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Autore: crissi    03/10/2010    18 recensioni
Il ritorno di Fersen dall’America e la sua permanenza a palazzo Jarjaies, visto principalmente con gli occhi di Andrè. Gelosia su tutti i fronti ed un finale diverso (con Andrè!) dopo il discorso tra Fersen e Oscar riguardo la “lenta agonia”. Penso li troverete OOC e troppo allegri. Con missing moments, what if, poca poca introspezione … Un po’ una minestrina molto leggera … ma almeno non è triste!
Adatto, secondo me, anche al nutrito gruppo del NO- Fersen-Fanclub perché Fersen(che però non maltratto!) è presente, ma parla solo nel primo capitolo. Ispirata dalla canzone “Viens me chercher” (dalla quale ho anche “rubacchiato” il titolo) : ovvero “Vieni a cercarmi… Non restartene lì … Tutto può cambiare.”
PS ci riprovo con le fan art, anche se chiamare “art” i miei pastrocchi, fa ridere. CON "FAN ART"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: * Victor Clemente Girodelle, Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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TUTTO PUO' CAMBIARE 4

x Tetide: eh,sì, cara, siamo fortunate! Olympe de Gouges, scrittrice, redasse "Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina", per sottolineare le "dimenticanze" della versione al maschile e perse la testa (fisicamente) per aver criticato Robespierre: insomma, diritto alla ghigliottina, ma non all'assemblea (parole sue)!
x Kira 91: lo zucchero a velo? eh, non c'è come avere sempre lo sguardo su certi punti, per cogliere quel che c'è da vedere ... anche per un mezzo orbo come il cucciolotto, che tanto cieco ancora non è!
x Lady in blue: grazie! Coi ricordi volevo mettere in parallelo la Oscar "tosta" con quella "rigida", che possono sembrare uguali, ma la prima è forte, l'altra troppo fragile dentro. Ma forse non ci sono riuscita bene...
x Pry: lo scontro per il CN: volevo Andrè deluso per le differenze tra la Oscar bambina, col coraggio di portare a termine le sue imprese (tipo libri proibiti), e quella inamidata dalle regole che non vuole più vedere oltre il suo naso. x Fersen: allora il "lifting" funziona un po', eh?
x Ninfea Blu: oddio, ti ringrazio per aver utilizzato il termine "dipanato", xche in realtà a me girava un po' la vista con tutto il mio saltare tra i loro pensieri come un canguro e temevo il disastro, cosa che però può ancora accadere! Anche secondo me l'episodio del Cavaliere Nero ha cambiato Oscar: ha cominciato a pensare cosa sarebbe stato perdere Andrè. Spero di non deluderti con "la resa dei conti"

x Baby80: il "ti amo": davvero io l'ho sempre visto come un attimo di incoscienza coraggiosa di Andrè ... In fin dei conti, stava male e ... non penso Oscar avrebbe picchiato un ferito!!! : ))
x Audreyny: Ciao! ti è sembrata ... "sbriciolata" la seconda parte? E' vero, ho saltato qua e là come un coniglietto eh eh Spero di riuscire a raccogliere le briciole e portare i nodi al pettine ... senza fare disastri o diventare ridicola
x Danish: grazie!!! proprio quel che volevo da questa "minestrina": perchè prendersela con Fersen, che può avere tutti i difetti del mondo, ma non è lui che è venuto a cercare Oscar, bensì la bionda che gli corre dietro? E non si accorge che sono troppo diversi! Per la sintonia dello svedese con Andrè, l'ho vista così:: Andrè è onesto, lo sappiamo; non può sparare a zero su chi in fondo, non lo merita; non è un fan di Fersen, ma rispetta l'ospite e lo rivaluta parlandoci; non è aristocratico, non può fargli vera concorrenza se Oscar è decisa a volere Fersen... Le cose stavano così, sob : / E per la rivalità, se il/la rivale merita, capita di vederlo/a con gli occhi di lei/lui e, magari, non proprio amicizia, ma il rispetto arriva.

Sono un tantino tesa per il finale che attendete con Fersen, quindi vi "butto" il pezzo xchè se continuo a rigirarlo, ... lo butto davvero!
Grazie sincero a tutte e ... fatemi sapere se mi sono persa o cado nel ridicolo! (specie per la parte ... imbarazzante) : )




4 - Tempesta perfetta.

Era già pomeriggio inoltrato, ma Oscar non aveva scordato l'impegno preso con lui e ci teneva più che mai a dargli una lezione.

Sentiva ribollire dentro di lei qualcosa, mentre in camera sua, levava l'uniforme per indossare abiti meno formali, che le consentissero movimenti sciolti, più liberi.

Sì, qualcosa... Ma, no, non era rabbia ... Irritazione? Fastidio? ... Forse era solo il retrogusto di mandorle per un biscotto che, sebbene buono quanto grazioso era il coniglietto della sua forma, forse tanto dolce e digeribile non era. Non per lei.

Si guardò un istante allo specchio, di sfuggita, come richiamata dall'ombra riflessa.

Non era certo tipo da perdersi rimirando sè stessa: quel mobilio serviva solo a controllare che uniforme, medaglie e sciabola fossero in ordine come richiesto ad un ufficiale.

Ma, sfilando dalle braccia la camicia, aveva avvertito la curiosità di guardare oltre gli abiti.

E sorrise, come quando da piccola, tramava qualcosa.

- Ti avverto, Andrè! Ci andrò giù pesante! – lo avvisò, andandogli incontro in giardino.

- Non è quello che fai sempre? – obbiettò lui, notando che il suo umore era migliorato da quel mattino.

"... Forse troppo migliorato... "

...La cosa lo inquietava un poco.

- Oh, no! Oggi te le voglio proprio … suonare! - disse, sibilando piano l'ultima parola, esibendo il suo miglior sorrisetto da bulla.

E diede con la punta della propria lama un colpetto al fioretto dell’amico, disteso lungo il suo fianco.

- Dovresti essere carina con me … Sono convalescente! – le fece notare, con un tono birichino, inclinando il capo e guardandola sottecchi, mentre lei gli girava attorno come un felino fa con la sua preda.

- Vuoi che ti procuri una balia, Andrè? – lo provocò con una strizzatina d’occhio.

Lui si domandò se non ci fosse qualche riferimento a Manon ed alle sue forme prorompenti.

- Mi accontento di qualche … attenzione! - replicò sornione, notando che Oscar non indossava le solite fasce sotto la camicia.

Erano anni ormai che Oscar si strizzava in quegli strumenti di tortura.

Sospirò intravedendo le sue forme sotto il leggero cotone.
"Caspita!... che strano ..."

Sì, strano come fosse a volte difficile mettere a fuoco tante cose attorno a lui, mentre certi particolari ...
Deglutì e si passò la punta della lingua sulle labbra.

"... Accidenti, Andrè ... Proprio come la lingua batte dove il dente duole, chissà come il tuo sguardo finisce sempre su di lei... Specie su certe parti di lei ! ..."

Quel pomeriggio rischiava di diventare ... impegnativo, per lui. Prima Manon, con i suoi attentati al suo autocontrollo, ed ora ci si metteva anche Oscar!

Voleva distrarlo e svantaggiarlo? Gli era difficile credere che potesse ricorrere a certi mezzucci, ma era anche difficile pensare che le fasce mancanti fossero solo una dimenticanza casuale...

"Oh, Oscar ... Oscar ... Oscar... Ma che ti frulla oggi sotto i ricci?"

Si giravano in tondo entrambi, ora, con le punte delle lame abbassate, che picchiettavano tra loro, di tanto in tanto, come per saggiare le reciproche intenzioni bellicose, ridendo delle vicendevoli frecciate.

In realtà, uno spettatore estraneo, avrebbe anche potuto intravedere uno schema di corteggiamento in quello sfiorarsi a distanza. Un girotondo non solo fisico. Un girotondo che si faceva sempre più stretto. (1)

- Oh, non temere … - lo rassicurò irridente, dandogli una leggera spallata, mentre lo sguardo le cadeva distrattamente nello scollo scomposto e rivelatore della di lui camicia - ... Avrai attenzioni da me! Sì, starò attenta a non infilzarti come una pernice allo spiedo!

- Ma quanto parli! – esclamò facendole una boccaccia.

Oscar si allontanò di due passi e partì con una assalto, che fortunatamente, perché di fortuna si trattò, Andrè riuscì a parare.

- Se non avrai problemi con me, non li avrai con nessuno!

- La solita modesta … - la rimproverò, accompagnando un affondo.

- Sono solo realista: sono davvero brava!

La lama di Andrè sibilò vicino al suo ventre.

- Ahi!

Si toccò poco sopra la cintura. Le gocce di sangue spiccavano sulla camicia candida, ma indicavano un graffio da poco.

- Cielo! Scusa, mi sembravi più lontana! – esclamò Andrè, preoccupato e colpevole.

Oscar strizzò gli occhi per imitare uno sguardo feroce.

- Macché scusa … Difenditi, villano!

Cominciò a colpire in serie, obbligandolo ad arretrare.

Si stava divertendo un mondo, vedendolo sudare tanto!

Andrè ci vedeva davvero poco bene; l'occhio non era sufficientemente veloce nel mettere a fuoco i veloci movimenti di lei, ma non voleva fare la figura del piagnucolone.

... O, come avrebbe detto lei, del “mollaccione”.

Arretrò finché inciampò e cadde col deretano sul bordo della fontana.

- Magnifico! Fine del duello! – esclamò Fersen arrivato in quel mentre a cavallo.

Oscar lo guardò sorpresa, ma stranamente, non tanto lieta.

- … Fersen? … Che visita inaspettata… - mormorò delusa per l'interruzione, cercando allo stesso tempo di recuperare nella sua mente uno dei tanti bei discorsi che aveva provato e riprovato con sè stessa in quell'ultimo mese, per quando lo avrebbe rivisto.

Naturalmente, Oscar lo invitò a fermarsi per cena.

Ovviamente, lo svedese accettò.

Fersen era loquace, come sempre quando si trovava con lei; anzi, quasi logorroico. (2)

Ma anche Oscar sembrava aver parecchio da dire.

... Nonostante quel che era o non era successo, la simpatia tra loro era un fatto, pensò Andrè.

Quando decisero di continuare la serata nel salotto, davanti al camino, Andrè servì loro del cognac (3) e li lasciò soli a conversare, sebbene sembrasse che il momento delle chiacchiere fosse finito ed entrambi stavano lì a fissare il nettare nel bicchiere, senza guardarsi..

Andrè non voleva accidentalmente sentir nulla che riguardasse la sera del ballo o … assistere a qualcosa di peggio, visto che le pause silenziose aumentavano.

Si rifugiò nelle cucine dove Nanny stava pulendo le verdure per il giorno seguente.

Lo guardò mentre si sedeva di fronte a lei, con un bicchiere ed una bottiglia di vino.

- Pensi che il conte Fersen sia interessato alla nostra Oscar? – disse a bruciapelo.

Andrè esitò un attimo.

- Perché chiedi questo?

- Beh, il vestito era per lui, vero?

- Ma che razza di domande mi fai! – sbuffò lui, distogliendo lo sguardo e versandosi da bere. - Non lo so! – mentì spudoratamente, con tono secco, per troncare la discussione.

Restarono in silenzio per un po’.

Andrè sorseggiava piano il vino.

Nanny lavorava tenendo lo sguardo su di lui, al di sopra degli occhialini tondi.

- E tu?

- Io cosa?

- Quand’è che ti troverai una moglie con la quale darmi dei pronipoti?

Gli rifilò, veloce, un piatto con dei dolcetti al cioccolato, prima che lui potesse risponderle.

- Dopo una domanda così, non mi compri coi biscotti … - disse serio.

- La vita corre, Andrè … Non è bello svegliarsi un giorno e ritrovarsi soli coi propri rimpianti.

Andrè si riempì ancora il bicchiere, senza guardarla.

- ... so che hai rivisto la figlia del mugnaio …

- … Nonna …! - mormorò piano, a mo’ di rimprovero.

- Una ragazza molto simpatica e graziosa … - continuò imperterrita.

- … nonna…

- Ha già diciassette anni…

- … Me la ricordo bambina e sembra ieri - commentò lui, rimastoci male.

- Già! Il tempo passa per tutti, ragazzo mio …

Andrè chinò il capo, perdendosi nel nero del bordeaux.

- Comunque, … io vorrei … una un po’ più grande … - disse piano, quasi a sé stesso.

Marron picchiò una manata sul tavolo. Gli occhi le stavano diventando lucidi.

- No, tu non la vuoi! – esclamò a bassa voce, per timore d’essere udita da altri, scandendo bene le singole parole.

Aveva smesso di girarci intorno.

- Devi smetterla, Andrè! Tu sei un servo! Non è giusto che tu la pensi!

- Ahh! Però è giusto che lei sia di là con l’amante della Regina!? – sbottò Andrè, ma con lo stesso tono di voce sussurrato.

- Devi smetterla! – gli ripetè – Così fai del male a te ed anche a lei!

Lo sguardo di Andrè si illuminò di sorpresa.

- Che intendi con “anche a lei”?

Marron restò a bocca aperta per quel pensiero che le era quasi sfuggito di bocca.

Per quel timore che l’aveva accompagnata negli anni e che la spingeva continuamente a mostrarsi severa col suo piccolo, più di quanto lui meritasse.

Quella paura che Oscar potesse un giorno ricambiare i sentimenti pericolosi del suo Andrè.

Quell’ansia che, gesto dopo gesto, sguardo dopo sguardo, sospiro dopo sospiro, Oscar le stava trasformando in certezza, soprattutto dopo l'incidente col Cavaliere Nero.

Guardò l’orologio sulla mensola del camino.

- E’ tardi. Io andrei a dormire. Resti sveglio tu al mio posto?

Quando Nanny troncava un discorso, non c’era niente da fare.

- Sì certo, nonna, vai pure. Non ti preoccupare, qui faccio io.

- Tra un po’ vai a vedere se hanno bisogno di qualcosa e … Lo sai, non sta bene che madamigella rimanga sola tanto tempo con un uomo senza chaperon.

"... Con un uomo …"

Oscar trascorreva con Andrè quasi ogni istante da una vita …

Lui contava niente per la reputazione della fanciulla?

…Sciocco, lui era un servo!

La sua presenza non intaccava la purezza di Oscar.

La cosa non era neanche contemplata.

Lui era Andrè, il solito Andrè, bravo e buono.

Più innocuo di lui, solo un eunuco!

Fersen, invece, era una minaccia concreta.

"Affascinante, rampante, benestante … con una pessima reputazione di donnaiolo."

Anche se per lo più si trattava del parere di uomini stracciati ed inviperiti e di donne rifiutate…, ammise con sè stesso.

A parte questo “piccolo” debole per le sottane, lo svedese aveva pedigree e tutte le carte in regola: un ottimo affare per la famiglia Jarjaies!

Affare, magari anche d’amore per Oscar, ma affare restava.

Rimasto solo, bevve un altro bicchiere; s’affettò un po’ di pane e salame e restò lì a pilucchiare, con lo sguardo perso nel nulla.

Che aveva voluto intendere la nonna con “anche a lei”? Forse Oscar si era lasciata scappare qualcosa su di lui? O forse, e questa gli sembrava una ipotesi più probabile, Marron intendeva che chi ama davvero, deve essere in grado di lasciare andare?

Ma lui non ne era capace!

Poteva bere per dimenticare, stordirsi per non pensare… Ma riusciva solo a stare peggio.

Guardò l’ora.

"... Meglio fare un giro di ronda in soggiorno."

Ci avrebbe volentieri rinunciato, ma sapeva che la nonna lo avrebbe chiesto ad Oscar la mattina dopo.

"... E poi …."

La sua immaginazione di uomo geloso, non osava neppure aprire la porta mentale che dava su quella stanza per paura delle conseguenze.

Perché lo svedese non si era fatto vivo per un mese intero?

Perché si era fatto vivo ora!

Cos’era accaduto a quel dannato ballo?

Perché entrambi fingevano che quella sera non ci fosse stata?"

Continuava a rodersi camminando verso il salone.

Ma in realtà, non si aspettava ciò che vide.

Agli occhi di Andrè la scena apparve come il preludio dei suoi incubi peggiori.

Oscar in posizione di inferiorità, bloccata sulla poltrona; lo svedese che le stringeva il polso ed era vicino, troppo vicino a lei.

Avvenne tutto velocemente.

Oscar si alzò in piedi di scatto, rovesciando tavolino, bicchieri di cristallo e bottiglia di cognac, per fuggire da quella stretta imbarazzante.

Urtò quasi Andrè, mentre usciva coprendosi il viso. Singhiozzava.

Fuggiva ancora, fatta a pezzi da un cuore di donna e dagli occhi troppo blu di uno sciupafemmine.

“Occhi troppo blu, per essere onesti”. (4)

Andrè guardò Fersen con istinto omicida.

L’aveva fatta soffrire!

Che voleva?

Ci aveva provato?

"Ma, sì! una in più nella lista di conquiste! No, Fersen, lei non è una delle tue tante amiche sempre pronte a consolarti! Non è una svenevole e civettuola damina col tempo da colmare in qualche modo. Lei è unica in tutto quel che è e che fa. E’ preziosa, insostituibile … Tu lo sai! Perchè le fai questo!?"

La tregua era finita.

Aveva spezzato il cuore di Oscar e non glielo poteva perdonare.

Fece qualche passo verso di lui, il sangue picchiava nelle vene, le mani prudevano … Era pronto ad affrontarlo!

"... Al diavolo le conseguenze!"

I loro sguardi si incrociarono: profondità del mare, contro il cielo invernale…

Un cielo troppo blu… Un cielo in lacrime …!

Le lacrime di un uomo senza più amici.

Un uomo rifiutato da una donna fuori del comune; una donna che gli aveva negato consolazione, perchè lei non accettava secondi posti, nel cuore e nella vita.

Lei era da amare totalmente, senza riserve, senza distrazioni.

Cosa che lui non sarebbe stato in grado di fare. Mai.

Andrè se ne rese improvvisamente conto.

Fersen gli faceva pena!

Il pugno chiuso, si allentò davanti alla devastante tristezza, alla solitudine dello svedese.

Le loro situazioni non erano molto diverse.

Entrambi innamorati di donne vicine, ma irraggiungibili.

Ciascuno con la sua dea, col suo amore impossibile, col suo tormento.

Ciascuno con la propria debolezza, pronto a consolarsi dove la consolazione arrivava.

Che fossero fanciulle ben disposte od un bicchiere di cognac.

Lo svedese gli passò accanto, lo sguardo chino, ma non si dissero una parola.

Entrambi sapevano che Fersen non avrebbe più rimesso piede a palazzo.

… povero Fersen …

… povero Andrè …

***

Lo svedese se ne era andato già da un po’, dopo essere andato a parlarle, quando Andrè l’aveva vista rientrare.

La trovò nel salone, in ginocchio a raccogliere pezzi di cristallo.

Era uscito anche lui, subito dopo Fersen. Li aveva osservati da lontano. Aveva resistito alla tentazione di andare ad origliare, più vicino alle scuderie dove Oscar si era rifugiata.

In fondo, aveva idea di cosa le avrebbe detto Fersen; in fondo, aveva idea di cosa avrebbe detto lei ... Beh, almeno, ci sperava.

Voleva esser solo sicuro che lei stesse bene.

Ora la guardava fare qualcosa che, una aristocratica, non avrebbe dovuto.

Forse lei si sentiva a pezzi come quella bottiglia, fragile come quei bicchieri; forse, era in ginocchio e non solo fisicamente.

- Posso fare qualcosa per te? (5) – le chiese con quella snervante educazione che aveva perfezionato negli anni.

Quella era la domanda che faceva quotidianamente, incessantemente, ormai anche stancamente, da una vita.

Quella era la domanda alla quale lei, mai, rispondeva come nei suoi sogni.

- No! – mormorò Oscar, dura, arida, se non per quel luccicare dello sguardo tagliente che gli rivolse.

Andrè sospirò.

" Oscar... Oscar ... Oscar ... mai niente cambia , vero?..."

- Come vuoi – disse voltandosi .

Arrivò alla porta e ci ripensò.

"… zuccona caparbia …"

Ritornò sui suoi passi.

Si chinò per rimettere a posto il tavolino. In fin dei conti, era un suo dovere.

- Ho detto che PUOI andare! – ringhiò lei, dando a quel “puoi” il suono di un ordine.

- Sì, ho sentito. Sono cieco di un occhio, non sono sordo! – ribattè sarcastico, con un sorriso amaro.

Si inginocchiò per aiutarla coi vetri.

- Vai via! – sibilò con voce spezzata dal pianto rabbioso che sentiva arrivare e che voleva nascondergli.

- Non fare la bambina… - la rimproverò.

Lui stava per prendere una grossa scheggia, ma Oscar, irritata, gliela rubò tanto bruscamente da ferirsi.

- Ahia!

Mollò la presa e si guardò il dito sanguinante. Andrè sospirò, scotendo il capo.

"... la solita prepotente ..."

- Fai vedere! - disse gentilmente allungando la mano sulle sue.

- No, vai via! – ringhiò, ritraendosi brusca.

- Non fare la testona! – disse prendendole il polso della mano ferita.

Partì uno schiaffo violento al suo volto, che lui restituì immediatamente, senza risparmiarsi.

Al tentativo successivo, lui l’afferrò per entrambi i polsi, per bloccarla.

Finirono sdraiati sul tappeto, Oscar una furia, sotto di lui, le cui mani non sapevano più come fare per fermarla. Una furia che non poteva essere giustificata solo dal rifiuto allo svedese; Oscar non lo aveva incontrato più, dopo il ballo e non sembrava aver sofferto particolarmente in quel periodo.

Il conflitto dentro di lei doveva essere più profondo e Fersen era solo la cima dell'iceberg, solo il vertice di quella montagna di emozioni che lei reprimeva. C'era qualcosa che non riusciva ad accettare, ma che non poteva dimenticare, ignorare, eliminare.

Oscar si liberò, scalciandolo, e corse via.

Andrè riuscì a raggiungerla, chiuse la porta appena in tempo; lei ci sbattè contro e lui la immobilizzò col suo corpo, imprigionandola, di schiena contro l'anta, facendole mancare il respiro, tenendo le sue braccia sollevate e bloccate. Le picchiò i polsi contro il legno. Le fece male.

- Cosa ti aspettavi da lui? – esclamò adirato, non volendo lasciarle la possibilità di ignorare le emozioni, come faceva sempre - Doveva soffocare l’amore: per questo è venuto qui! Saresti stata solo una donna come tante!

- Tu vaneggi! Siamo amici! – sputò lei, con tono velenoso, tentando ancora di liberarsi e nascondergli la verità.

Per reazione, lui strinse di più sul suo corpo.

- Oh, andiamo, Oscar! Volevi essere un amico o ... una amica? Lo sappiamo come sono le amiche di Fersen! Davvero volevi far parte del gruppo? E poi, anche noi due siamo amici, ma ... - sospirò, chiudendo un istante l'occhio sano, calmandosi prima di riaprirlo su di lei - Sii sincera … - disse piano - Davvero credi che se tu fossi un uomo, dovrei riportarti a casa buono buono dopo le nostre serate di sbronza? Andiamo, lo sai che le serate degli uomini, finiscono con un divertimento ben diverso dall’alcool, in quei locali! Lui non ti riporterebbe a casa, senza sfiorarti con un dito, come faccio io!

- Tu sei solo un servo… - disse per ferirlo, come se la cosa lo rendesse meno amico e meno uomo ai suoi occhi.

- E tu … una donna! – ricambiò Andrè, con lo stesso intento offensivo, conscio di pungere sul vivo della cruda realtà - Sei una donna obbligata a vestirsi da uomo per essere ciò che vuole! E non riesci comunque ad avere ciò che davvero desideri!

- Vorresti dire che una donna resta una donna in ogni caso? – gli ringhiò, recuperando la sua forza rabbiosa, riuscendo quasi a liberarsi.

Anni di educazione, esercizio, sacrifici, missioni eroiche … Tutto questo, contava niente?

Andrè la picchiò ancora contro l'anta, esasperato ed indelicato quasi quanto lei.

- Non cancellerai mai il fatto d’esser nata femmina in questo mondo! – sospirò stancamente, sottolineando quel che per lui era ovvio, conscio di affrontare un argomento pericoloso e fraintendibile. - Non puoi evitare di desiderare e di essere desiderata. Non puoi semplicemente tracciare dei confini intorno a te, al tuo cuore, ed aspettarti che tutti li rispettino...

- Potrei lasciare la Guardia Reale! – buttò lì lei, irosa, fingendo di non starlo a sentire – Potrei, che so, andare in marina! - continuò sogghignando.

Lo stava provocando e non le era chiaro il perché. Perchè tutto quel veleno addosso ad Andrè invece che a Fersen?

- Lì non avrei bisogno di te, … attendente! E tu potresti passare il tempo fra le sottogonne della tua piccola, procace mugnaia! – aggiunse, cattiva.

Spalancò gli occhi, sorpresa di sè, e cominciò a realizzare il vero motivo della collera che da un po' si portava dentro.

"Ah, ecco! ..."

Andrè sorrise per quell’ultima frase: rabbia e gelosia.

Si concentrò sulla prima, forzandosi ad ignorare la seconda.

- Gli hai detto addio e vuoi fuggire, vero? Vuoi cancellare tutto, annullarti e trovar rifugio in quella che eri prima. Ma non puoi tornare indietro e fuggire non serve! Se fuggire fosse la soluzione, sarei fuggito da te tanto tempo fa.

La confessione, non la sorprese. E nemmeno la infastidì.

Si fissarono qualche istante in silenzio, non ancora stanchi di farsi del male.

Nella stanza, quasi buia, si udivano solo il crepitare delle fiamme nel camino ed i loro respiri affannosi.

Alcune gocce di sangue, calde e vischiose, colavano dalla mano di lei, su quella di Andrè.

Lui portò la mano ferita alle labbra, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi blu, troppo lucidi, troppo vivi.

“Occhi troppo blu, per essere onesti”.

… che bugiarda sei! … Questa non sei tu! … Dillo cosa vuoi!

Succhiò il sangue dal taglio, strinse le labbra sulla piccola ferita finché il sangue non rallentò. (6)

Baciò le singole falangi, poi il palmo, il polso.

Teneva lo sguardo fisso su di lei: avido, la pupilla dilatata e nera come l’ossidiana. (7)

Col suo corpo premeva su di lei, mentre Oscar si muoveva piano, non potendo far di più per fuggire.

... Forse, non volendo più fuggire...

I respiri di lei si facevano sempre più profondi.

Andrè posò la fronte contro la sua e chiuse un istante gli occhi, tentando di concentrarsi e calmare la parte di lui vicina a perdere il controllo più di quanto fosse già accaduto.

... Tentava di non pensare alla sottile tela che divideva i loro corpi.

... Cercava di reprimere il desiderio di leccare il cognac profumato sulle sue labbra.

- Andrè! … no … – mormorò lei, allarmata dai segnali inequivocabili di una vicina catastrofe.

Di lui vedeva più che altro, la sagoma, rischiarata dalle fiamme del camino alle sue spalle.

E la pupilla, spaventosamente lucente.

Giochi di luce arancione si agitavano tra i suoi capelli, creando un alone irreale; irreale come quella situazione.

Le liberò un polso e la mano di lei ricadde sulla sua spalla, scivolando poi sul suo braccio, piano, quasi una carezza, mentre quella di Andrè andava a posarlesi sul fianco, stringendoglielo, attirando il bacino contro il suo, senza incontrare resistenza.


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Oscar percepiva il suo respiro caldo sulla bocca, il tocco del suo naso contro il suo.

Sentiva il calore di quel corpo forte, indiscutibilmente maschio, fisicamente prepotente, premuto su quelle parti che la rendevano inequivocabilmente femmina; premuto sul suo interno cosce ormai umido ed arrendevole.

- Non è quello che sta dicendo il tuo corpo – mormorò lui in un sospiro roco.

- Non posso … Tu ... Io ... Noi ... non possiamo! ...- bisbigliò appena.

- Ma … vuoi! Dì di sì … Dimmi di sì!

"...Padrona e servo, ufficiale e scudiero, ... ma ... donna ed uomo!..."

Sfiorò con le labbra, la vena pulsante del suo collo.

- Dillo che mi vuoi… Dillo, che hai bisogno di me! Dillo che non mi sto sbagliando … - supplicò.

Sentì delle lacrime calde scenderle sulle guance, fino alle labbra, ostinatamente serrate e mute; fino alle sue labbra, dischiuse sulla di lei pelle.

E, a quel sapore salato, l’angelo ragionevole in lui, ebbe il sopravvento.

- Scusami … Giuro su Dio che non ti infastidirò più. - mormorò allora.

La stava lasciando andare.

Pensò che c’era ancora una bottiglia di brandy nella sua camera.

Quel brandy speciale di Arras che, ultimamente, sapeva di sale sulla bocca.

Scivolò via da lei, permettendo alle sue mani di scorrere un’ultima volta sulle sue forme; obbligandosi a non guardarla, ma inspirando il profumo della sua pelle; lasciandola sola a risolvere i suoi dilemmi; a combattere le sue battaglie interne.

Salì le scale buie di quel palazzo, ormai addormentato, che conosceva a memoria, fino alla sua camera.

Solo la luce della luna piena rischiarava il suo cammino.

Solo il ticchettare della pendola contrastava i suoi passi.

E sui suoi passi, se ne sarebbe dovuto andare da lì.

"Domani."

Non poteva andare avanti così.

Oscar lo pensava, ma non gli bastava.

... Voleva pensasse a lui e solo a lui.

Le era necessario, ma non gli bastava.

... Voleva esserle necessario come l’aria che respirava.

La voleva sua. Solo sua.

... E non era possibile.

Afferrò la maniglia, ma non potè aprire la porta.

Il tocco di una mano piccola, ma non delicata sulla sua, lo fermò.

- Non è questa la tua stanza, stanotte … - gli ordinò dalle sue spalle, con un sorriso, mentre arrossiva per lui.

***

Il vento che si era alzato, aveva trasformato la tiepida giornata autunnale in una serata davvero fredda. Fersen si strinse nel mantello.

"Se solo avessi saputo che donna siete quando vi ho conosciuta ... "

Era sincero quando lo aveva detto.

Se l'avesse conosciuta prima di lei, di Maria Antonietta ...

Forse non avrebbe più considerato il matrimonio qualcosa di innaturale, perchè con Oscar non sarebbe stata una questione d'affari.

Forse la vita sarebbe stata davvero diversa...

Non sarebbe stata un insieme di segreti, momenti rubati, solitudine ...

"Forse non sarebbe stata un'agonia ..."

Ma Maria Antonietta era una realtà, meravigliosa e dolorosa insieme.

Aveva ripensato ad ogni singolo istante trascorso con Oscar e ... si era reso conto di quell'energia, quella passione che lei faceva fatica a trattenere.

Si era recato lì quella sera non per il suo proposito iniziale di parlarle da amico, ma per quella egoistica curiosità, il suo tallone d'Achille, aihmè! di sapere che effetto gli avrebbero fatto quei ricci biondi sparsi sul suo petto nudo.

Ma ... Qualcosa era cambiato in quel mese. Forse, tutto era cambiato!

Lo sguardo di lei su di lui ... Non era più quello di quella sera al ballo!

Oscar non soffriva più per lui.

Quel "no" esalato impercettibilmente, un istante prima di fuggire e liberarsi della sua stretta, era stato una chiara risposta alla domanda insita nel suo sguardo. Un "no" che era chiaramente una sorpresa anche per lei, come un fuoco divampato all'improvviso dalle ceneri.

Certo, l'affetto nei suoi riguardi c'era ancora, ma ...lui non era più nel suo cuore! più nei suoi desideri, più nei suoi sogni!

"Chissà se ci sono mai veramente stato? ...Vero, Andrè?"

Alzò lo sguardo.

All'orizzonte cominciavano a vedersi le luci di Versailles.

Sorrise pensando alla luce più brillante di tutte: "lei, la mia "Josephine" ..."

Quel punto fermo, quel faro, quel polo magnetico ...

Il centro di quel vortice dal quale non riusciva ad uscire.
Quella spirale che lo aveva avvolto e che, girando vorticosamente, lo annebbiava ed annullava la sua volontà.

Non avrebbe più tentato di ... fuggire.

Le sarebbe stato accanto, per quel che poteva, per quanto e per come lei gli avrebbe permesso.

Perchè?

Perchè non riusciva a farne a meno, perchè voleva, perchè alla fine era un errore ... giusto ...

Sorrise a quel controsenso tra ragione e cuore, che spesso i poeti chiamano amore.

Mai più fughe, anche se restando, sapeva che la vita sarebbe diventata ancor più una prigione di dubbi e rimorsi.

Un percorso difficile e pericoloso per entrambi.

Sì, perchè se la favorita di un re poteva permettersi di mostrarsi pubblicamente, dando lustro alle qualità amatorie di un sovrano, non valeva lo stesso per una regina.

Il favorito di una regina doveva nascondersi, annullarsi, pena il ripudio ed il convento per lei, la galera o l'esilio per lui.

"Due pesi e due misure ..."

Sarebbe rimasto, ... anche se questo significava trasformarsi in ombra.

***

Andrè guardò il luccichio del bicchiere di cristallo dal quale aveva saggiato ancora il brandy speciale, quello preso dalla sua stanza di ragazzo, ma che ora sapeva di una dolcezza fuori dell’ordinario.

Niente più sale.

Sulle loro labbra solo zucchero e calore.

Le baciò ancora il ventre morbido, sul quale si era assopito.

Sfiorò con la punta delle dita le piccole cicatrici collezionate negli anni, comprese quelle inflitte dal suo stesso fioretto le poche volte che si era distratta, duellando con lui, come quel pomeriggio.

... non era un sogno! ...

La sentì muovere appena e poi, quel tocco tra i suoi capelli, che ricambiò con altri baci leggeri ed una stretta ai suoi fianchi.

- Andrè …

- Dimmi …

- Senti, … - mormorò lei, carezzandogli pigramente le spalle con una mano ed i capelli soffici con l’altra - … mi spieghi quella dello stalliere ubriaco e della dama in difficoltà? - chiese all'improvviso.

Andrè alzò lo sguardo su di lei, sbalordito.

La vide mordersi un labbro, sorridendo eccitata, maliziosa, ribelle, esigente.

"... la solita monella ..."

Il chiarore della luna più alta nel cielo, ormai prossima a cedere il posto all'alba, le illuminava il viso, ancora umido di sudore, ancora umido delle labbra di lui.

"...La Oscar di Andrè..."

- Facciamo che … ti do una dimostrazione pratica! – rise lui, ammiccante, cominciando a scendere coi baci, determinato ad annientare l'idea del mollaccione .

- No! No, che fai! – esclamò lei, falsamente autoritaria, leggermente ansiosa all'idea di perdere nuovamente il controllo di sè.

Ma non potè fare a meno di lasciarsi andare, mentre mormorava dei "no" sempre meno convinti, inframmezzati da tanti "Andrè" appena comprensibili ed un paio di decise invocazioni a dio.

E pensava alle tempeste del mare di Normandia, impetuose, irrefrenabili, inarrestabili, che avevano di certo meno ondate di quante lei ne aveva avute in poche ore in quel letto, arrivando a capire la definizione di "tempesta perfetta". (8)

Era così, lei ...La Oscar di Andrè: i suoi due aspetti.

Dura e fredda come il granito, con tutti.

Fragile e trasparente come un bicchiere di cristallo, con lui.

Cristallo che vibra, che suona.

E suonava e vibrava al suo tocco.

Senza quei falsi pudori, senza il ritegno, senza i freni, che l’avevano tenuta prigioniera fino a quel momento.

Lì, in quella stanza, che sarebbe stata la loro per molte notti in futuro; celando carezze, sospiri, risate e passione.

Tra le lenzuola bianche. Morbide. Fresche. Profumate.

Due corpi caldi, sudati, ansimanti, intrecciati.

… e sinceramente innamorati occhi azzurri su di lui nel buio.

Dovevano cogliere le possibilità, dove e quando potevano, per il tempo che il destino avrebbe voluto loro concedere.

Si erano cercati e tutto era cambiato.

Si erano detti che si volevano; avevano aperto i loro cuori, anche se era stato difficile; si erano confidati quanto bisogno avevano l’ uno dell’altra, quanto irrinunciabile ed incontenibile fosse tutto ciò …

Qualcuno avrebbe potuto accorgersene...

Forse un giorno sarebbero stati obbligati ad uscire allo scoperto, ad affrontare le conseguenze.

Di certo non era un gioco.

Era illegale.

Era pericoloso.

Era una pazzia.

Di certo era amore.

- FINE-

fine della minestrina ... Magra, eh?

davvero non avete rivisto l'opinione su Fersen? no? Provate a chiamarlo con un altro nome, magari quello che ho dipinto vi piacerà di più... E non venitevene fuori con la storia della rosa che anche con un altro nome avrebbe lo stesso profumo ... (o puzza, in caso di antipatia...). Lì, nascoste e zitte, lo so che ci sono fans dello svedese, che, eddai, non era poi così male!


1) Lo so: non sono certo la prima a parlare di cosa nascondono i loro duelli, ma ... è così, poco da negare.
2) in realtà, era molto riservato, ma lo volevo... nervosetto.
3) qui voglio proprio Cognac, niente Arras per Fersen!
4) Garou: "Viens me chercher", anche questa sparsa in giro ... Occhi troppo blu, troppo lucidi, per eccitazione o lacrime...
5) a questo punto dell’anime, di solito mi metto a gridare “digli sì, digli di sì!!!
6)
ok, forse fa un po' vampiro, ma vanno di moda
7) nero come l’ossidiana: descrizione della sig.ra Ikeda, senza la quale noi non saremmo qui e che dimentico troppo spesso di ricordare!
8) tempesta perfetta, definizione :

L'espressione tempesta perfetta si riferisce al verificarsi simultaneo di una serie di eventi che, presi singolarmente, sarebbero stati molto meno potenti che nella loro fortuita combinazione. Tali casi sono estremamente rari a causa della loro stessa natura, in quanto solo una minima variazione fra le componenti di un evento coinvolte in una tempesta perfetta ne diminuirebbe l'impatto globale. (rif. Wikipedia)


   
 
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