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Autore: beesp    08/10/2010    1 recensioni
Fanfiction partecipante al 2010: a year together, indetta dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight }
Un ragazzo di quattordici anni scopre che una porta che gli era stato detto fosse murata, invece, era accessibile da sempre. Scopre un mondo che non credeva esistesse e che, in realtà, ha sempre sentito.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Frammenti in soffitta

[Prompt #295: “Scatolini in soffitta”]





Sua madre non gli aveva mai raccontato della sua giovinezza, della sua infanzia, né tanto meno della sua adolescenza.

Non immaginava che avesse perso così tante foto del passato, tutte le storie scritte e poi dimenticate.

Ma un giorno si ritrovò in soffitta, in un luogo polveroso ed enorme che non credeva di possedere nella sua minuscola casa.

Sua madre era morta l'anno precedente, aveva appena tredici anni. Viveva con la nonna da quel giorno. In realtà non credeva nemmeno di avere nonna, sua madre gli raccontava che era morta per darla alla luce. La donna gli spiegò che aveva viaggiato da Napoli fino a Milano soltanto per prendersi cura di lui, sarebbe stato un piacere conoscerlo. Era una brava signora, gli preparava dei piatti squisiti, gli mostrava delle immagini di sua madre da piccola. Non se l'era mai chiesto come fosse da giovane: la vedeva semplicemente com'era, una trentenne indaffarata che gli carezzava la testa spessissimo e ogni notte piangeva nel suo letto a due piazze.

Il ventisei agosto provò ad aprire la porta che gli era stato sempre detto fosse murata. Invece lì sopra c'era di tutto: tutto quello che sua madre gli aveva tenuto nascosto. Capì, comprese che tra lui e lei c'era un muro invalicabile del passato che si ostinava a tenere stretto a sé più di quanto facesse con il bambino. CD, cornici, abiti, quaderni pieni di disegni e parole, un computer funzionante appoggiato su una cassapanca, diari segreti, annotazioni, uno stereo nel quale era inserito un album di musica rock, riviste, poster; c'erano pile di foto in scatoline: paesaggi, una folla di persone accaldate, una band musicale su un palco, il volto di una ragazza che sembrava proprio sua madre e un microfono stretto nelle mani sudate vicino alle labbra gli occhi socchiusi, ragazzo alla batteria con i capelli bagnati, chitarra lucida, occhi commossi, accendini nel cielo, telefonini che proiettavano luce, abbracci stampati su carta, un salto in un corridoio bianco e i corpi stanchi, sorrisi rubati e sorrisi di posa, braccia morbide braccia muscolose, cappellini di “My chemical Romance” ed “Escape The Fate”, una libreria come sfondo, indicare un CD in una vetrina, sua madre con una donna dai capelli rossi, sua madre con un uomo con un tatuaggio sulle nocche: “Halloween”, l'amica – che era quasi in ogni foto – e un ragazzo con una giacca di pelle e la faccia da bambino, sua madre baciava un uomo. Era l'unica in cui sembrasse innamorata, era l'unica con quegli occhi aperti pieni di emozione e distrutti dal dolore più grande del mondo: la felicità. Non era mai stata umana come in quel ritratto, con le mani che cercavano la pelle dell'uomo che non era abbastanza, con le anime che provavano a fondersi e non ci riuscivano e sanguinavano. Veniva da domandarsi, spontaneamente: “Perché?” e da piangere, piangere fino all'alba del nuovo mondo e la fine dell'altro; allacciarli, bisognava allacciarsi, e ancora non sarebbe bastato. La colla più potente del mondo.

Lo osservò meglio quell'uomo prima di rubare la foto e infilarsela nei jeans: gli era familiare, gli sembrava di averlo già visto.

E ancora tazze, felpe, magliette, promesse, giuramenti, DVD di estati e inverni e autunni, videocassette di film d'epoca, lattine di coca-cola conservate con scritte di pennarello indelebile nero, un pezzo di legno con una frase disarmante “Not afraid to keep on living”, ritagli di giornali: cronaca nera di morti, alluvioni, uragani, crolli di governo, povertà, morte. E ancora bigliettini, appuntamenti, lettere senza risposta – inviate, ricevute – autografi sbiaditi, pezzi di carta con macchie di lacrime, libri distrutti dalla pioggia, foto scolastiche, quaderni di matematica italiano filosofia greco latino e inglese, traduzioni di canzoni mai ascoltate, lettori musicali impolverati, scatoloni pronti per essere riempiti.

Tutto quello era vuoto, vuoto per lui, non c'era spazio per un figlio, non c'era neanche un centimetro per chiunque che non facesse parte di quei ricordi: lui, lui non era figlio della donna.



In quella confusione di vita, un giorno, avrebbe trovato una lettera indirizzata proprio a lui, sotterrata da pacchi di fumetti: la madre gli chiedeva perdono perché non era stata degna del suo compito, desiderava una redenzione da tutto il male che gli aveva causato, tutto ciò che c'era in quella soffitta non valeva neanche un grammo di lui. C'era una copia della foto dell'uomo: la madre gli diceva che era suo padre.

Ma strappò quelle parole, credendo che fossero menzogne, perché fino a quel momento aveva nuotato nell'oblio di una vita che gli era stata ripudiata.













Angolo dell'autrice: Fanfiction partecipante al “2010: a year together”, indetto dal « Collection of starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 ».

La citazione “Not afraid to keep on living” fa parte della canzone “Famous last words” del gruppo musicale My Chemical Romance.

Fatti, luoghi e persone sono completamente inventati, tranne i gruppi citati come Escape The Fate e My Chemical Romance; ogni corrispondenza alla realtà è puramente casuale.

   
 
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