo sul legno la presa del Jonas si fa più salda, come a trattenermi.

Ho come la sensazione che siamo finalmente arrivati.

L'impulso di incrociare le braccia e alzare il sopracciglio sinistro è puntuale come la morte, ma mi ricordo del compromesso che ho sancito con me stessa e me ne sto buona ad aspettare che qualcuno mi dica cosa fare.

Neanche mi avesse letto nel pensiero, qualcuno – sospetto che sia Kevin - armeggia sulla mia nuca per slegare la benda nera che mi copre gli occhi.

Appena libera, sollevo le palpebre e le sbatto in veloce successione qualche volta, per inumidire la cornea.

Finalmente punto lo sguardo davanti a me, decisa a venire fuori da questo tunnel.

Err..

Ah.

Come mai sono nel salotto della casa a Carezza dei miei nonni materni, davanti a tutta – e dico tutta – la mia famiglia?


POV Esterno


Eh già, era questa la famosa sorpresa dei Jonas.

Passare le vacanza natalizie in Italia, più precisamente a Carezza, sommersi da almeno tre metri e mezzo di neve.


L'idea era nata da Frankie, che voleva a tutti i costi andare sulla neve e successivamente i tre fratelli maggiori avevano avuto la grande pensata di fare una sorpresa ad Anna, coinvolgendo anche i genitori, che erano stati entusiasti dell'idea.

Avevano organizzato tutto in gran segreto e nella massima discrezione: sapevano infatti che un solo passo falso avrebbe potuto insospettire la ragazza, che in un modo o nell'altro sarebbe riuscita a capire i loro piani e così addio sorpresa.

La cosa più difficile era stata comunicare con la famiglia della ragazza, dato che nessuno tranne la zia materna – che sfortunatamente abitava in un paesino sperduto del veronese – parlava inglese e viceversa i Jonas non conoscevano che qualche misera parola di italiano.

Però la voglia di organizzare questa “vacanza particolare” era talmente grande, che in qualche modo si erano capiti e messi d'accordo.


Anna stava ancora metabolizzando la notizia, quando sua sorella e i suoi due cugini le saltarono letteralmente addosso, mettendola con le spalle contro il mobile di legno del soggiorno.

- Annaaaa!! - urlarono Elena e Daniele, il cugino più grande, attaccandosi alle sue braccia e stringendola più forte possibile.

- Anna Anna Anna! - li seguì a ruota Mattia, il secondo cuginetto di tre anni, avvinghiandosi alla gamba della cugina come una cozza allo scoglio.

- Hey Buccetta! - lo salutò, sfoderando un sorriso.

- Auff! Ehy! - rantolò la diciassettenne, tentando di allontanare quei tre cicloni per poter respirare.

- Se non vi staccate non sopravvivo ancora per molto! - ridacchiò, stendendo le braccia lontano dal busto.

- Finalmente sei qui! Io e Dani abbiamo passato ore attaccati alla finestra per vedere quando arrivavi!! - disse Elena entusiasta, spalancando i suoi grandi occhi color cioccolato.

Daniele confermò le parole della cugina con un energico cenno della testa, scostandosi leggermente dal braccio di Anna.

- Anna Anna! Che bello che ci sei! Hai tagliato i capelli? - il piccolo Mattia cominciò a sommergerla di domande, allungando le manine paffute verso il suo viso per farsi prendere in braccio.

Sorridendo, la ragazza accontentò la richiesta del cuginetto, sollevandolo e appoggiandoselo ad un fianco.

Solo allora Mattia parve accorgersi della presenza della famiglia Jonas al fianco di Anna, quindi si zittì per un attimo e concentrò la sua attenzione sulle sei persone estranee, esaminandole con i suoi grandi occhi curiosi.

Per qualche secondo regnò il silenzio.

- Ciao! Voi siete quelli dove Anna vive in America, vero? - domandò il piccolo in italiano, piegando la testa di lato.

Capendo che si riferiva a loro, ma non avendo capito la frase in sé, i Jonas rivolsero lo sguardo verso Anna.

- Sì Mattia, io vivo a casa loro in America e devo dire che mi trovo veramente benissimo. Anzi, adesso te li presento, va bene? - disse gentilmente, guardando però la sua famiglia al completo.

Sua mamma, suo papà, i nonni materni, i due zii e i tre piccoli.

- Bene, visto che la lingua che parlano loro è diversa da quella che si impara a scuola, permettetemi di fare da traduttore. - iniziò, presentando la famiglia Jonas alla sua.

Dovette ripetere le cose sempre due volte, la prima in italiano, la seconda in americano, ma la cosa non le dispiacque.


Anna's POV


Era ormai passata qualche ora dal nostro arrivo e come tradizione nella mia famiglia, tutti i bambini dovevano uscire di casa accompagnati dai grandi per far sì che Gesù Bambino potesse venire in casa e mettere i doni sotto l'albero senza essere visto.

Quindi eccoci qua fuori con i tre piccoli, io e i quattro figli Jonas a fare il giro dell'isolato aspettando impazienti la Magia del Natale.

L'aria è dannatamente più fredda di quella della California, ma tutto sommato non mi dispiace più di tanto. La neve mi è sempre piaciuta e poi non vedo l'ora di stracciare qualcuno nelle gare di slittino, oh sì.

Mattia non è per niente stanco, anzi direi che è proprio in fibrillazione!

Guardando la Buccetta – non mi ricordo da dove l'ho tirato fuori questo soprannome, ma è simpatico – rotolarsi come un cane nella neve e istintivamente sorrido.

Mi accorgo subito che c'è troppo silenzio e guardo i Jonas per capire il loro improvviso mutismo.

Sono completamente persi a guardare il cielo, che questa notte è particolarmente brillante di stelle.

Lo ammetto, la magia degli astri mi è terribilmente mancata.

A L.A. Non c'è la possibilità di vederli così bene a causa delle luci sempre accese della città, ma qui è tutta un'altra storia!

È tutto così magico..


Nick's POV


Guardo estasiato la volta celeste che si estende infinita e misteriosa sulla mia testa e mi perdo a contemplare la bellezza frizzante delle stelle.

Se non fosse che quella ragazza ha un forte ascendente su di me, non mi sarei nemmeno accorto che Anna mi si è avvicinata.

Non parla, ma forse è meglio così.


Non saprei quantificare il tempo che siamo rimasti da soli in silenzio a contemplare il cielo, ma è stata una sensazione... bella.

- Tu non sei il tipo da cercare una stella tua e credere che ti appartenga. - dico improvvisamente, sentendo che quelle parole corrispondevano alla verità.

Senza scomporsi più di tanto, Anna mi risponde come se avesse saputo della mia domanda insolita.

- Le Stelle ci aiutano, ci calmano e ci consigliano silenziosamente, ma non ci appartengono. Appartengono a loro stesse e sono fedeli al Cielo, il loro padre. È scorretto da parte nostra arrogarci il diritto di poter possedere una Stella. Prendi per esempio la costellazione del Cigno: all'interno ci sono due stelle che tendono una al dorato e una all'azzurro. Sono bellissime, ma chi può avere il cuore di separare due gemelle che solo insieme sono belle come le vediamo? Oppure una catena chiamata le Sette Sorelle. Sette bellissime dame brillanti, ma come si fa a dividerle? Sarebbero solo atti di egoismi pretendere di conservare una Stella nel proprio cuore, perché ciò significherebbe privare gli altri di una tale visione. Credo che le Stelle vadano ringraziate perché ci permettono di vederle. -

Rimango molto colpito dalle sue parole.

In genere si tende a credere che una Stella ci rappresenti e per questo automaticamente la stella è solo nostra.

Lavorerò su questa prospettiva, mi piace.

Mi giro verso di lei e la vedo rilassata come mai prima d'ora.

Con gli occhi chiusi, i corti capelli al vento e un sorriso dolce sulle labbra mi sembra la persona più in pace con se stessa dell'universo.

Senza pensare mi avvicino al suo viso; la consapevolezza che baciarla ora sia la cosa che anche le Stelle stanno aspettando mi scorre nelle vene e mi fa sentire leggero e nel giusto.

Mi avvicino, ma lei sembra non avermi sentito.

È tanto che aspetto questo momento, e spero che lei non mi respingerà.

Mi si gela la spina dorsale.

Mi fermo un attimo.

Ho paura.

Come si fa ad avere paura di un sentimento come l'amore?

Semplice, ho paura che lei non mi ricambi.

E anche se ricambiasse non sarebbe possibile capirlo.

Ora sono nel panico.

E se fosse veramente così?

Se non provasse nulla nei miei confronti?

Mi sarei scavato una fossa con le mie stesse mani, considerando che devo convivere per altri..mmm..circa sei mesi con lei.

Oddio, se io la baciassi e lei mi rifiutasse, non so quanto sopravviverei.

La guardo di nuovo e l'immagine che ho di lei in questo momento si sovrappone a quella che aveva oggi in aereo: omicida.

Capisco che non è giusto quello che credevo ovvio fino a pochi secondi fa e mi ritraggo cercando di fare meno rumore possibile.

Non posso costringere qualcuno a volermi bene per forza.

Con questa nuova consapevolezza nel cuore capisco che lei non è la ragazza alla quale mi legherò per tutta la vita.

Nel suo caso non succederà che s'innamorerà di me fra qualche mese o anno, quindi mi devo fare da parte.

Sì, troverà il ragazzo adatto a lei e sarà felice.

Com'è che si dice?

Se l'ami la lascerai andare.

Che prospettiva triste..

Ma io farò così, rimarrò il suo amico Nicholas.

Solo il suo amico Nicholas.

Sono triste, ma pensavo peggio.

Auguri di buon Natale, Nick.


POV Esterno


Anna decise che era passato abbastanza e che Gesù Bambino aveva probabilmente già finito di sistemare i pacchetti.

Quindi propose di tornare tutti a casa.

Inutile dire che i demonietti si riempirono di energia e schizzarono veloci.

Saltando come dei grilli i quattro piccoli si misero a correre per le buie vie di Carezza.

- Mattia, corri e stracciali tutti! - lo incitò la ragazza, sollevando un pugno per incoraggiarlo.

Il piccolo non si fece pregare e corse più che poté, imbottito com'era.

Alla vista del cuginetto che sembrava un barilotto con due gambine e due braccine, la diciassettenne scoppiò a ridere, contagiando anche i Jonas più grandi.

- Voi non mi avete detto che mi sarei dovuta portare dietro i regali per la mia famiglia, quindi ora io come faccio, di grazia?- domandò, rivolta a Kevin, che le stava affianco.

- Credi che non ci avessimo pensato? - le rispose quello, guardandola di traverso.

Anna rimase qualche secondo concentrata a pensare e poi si sciolse in un sorriso.

- Wow, è almeno il quarto sorriso che ti vedo fare in mezz'ora, un record per te! - la prese in giro Joe, che fino a quel momento aveva intrattenuto i bambini grazie alla sua gamma di buffe espressioni facciali.

In tutta risposta Anna alzò le spalle e sorrise ancora, guadagnandosi un mega-abbraccio dal mezzano.

Contagiato dal buon umore, anche Kevin si unì ai due, trascinandosi dietro Nicholas, che si godeva quei momenti di spensieratezza prima di sentirsi moralmente a pezzi.

Senza nessun preavviso, la diciassettenne scattò in avanti correndo, mettendo subito una sostanziosa distanza fra sé e i Jonas.

Ripresisi dallo stupore cominciarono a correre anche loro, cercando di raggiungere la ragazza.

- Tutto.. fiato.. sprecato! - ansimò Nicholas, che aveva già avuto modo di tastare la velocità di Anna in palestra.

- Non sia mai che Joseph Adam Jonas si arrende! - urlò a squarciagola Joe, riuscendo con uno sforzo sovrumano a mantenere l'andatura fulminea dello scatto.


Purtroppo per lui, la cinerea li aveva lasciati indietro a mangiare la polvere e li aspettava seduta sulla panca di legno sotto la terrazza con un sorrisino che di innocente non aveva neanche il nome.


- È assolutamente inutile che cerchi di arrampicarti sugli specchi Joseph, ho vinto io e basta. - lo stava bellamente sfottendo, vantandosi della sua vittoria, mentre salivano le scale di pietra che conducevano in casa.

Aprì la porta e aspettò che tutti si fossero tolti gli scarponi, prima di aprire la seconda che dava direttamente in salotto.

- Direi che ora possiamo anche scartare i rega.. - non fece in tempo a finire la frase, che quello che vide la bloccò sul colpo.

Sbatté le palpebre qualche volta e si avvicinò lentamente al centro della stanza, dove stava in piedi con la stessa espressione confusa e strabiliata l'ultima persona che si sarebbe mai aspettata di vedere.


- Annalisa? - domandò incerta, corrugando leggermente le sopracciglia.

- Anna? - rispose quella, con la stessa faccia stralunata.

Dopo essersi prese qualche meritato secondo di riflessione e rielaborazione, le due spalancarono gli occhi e urlarono a squarciagola come due invasate frasi senza senso.

- AAAAHHHH!!! -

Prevedendo una reazione simile, tutti i presenti, ai quali ora si erano aggiunti anche i parenti stretti di Annalisa, si misero le mani sulle orecchie e aspettarono pazientemente che quelle due esaurissero la scorta d'aria dei polmoni.

- Oddio! Non ti chiedo che cosa ci fai qui, perché ho il sospetto di conoscere la risposta, ma.. Che ci fai qui!? - domandò incredula la cinerea, passandosi le mani fra i capelli.

- I-io non lo so.. Davvero. Credevo che saremmo andati a Napoli come tutti gli anni, ma c'era qualcosa di misterioso nel comportamento dei miei nelle ultime settimane, ora che mi ci fai pensare.. - rispose la mora, allargando le braccia e facendosi pensierosa verso la fine della frase.

Una volta che furono tutte e due in silenzio, un pensiero attraversò contemporaneamente la mente delle due amiche.

Lanciandosi uno sguardo d'intesa si girarono all'unisono verso i Jonas, fissandoli come se si aspettassero una risposta.

Per qualche secondo nessuno si mosse, poi Kevin sorrise e alzò le braccia in segno di resa.

- E va bene, avete vinto voi. - disse, abbassando la testa.

  
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