Solo una parola
Ginevra ha nove anni, capelli neri, ricci come quelli di sua madre. Ha occhi attenti, luminosi e curiosi. Vuole conoscere tutto, vuole avere tutto il mondo fra le sua mani; le piace l’idea di averlo lì, poterlo osservare tutto quanto in un istante, come quando, in estate, prendi l’acqua con le mani, e non importa quanto siano piccole, perché vedrai sempre il riflesso del tuo viso.
- Elettra! – Ginevra chiama, ma sa che nessuno le risponderà, perché sua sorella odia quel nome, l’ ha sempre odiato. “Chissà perché”, si chiede.
Il suo nome le piace, le piace tanto. la mamma
le aveva raccontato che lei portava il nome di una regina leggendaria, la
moglie di re Artù. Le aveva anche detto che bisognava andare fieri di un nome
così importante. Ginevra lo aveva sempre fatto, ed ora eccola lì, fiera del suo
nome ad invocare invano quello della sorella.
- Elettra! – Stavolta ha urlato davvero forte,
non potrà fingere di non sentirla.
***
Elettra è in è in camera sua, pensa ad altro. Se ne sta muta sul letto,
a leggere. No, non sta studiando, lei odia studiare. Va bene a scuola solo
perché deve farlo, perché è importante, non per piacere. A lei piace
approfondire gli argomenti, ma spesso i professori non ne hanno il tempo, e
molte volte nemmeno la voglia, non le resta che farlo da sola, nel tempo
libero.
Ama la storia, la letteratura, l’astronomia;
da piccola voleva fare l’ archeologa.
Ora è lì, persa nella lettura. È un libro
avvincente, Elettra divora velocemente le pagine. Prestò finirà di leggerlo, e
sua madre la sgriderà di nuovo. Lo sa, i libri vanno gustati lentamente, ma lei
non ci riesce, se lo facesse la lettura perderebbe tutto il suo fascino. Se
continua così però, si metterà nei guai. Giovedì prossimo ha il compito di
filosofia e non ha letto il capitolo che deve studiare nemmeno una volta. A
dire il vero, sa a malapena quale sia l’argomento. “ Non importa” pensa la
ragazza, filosofia è una delle sue materia forti, se la caverà.
Continua a leggere, nella mente ha solo le
parole che fluiscono copiose dalle pagine. I suoi occhi scuri scorrono veloci,
riga dopo riga. Per lei è sempre così, arrivata ad un certo punto correrà fino
a che il libro non sarà finito e non riuscirà a farne a meno: a scuola,
sull’autobus, a pranzo, a cena, prima di andare a dormire.
Sente dei passi, passi veloci e
sconclusionati, sicuramente si tratta di sua sorella, chi altri correrebbe in
quel modo senza un valido motivo? I passi rallentano sempre più fino a che,
d’un tratto, si fermano. È un silenzio
assordante, la quiete prima della tempesta, ed Elettra lo sa.
- Elettra! -
cosa potrà volere quella peste? Meglio
ignorarla, presto si stancherà.
- Elettra! Vuoi rispondermi? – Stavolta
Ginevra urla, urla forte, ignorarla è davvero impossibile.
Eppure quella dannata peste sa bene che lei
detesta essere chiamata con il suo nome, lo sta facendo apposta, per farla
arrabbiare. Dovrebbe fare finta di niente, in fondo è una bambina, e lei è la
sorella maggiore.
Ma questo è un affronto, questo si chiama
gioco scorretto. In fondo è una buona sorella, non ha mai imposto obblighi se
non quello di non entrare nella sua stanza senza permesso e mai,
sottolineiamolo, mai chiamarla per nome.
Perché lei, intendiamoci, il suo nome lo odia.
Elettra. Un nome uscito da un’idea balzana di
sua madre, una donna in effetti molto particolare. Ma almeno Ginevra ha un nome
melodioso, romantico. Lei no. Tutte le sue amiche hanno nomi semplici, che non
danno nell’occhio. A lei capita spesso, con gli sconosciuti di doverlo
ripetere, quasi a dover convincere che lei, si, chiama proprio così. Senza
contare le battute odiose dei suoi compagni di classe.
***
Ginevra intanto aspetta e la sorella non può
fare a meno di risponderle. Elettra abbandona la sua lettura e apre la porta
alla sorella.
- Quante volte ti avrò detto di non chiamarmi
così? – Chiede scocciata.
- Ma è il tuo nome – Replica candidamente la
bambina.
- Cosa vuoi? -
- Mi puoi aiutare con i compiti? Per favore! -
“Dovevo aspettarmelo” pensa la ragazza. Sua
sorella l’ ha “messa nel sacco” un’altra volta. Se si rifiuterà la peste correrà
da sua madre a piagnucolare.
- E va bene, porta qui il libro – risponde
sconsolata.
- Grazie! – urla la bambina sfrecciando via.
Elettra torna in camera per liberare la
scrivania e lanciando occhiate sconsolate al suo libro.
- Eccomi, sono qui!-
- Va bene Ginevra, mettiti alla scrivania,
prima iniziamo prima finiamo. Cosa devi fare?
- Storia -
Elettra sospira, in fondo le è andata bene, se
si fosse trattato di geografia non avrebbe resistito più di dieci minuti.
Prende il libro della sorella e sfoglia le pagine, a lei tutto sembra molto
chiaro, di cosa può aver bisogno?
- Cosa non capisci, Ginevra? A me sembra
semplice. -
- Questa frase qui. Vedi, dice qualcosa che
non ha senso. Prima parla della morte della Regina e le lotte per gli eredi.
Poi va a capo e dice che il re diventa Edoardo, guarda. E’ scritto qui. E dopo
dice “ma la storia non si fa con i se” e dell’altro che...beh poi ho smesso di
leggere, tu che ne dici? -
Il riassunto di Ginevra è alquanto confuso,
sembra senza capo né coda, ma il paragrafo deve avere per forza un senso. La
ragazza prende il libro e legge velocemente. Quando ha finito sorride. Sua
sorella si è proprio persa il un bicchiere d’acqua.
- Se tu avessi letto per davvero, anziché
farmi vedere cosa dice l’avresti già capito da
sola. –
- Non è vero! L’ ho letto ma non l’ ho capito.
Me lo puoi spiegare? – Chiede in tono lamentoso la bambina.
- Segui sul libro. Dice che alla morte delle
regina i suoi figli si misero in contrasto fra di loro per decidere chi sarebbe
diventato re. C’è scritto che arrivarono a battersi sul campo di battaglia. Il
vincitore, Edoardo, sarà incoronato re. Tutto chiaro fin qui? -
- Sì -
- Semplicemente poi dice che probabilmente,
per risollevare le sorti del paese, sarebbe stato meglio che venisse incoronato
Enrico. Ma siccome la storia è un dato di fatto è inutile fare delle ipotesi.
Capito? -
Ginevra ha compreso, ma ora è curiosa, e ciò
che ha detto Elettra non può bastare.
- Quindi se fosse divenuto re Enrico la storia
sarebbe stata diversa? -
- E’ probabile. -
- Quindi la storia poteva essere tutta diversa
da quella che ci fanno studiare? -
- Non si può dire, nel senso, siccome non è
successo non lo verremmo mai a sapere. -
Ginevra è semplicemente affascinata, la storia
può nascondere tanti misteri, che nessuno verrà mai a sapere, ma che si possono
inventare. –
- Deve essere così strano immaginare una
storia che non esiste. -
- Ginevra! Dove sei, dobbiamo andare! -
- Arrivo, ero qui che mi facevo spiegare
storia! – Risponde prontamente la bambina.
Una donna dai corti capelli neri si affaccia
dalla porta della stanza. Indossa una pesante giacca, sembra pronta per uscire.
Ha fretta, e non è disposta ad accettare scuse.
- Vai a metterti le scarpe e la giacca, siamo
in ritardo -
- Va bene, vado! – urla la figlia che si è
infilata nel passaggio della porta e già corre nel corridoio.
- Elettra, la porto a lezione di pianoforte e
poi vado a fare la spesa. Ti prego, nel frattempo, vedi di metterti a studiare.
-
- Ma mamma, so quello che devo fare, non ho più
nove anni ! -
- Lo spero, ci vediamo dopo. –
La ragazza aspetta di sentire la porta
d’ingresso chiudersi e poi torna a sedersi sul letto. Sente la voce della
sorella scemare dalle scale. Poi il silenzio. Finalmente da sola in casa.
Finalmente. E dovrebbe sprecare quello scampolo di temporanea libertà per
studiare? Non lo farà. Neanche se fosse sotto tortura.
Riprende il suo libro, ricomincia a leggere.
Una pagina dopo l’altra, fino alla fine del capitolo. Si ferma, non ha più
voglia di leggere. Ginevra ha dimenticato il suo libro sulla scrivania. Decide
di portarglielo in camera, almeno potrà sgranchirsi le gambe. Esce dalla stanza
e pigramente si dirige nella camera della sorella. Il pavimento è totalmente
invaso da giocattoli di ogni genere. Attraversarlo è un’ impresa degna di un
avventuriero. Lo lascia sulla poltrona, aperto sulla pagina che le ha spiegato
poco prima.
Rileggendo quelle righe ad Elettra torna in
mente ciò che la peste ha detto, in maniera un po’ infantile: “ Deve essere
così strano immaginare una storia che non esiste”.
Pur essendo un’appassionata non ci ha mai
pensato. Un solo evento diverso, un incontro diverso, e tutto poteva cambiare.
Se…due lettere, solo due lettere che contengono il dubbio, l’enigma di ciò che poteva
essere.
Se Enrico fosse stato incoronato re, la storia
del paese sarebbe davvero cambiata?
Se il Luigi XVI avesse consesso la
costituzione che ne sarebbe stato della Rivoluzione? Senza quella nemmeno
Napoleone sarebbe stato ciò che è stato.
Tutto diventa un dubbio, una possibilità, un
forse. In realtà no, i fatti rimangono gli stessi, la sostanza non cambia. La
curiosità però resta, ed è forte.
E’ sciocco, perché tutto poi si basa
sull’immaginazione, sul soggettivo, però è tremendamente affascinante. Ognuno
potrebbe crearsi una propria storia alternativa, vera o fasulla…impossibile
dirlo.
Quante cose si potrebbero cambiare. Elettra
eliminerebbe quasi tutta la storia contemporanea, è così poco poetica; così
grigia e apparentemente vuota. Basterebbe poco per ravvivarla un po’.
La ragazza si sofferma davanti alla finestra a
guardare il cielo, il sole sta tramontando e le nubi si colorano di tutte le
sfumature dell’oro, del rosso e del blu.
Quanti occhi hanno guardato quelle nubi.