Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Pleasance Carroll    06/10/2010    3 recensioni
ciao a tutti!questa è la 2 storia che scrivo su Twilight abbiate pietà di me non sono molto brava...comunque mi è venuta in mente rileggendo BD...Didyme,la moglie di Marcus,mentre è a caccia trova una bambina che decide di chiamare Erice,in onore del luogo dove si è cibata dei suoi genitori,ed in effetti,portata agli anziani è questo il destino che decidono anche per lei una volta cresciuta ma... possibile che un'umana possa diventare "discendente"dei Volturi?leggete e fatemi sapere!a proposito mi dispiace per il rating,non sono molto pratica ma spero di avrci azzeccato...
Genere: Romantico, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo XIV

Il castello di carte

 

La luce obliqua del tramonti sfiorava delicatamente ogni cosa, ormai, ogni profilo della splendida campagna toscana; tutto sembrava emanare calma, torpore, pace…eppure, un unico, straziante lamento portato dalla brezza leggera, si spargeva ovunque, mutando il bel viso di quella tranquillità in un’inquietante atmosfera da cimitero.

Erice era ancora sdraiata sul prato di quel boschetto sfigurato dalle fiamme, le ultime ceneri di sua madre strette nei palmi serrati, graffiati, come se non avesse voluto lasciarla andare. Il lamento proveniva da lei; il volto distrutto dal dolore, nelle narici ancora tracce dell’intensissimo profumo dolciastro del rogo.

All’improvviso il vento calò d’intensità, e le sue deboli orecchie umane percepirono un minimo scalpiccio di passi:

-         umana, Erice…- la chiamò una voce dura, simile ad un ringhio che si abbassava via via di tono.

La ragazza sobbalzò, mettendosi carponi di scatto nonostante si sentisse totalmente annientata nei sensi ed in ogni fibra del proprio essere. Le mani tremanti corsero subito alla chiazza d’erba dove ricordava di aver sentito cadere il pugnale, ma dovette procedere a tentoni, febbrile, persa: non c’era nulla!

Con un sospiro soffocato capì che la sua arma era sparita e, consapevole di essere ormai indifesa, non ebbe altra scelta che alzarsi in piedi, volgersi in direzione della voce e scrutare la figura sconosciuta attraverso gli occhi appannati di lacrime. Una sagoma inquietante stava davanti a lei, rigida come una statua, il volto bianco, l’abito lungo e nero come un mantello…se non avesse avuto quella chioma tanto bionda da sembrare bianca, Erice avrebbe detto che quel vampiro fosse la morte.

-         Ca…Caius? Siete venuto a finirmi?- mormorò, la voce rotta dal pianto mentre tremava; gli occhi guizzavano ancora qua e là alla ricerca del pugnale.

-         Non ti sei accorta che quando che, quando si è dileguato, Aro ha preso con sé il tuo pugnale, vero?- la rimbeccò, pungente; lo sguardo ridotto a due fessure. A quelle parole, la testa dell’umana vorticò tanto da destabilizzarla.- avevo deciso di seguire quel folle questa mattina, quando ho notato che aveva sottratto dalla mia collezione quell’oggetto tutto inciso e decorato, che gli hai visto usare per dar fuoco a…- Caius perse in quella particolare spiegazione, forse perché si sentiva in dovere di dare qualche risposta alle mille domande che brillavano mute negli occhi verdi della ragazza, ma non disse il suo nome, e tuttavia, pur essendogliene grata, Erice trattenne a stento un singhiozzo.- e sarei anche riuscito a proteggerti, e far sì che quel vampiro non ti vedesse, se non ti fossi dimenata come un animale e non avessi urlato!-

La figlia di Didyme rimase in silenzio, sbalordita; se non si fosse trovata in una circostanza così…strana, avrebbe anche avuto modo di riflettere sul perché Caius si riferiva ad Aro usando nomignoli che servivano a sminuire la sua autorità,- dal momento che fino a qualche giorno prima gli aveva mostrato il massimo rispetto- ma si sentiva tanto spaesata dalla situazione in cui era capitata che quella parole la ferirono come fossero state qualcosa di solido.

Poi, improvvisamente, il suo cervello tornò a quanto le era accaduto poco prima…possibile che quella stratta gelida che aveva avvertito attorno a sé, che l’aveva tenuta ferma, provenisse da Caius e non dal suo intimo?

-         penso che da ciò che hai sentito e visto, oggi, tu abbia avuto la possibilità di capire veramente chi è Aro, dopo tutto questo tempo. Didyme avrebbe dovuto sapere che suo fratello è tanto attaccato al potere, che le avrebbe negato la possibilità di lasciare i Volturi, ancor prima che lei glielo avesse chiesto. L’idea è divenuta assolutamente proibita, poi, quando lei ha fatto cenno al fatto che nella sua idea di “nuova vita” eravate previsti anche tu e Marcus.- continuò il compagno di Anthenodora, le mani raccolte dietro la schiena mentre passeggiava avanti e indietro, come se stesse discutendo di una semplice questione politica o burocratica; invece che di quel caso tanto delicato.

-         Perché Aro avrebbe fatto…questo? Rischierebbe tanto pur di tenere me e Marcus nella congrega? Perché si è spinto fino ad uccidere sua sorella?- intervenne lei, tanto confusa da non riuscire neppure a capire se, il sussurro nel quale si era espressa, fosse stato comprensibile.

-         Ha ucciso sua sorella perché si sentiva minacciato da lei; le voleva bene ma credo abbia cominciato a vederla come un elemento destabilizzante per il clan quando Didyme si è affezionata a te; ed inoltre, il fatto che volesse portargli via Marcus(che è il membro degli Anziani di cui Aro si fida di più, oltre che quello più potente, ai suoi occhi- dal momento che la sua abilità è molto utile su un campo di battaglia) gli ha fatto capire che sua sorella rappresentava un pericolo: se tutti i membri dei Volturi avessero seguito il suo esempio, infatti, presto la congrega avrebbe perso credibilità e potere. Il bastardo voleva tenere anche te perché ti considera solo una preda, non un membro della Guardia, ed intendeva insegnarti che non puoi mutare condizione; rimarrai per sempre marchiata con quella sotto la quale sei nata.

Ora che ti sei esposta, credo, però, che si senta minacciato anche da te, perché conosci uno dei suoi segreti, e lo hai sfidato. Smetti di piangere, stupida! Questo non riporterà Didyme in vita! Apri bene le orecchie su quanto sto per dirti, invece!- Caius perse la pazienza, vedendola piangere, così l’afferrò per le spalle, scuotendola con forza.

L’idea che sua madre Didyme ormai non fosse altro che polvere lontana, faceva perdere ad Erice ogni speranza, ogni voglia di vivere. Sentì che le ginocchia le tremavano, ogni particolare del paesaggio attorno a lei, vibrava…

-         il fatto che tu abbia assistito a quanto ha fatto, ti ha reso, agli occhi di Aro, una minaccia, perciò cercherà di renderti la vita impossibile. Ti consiglio di comportarti come se non fosse accaduto nulla, di mantenere un profilo basso, e di restare sempre incollata a Santiago, perché- in quanto tuo compagno- ti proteggerebbe a costo della sua stessa vita, ed inoltre, ha giurato di vendicarsi di Alec, Jane, Felix e Demetri, per quello che ti hanno fatto…- ripetè lentamente il vampiro, mentre la teneva per un braccio, per essere sicuro che lei avesse compreso bene quanto fosse ostica la situazione che le si stava proiettando dinnanzi.

Erice cercò di riprendere il controllo di sé mentre quello parlava, ma, soggiogata com’era dalle emozioni, non le risultava affatto semplice mantenere il cervello attento, freddo, pronto ad accogliere tutte quelle informazioni, le quali, tra l’altro, non avevano senso, le sembravano impossibili.

-         ma cosa…diavolo state dicendo, Caius? Come potete anche solo pensare che io possa fingere di essere cieca davanti a ciò che è accaduto? Aro ha ucciso sua sorella, mi ha privato di mia madre, ed ha dovuto far ricorso ad una trappola per impedirci di partire; per avere- a quanto dite- la sicurezza di mantenere unita la congrega! Come dirò a Marcus cosa è successo? Ne sarà di certo distrutto e vorrà vendicarsi, fare giustizia…che è ciò che voglio…che esigo anch’io, anche se non riesco a spiegarmi perché quell’assassino vigliacco abbia rubato il mio pugnale!- la ragazza prese coscienza di tutto il dolore che provava, che l’avvolgeva; giunti quindi al limite della sopportazione, il suo cuore e la sua mente, lo mutarono in qualcosa di solido, facendo sì che fuoriuscisse dalle sue labbra con violente irruenza, in un conato di parole.

Caius tese le labbra sottili in un sorriso maligno e, con durezza dichiarò:

-         sarai costretta a fingere, poiché altrimenti dovresti spiegare la verità, e nessuno nel clan dei Volturi metterebbe mai in dubbio la parola del fondatore della congrega, in favore di un’umana, seppur membro della Guardia. Marcus, poi, non dovrà sapere nulla, per alcuna ragione: lascia che si crogioli in torturanti dubbi sul motivo della scomparsa della compagna; nel frattempo osserva il comportamento di Aro con attenzione. Questo ti permetterà di anticipare le mosse del tuo nemico e quindi avere salva la vita. Creati però, degli alleati, come Santiago, Evangeline- ti difenderebbe sempre anche lei, come il tuo compagno, dal momento che ti ha cresciuta ed aiutata anche in altre occasioni- e…potrai contare anche su di me: ti proteggeremo. Ma dovrai tenere segreto con tutti ciò che hai visto oggi.- la fissò con gli occhi cremisi che mandavano lampi; era aspro e serio tanta era l’importanza del patto che stavano stringendo; ma sembrava anche amareggiato, forse perché era la prima volta che si scontrava con emozioni umane e passionali, come il dolore che stava provando la ragazza.

-         Perché state facendo questo, Caius? Perché dovreste proteggermi?- domandò Erice, scioccata da quell’intuizione mentre cercava di chiarire a se stessa il motivo di un aiuto tanto provvidenziale, da parte di un vampiro spietato come Caius.

-         Se riesco in quest’intento, avrò estinto il secondo dei tre debiti che ho nei tuoi confronti…- chiarì subito, nonostante facesse fatica ad ammetterlo. Lo sguardo fisso sul terreno, il volto seminascosto dalla chioma bionda.

La ragazza rimase tanto sorpresa dalle parole di quel vampiro che sentì una scossa di riconoscenza dentro di sé, avvertì la necessità di abbracciarlo ma si paralizzò, poiché non sapeva come il vampiro avrebbe reagito.

Caius rimase ad osservarla per qualche secondo poi, notando che non era divenuta in tutto e per tutto simile ad una statua, fu costretto a caricarsela sulle spalle, per far sì che entrambi si allontanassero da quel luogo.

Mentre correva veloce come il vento, il compagno di Anthenodora era rigido e non respirava. Erice non si accorse minimamente del vento innaturale e tagliente che le si era alzato attorno, durante il tragitto di ritorno a Volterra; era troppo impegnata ad accogliere la consapevolezza di un’urgente necessità di cambiare, a raccogliere i pezzi di ciò che era rimasto della sua purezza bambina, che sembrava però, sparita come la polvere del corpo di Didyme.

Molte cose che avevano costituito il suo mondo erano cambiate o scomparse, in un batter d’occhio: sua madre non c’era più; non sarebbe più apparsa dal nulla come una divinità, per consigliarla e proteggerla; da quel momento in poi si sarebbe trovata sola nell’ostilità più pura (tra assassini e bugiardi che non avrebbero atteso altro che un suo passo falso per schiacciarla) e, per sopravvivere, non si sarebbe potuta permettere il lusso di mostrarsi debole.

Il compito che doveva assolvere era difficile e, dubbiosa, non si sentiva pronta a calarsi in una fossa di serpi tanto profonda e buia…cosa avrebbe dovuto fare?

Sentendosi già persa, trovò la sua unica forza nel richiamare alla mente il bel viso di sua madre e, con quel ricordo stretto al petto fu animata dalla sola sete di giustizia; quindi, si esercitò a mutare il proprio cuore in pietra…

Dopo innumerevoli tentativi, centinaia di lacrime versate e ferite aperte, la ragazza capì di essere riuscita nel suo intento: in vista delle Mura di Cinta scoprì di essere capace a piangere ma anche a ricacciare indietro le lacrime, perché facessero posto alla rabbia; avvertì che il cuore le brillava e si induriva alternativamente, era, ora cuore ora pietra, ora cuore ora pietra, ora cuore ora pietra…

 

Era notte fonda quando Caius e la figlia di Didyme tornarono a passeggiare tra le strade della città: un manto stellato di velluto scuro avvolgeva ogni cosa, donando ad ogni angolo buio un che di inquietante e facendo risplendere Palazzo dei Priori di migliaia di scintillanti sfumature bianche. Erice tremò di paura all’idea che, da quell’oscurità, che un tempo l’aveva sempre protetta, ora sarebbe potuto sbucare un vampiro pronto a divorarla; così, per un riflesso incondizionato, strinse la mano di Caius. Nonostante il ringhio infastidito che proruppe dalle labbra di lui, l’umana si sforzò di sorridere all’idea che, dopotutto, in quella desolante situazione, non era sola: qualcuno era ancora disposto a proteggerla.

Quella notte, tuttavia, la ragazza non riuscì a dormire: pur essendo riuscita ad evitare tutti, riconoscere(anche se di sfuggita) il viso angosciato di suo padre Marcus, la distrusse, spingendola a cercare rifugio tra le braccia gelide e possenti di Santiago.

Il vampiro sapeva che la sua compagna era sveglia, ma non osò aprir bocca per fare domande; nel silenzio che venne a crearsi tra i due, infatti, il messicano comprese che da allora in avanti avrebbe dovuto proteggere la sua compagna da tutto e tutti, perché Erice era cambiata- o meglio, pur rimanendo sempre la stessa, sembrava esser stata costretta a “maturare” troppo rapidamente?

Che avesse avuto un qualche diverbio con i genitori, pur di spiegare perché il suo desiderio più grande consisteva nel non lasciare il suo compagno?

 

Durante gli interminabili giorni che seguirono, la tensione si percepiva come qualcosa di solido sulla pelle; c’erano momenti in cui Erice si sentiva più fragile del vetro, attimi in cui avrebbe voluto porre fine a tutto e raggiungere sua madre, ovunque si trovasse, dal momento che credeva impossibile riuscire a sopportare anche un solo secondo di ciò che stava avvenendo, di quello che sarebbe avvenuto poi, ma….aveva fatto una promessa a Caius, ed a sua madre in particolare, perciò non poteva arrendersi, bensì doveva lottare finchè la verità non avesse trionfato.

Quando l’impellente necessità di far conoscere la verità, però, la colpì, la ragazza fissò bene tra i ricordi l’alieno, meschino volto di Aro; si nascose dietro una maschera piatta, un cuore duro come la pietra, ed armata di un silenzio che allontanava chiunque: non sentiva caldo o freddo, non vedeva colori, passione…semplicemente un grigiore uniforme in cui tutti- tranne lei, dal momento che conosceva il segreto- erano stati gettati a tradimento dal fratello di Didyme, che faceva credere loro che era tutto ciò che desiderassero. Questo fu ciò che non impedì all’umana di crollare:quell’ossessione, (che stava diventando quasi uno stillicidio) di sapere qualcosa in più rispetto agli altri, nonostante la sua condizione svantaggiata, e di avere un ruolo tanto delicato quanto decisivo, in quel caso.

Ma, per non dare nell’occhio, la ragazza svolgeva regolarmente ogni compito con la sua abituale solerzia, senza obiettare e, nel frattempo studiava anche i “fantastici quattro” che, in ogni momento, sembravano avere a loro volta gli occhi fissi su di lei, oltre al fatto che non si allontanavano mai dal capo dei Volturi.

Di tanto in tanto, incontrava Caius nei corridoi di Palazzo dei Priori, ma si comportava come se fosse tutto normale, forte del fatto che la maschera la proteggesse e che era trincerata dietro uno spesso strato di silenzio: tali particolari inquietarono non poco gli altri membri della Guardia, i quali, percependo un radicale, seppur recondito, cambiamento nella “collega”,nell’ignoranza seppero solo collegarlo allo stato di angoscia nel quale era scivolato Marcus; ipotizzarono che i due avessero litigato o che magari il nucleo famigliare che avevano sempre costituito si era sfaldato dal momento che Erice era stata l’unica ad opporsi all’abbandono di Volterra, visto il suo legame con Santiago. Nessuno pensò mai di chiedere a Caius se sapesse qualcosa, e la figlia di Didyme, dal canto suo, non parlò più con lui: ormai, il loro patto era stipulato e non c’era bisogno di altre parole.

Venne, tuttavia, un periodo in cui Erice si sentì assolutamente nuda, nonostante fosse armata di mutismo e nascosta dietro un volto che non era il suo: infatti, non aveva il coraggio di avvicinarsi a suo padre, poiché sapeva che, se avesse visto il dolore che lo dilaniava, che appariva in maniera tanto lampante sul suo viso; sarebbe stata indotta a far sgretolare la maschera di pietra che indossava ogni giorno e che toglieva solo, e neppure sempre, in presenza di Santiago.

Quando i due facevano l’amore, la ragazza si stringeva a lui con quanto più vigore potesse, come se fosse stato la sua unica ancora di salvezza; cercava, incessantemente, sulle labbra del compagno una via di fuga dal soffocante vortice che la stava risucchiando. C’erano momenti in cui si abbandonava anche alle lacrime- quando la sofferenza per la perdita di sua madre la soffocava- ma al suo compagno, che la fissava preoccupato, spiegava che erano frutto di felicità dal momento che ora, avevano la certezza che sarebbero stati sempre insieme.

 

In un giorno triste e così dannatamente uguale agli altri, Erice fu invitata a seguire gli Anziani e le loro mogli in una battuta di caccia, lontano da Volterra.

Nonostante il disagio, cercando lo sguardo dell’unico alleato che avesse in quel gruppo e, sforzandosi di mantenere il respiro regolare, fu costretta ad annuire accondiscendente, consapevole che un rifiuto avrebbe destato sospetti.

Doveva essere una normale battuta di caccia, no? Eppure…c’era qualcosa nello sguardo di Aro, che la inchiodava, spaventandola, qualcosa di sadico e malefico

La Famiglia fu scortata fin presso Porta all’Arco e da lì, senza che nemmeno dover attendere o dover chiedere, Marcus, col suo bel mantello nero, prese sua figlia sulle spalle ed iniziò a correre, assieme agli altri quattro vampiri. Nel momento in cui il vento innaturalmente tagliente le sferzò i capelli sotto il cappuccio del mantello, Erice si odiò per la tensione che aveva tenuto insieme i suoi pezzi fino a quel momento; per il comportamento duro, scostante, gelido e sospettoso che aveva tenuto in quei giorni, soprattutto nei confronti di suo padre che, dal momento che non riusciva a trovare pace, non meritava affatto che gli venisse nascosta la verità.

Si augurò, però che almeno quella corsa potesse alleviare il suo dolore- il cuore le piangeva ed urlava, sembrava volersi rifiutare di battere- si avvinghiò quindi, a lui nel tentativo di fargli sentire la sua vicinanza. Marcus sussultò come a voler trattenere un singhiozzo e la strinse a sé con affetto, dal momento che, sospettava, l’idea di poter perdere anche lei, gli sarebbe stata fatale.

Allora, entrambi aprirono gli occhi e la bolla che li avvolgeva, a fatica tratteneva tranquillità scoppiò quando Erice si rese conto quanto potessero essere crudeli le macchinazioni di Aro: la famiglia si ritrovò nella radura bruciata dove era stata uccisa…

Mentre tutti i vampiri si acquattavano tra i cespugli, in attesa dell’arrivo di alcuni umani dei quali avevano sentito l’odore vicino, la ragazza ritenne più saggio allontanarsi ed eclissarsi dalla realtà: c’era già stato molto dolore nella sua vita, non serviva di certo la vista di altro sangue!

La confusione ed il dolore che provava rischiarono di farla prorruppere in urla e pianti ma, per miracolo, si trattenne imponendosi di restare calma. Marcus le venne vicino, delicato, inerme, l’ombra di un bambino indifeso, e lei, nascosta di nuovo dietro l’albero che era stato già il suo rifugio, scoprì che era stato l’unico a non essersi nutrito.

“questo è davvero troppo! Abbiamo permesso a quel vigliacco bastardo di disporre delle nostre vite a suo piacimento, ed ora ci sta distruggendo!” pensò, adirata, le mani serrate a pugno.

Aveva davvero varcato un limite: la pietà che la vista delle condizioni di suo padre le suscitarono, le suscitò pura furia; Aro si stava prendendo gioco di loro, apertamente poiché li aveva condotti in quel luogo e non stava facendo altro che alimentare tensioni, dubbi e paure, con l’unico fine di attendere che lei crollasse.

Accecata dall’odio, la ragazza smise di pensare: senza farsi troppi problemi sottrasse un coltello da cacciatore al cadavere di uno dei cinque scalatori, uccisi dai membri della Famiglia; e gli tagliò la gola, invitando delicatamente suo padre a bere il sangue che sgorgava, ancora caldo.

Marcus, ammirato da quel gesto, si sforzò di mascherare lo sconforto che provava e fece quanto gli chiedeva la figlia. Per un secondo, la ragazza e il vampiro, scordarono tutto e godettero dell’ombra di gioia che li pervase, per quel momento condiviso insieme, per quanto macabro fosse.

Erice avrebbe voluto sollevare gli occhi al cielo ed urlare a sua madre che l’amava, che aveva capito che l’indissolubile, amoroso legame che la univa a Marcus non era altro che quello di una vera famiglia, e che le avrebbe dato l’energia necessaria per lottare, fintanto che ne avesse avuto la forza.

Ma…

-         Erice…dov’è il tuo pugnale? Quello che ti ho donato?- intervenne Anthenodora, confusa, poiché trovò strano che la ragazza avesse usato, per quell’azione, un’arma diversa da quella cui non si separava mai.

Un gelido ed insopportabile silenzio calò, con un tonfo, tra tutti che, ammutoliti, sembravano attendere una risposta. Gli occhi di Aro inchiodarono l’umana: eccolo, quel passo falso che aveva atteso tanto a lungo; ormai, quella stupida era in trappola e difficilmente sarebbe riemersa dal buco nero al quale si era condannata.

-         devo…devo averlo dimenticato…- inventò, improvvisando nervosa.

 

“perfetto! Ora so a quale scopo Aro mi ha sottratto il pugnale! A causa di una stupida risposta- di certo studiata da quel folle- mi sono scavata la fossa con le mie stesse mani! Ora il bastardo farà risultare- facendo leva proprio su questo mio scivolone, magari- che sono stata io ad uccidere mia madre! E forse riuscirà anche a persuadere tutti che avevo un valido motivo, ossia che non volevo lasciare Volterra…cosa faccio adesso?” Erice, chiusa nella sua stanza da quando la Famiglia aveva fatto ritorno dalla caccia, era chiusa nella sua stanza, si era posta sempre le stesse domande, anche ora, a notte inoltrata, si stava torturando con quegli interrogativi; non riusciva a calmarsi e, da un tempo indeterminato stava camminando avanti e indietro, nella speranza di ritrovare quel sangue freddo che, fino ad allora, le aveva salvato la vita; era perfettamente consapevole però, di aver ormai superato un punto di non ritorno

Cosa avrebbe dovuto fare? Quali azioni le avrebbero giovato da quel momento in avanti? Non riuscì a darsi una risposta e finì per accasciarsi a terra e piangere mentre le spire della paura e della solitudine la ingoiavano.

Fortunatamente, la mattina seguente un angelo vampiro si presentò alla sua porta e l’abbracciò, con forza e calore. La ragazza si sentì meno sola quando scoprì che il suo angelo custode, Evangeline, le stava davanti, dolce e risoluta e, come sempre pronta ad aiutarla, di qualsiasi cosa avesse avuto bisogno. Bastò lo scambio di un solo sguardo, ed Erice comprese che la sua nutrice le era stata inviata da Caius, perché fosse la sua ancora di salvezza.

Un’ultima carezza, poi la vampira dalle trecce argentee consegnò alla sua “creatura” un biglietto tutto ripiegato, senza destinatario né mittente.

La ragazza lo aprì, attenta a non far leggere nulla alla sua alleata, anche se, nonostante quella precauzione, le fu impossibile celare le forti emozioni che la vista di quella lettera le provocò.

 

Ieri hai fatto un passo falso epocale che ti ha compromessa ed ha concesso ad Aro di vincere. Mi aspettavo che avresti resistito più a lungo ma, d’altro canto sei solo un’umana…

Le tue parole, storpiate dal bastardo, hanno gettato nel dubbio Marcus il quale, ora crede ciò che quel dannato vuole fargli pensare, ossia che sia stata tu la causa della scomparsa della sua compagna; tuttavia, visto che Marcus ti vuole bene, sta lottando contro se stesso per accettare questa “verità”: si è isolato dalla congrega per riflettere e decidere cosa fare. Ma non sono i suoi dolori, quelli che devono preoccuparti, ora; piuttosto- dal momento che, riconoscerai anche tu di esserti offerta ad Aro su un piatto d’argento- dovresti ringraziarmi perché ho trovato un modo di farti uscire viva da questa situazione: tra una settimana esatta ricorrerà San Marco, e progetto di farti allontanare da Volterra proprio in quell’occasione. Neppure Evangeline ne sa molto, perciò non chiedere. Potrebbero scoprirti. Prepara invece, quanto credi ti serva per andar via e agisci con cautela non sono sicuro che in futuro saprò ancora salvarti con tanta rapidità ed astuzia.

                                                                                                                 C

 

Se si fosse trovata in una situazione meno tesa ed insostenibile, Erice avrebbe di quelle parole così traboccanti di tracotanza così come della scrittura di Caius, tutta piena di ghirigori ma, si sentiva così indifesa che l’unica cosa che riuscì a fare fu fissare con accanimento il foglio mentre tremava, all’idea di una fuga. Il tempo di anticipo con il quale era stata decisa era poco, certo, ma se Aro l’avesse scoperta, dal momento che con un solo tocco poteva leggere la mente di chi gli stava intorno? Scambiò con Evangeline uno sguardo disperato.

La vampira le sorrise dolcemente e, dopo essersi armata di una penna, la lasciò scorrere su un foglio del taccuino di Erice; si mosse con tanta rapidità da renderne quasi impercettibile il rumore.

 

Caius progetta di farti fuggire da Volterra il giorno di San Marco. Sarà semplice mescolarsi alla folla; ci procureremo dei mantelli rossi, ma per questo poco tempo che ti allontana dalla ricorrenza, dovrai restare calma e rimanere sempre con Santiago: ti proteggerà. Io, nel frattempo mi occuperò dei dettagli per far sì che tutto sia pronto, per allora.

 

Lette quelle parole Erice provò di nuovo la sensazione di camminare su un filo, ma quella volta fu diverso: c’era qualcuno a tenderle una mano, e questo dava una tonalità un po’ meno grigia a ciò che era stata la sua vita fino a quel momento…

 

Seppur con fatica e la morsa gelida della paura che le attanagliava le viscere, Erice Volturi tentò di comportarsi in maniera normale, come le era stato consigliato nonostante avvertisse che gli sguardi sospettosi di qualsiasi vampiro incontrasse, erano un chiaro segnale del fatto che, il ghiaccio già incrinato sul quale camminava da qualche tempo, si era ormai del tutto frantumato, diventando instabile e pericoloso.

Lo scorrere dei pochi giorni che la separavano dalla salvezza, infatti, era odioso perché molto simile all’acqua stagnante, tanto che rischiava di farla impazzire. D’altro canto però, consapevole di quanto poco mancasse alla sua fuga, non le importava più di nulla e gli unici momenti che agognava, durante i quali le sembrava di poter respirare, erano quelli che trascorreva in intimità con Santiago anche se, a causa dei suoi silenzi e per via del nervosismo che si percepiva tra loro, Erice capì che anche lui stava iniziando a riflettere sul cambiamento della sua compagna e, se non era sospettoso, appariva di certo preoccupato. Ogni volta che si presentava l’occasione di parlare, quindi, il vampiro messicano faceva per aprire bocca, ma, pronta, l’umana gli posava un dito sulle labbra, gli confessava sinceramente e teneramente di amarlo, lo abbracciava o lo baciava: per quanto meschino potesse essere quel comportamento, Erice lo preferiva alle bugie che altrimenti avrebbe dovuto inventare e propinare all’uomo che amava; si detestava però, dal momento che era certa che il suo amato avrebbe capito tutto, al solo contatto della morte sulle sue labbra.

Quanto odiava l’idea di doversi allontanare da lui, per di più, per un tempo indeterminato! Come avrebbe fatto, per far sì che lui continuasse ad amarla, a conservare un bel ricordo di lei, se presto tutto l’avrebbero creduta un’assassina?

 

Solo quando Volterra si ricoprì di rosso Erice seppe che l’eternità del suo purgatorio infernale era terminata, che era il giorno stabilito. Vedendo ovunque il colore rosso che dominava, però, la ragazza temette che sarebbe stato versato il suo sangue; forse fu proprio per questo che fu pervasa da ondate di terrore ghiacciato che la paralizzarono a tal punto da farle scordare come si respirava. Ad un passo dalla salvezza, dopo una dura settimana trascorsa a mantenere le apparenze, le parve di non avere il coraggio, di non saper fare né potere più nulla, di sbriciolarsi come quella volta che aveva provato sulla pelle l’effetto del potere di Afton. Sarebbe voluta tornare indietro: si maledisse per non esser riuscita a salvare sua madre e si detestò per l’oceano di menzogne in cui stava per lasciare suo padre.

Rimase paralizzata dalla titanica potenza di tutte quelle considerazioni, davanti ad una finestra al secondo piano del Palazzo, ad osservare le persone, le decine di mantelli rossi che rendevano quasi impraticabili le strade, e si ritrovò a domandarsi quando sarebbe venuto il suo momento…

-         Erice, dai! Andiamo!- disse, per la terza volta, una figura incappucciata di rosso, scuotendola dal sonno ad occhi aperti in cui si era rintanata.

Solo allora comprese che la gelida mano che stava stringendo e che la stava trascinando tra la fiumana di gente in Piazza dei Priori, - molto più copiosa dell’ultima volta che l’aveva osservata dal momento che era mattina inoltrata- apparteneva ad Evangeline. Che fosse stata lei a gettarle addosso il mantello rosso simile al suo che le rendeva uguali a qualsiasi altra persona presente?

La sua nutrice continuava a trascinarla, ed Erice non seppe fare altro che opporre una lieve resistenza, intorpidita com’era dalla caotica situazione che le era piombata addosso, dal nulla, senza che lei se ne fosse accorta.

Pur sapendo che in quel luogo dimorava un assassino, e che non avrebbe alcun modo all’infuori della fuga, per salvarsi, la ragazza non si sentiva pronta. Prima che potesse rendersene conto, però, si ritrovò avvinghiata alle spalle di Evangeline, lanciata in una corsa che sembrava gareggiare con il vento.

Erice Volturi ebbe un’ultima possibilità di ammirare le bianche mura, scintillanti come opali, che abbracciavano Volterra. Quella città era stata il suo mondo, lì aveva scoperto gioie e dolori, lì era cresciuta; ma ora sentiva che tutti i suoi ricordi stavano crollando, fragili come un castello di carte. Voltate le spalle a quel luogo ebbe la consapevolezza che nulla sarebbe stato più come prima.

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti!

Scusate il ritardo ma, pensando(erroneamente)di riuscire a postare questo fine settimana, alla fine ho avuto la possibilità solo adesso di aggiornare.

Vi chiedo scusa anche per eventuali ripetizioni nel testo o per la sua troppa rapidità.(a proposito, soprattutto i discorsi, sono chiari? E poi, la lettera di Caius, si legge?)

Ditemi cosa ne pensate di quello che ho scritto, in particolare, che dite della figura e del ruolo di Caius?(perché pensate che, parlando di Aro, usi tutti quei volgari nomignoli?)

Grazie davvero a tutti, lettori silenziosi e “commentatori”(ai quali rispondo ora)

Ayumi_L: ciao! Ancora una volta hai uno spazio a fine pagina tutto per te! Grazie del commento(anche se, con te sembro partire in svantaggio visto che ti aspettavi la morte di Didyme… J ) che ne pensi di questo capitolo? Come avrai notato Aro è più subdolo, più malvagio di ciò che avevi ipotizzato, non entra in gioco uno sconosciuto bensì (anche se qui è solo un’ipotesi lascio chiaramente capire le intenzioni di Aro) presto infatti attribuirà la colpa dell’omicidio di Didyme,direttamente ad Erice. Allora, quanto sono machiavellica?

Luce70: ciao Lux!(scusa sto sentendo l’influenza del latino, ultimamente!) grazie mille per il commento che mi hai lasciato e, bhè hai tutto il diritto di avercela con me per la morte di Didyme(è abbastanza crudo ed ingiusto ma in qualche modo mi dovevo ricollegare a ciò che diceva la Meyer, ossia che, prima dell’inizio della saga di Twilight, Didyme è già morta…)devo confessare che dispiace anche a me, e da quanto hai letto in questo capitolo, non solo ho di nuovo dovuto dividere Erice e Santiago, ma ora penserai che Aro riesce a farla franca…

 

Spero di riuscire ad aggiornare presto

Un baciotto

Marty23

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Pleasance Carroll