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Autore: BigMistake    05/10/2010    1 recensioni
Dal prologo:«Sapete Colas, mia madre mi diceva sempre di aver paura dei vivi non dei morti!» le labbra truccate si distorsero in un sorriso sadico. «Non temo i fantasmi!»
Ispirato al musical cinematografico del 2004: Mentre si consuma il dramma del Fantasma dell'Opera la Parigi del 1870 sta cambiando. Gli ideali della Rivoluzione sembrano essersi dispersi, i ceti medi vanno via via scomparendo mentre la borghesia ed i nobili si preoccupano solo delle proprie tasche. Gli assetti della società mutano in maniera drastica, vecchie fazioni amiche si trovano su fronti diammetralmente opposti. La Guerra incombe sulla Francia con la sua scia di morti innocenti e corpi straziati, viziando il giudizio del popolo sull'Imperatore e decretandone il declino. Nell'ombra i vecchi giochi di potere e politica continuano a muovere i fili dei propri burattini. Questo è lo scenario mentre l'Opera Garnier è al rogo. Qualcuno osserva la scena, attende risposte da tempo. Ci sono mostri mascherati da Angeli, Angeli caduti che cercano di rialzarsi, ali strappate... Ed al Fantasma dell'Opera non resterà che adeguarsi al mondo che l'aveva rifiutato ...
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christine Daaé, Erik/The Phantom, Madame Giry, Nuovo personaggio, Raoul De Chagny
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lumière Noire - Deux anges tombés'
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CHAPITRE UNE: Pardonnez moi.

 

Vedeva il suo sangue freddo vacillare per una volta. Era stata anche lei una marionetta di quel bambino nel paese dei balocchi, l’aveva sfruttata come tramite per il mondo esterno. Scambi epistolari, versamenti bancari delle sue piccole fortune, comprare i beni primari di una sopravvivenza al limite delle belle fiabe orientali.

Ma la colpa batteva i suoi rintocchi sulla coscienza.

Le stava negando di entrare.

Il bambino spaventato che faceva quegli stupidi scherzi agli inservienti, via via sempre più crudi e articolati, per poi ascoltare estasiato le prove dell’orchestra non vi era più. Vi era un uomo. Capace di uccidere. E di fare del male alla sua bambina. Christine.

Cosa ho fatto?

Non sarebbe bastata la mano a pulire la sua faccia, né l’acqua a scrostare la fuliggine del teatro caduto in rovina a causa della sua distaccata comprensione. Lei aveva alimentato un’ossessione deleteria per entrambi, non aveva fermato Erik. Sarebbe stato possibile?

Vuole solo aiutarla a sviluppare il suo talento.

Cieca convinzione che si ripeteva ogni notte, per poter convivere con la consapevolezza della morbosità di una povera creatura di Dio relegata nella più completa solitudine.

«Maman?» la mano di Marguerite si era stretta attorno a quella dell’integerrima Madame Giry, composta e fredda perfino nella commiserazione delle sue colpe. «È molto tardi, io devo andare a dormire!» Fuori dalla finestra il manto oscuro di una notte ancora senza stelle aveva espanso la sua macchia. Quella coperta grigia che nascondeva ogni singolo astro aveva ancora il sentore della cenere e della vernice bruciata dei baldacchini, l’odore acre della carne di coloro che non avevano trovato il giusto appiglio per riemergere dall’oceano di fiamme e dolore. Le sarebbe bastato così poco, solo allungare le braccia ed avvolgerle intorno le spalle della figlia, ma non ebbe il coraggio. Un Angelo biondo, dalle ali di tulle e con le punte ai piedi.

Ricordava quando una bimba la canzonava scimmiottando piroette e jeté, spiccando balzi, ruotando su sé stessa con estenuante determinazione e chiedendo al padre, che dopo poco non ci sarebbe più stato, di farle da porter.

Le prendeva le piccole manine candide e lei, su di una gamba, pretendeva di farla girare. Quante volte l’aveva sgridato di non saperlo fare bene, con quel cipiglio delizioso di una perfetta professionista della danza in miniatura. Madame Giry rimaneva ferma in un angolo, non gustando la scena se non di striscio, senza mostrare alcun sentimento, sistemando le scarpine delle ballerine dell’Opera, l'unico ruolo che le era rimasto da fare quello che le era rimasto. Non interpretrava Giselle e la sua pazzia, non un'Odette che moriva per amore e la sua Shylfide aveva definitivamente perso le sue piccole ali trasparenti per un lavoro da aiuto sarta.

Poteva fare solo questo, sapeva cosa comportava un matrimonio nella sua promettente carriera.

Antoinette, devi scegliere. O la danza, o l’amore!

Una giovane donna sposata non potrà mai fare la ballerina.

Una giovane donna sposata ed incinta non potrà mai fare la ballerina.

Una giovane donna vedova e con una figlia, però, può diventare una coreografa.

Lo aveva ripetuto spesso alle sue allieve, omettendo l’ultima parte per non creare illusioni su quella che era stata solo sfacciata fortuna. Potevano fare tutto quello che volevano: trovarsi ricchi ammiratori, amanti e compagnie. Ma mai dovevano amare qualcuno. Le ballerine dell’Opera devono essere perfette, tutte uguali. Devono muoversi con grazia perfino quando la mattina scendono dal letto, non possono amare e volere una famiglia perché essa sforma il corpo e la mente. L'unico modo in cui il loro corpo poteva cambiare era trasformandolo con forme innaturali: la schiena doveva flettersi come un debole giunco, le sue gambe cercare di sollevarsi sempre più su raggiungendo angolazioni improbabili, i suoi piedi arcuarsi sul gesso che le feriva le dita fino a sanguinare e sul volto non vi doveva essere il dolore e lo sforzo, ma la grazia di muscoli affusolati sulle sue giunture morbide.

Il suo di corpo invece aveva iniziato a cambiare non per raggiungere la perfezione del movimento. Era un rigonfiamento del ventre, assolutamente previsto da Madre Natura, che cresceva assieme alla sua vita all’interno. La piccola Marguerite. Amata al di sopra di ogni altra cosa.

Voglio tenere il bambino e voglio sposarmi!

E se fosse nata con un’imperfezione, una piaga a deturpare la sua bellezza aggraziata, l’avrebbe amata allo stesso modo incondizionato? Avrebbe avuto il rimorso di aver rinunciato alla danza per lei?

Sì, l’avrei amata. Come ho potuto tradirti Erik? Una madre non si comporta così ed io sono stata la figura più vicina ad una madre che tu abbia mai avuto …

Il ricordo di un Erik bambino che le chiedeva di aggiustare il bottone della giacca, così timido ed impacciato anche nelle piccole quotidianità, sovveniva ad ogni ago intriso di afflizione che le si stava piantando nel petto. Gli aveva portato un po’ di pane bianco e del formaggio avvolti nel suo fazzoletto ricamato, nascosti durante la mensa al collegio. Come tutti i giorni li avrebbe lasciati nella Cappella del teatro, un metodo assodato con cui lo riforniva anche di vestiario e altri oggetti che potevano tornargli utili. Quella sera invece l’attese nell’ombra. Antoniette sobbalzò dalla paura, sussultò, ma rimase muta e fredda lasciandogli il tempo di spiegare che non possedeva attrezzi per il cucito e non sapeva come riattaccare il bottone.

Cosa sei diventato ora Erik? Cosa ho sbagliato con te?

«Allora buonanotte Maman!» Meg non avrebbe ottenuto ciò che con la sua muta richiesta stava implorando, forse per una volta dopo le ore terribili passate all’Opera pochi giorni prima, le serviva la madre piuttosto che la coreografa del suo corpo di ballo.  Aveva sperato che il suo muro freddo di austerità crollasse, lasciando trapelare anche solo una delle sue emozioni, anche solo con un piccolo abbraccio. Rimaneva inerme, senza muoversi,  assaggiando mestamente la cena e contemplando il fuoco del camino prima di coricarsi. Poteva nasconderlo a tutti, ingannare persino sé stessa ma non lei, non sua figlia. Le piangeva il cuore, anzi, le sanguinava come Dio solo avrebbe potuto sapere.

Non si stava dando pace. Come poteva dopo che Madame Giry aveva perso due dei suoi figli: Christine ed Erik.

«Buonanotte Marguerite!»avrebbero continuato la loro vita, come dopo la morte di suo padre, facendo finta che tutto fosse solo un sogno, ignorando il passato e come gli eventi fossero mutati. Fece per allontanarsi, ma con sorpresa sentì la voce di sua madre. «Marguerite!»

«Sì, Maman?»

«Domani andrò a trovare tuo padre al cimitero, probabilmente non mi troverai al tuo rientro …» quello spiraglio di speranza era stato richiuso brutalmente dallo sguardo triste e cerchiato dalla stanchezza delle sue notti insonni che le rivolse.

«Quindi nemmeno domani verrete a farci lezione?» lo sforzo di andare avanti una delle due lo stava facendo almeno.

Le ballerine non possono fermarsi, i muscoli non devono perdere allenamento, i piedi devono continuare a sopportare il dolore ed assuefarsi. Chiunque avrebbe fatto carte false per accogliere le Ballerine di Palais Garnier: uno dei nobili  presente in quella notte rischiarata dall’inferno aveva prestato una delle sale della sua villa per permettere loro di continuare a studiare finché non trovassero un’altra compagnia.

«No, madame Blanchard mi ha accordato la sostituzione per ancora due giorni.» Rispose asciutta. «Ora va a dormire … »

«Di nuovo buonanotte…»

Non le faceva bene continuare a guardare il fuoco continuando a ricordare, una punizione che si stava infliggendo da due sere mentre il tempo imparava a scorrere sempre più lentamente. Che strana cosa il tempo: assume diverse forme e colori, passando da un allegretto ad un moderato con la stessa facilità che aveva Erik nel comporre la sua musica.

Forse non esiste una punizione abbastanza dura per me …

Dal piano superiore il debole clangore della porta di Meg non le sovvenne, troppo occupata ad ascoltare il tarlo che le rosicchiava l’animo, e non sentì nemmeno il rumore morbido di qualcosa che venne scaraventato contro il muro. Nemmeno il giuramento di odio eterno proferito all’oscurità della notte.

Meg era arrabbiata. Furiosa.

Contro lei.

La maschera trovata nei sotterranei e custodita nel suo scrittoio d’avorio. Celata agl’occhi struggenti di una madre sofferente.

«Maledetto, ti sei preso la mia migliore amica ed ora mia madre!» era il bisbiglio della giovane ballerina tra le lacrime. «Ti odio, che Dio ti maledica!»

La maschera immobile che giaceva a terra come un ultimo baluardo del suo temibile portatore, l’osservava sbieca. E pensare a quanto terrore incuteva anche il solo pensiero di quel cuoio bianco a celare nient’altro che un uomo folle, il cui solo scopo era far di sé e della sua musa una leggenda nella leggenda.

Forse la sua vera deformità risiedeva nella maschera, che prolungava un desiderio malsano di normalità.

«Non mi fai più così paura, sai?»

I denti delle ballerine non tremano più al solo immaginarti. Non sei nient’altro che una maschera.

Tra le mille gocce di sale che le rigavano le guance, finalmente, nacque un timido sorriso di fiele.

Aveva il sapore amaro di una rivincita, l’agre vittoria della guerra calpestando il cadavere di un’idea terrificante.

Non lasciarmi sola, Christine, ho paura.

Le diceva sempre così quando ancora bambine osavano allontanarsi dal gruppo di allieve per visitare il Teatro. La sua amica non le diceva nulla, nessuna parola di conforto o per neutralizzare quelle sue puerili angosce. Le sorrideva sicura. Anche se Meg non ne era a conoscenza, Christine sapeva che c’era il suo Angelo della Musica a proteggerle.

O a ghermirla tra le sue spire.

Non siamo più quelle bambine Christine.

L’ultimo pensiero rimase nella sua testa, una cantilena strusciata e dolorosa che la condusse al sonno prima ancora di potersene accorgere.

La candela si andava sempre più consumando, cercando con tutta sé stessa di lottare contro il filo delle Parche. La fiamma traballava e si scuoteva ad ogni spiffero, fin quando uno più pesante la costrinse a capitolare.

Si spense.

Il silenzio di un cuore infranto che non batte più.

Hai ragione ad odiarmi, madamoiselle Giry.

«Mi dispiace deluderti petite Giry, Dio mi ha già maledetto!» un sussurro che non voleva disturbare l’orecchio stanco di quella fanciulla. Solo il dorso delle dita a saggiare il piastriccio di lacrime e polvere, un movimento delicato e freddo che fecero mugolare la ragazza come se l’infastidisse la stessa aria che aveva spento la candela. Il visino soffice contratto in una smorfia, bella come la madre sua Salvatrice e sua Sentenza di Condanna. Aveva fatto del male anche a loro, forse fra i colpevoli le più innocenti.

Ricorda, Erik, perché sei venuto.

Madamoiselle Giry dormiva nel suo letto ancora vestita.

Il Fantasma vagava indisturbato nella casa, sollevando da terra la sua pelle.

L’arto mancato del mutilato di guerra.

La maschera era finalmente tornata da lui.

I lineamenti modellati sul volto a riflettere l’immagine perfetta della sua simmetrica sinistra, si adagiarono sulla sua pelle tumefatta. Gli occhi potevano beneficiare di quella visione filtrata della realtà, tutto stava tornando sotto il controllo del Fantasma dell’Opera. L’uomo distrutto per amore doveva sgretolarsi sotto l’imponenza dell’entità che lo specchio stava raffigurando.

Il buio non mi fa più così paura.

L’oscurità non poteva nulla contro due occhi cangianti come quelli di un gatto, a cui occorreva molto meno di un pallido spicchio di luna calante per muoversi fluidi come di giorno. Ora gli occorreva solo qualche abito pulito, qualche piccolo ricordo di Erik che la buona Madame Giry aveva conservato. Si sbagliava.

Madame non era riuscita a salvare quasi nulla alla collera della gente, solo un mantello ed una giacca nera.

S’intona con la tua anima.

Girovagò ancora a lungo fra quelle mura, cercando come un ladro altro che gli appartenesse, quando ad un tratto si trovò faccia a faccia con una porta chiusa. Non esistevano porte chiuse per gli spettri, sapevano muoversi attraverso la materia spostandosi come figure evanescenti di un passato finito.

Eppure quando le sue dita provarono a penetrare nel legno quello che sentì fu la sua rigida resistenza ed il cigolio dei cardini.

Sono ancora un uomo quindi.

L’ironia funerea della Sorte lo portò a beffeggiarsi della sua sciocca intuizione. Non era la maschera a fare di lui il Fantasma, ma la gente che lo guardava in trasparenza. Una bottiglia di vetro vuota. O piena?

«Erik …» chi era a pronunciare nel silenzio irreale della notte? Proveniva da quella stanza socchiusa, da cui gli ultimi scoppiettii di una brace morente facevano da padroni.

La curiosità uccide il gatto!

Doveva darsi ragione e fidarsi per una volta della sua vacillante mente. Arretrò di un passo per dirigersi verso la porta, per una volta voleva fare il galantuomo ed evitare finestre e balconi. Il tallone si posò sul pavimento e con risoluta lentezza gli fece da perno per andarsene dall’ennesimo tradimento. Non aveva previsto una confessione più dolorosa di una stilettata nel petto.

«Erik … perdonami …» ogni suo muscolo si paralizzò, le spalle rigide come il profilo di una montagna erosa dal tempo, le braccia molli lungo i fianchi terminando con due pugni impalliditi dal troppo stringersi. Una furia cieca passò nella sua mente, pronto con la sua velenosa ironia a controbattere a quella preghiera.

Come si permetteva di chiedergli perdono? Poteva valere la parola di una persona proclamata tua amica che indica alla santa inquisizione la tana della strega?

Fu come una scossa, partì dalla bocca dello stomaco e s’irradiò fino al viso. Un tremore in cui era condensato tutto il suo furore di mostro. Si era ripromesso di apparire in quella casa come uno spettro e sparire in maniera altrettanto evanescente, non voleva cedere all’insano desiderio di vendetta contro Madame Giry.

La concessione era quella, la sua misericordia si sarebbe limitata ad un lasciarla stare.

Non possedeva più un cuore in grado di perdonare.

S’inoltrò a grandi falcate verso la porta, spalancandola incurante di farsi sentire. Voleva il perdono? Avrebbe ottenuto soltanto la paura.

Era questo Erik per gli altri, paura.

E per lei sarebbe stato l’ultimo ricordo di lui, per chi non l’aveva mai considerato un mostro lo sarebbe diventato.

Non l’aveva sentito. Madame Giry rimaneva immobile sulla sua poltrona di spalle alla porta, senza nemmeno voltarsi e degnarlo di un maledetto sguardo.

Sei più inesistente di quel che credi, Erik.

 Un passo, due passi ed una mano che mollemente cadeva da un lato come inanimata, cerea ed immobile più del dovuto.

Il Fantasma si trasformò in una statua di sale, inchiodando i suoi  piedi sul legno ricoperto di un elegante tappeto.

Possibile che tu l’abbia uccisa senza muovere un dito?

Non Madame Giry.

Voleva spaventarla ed invece fu lui ad essere terrorizzato.

Sentiva il suo cuore pulsare in ogni anfratto con indicibile violenza, le tempie gli parvero scoppiare, il respiro gli si mozzò in gola. Era un ingrato, l’aveva tradito eppure non voleva che ponesse fine alla sua esistenza per il rimorso.

Lui era solo un mostro, non meritava tanto.

« … Erik …» la sua voce impastata dal sonno lo fece riprendere da quelle sue sconclusionate conclusioni: sta solo dormendo. Raggiunse quella mano accarezzando il braccio dal gomito fino alle dita che cedevano alla forza di gravità creando una conca perfetta. Il pollice e il medio che si cercavano come due amanti desiderosi.

Non irrigidire il polso, ogni fibra del tuo corpo deve essere contratta ma morbida. Devi tenere le mani in questo modo, Marguerite, le dita naturali, rilassate. Devono essere il prolungamento del tuo braccio ed andare oltre la sua linea spingendo l’occhio a guardare lontano.

Era stata una delle prime lezioni di Meg, la posizione delle mani e delle braccia. Come se stessi tenendo un grande mazzo di fiori. E lui era presente anche in quella occasione, in quel frangente intimo di madre e figlia che avrebbe dovuto lasciare solo ed esclusivamente a loro.

Non smettete mai, Madame?

Gliela prese delicatamente sentendo il gelo sulla sua pelle e la condusse insieme all’altra sul suo grembo. Ogni proposito di ira funesta e terrore, era volato via, spento nello stesso tormento che aveva visto nel viso contratto in un sonno scomodo su di una poltroncina del salotto. Non riusciva nemmeno a spostarsi dall’unica mano amica che aveva conosciuto, dolce quando aveva accarezzato il demone della sua faccia. Non aveva mai provato ribrezzo per lui.

Ti ho già fatto male abbastanza, sarà la tua coscienza a non darti pace. Il mio ricordo.

Almeno qualcuno si ricorderà di te, Erik.

Le labbra della donna si contrassero in una smorfia dolorosa, le palpebre presero a stringersi più forti lasciando che una lacrima vincesse sulle sue gote pallide e segnate dalla stanchezza. Un gemito poi le proruppe angosciato, mentre la mano di Erik si ritirava ustionato da quel contatto umano. 

«Erik … perdonami …»

«Io ti perdono … ma tu riuscirai a perdonarti?» aveva risposto senza nemmeno pensare. Doveva lasciare quel luogo immediatamente, non voleva che la compassione lo facesse desistere ancora.

Devi riprendere il tuo regno, non indugiare in altri sciocchi sentimentalismi Erik.

Ma prima un’ultima gentilezza.

Il fuoco del camino si stava spegnendo, la stanza diventava sempre più fredda.

Solo un’ultima premura e poi sarebbe sparito per sempre.

Avrebbe ravvivato la fiamma e se ne sarebbe andato, tutto nel più assoluto silenzio.

Fine dell’indulgenza.

Prese l’attizzatoio con tutte le intenzioni di far presto, ma una macchia gialla attirò il suo sguardo proprio sopra la mensola del focolare. Un foglio, no una busta con il suo nome vergato di nero. La prese e la rigirò tra le mani studiandola in tutto il suo mistero.

Mi attendevi dunque, Madame?

D’un tratto poi la donna si agitò nella sua poltrona, scuotendo le spalle rabbrividite dal freddo crescente. La sua bocca riprese astringersi come il preambolo ad una sinfonia composta nella testa del suo compositore. Avvertiva la sua presenza, era come se sapesse che in quella notte fredda e grigia avrebbe potuto scusarsi.

Aprì gli occhi cercando nell’oscurità il fruscio velato del suo mantello, ma l’unica cosa che avvertì fu un rumore sordo di metallo contro stoffa.

L’attizzatoio giaceva in terra accanto al camino, la lettera era scomparsa e la porta fluttuava come un drappo di velluto toccato da poco.

Sapevo che prima o poi saresti venuto.

Anche a Madame Giry era quindi stato concesso un sorriso quella notte.

 

Note dell'autrice: Buonaseeeera ... A gran sorpresa il primo capitolo ... Ovvio che dovevo far passare Erik da Madame Giry, anche se si è mosso durante la notte e mentre dormivano. Siamo a due giorni dall'incendio, Spero di aver reso le due Giry nel migliore dei modi, personalmente le ho ritenute due grandi nel film. Mi piasevano tanto e ho dedicato loro il capitolo, anche perchè non credo ci saranno nuovamente. Non metto la mano sul fuoco comunque, la mia mente certe volte vaga da sola incontrollata chissà cosa può far cicciare fuori ... ^^

Volevo ringraziare GiulyRedRose per aver messo la storia tra le preferite e averla commentata nel prologo (autrice che tra l'altro apprezzo quindi sono molto più che onorata). Allura allura ... rispondendo alle tue curiosità posso dirti che non ci sei andata molto lontano, ma non è esattamente una "prostituta - assassina" (tranquilla avevo capito in che senso intendevi con il termine prostituta ^^). E poi lasciami dire che la tua considerazione su Erik, cupo e terribile (si a me piace la sua parte più oscura, ma anche quella capace di amare e - piccola anticipazioncina - in questo si scontrerà con qualcuno ghghgh!!!^^), mi ha fatto saltellare felice di qua e di là come una scema con le manine tutte euforiche. Il particolare del vestito era solo per far capire che era elegante perchè si trovava a teatro a guardare il Don Juan, comunque del perchè vogliano Erik si saprà nel prossimo capitolo ghghgh!!! Ah e Christine sono incerta, dipende se farà la brava. Di sicuro la famiglia del caro Roul centrerà, eccome se centrerà muahahah.

Approfitto di questo per dire che ci sarà il fratello di Roul, Philippe de Chagny. In realtà nel romanzo di Leroux muore, ma tanto nel film del 2004 manco lo fanno vedere (io non lo ricordo) quindi io, riferendomi a quello (anche se la caretterizzazione cercherò di mantenere quella del romanzo, ho letto un trattato interessante su di lui), ce lo metto vivo e vegeto. Licenza poetica, muhahahah! 

Non puoi capire poi quanto mi sono schiattata dal ridere alla scenetta Erik/Malice: li ho immaginati tipo Mignolo col Prof che canticchiano la sigla del cartone. Buhahahah!!! Andiamo alla conquista del mondo, Sììììììì! Grande!^^ Bhè spero che commenterai anche questo di capitolo anche se è un po' d'intramezzo ed ancora il vivo della storia non è arrivato. Comunque non temere già dal prossimo vi saranno spiegazioni ... qualcuna ... Me malefica!!!Besitos nina! E grazie ancora!!!^^

Ringrazio tutti coloro che comunque sono passati di qui!!!Mi onorate anche con la vostra presenza nel counter delle visite!!!Azzie a todos!!!

Un bacione la vostra pseudo scrittrice pazza.Mally

   
 
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