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Autore: Dean Lucas    04/10/2010    9 recensioni
Ian riabbraccia Isabeau ma scopre il prezzo del perdono di Ponthieu: i ragazzi si vedono costretti a ritornare con Isabeau nel presente in cerca dell'unico manufatto che può convincere Guillaume. Nel passato, una donna mette alla luce una bambina, senza sapere che avrebbe scritto alcune delle pagine più importanti della storia di Francia. Il suo destino si intreccerà con quello di Ian, Daniel, Isabeau e Ty, tra guerre e assedi, sconfitte e vittorie e soprattutto un nuovo amore più forte di ogni cosa. E quando tutto sembrerà ormai perduto, e la vita della misteriosa ragazza e il segreto stesso di Hyperversum saranno in grave pericolo, una donna dovrà prendere la decisione forse più importante nella storia dell'umanità. Chi c'è dietro Hyperversum? I ragazzi forse l'hanno sempre saputo, ma quando arrriverà finalmente il momento di conoscere la risposta, questa li sorprenderà più ancora delle loro incredibili avventure.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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HYPERVERSUM IV

 

 IL DESTINO DEL FALCO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hyperversum, data non disponibile

 

 

 

 

Quel grido terribile sembrava non dovesse più finire e tormentava senza sosta Jacques. Proprio adesso si era fatto ancora più orribile e quasi lui non riconosceva più il volto di sua moglie tanto era trasfigurato dal dolore.

Poi tutto si trasformò in silenzio. Fruscii, molti respiri ansiosi, un silenzioso affaccendarsi di mani esperte. 

Adesso poteva riconoscere ancora quel volto, sorridente e calmo, finalmente sereno: Isabelle teneva tra le mani una piccola creatura che prima non c’era.

“E’ una femmina, Jacques! La chiameremo Jeanne“ e come in risposta al suo nome appena nominato dalla madre, la piccola creatura emise un grido del tutto diverso da quelli uditi finora nella stanza, era la voce imperiosa e temeraria, indifesa e spaventata di colei che ancora non sapeva nulla né del mondo né del suo destino, ma che avrebbe scritto alcune delle pagine più importanti della storia di Francia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Montmayeur, Francia. Nell'Anno del Signore 1217

 

 

 

E' la gioia inattesa, la più grande felicità di un uomo.

Come da innamorati, tanto più si giudica se stessi indegni e inadeguati dinanzi all'altro, quanto più con incredula felicità si avverte che quegli stessi sentimenti sono ricambiati, così Ian assaporava il perdono del conte dopo non averlo più creduto possibile.

Le spesse mura di pietra di Chatel Argent ingombravano tutta la vista dei due cavalieri ora che si erano avvicinati sotto al castello. Ai loro lati, l'imponente prima cinta muraria proteggeva gli abitanti del borgo insediati all'interno nella piccola corte, mentre in altezza gli sguardi giungevano a stento fin dove le mura terminavano con le merlature dove sostavano le sentinelle di guardia.

Più in alto di ogni cosa, svettava la sommità del torrione centrale, dove dimoravano le due persone più importanti della sua vita:  la moglie Isabeau e il piccolo Marc. Tempo addietro, prima che il conte Guillaume de Ponthieu lo ripudiasse, su quelle stesse torri sbandieravano i vessilli coi colori bianco e azzurro del Falco d'Argento, ma ora quei colori erano scomparsi, del suo blasone non vi era più traccia. Lo stemma araldico, il suo titolo nobiliare, la sua storia, il suo stesso nome, tutto era stato cancellato dalla feroce rabbia di Ponthieu nello stesso momento in cui aveva compreso  l’inganno di Ian.

Adesso, accompagnato proprio dal conte, mentre imboccava il ponte levatoio già abbassato, Ian muoveva gli ultimi passi verso quella soglia che lo separava ancora dall'essere in quel mondo semplicemente nessuno oppure il conte cadetto Jean Marc de Ponthieu.

Vestito di stracci, smagrito ma temprato dal duro lavoro e dalla vita di severa penitenza e contrizione cui si era sottoposto negli ultimi  mesi, era stato comunque riconosciuto dalle guardie di Chatel Argent.

Riconobbe con piacere tra chi gli veniva incontro il barone Thibault de Chailly, leale compagno di tante battaglie: lo vide affrettare il passo fino al barbacane e poi fermarsi esitante, cercando nel conte un cenno rassicurante di approvazione.

Come in risposta ai dubbi di Monsieur Thibault, il Conte Ponthieu pose una mano sulla spalla di Ian ed esortò tutti i presenti a gran voce: “Cavalieri, soldati, abitanti di Chatel Argent, salutate il vostro Signore! Salutate il Falco d'Argento, il conte cadetto Jean Marc de Ponthieu è tornato!”

Tutti coloro nel frattempo accorsi all'interno della prima cinta muraria, non aspettavano altro e scoppiarono quasi all’unisono in un grido di gioia autentica, inneggiando al Falco d'Argento una volta, due volte e altre ancora, come un’interminabile eco che non perde mai di forza.

Ian avanzava lentamente mentre al suo passaggio la gente alzava le spade, sollevava gli archi, le balestre, le lance e persino chi non aveva armi, qualunque fosse la sua arte, levò in alto gli attrezzi da lavoro che portava in mano quel giorno, per salutare il Falco d’Argento.

Col cuore sempre più in gola, non osando ancora pensare a quello che inevitabilmente sarebbe successo da lì a qualche istante, Ian varcò l’ultimo cancello della seconda cinta muraria, avvicinandosi con Ponthieu al torrione.

Sullo sfondo, stagliandosi contro le grigie e livide pietre del castello, una figura delicata sembrava catturare tutti i colori all’orizzonte.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Isabeau, inconsapevole di quanto stava accadendo, era appena accorsa ai piedi della scala che congiungeva l'ingresso del torrione al cortile, rincorrendo il figlio sfuggito alle balie.

Lunghi riccioli d’oro le ricadevano sulle spalle e sul petto, in tante volute che traevano riflessi luccicanti alla luce del sole.

Era ora immobile davanti a Ian. 

Emozioni incontrollabili, singhiozzi e lacrime, che non aveva in nessun modo preveduto solo fino a pochi istanti prima, traboccarono improvvisamente in lei con una forza tale, agitando e percuotendo tutto il suo corpo, che per lungo tempo le impedirono di parlare o di muoversi.

Ma fu un’altra voce, acuta e gioiosa, a scuotere Ian: suo figlio Marc, nel tentativo di sfuggire ai rimproveri della madre, gli correva inavvertitamente incontro e stava per inciampare sui suoi stessi piedi, quando Ian lo prese al volo, portandoselo al petto.

Isabeau non riuscì più a mantenere il nobile contegno di castellana, cercò appena di asciugarsi le lacrime con la lunga manica dell’abito e corse anche lei verso il suo sposo, unendosi all’abbraccio di Ian e del piccolo, senza più cercare di tener a freno i propri singhiozzi.

Non ci fu bisogno di parole: così sicuri di pensare insieme e allo stesso tempo le stesse cose, che parlare sembrava loro inutile.

E quel mutismo delizioso, rotto solo dai singhiozzi di Isabeau e del piccolo, che vista la madre era scoppiato a piangere anche lui, durò – così sembrò a Ian – un tempo infinito e non avrebbe voluto spezzarlo mai più, desiderava semplicemente restare sospeso in quell’abbraccio per sempre, tanto era meravigliosa la sensazione di sentire ancora il calore di quei corpi avvinghiati contro il suo.

Dopo aver osservato la scena in disparte per qualche tempo, il conte di Ponthieu si avviò infine verso l’ingresso del torrione dove si trovavano Ian e Isabeau. Allargò le braccia intorno alla famiglia appena riunita e li accompagnò, incamminandosi lui per prima, verso la scalinata che conduceva alle camere nobiliari.

Il Falco d’Argento era tornato.

 

***

 

 

“Lasciatemi almeno chiedere perdono mio Signore, pietà!“ Isabeau aveva ritrovato finalmente la forza per ricacciare indietro le lacrime e cercava le parole per esprimere al suo precedente tutore la smisurata gratitudine per averle restituito Ian.

 “Vi prego di perdonarmi! Abbiate pietà di me, vi ho portato un così ingiusto rancore in tutti questi mesi!”

“E io infine ho compreso che sono stato ingiusto con voi due. Non dovevo negarvi la possibilità di spiegare” sospirò cupo Ponthieu.

 “Ma la rabbia... quell’ira folle che tempo fa provai per il tradimento del mio vero fratello, aveva preso di nuovo il sopravvento su tutto. Ho temuto, creduto un secondo tradimento…” ammise amaramente, “e non potevo ammetterlo né sopportarlo”.

“E io sono pronto ad assumermi le mie colpe, Guillaume!”, lo interruppe Ian. “Sono stato io a tradire il vincolo più sacro che esiste tra due fratelli d'armi: la fiducia. Non dimentico che se non può essere il sangue, la stima e l'affetto che ho per te, a unirci come veri fratelli, sei stato tu a conferirmi l'investitura di cavaliere…”

Ian sapeva che con quel gesto, il conte si era legato a lui per mezzo di un vincolo sacro e indissolubile.

“E come ti ho ricambiato io? Con l’inganno. Sebbene ogni mia azione è stata dettata solo dal desiderio di proteggere i miei amici e Isabeau, ti ho sempre tenuto nascosto tutto! Ho dovuto!”

Ian lo fissò con occhi disperati, la stessa disperazione repressa a lungo, per l’impossibilità di essere completamente sincero come avrebbe voluto.

  “Ma cerca di capirmi Guillaume, come potevo spiegarti? Come avresti potuto credermi?”

“Hai comunque sbagliato e so che sei troppo astuto per commettere due volte lo stesso errore. Eppure, non meritavi di vivere per sempre separato da tua moglie e i tuoi figli, senza nemmeno poter dimostrare la tua innocenza, non dopo tutto quello che hai fatto per me. Ma ho avuto bisogno di tempo… sì, di molto tempo, per arrivare a perdonare e a comprendere cosa avrei fatto con te.” 

Si rivolse quindi a Isabeau: “E non crediate che non abbia capito anche i vostri sentimenti di allora, Madame, non vi biasimerò per questo“, Ponthieu si fece pallido per lo strazio di dover ricordare l'immagine della sua pupilla col coltello in mano rivolto contro di lui.

 “Avete avuto il coraggio di alzare un’arma su di me. Pure, se affondavate la lama, non sareste riuscita a ferirmi maggiormente. Suppongo di dovermi chiedere con più cautela, la prossima volta, quale parte prenderà una donna innamorata”.

Un silenzio imbarazzato aleggiò per alcuni istanti finché lo stesso conte, che evidentemente vi aveva pensato a lungo in precedenza, aggiunse con parole studiate:

“Tuttavia, mon frère, pongo una condizione per poter riporre in te la stessa fiducia di prima”, la sua voce in quello stesso istante abbandonò ogni emozione per ridiventare fredda e decisa.

 “Voglio sapere in quale strano mondo vivete o avete vissuto tu e Monsieur Daniel, voglio essere sicuro che tua moglie, la vostra discendenza, finanche il nome del mio casato non abbia mai a dolersi della decisione di avervi accolto nella mia famiglia!” Attese un istante e quindi pronunciò le parole terribili:

“Mi porterai con te, così è deciso. Nel tuo Paese.”

Isabeau sgranò gli occhi e si portò la mano alla bocca, sconcertata, mentre Ian cercò disperato le parole che potevano dissuadere il conte da quel proposito, la cui enormità non gli permetteva nemmeno di pensare quale, tra le mille ragioni che gli affioravano alla mente, avrebbe più delle altre convinto Ponthieu a desistere.

“Non ti opporrai, non oserai! Sai bene che me lo devi, prima ancora che te lo ordini! Io devo sapere…”, Ian ancora non osava parlare.

“Più di questo, devo sapere che non vi sono più segreti tra noi per quanto terribili o inconcepibili“ e questa volta socchiuse leggermente gli occhi facendo balenare una collera antica e appena trattenuta, “o forse non vuoi accogliere il desiderio legittimo di fare chiarezza del tuo signore e fratello maggiore?“

Ian cercò disperatamente di obiettare che come aveva già sostenuto molti mesi prima, proprio il giorno in cui era stato ripudiato, non era possibile per uno straniero approdare nel suo mondo, che non funzionava così, che non era così semplice, che avrebbe acconsentito a qualsiasi altra prova, ma a quella non poteva. Non era in suo potere. Ma prima che altre parole gli uscissero di bocca, Ponthieu lo incalzò di nuovo in un crescendo inesorabile e tagliente.

 “Avevo dunque ragione di credere che ti ostini a nascondermi qualcosa! Non arrischiarti oltre ad abusare dalla mia generosità e della riconoscenza che serbo per te!” La collera si era impadronito ancora di lui e gli faceva stringere così violentemente la presa sull’elsa della spada da sbiancare le nocche.

“Trova tu il modo, non mi interessa come, né ho mai detto che doveva essere semplice. Tu, proprio tu se ben ricordo, non ti sei fatto scrupolo di irrompere in questo Paese, sconvolgendo le nostre vite e mettendole in pericolo col tuo segreto! Che si tratti di stregonerie o di miracoli come hai l'ardire di sostenere, ne risponderai un giorno dinanzi a Dio, ma ti prego di considerare che io”, aggiunse spietato, “il Conte Guillaume de Ponthieu, feudatario maggiore di Francia, non aspetterò quel giorno per conoscere tutta la verità su di te!”

Ian messo alle strette, dovette temporeggiare prima che la situazione gli sfuggisse di mano, acconsentire se non con le parole almeno con lo sguardo, ma con suo sgomento scoprì che non solo il conte aveva qualcosa di terribile da chiedergli quel giorno.

 Cela suffit Guillame! Je vous prie, je vous en supplie! Non commettete ancora lo stesso errore! Voi avete una moglie, una figlia e dei doveri che non vi permettono di allontanarvi da corte… Cosa dirà il nostro re Filippo Augusto? Lui si fida di voi come di nessun altro! E cosa diranno gli altri feudatari, non useranno la vostra assenza per indebolirvi? Vi prego, farò tutto quanto mi chiederete ma lasciate che sia io ad andare con Ian! Non mi importa quali rischi correrò, basta che non mi allontaniate un’altra volta da lui!“

Guillaume restò qualche istante in silenzio, ponderando attentamente quell’offerta. La ragazza sapeva evidentemente su cosa fare leva e non sbagliava a sostenere che non poteva lasciare che i suoi affari privati avessero la meglio sui suoi obblighi verso il re, specialmente in un periodo di grande incertezza politica.

Il principe Luigi VIII era stato infatti da poco sconfitto nella battaglia di Lincoln e aveva abbandonato l’idea di riunire Francia e Inghilterra sono la stessa corona.  Sullo stesso suolo francese i focolai della ribellione non scarseggiavano e Tolosa era in rivolta.

Isabeau fissava ora il conte inginocchiata a terra,  negli occhi la folle determinazione di chi è disposto a tutto pur di scongiurare di rivivere l’incubo che aveva appena creduto finito quel giorno.

“Mio signore, io non voglio… io… io non posso più separarmi da Jean, vi prego, non strappatemi ancora da lui. Io sento davvero di non poterlo più sopportare!”

Ian si soffermò su quegli occhi nocciola arrossati dagli abissi di lacrime versate fino a pochi istanti prima e chissà in quanti altri momenti in cui lei aveva pensato con disperazione alla propria solitudine.

Solo allora si rese conto di quanto lei avesse sofferto in quei mesi: il suo viso bellissimo, la pelle candida come porcellana, persino gli infiniti boccoli d’oro, erano velati dalla recente sofferenza.

Seppe che lei non avrebbe mai potuto tollerare un’altra separazione. La guardò ancora, innamorato di lei come il primo istante che ebbe incrociato il suo sguardo al monastero di Saint Michel e seppe che nemmeno lui avrebbe potuto sopportare di separarsi nuovamente da lei.

Ponthieu soppesò per qualche istante entrambi, poi annunciò:

“Dunque, se sarete infine voi e non io ad andare con Jean nel suo Paese, accetterete di essere i miei occhi e mi riferirete tutto. Ma farete di più. Oh sì, farete molto di più. Mi porterete una prova tangibile della vostra buona fede, qualcosa che non mi faccia dubitare mai più di voi due, non so ancora cosa, ma al momento opportuno sono più che sicuro lo saprete voi, Madame.”

“Guillaume, ascoltami ti prego”, s’intromise Ian, “non è possibile portare nulla dal mio mondo al tuo. Mi chiedi l’impossibile! Se vuoi che ti dimostri la mia lealtà, ti scongiuro di pormi nella condizione di poterlo fare davvero...” lo implorò.

“Tu mi parli di cose che sarebbero impossibili, quando tu stesso, per spiegare l’accaduto, prendi a pretesto giustificazioni impossibili!” constatò aspramente il conte, socchiudendo minacciosamente gli occhi.

 “E di grazia perché mai, se per Monsieur Daniel è possibile svanire davanti ai miei occhi in un istante, sarebbe impossibile ciò che chiedo? Dove mai si troverebbe il vostro mondo da non poter ammettere questo? Su in cielo forse? O negli inferi?”

“La domanda che dovresti pormi invece non è dove, ma quando! In quale tempo...” si lasciò sfuggire dalla rabbia, Ian.

“Basta! Tu ti prendi gioco di me! Bada che la mia pazienza, pur se ho acconsentito a riportati qui a Chatel Argent, potrebbe esaurirsi più velocemente di quanto pensi!”, lo minacciò il conte.

 “Ma stavolta dipenderà solo da te, non più dalle mie decisioni. Sta bene, io ti credo...” aggiunse con un ghigno di sfida dipinto sul volto, “non è ciò che desideravi? Non è questo che imploravi? Ebbene, io ti credo.” Rimase teatralmente in silenzio per pochi istanti e poi proseguì:

 “Ma affinché la mia fiducia non risulti mai più malriposta, farete anche voi due qualcosa per me. Tu e Madame porterete dal tuo Paese qualcosa che provi le tue parole, qualcosa che affermi la verità su quanto hai il coraggio di sostenere. Il modo in cui agirete, se Dio vorrà, testimonierà la vostra buona fede.”

A Isabeau non furono necessarie altre spiegazioni.

“Faremo questo per voi, mio signore. Grazie di averci concesso questa possibilità… Io conosco Jean, conosco Monsieur Daniel e Madame Jodie, so che loro non agirebbero mai nel male, il loro mondo non può essere malvagio come voi credete”. 

“Queste sono le uniche condizioni che pongo. Non tornerete senza la prova che desidero. Soddisfatemi e renderete felice anche me di avervi concesso il mio perdono. Non onorate questi patti, traditemi o ingannatemi e faccio voto che non rivedrete mai più i vostri figli. E in quel caso vi garantisco che dovrete temere per la vostra stessa vita se mai azzarderete a rimettere piede sul suolo di Francia”.

Ian comprendeva che Guillaume voleva davvero convincersi che la sua pupilla e colui che aveva amato come un fratello erano davvero in grado di dimostrargli la loro lealtà, al di là di ogni dubbio che ancora certamente nutriva.

Ciò nondimeno, si rendeva conto delle difficoltà di soddisfare le implacabili condizioni di Ponthieu: come sarebbe riuscito a portare Isabeau nel presente? Come avrebbe fatto a condurre al conte una prova della loro lealtà, una prova tangibile proveniente dal suo mondo? Per quanto ne sapeva Hyperversum non permetteva nessuna delle due cose.

Una paura che già in passato aveva sperimentato e con la quale aveva convissuto troppo a lungo, cominciò a impossessarsi nuovamente di lui.

Come avrebbe fatto? Avrebbe di nuovo mentito? Si costrinse a restare calmo e assaporare quel breve sprazzo di felicità che già prometteva di sfuggirgli di mano.  

 Era uno sforzo vano. La mente già vagava lontano, mentre serrava così strette le dita nei pugni da sentire pulsare vivo il dolore.

 Si vedeva pregare Daniel di trovare un modo per trasportare Isabeau nel XXI secolo. E Daniel che gli spiegava che era impossibile.

Si osservava nascondere Isabeau in qualche convento sperduto e partire con Daniel alla ricerca di qualcosa che potesse convincere Ponthieu riguardo al loro mondo e alla sua buona fede. Si sorprendeva a rapire come un miserabile ladro i figli e fuggire spregevolmente con la moglie, a dispetto del patto appena concluso. E si vedeva disperato mentre mentiva ancora e ancora… e si sentiva già sporco, insozzato, lordato al solo pensiero.

Qualsiasi cosa pur di non perdere ancora Isabeau e Marc.

“Dovremmo aspettare che monsieur Daniel ritorni qui” sentì dire dalla sua stessa voce, scandendo le parole con una calma studiata a beneficio del conte e Isabeau.

 “Solo lui può condurci nel mio mondo e dovrà passare ancora qualche tempo prima che arrivi. Inoltre Madame è in attesa di un secondo figlio e io ti chiederei se fosse possibile di...“.

 Ponthieu annuì prontamente, aspettandosi già quella osservazione.

“Il mondo che Isabeau vi racconterà al suo ritorno” continuò Ian, “potrà stupirvi e vi sorprenderà al di là di ogni vostra immaginazione“, questa volta annuirono sia Isabeau che il conte, “ma in quel mondo non c’è più male di quanto ve ne sia già qui, Guillaume. Vi dimostrerò che ciò che affermo è la verità” Si voltò verso Isabeau, cercando in lei la forza e la speranza di cui aveva bisogno per non affogare nell’angoscia.

“Non ho domandato io di poter venire in questo posto. Non ho chiesto io di mettere in pericolo la vita delle persone che avevo più care nel mio mondo. Non ho preteso io di diventare cavaliere o conte. Pure, questo luogo è quanto di più caro mi rimane, perché qui ho trovato la ragione stessa della mia vita”.

Isabeau ricambiò il suo sguardo con occhi grandi e liquidi.

“Ho trovato la famiglia e gli amici che ho sempre desiderato. Ho trovato il fratello che non ho mai avuto. Ho trovato la donna per la quale in qualsiasi momento darei in cambio la mia vita, senza rimpianti. Ho combattuto per averli e per difenderli. Costi quel che costi, non mi arrenderò adesso, Guillaume, ti porterò ciò che chiedi”.

            “Metteremo a repentaglio la tua vita, dei tuoi amici o quella di Madame, nel vostro viaggio?“ Domandò calmo Ponthieu.

“Non più di quanto abbia messo in pericolo la mia, quella dei miei amici e la vostra con il mio arrivo qui“ fu la lapidaria risposta di Ian.

“Sta bene, mi basta la vostra parola che mi darete soddisfazione. Poco dopo la nascita del vostro secondogenito, non appena Madame si sarà ripresa, sarete pronti per il viaggio. I vostri figli resteranno qui e farò provvedere io a loro durante la vostra assenza.”

Isabeau annuì con tristezza, cercando di non farsi sopraffare dal dolore di lasciare Marc e il neonato alle cure delle balie e delle dame di compagnia.

“Ora che tutto è deciso, se volete scusarmi, credo che raggiungerò mia moglie ad Auxi. E' un viaggio di due giorni e io mi sono allontanato dai miei doveri già per troppo tempo e mi accorgo“, aggiunse finalmente con una parvenza di sorriso,  “che sto trattenendo le effusioni di due innamorati...”

Quando ebbero salutato con deferenza Ponthieu e non appena questi si fu allontanato, le loro labbra si unirono in un bacio che pretendeva di voler recuperare tutti insieme i baci perduti negli ultimi mesi, spezzato appena dalle poche parole che riuscivano a dirsi, rassicurandosi a vicenda, promettendo, giurando, implorando, pregando il Signore che niente, più niente da quel momento, li avrebbe separati adesso che ancora una volta, contro ogni speranza, erano nuovamente una cosa sola.

 


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