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Autore: Suicidal_Love    08/10/2010    10 recensioni
Dovette fare uno sforzo enorme per riprendere il controllo di sé e domare quel turbinio improvviso che, come una tempesta, si stavano abbattendo sul suo autocontrollo, rispecchiandosi in pieno nelle sue iridi celesti che ora s’erano dipinte dell’ebano più oscuro.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Titolo: Charming Damnation

 

Titolo: Charming Damnation

Autrice: Suicidal_love

Beta: Shannara_810

Paring: Arthur/Merlin and other.

Avvertimenti: Slash- AU . LongFic

N.A.: Questa storia nasce dalla mia mente malata.

Tutti i luoghi sono stati inventati e i personaggi principali appartengono al Telefilm “Merlin” i cui diritti vanno alla BBC.

Questa fan fiction non si basa sui fatti avvenuti nel telefilm o altro, ma sono inventati da me medesima ù__ù ergo non ho copiato *-*.

Per ora il rating è verde, ma più in là lo potrei cambiare.

La dedico alla my lady Shannara come sempre che mi segue negli scleri ù__ù ti regalerò Cas cara XD.

 

CHARMING DAMNATION

 

 

 

Il rintocco della mezzanotte risuonò tetro e mortale per il piccolo villaggio di Aubrey, mentre oscure ombre strisciavano oleose per la strada accompagnate dal solo gracchiare di un corvo solitario.

L’animale fendeva l’aria immobile con fare silenzioso, scendendo sulla cittadella con un’espressione a dir poco bramosa. Sì, bramosa se questo fosse stato possibile sul becco aguzzo di un volatile.

Bramoso di mietere qualche ignara anima che il gelo avrebbe portato via con sé, lasciando come macabro testimone del suo passaggio solo un piccolo corpicino privo di vita.

Il corvo era affamato.

Il corvo desiderava spiriti puri ed incontaminati.

Perché era questo che piaceva a Pierrot, o almeno era così che lo chiamavano gli abitanti di Aubrey:

Pierrot, il mietitore d'anime.

Era ormai norma che ogni mese, quando la luna sorgeva alta nel cielo ed il suo spicchio dava un poco di luce, che qualche orfano scomparisse nel nulla senza lasciare alcuna traccia.

Un orfano se il villaggio era fortunato. O peggio qualche bambino ricco e paffuto con la sua intera famiglia.

Perché, sapete, Pierrot amava sceglierle con cura le sue piccole vittime.

Preferiva bambini graziosi, forse anche troppo, dallo sguardo grande e sincero; troppo ingenui per capire di avere davanti ad un demone che si sarebbe cibato di loro.

Molti sciocchi erano morti prima che i Vecchi di Aubrey si rendessero conto delle preferenze del mostro che si aggirava nel buio delle loro strade, ma non c’era voluto molto prima che anche quegli insignificanti bacucchi iniziassero a prendere provvedimenti.

Ora solo orfani o ladruncoli erano lasciati alla mercé del corvo, poiché i bravi e preziosi bambini ricchi erano rinchiusi in casa, al sicuro nelle loro stanze benedette dal parroco del paese ogni mese per impedire a Pierrot di entrare e cibarsi di quelle fragili creature.

Il corvo sorvolò i vicoli vuoti, gracchiando alla luna quasi fosse un lupo affamato.

Era una serata di magra: non c’era nessuno in giro… nemmeno qualche barbone dall’animo intirizzito dal peccato. Con la fame che aveva, si sarebbe accontentato persino del più derelitto dei reietti.

Cibo, cibo, cibo. Non riusciva a pensare ad altro. Era un’ossessione! Un’ossessione così potente che per un attimo non ci fece quasi caso.

C’era un bambino appoggiato sulle gradinate della piazza, o meglio doveva essere già un ragazzino, ma era così piccolo ed infreddolito da non dimostrare la sua vera età. Normalmente non ci avrebbe pensato due volte a nutrirsi e fuggire, però questa volta la curiosità lo spinse a planare sullo steccato di una piccola casa borghese ed osservare la sua preda con attenzione. C’era qualcosa di stranamente affascinante nel pasto di quella sera.

I capelli erano di un castano così comune, tuttavia avevano una sfumatura particolare come non ne aveva mai visti in quella cittadina fuori Londra. E le ciglia… oh, le ciglia! Così lunghe e nere che conferivano a quel visetto candido un'aria angelica. Ciononostante niente attrasse di più il mietitore d'anime che quelle labbra, di un viola quasi cadaverico sotto il severo manto del gelo invernale, ma che lasciavano intendere che al caldo sarebbero potute divenire piene e rosse come petali di rosa sanguinea.

Il corvo gracchiò ancora e scomparve, lasciando che una piuma nera s’infrangesse al suolo, cosicché una scarpa nera e tirata a lucido potesse prenderne il posto su quegli antichi blocchi di pietra.

Passi eleganti si avvicinarono al ragazzino ed una mano guantata di bianco cuoio gli toccò i capelli piano piano, facendogli spalancare gli occhi mentre le iridi brillavano di un blu oltremare.

L'uomo inconsciamente lasciò che le labbra gli si piegassero in un'espressione compiaciuta, quasi un sorriso.

Il ragazzino era sorpreso, però non sembrava per nulla spaventato. Bene, bene, bene.

My lord?” Sussurrò il giovane con voce stanca, stroncata poi da uno sbadiglio. Prese a strofinarsi le braccia, tentando di riscaldarsi almeno un pochino. Chissà per quanto era rimasto lì.

Pierrot si tolse il mantello caldo e lo avvolse intorno al corpo del ragazzo. Il suo pasto continuava ad affascinarlo senza sosta. Non era da lui essere così gentile con quegli esseri infimi, ma quella sera sembrava proprio piena di novità.

“Qual è il tuo nome?” Domandò lo straniero con voce calda e roca tanto che il più giovane rabbrividì, stavolta non certo per il freddo.

My lord, il mio nome è Merlino” Replicò l’altro, ricevendo per risposta una breve risata di scherno.

“Bene, Merlino. Il mio nome è Arthur.” Sibilò Pierrot, anzi no Arthur, con un ghigno tanto crudele quanto affascinante.

Merlino, Merlino, Merlino. E chi si sarebbe mai aspettato tanto coraggio in un corpicino così piccolo?

Il secondo rintoccò del campanile infranse l'aria stagnante della notte mentre l'uomo continuò a studiare il ragazzino, mostrando il suo volto per la prima volta.

Era un viso giovane ed etereo, tuttavia Merlino lo osservò con una certa inquietudine.

Lo sguardo di quell’uomo era tanto limpido quanto oscuro. C’era qualcosa di strano che si agitava in esso e per un attimo il ragazzino provò ad allontanarsi, fermato prontamente dal mietitore.

Una mano marmorea gli si posò sulla spalla, privandolo di qualsiasi energia.

“Non avere paura Merlino, oggi la tua anima è al sicuro.” Diceva cose così strane, quell’Arthur. Voleva fuggire lontano Merlino, eppure una parte di lui voleva rimanere lì ad ascoltare quello straniero per sempre.

“Perché sei in strada ad un’ora tanto tarda?” Gli domandò ancora, senza mai allentare la presa.

Il fanciullo dalla chioma corvina occhieggiò incerto alcuni ciuffi color oro ricadere sfrontati lungo la fronte di Arthur e lasciò che le labbra gli si piegassero in un leggero broncio. “Ho litigato con il mio tutore.” Disse accigliato, il volto contorto in un’espressione buffa su un viso così giovane. L’espressione di uno che ha ricevuto chissà quale affronto. Avrebbe voluto continuare nel suo racconto ma questo venne stroncato subito dalla risata dell'uomo.

“E quale torto hanno potuto farti, mio giovane amico. Quale imperdonabile oltraggio per un fanciullo tanto giovane?” Bisbigliò il biondo, carezzandogli i capelli gentilmente.

Quella mano gelata prese a scivolare nella sua chioma corvina, prima di scendere ipnotica su di una guancia arrossata dal gelo notturno e su un collo bianco e sottile… perfetto.

Perfetto se non fosse stato per quella piccola voglia a forma di quadrifoglio proprio lì, sotto l’orecchio.

Arthur provava l’inspiegabile desiderio di tenerlo stretto a sé quel corpicino infreddolito, e per una volta non era spinto dalla fame. Una fame completamente dimenticata.

Merlino si morse il labbro. “Non sono un fanciullo. Ho già dodici anni, my lord”. Ribatté tra l’imbarazzo e la stizza.

Per tutta risposta, Arthur rise ancora. “Come ho già detto, sei davvero troppo piccolo ...”

Quelle parole di beffa, però, scatenarono una reazione imprevista nella sua "vittima", che lo guardò rabbioso… furente.

“Non sono piccolo, razza di asino!” Esclamò il “l’indifeso Merlino”, lasciando basito il suo biondo aggressore il quale, forse per la prima volta nella sua lunghissima esistenza, si sentì preso in contropiede.

Accadde tutto in un attimo, un battito di ciglia, ma fu un’esperienza così catartica da lasciarlo senza fiato.

Poteva sentirle, Arthur. Sentire le ombre che si agitavano dentro di lui ruggire come mai prima d’ora.

Il buio di una notte senza luna. Avidità. Paura. Fame. Nere ondate di lussuria. Zanne.

Ogni più piccola sfumatura di peccato e depravazione gli riempì i sensi, lasciandolo quasi tramortito.

Tramortito… e vivo. Così incredibilmente vivo come mai prima d’ora.

Dovette fare uno sforzo enorme per riprendere il controllo di sé e domare quel turbinio improvviso che, come una tempesta, si stavano abbattendo sul suo autocontrollo, rispecchiandosi in pieno nelle sue iridi celesti che ora s’erano dipinte dell’ebano più oscuro.

Respirò a fondo, lasciando che la sua maschera di freddo cinismo calasse ancora una volta. Picchiettò la fronte del suo giovane amico con scherno, riprendendo il loro gioco. “Ah no, piccolo idiota? Per ora lo sei, quindi ti consiglio di andare subito a casa, Merlino. Sì dal caso che d’orai n poi tu sarai mio e verrà presto il giorno in cui tornerò a prenderti.

Arthur si chinò a lasciargli un leggero bacio sulla fronte, prima di scomparire nel nulla così com’era comparso.

Merlino si alzò in piedi, stringendosi in quel mantello caldo e profumato. Fu in quel momento che si accorse di quella strana collana in oro brillargli sul suo petto, dove un ciondolo di drago con gli occhi adornati da preziosi rubini pareva fissarlo di vita propria.

Lo tenne stretto fra le mani, cercando con lo sguardo quell’Arthur per restituirgli un dono così prezioso, ma dello straniero non vi era traccia. Solo un corvo sorvolò quel vicolo spoglio gracchiando nella notte.

Il verso dell’animale scosse Merlino dai suoi pensieri. Corse lesto verso modesta dimora del medico di Aubrey, Gaius, memore dell’avvertimento ricevuto.

Vedendo scomparire il suo giovane amico oltre quella soglia sicura, il corvo posò le zampe al suolo lasciando il posto alla figura di Arthur. Lo straniero si appoggiò all'albero sentendo un sorriso di gioia increspargli le labbra. Lentamente una pallida nebbia lo avvolse, mentre lesta e letale una sinuosa forma di donna andava formandosi da quella foschia, il volto di bambola illuminato da un’aria maliziosa.

“Arthur, ne sei sicuro?” Gli chiese la nuova arrivata in un sussurro sottile, sistemandosi con cura la pelliccia bianca sulle spalle.

“Sì ... ha il segno sul collo, l'ho visto. Inoltre la collana di Kilgharra non ha tentato di ucciderlo quando gliel’ho fatto scivolare indosso. Rispose tranquillo il bell’Arthur, osservando la donna portarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

“Perché non l'hai preso stanotte? Che differenza c’è se è ancora un bambino?” Lo rimproverò, ricevendo in cambio un'occhiataccia di sbieco.

“Morgana ... non voglio avere un moccioso come sposa! Poi chi la sente tua sorella?” La rimbeccò divertito, lasciando scappare alla mora uno sbuffo seccato.

Quanto ancora dovremo aspettare prima di riaverla con noi?” Sospirò lei affranta, lasciando che le sue iridi di zaffiro si tingessero di sangue. “Hai sentito Morgause...” Continuò prima che un'altra voce, questa volta maschile, la interrompesse.

“Solo quando i due eredi verranno riuniti, la grande madre tornerà negli Inferi”.

Morgana rise. “Bravo Lancillotto, ormai sai a memoria la profezia”.

“Quella profezia è la bibbia del mondo demoniaco.” Il nuovo arrivato era gelido nei modi, ma la donna non fece una piega.

Arthur scosse il capo, oramai abituato ai loro battibecchi. Iniziavano davvero a stancarlo. Perché diavolo continuava a sopportarli? “Ancora qualche anno e verrò a riprendermi quel piccolo idiota, non ha scampo. Sapete, ha osato chiamarmi asino.” Era rimasto sul serio offeso da quel commento e stavolta Morgana non poté trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa risata, sinceramente divertita.

“Oh, Arthur! Allora il tuo moccioso ha capito in pieno la tua vera natura al primo appuntamento!” Rise ancora la donna, prima di scomparire nel nulla assieme a Lancillotto, lasciandosi alle spalle solo due occhi color cielo che brillavano nel buio in una tacita promessa.

 “Il giorno del tuo diciottesimo compleanno verrò a prenderti, aspettami Merlino.”

 

   
 
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