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Autore: Shainareth    10/10/2010    8 recensioni
*** Si ringraziano Atlantislux per l'impeccabile betaggio, Ike_ ed Erecose per l'indispensabile consulenza, e Milly Miu Miu per le bellissime illustrazioni. Nonché tutti voi lettori. ***
[Dragon Age: Origins] Ero viva per davvero? O quel disgraziato mi aveva seguita nel regno dei morti col solo intento di prendermi per i fondelli? Pensando a questa possibilità, valutai seriamente l’idea di dargli una testata sul naso. Se non lo feci, fu unicamente perché Duncan si avvicinò a noi e mi porse un boccale d’acqua. Ancora frastornata, mi misi a sedere e bevvi avidamente, come se avessi una sete insoddisfatta da giorni, cercando di mandare via l’orribile sapore che avevo ancora in bocca.
Unica precisazione: la protagonista NON è una Mary Sue. XD
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Nimue Surana'
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CAPITOLO VENTOTTESIMO - ADDII




Quel che accadde nel momento successivo a quello in cui Branka riuscì ad impadronirsi del comando di alcuni dei golem di Caridin fu assai confuso. Ricordo bene, però, la voce di Oghren che le implorava ancora una volta di fermarsi, i suoi occhi azzurri che cercavano disperatamente l’aiuto di Alistair. Ma lui non poteva fare nulla, esattamente come noialtre. La sola Morrigan si era dimostrata propensa a schierarsi con Branka, eppure adesso era costretta a combattere al nostro fianco per forza di cause maggiori: eravamo alleate, io e lei, e pertanto era necessario scendere a compromessi.

   Non c’era alternativa, dunque, e Oghren avrebbe dovuto farsene una ragione, purtroppo. Anzi, dovette farsela praticamente all’istante, quando quella folle di sua moglie gli si scagliò contro con la propria lama. Il guerriero riuscì a parare il colpo con l’impugnatura dell’ascia all’ultimo momento, gridando per lo sgomento, la rabbia, la disperazione. Branka mosse velocemente il braccio sinistro e lo colpì al capo con lo scudo, stordendolo e facendolo indietreggiare di qualche passo; quindi, spietata, tornò ad affondare l’arma, pronta a trafiggerlo. Se non riuscì a farlo fu solo perché in quel momento impressi un glifo a difesa del povero Oghren, mentre Leliana si preparava al contrattacco con le proprie frecce, altrimenti inutili sugli altri nostri avversari.

   Di quelli si stavano occupando i loro fratelli golem, insieme ad Alistair, Wynne e Morrigan, riuscivo a capirlo dai rumori alle mie spalle. Pur col cuore in gola per la loro sorte, cercai di fidarmi delle loro capacità e di non pensarci – cosa, quest’ultima, che mi riusciva piuttosto semplice dal momento che Branka teneva ben desta la nostra attenzione. Centrata ad una spalla da uno dei dardi di Leliana, il Campione lanciò un urlo di guerra, e provò di nuovo a scagliarsi contro Oghren, che stavolta non ebbe i riflessi abbastanza pronti per evitare il fendente che per poco non gli penetrò l’armatura all’altezza del petto.

   «Branka!» continuava a strepitare miseramente, incapace di accettare la realtà dei fatti. Lei però non lo ascoltava, o se lo faceva era del tutto insensibile ai suoi appelli. Una fiammata avvolse la donna, e davanti a quella visione, Oghren vociò ancora, spaventato per la sua incolumità. E mentre lei si contorceva in preda al dolore, lui si voltò verso di me, furioso. Nel frastuono di qualcosa che franava, forse un golem che alle mie spalle veniva fatto a pezzi, non fui in grado di afferrare ciò che mi inveì e lo reputai un bene: non potevo permettermi di esitare, la posta in gioco era troppo grande.

   Sfortunatamente, Branka si riprese in fretta, dimostrando così che il titolo vinto a Orzammar se l’era meritato appieno. Anche se con alcune piccole fiammelle fra i capelli, rivolse due occhi furenti nella mia direzione. «Sei morta», ringhiò partendo all’attacco.

   «Non credo proprio», la contraddisse Leliana, frapponendosi fra noi prima che l’altra potesse raggiungermi.

   Dovevo lasciarla fare, dovevo lasciarla fare, dovevo lasciarla fare. Ripetei a me stessa queste parole nel tentativo di convincermi che era l’unica maniera per riuscire in quell’impresa: la mia compagna si era accorta di ciò che stavo per evocare, e quello era il suo modo per farmi guadagnare tempo. Scoccò una freccia, poi un’altra, con una rapidità tale che lo scudo di Branka non riuscì a bloccarle tutte, ringhiando a causa di quella che le si conficcò all’inguine. Barcollò, costretta a fermarsi per un attimo; eppure questo non bastò a farla desistere dal suo proposito. Riprese la marcia a grandi falcate, gridando di rabbia, mentre Oghren cercava di rincorrerla.

   La distanza che ci separava fu sul punto di essere colmata. Leliana esitò, rimanendo tuttavia ferma al suo posto, forse persino pronta a farmi da scudo fino alla fine. Non ve ne fu bisogno, comunque, perché terminai di formulare il mio incantesimo appena in tempo. «Ora!» strillai.

   Leliana scattò di lato come una scheggia, rotolando sul pavimento roccioso proprio mentre dalla punta del mio bastone e dal palmo della mia mano scaturiva un’enorme concentrato di energia elettrica che andò a colpire Branka in mezzo al petto, percorrendone ogni cellula del corpo, tramortendola, provocandole enormi danni fisici e non. Il fulmine non si accontentò di lei, e come fosse stato dotato di vita propria passò oltre, evitando Oghren per mio ordine e scagliandosi invece spietatamente contro gli altri nostri avversari. Ne abbatté addirittura uno, azzerando il vantaggio che gli alleati di Branka erano riusciti a procurarsi dopo aver frantumato uno dei golem di pietra rimasti fedeli a Caridin.

   Non era finita, comunque. Perché, sebbene Oghren si fosse precipitato su di lei per soccorrerla, io lo scagliai lontano con una delle mie magie, anche a costo di fargli del male e, soprattutto, di farmi odiare da lui: era la sola cosa che potevo fare per proteggerlo. Non meritava di soffrire ancora per colpa di quella donna. No, di quel mostro.

   Alle mie spalle udii qualcos’altro andare in pezzi e la voce squillante di Morrigan che esclamava non so cosa a qualcuno. Leliana fu di nuovo in piedi, l’arco teso. «Non credo che ce la caveremo con così poco», la sentii ragionare. Prese la mira e lasciò andare la corda che teneva bloccato il dardo dalla punta infuocata, dono degli elfi di Brecilian.

   Il mio potere magico non era illimitato, e dovetti costringermi ad una pausa per recuperare fiato. Oghren ne approfittò per tornare in piedi proprio mentre anche Branka iniziava di nuovo a muoversi, dando così ragione alle supposizioni di Leliana. «Branka… Branka!» chiamava il povero nano, lasciandosi cadere in ginocchio accanto a lei e posandole entrambe le mani sull’armatura. Quel contatto provocò alcune scintille e, gemendo per la sorpresa e il lieve dolore, fu costretto a ritrarsi.

   «Non toccarla», gli dissi con una calma che non mi apparteneva. Mi sentivo estranea a me stessa e non mi piaceva. L’odio che provavo per quella donna mi aveva reso sorda alle proteste della pietà che solitamente albergava nel mio cuore. O, più probabilmente, era proprio per quella stessa pietà che mi ostinavo a voler porre fine alle ambizioni di Branka: senza di lei, Oghren avrebbe trovato pace, sarebbe stato libero da quel peso, libero di ricostruirsi una vita. Libero. «Il metallo è conduttore di calore ed elettricità, così come lo è il nostro corpo. Finiresti per morire anche tu.»

   «Mo… Morire?» balbettò, gli occhi sgranati che saettavano da me a lei e viceversa. «Morire!» gridò poi. «Non puoi ucciderla! Non puoi!»

   «Preferite che sia lei ad uccidere voi?» tentò di riportarlo con i piedi per terra Leliana. «Lo avete visto voi stesso: non ha più un briciolo di umanità. Nemmeno per coloro che un tempo ha amato.»

   «Spostati da lì», lo implorai io con voce più dolce. Oghren parve incerto sul da farsi. Aprì la bocca, la richiuse. I suoi lunghi baffi rossi tremolavano. «Per favore.»

   Non prese mai una decisione, perché pochi istanti dopo un poderoso pugno sotto al mento lo schiantò al suolo. «Oghren!» urlammo io e Leliana, spaventate. Imprecai, ma non feci in tempo a ricorrere alla magia che Branka si scagliò anche contro di me, abbattendomi con una spallata e facendomi volare lontano. Nella caduta persi il mio bastone, e per alcuni lunghi attimi mi mancò il respiro, come se qualcuno o qualcosa premesse violentemente contro il mio sterno, lì dove quella maledetta mi aveva colpito. Spalancai bocca in cerca d’aria, reclinai il capo all’indietro, gli occhi spalancati, e la vidi: Wynne giaceva a terra come me, ma non vi erano tracce di sangue su di lei o attorno a quello che speravo non fosse il suo cadavere. Sentii le ciglia bagnarsi di lacrime, e se avevo tempo per piangere, allora lo avevo anche per smettere di farlo e lottare per i miei compagni.

   Mi voltai sul fianco, una mano al petto, che ancora doleva non poco. Sospettavo diverse costole rotte, ma la Magia Guaritrice presente nel mio corpo mi fu di sollievo. Non volevo sprecarla tutta, però, non adesso che ero l’unica a poterla esercitare ancora. Né potevo permettermi di prosciugare le energie per pensare unicamente a me stessa.

   La voce spezzata di Leliana mi obbligò a fissare di nuovo la mia attenzione su Branka, che l’aveva raggiunta e spinta a terra, pronta ad affondare la lama, mentre con un piede premuto appena sotto al collo la teneva bloccata. La ragazza provò ad afferrarla per la caviglia con entrambe le mani nella speranza di farle perdere l’equilibrio, senza successo. Branka calò l’arma con violenza, e Leliana lanciò un urlo soffocato, mentre la spada le penetrava la carne all’altezza della spalla destra.

   «Così vedremo se riuscirai ancora ad usare il tuo stupido arco», sibilò la nana, ruotando il polso per trafiggerla in profondità. Un proiettile di pietra la colpì al capo, stordendola e facendola barcollare giù dalla mia compagna; ed io, che pur senza bastone riuscivo ancora a compiere i miei incantesimi elementali, mi rialzai in piedi.

   Branka scosse la testa ferita, e solo dopo una manciata di secondi si rese conto di quanto era accaduto. Mi lanciò uno sguardo furioso. «Puttana!» inveì, pronta a calpestare di nuovo Leliana per recuperare la spada rimasta dentro di lei. Se non riuscì a farlo, fu solo grazie all’intervento di Oghren, che le piombò alle spalle, circondandola con le braccia per bloccare le sue.

   «Non ti lascerò commettere altre pazzie!» ruggì, al colmo della sopportazione.

   «Tu non farai un bel niente!» ribatté la donna, cercando con ogni mezzo di liberarsi. L’altro fu costretto a sollevarla dal suolo per renderle le cose più difficili, ma questo le consentì di scalciare all’indietro tanto forte da tempestargli le gambe di botte. «Mollami o ammazzo anche te!»

   Come se non avesse già tentato di farlo prima…

   Spostai gli occhi su Leliana, preoccupata per la sua vita: aveva le palpebre spalancate, la bocca socchiusa, le dita attorno alla lama insanguinata che la teneva inchiodata a terra. «Nimue…» rantolò a fatica, cercandomi con le pupille nere. «Uccidila.»

   La fissai attonita: era quello che avevamo in effetti intenzione di fare, dal momento che non c’erano alternative, eppure sentirglielo dire così apertamente mi raggelò, e per un istante mi tornò alla mente la Leliana del suo racconto, il bardo, la spia, l’assassino. Non conoscevo affatto quella Leliana.

   «Fallo, prima che sia tardi!» mi rimproverò per la mia esitazione, alzando la voce. «Vuoi che l’Incudine cada nelle sue mani?! Vuoi che siano sacrificate migliaia di vite?!»

   Mi riscossi, capendo che, per quanto una persona potesse cambiare cercando compromessi con se stessa, fondamentalmente ci sarebbero state sempre delle caratteristiche di lei che sarebbero rimaste immutate. Per Leliana doveva essere così, e i mesi passati in Chiesa immersa nella preghiera avevano mitigato gli aspetti meno positivi della sua indole, rendendola assai più dolce ed equilibrata, al punto da scatenare la parte più bellicosa del suo io soltanto in momenti disperati come quello in cui ci trovavamo, quando in gioco c’era la sorte di un’intera popolazione. Era giusto così, avrei dovuto prendere esempio da lei e farmi forte di quell’insegnamento, mettendo a tacere gli egoismi e le paure e lasciando invece posto alla rabbia e alla mia sete di giustizia.

   Ferita gravemente dalle ustioni provocate dal fuoco e dal fulmine che le avevo scagliato contro, e con ben due frecce piantate in corpo e il sangue che le colava sul volto a causa del cranio spaccato dal mio ultimo incantesimo, l’incrollabile Branka era bloccata dall’abbraccio del marito, l’ultimo che avrebbe potuto assaporare, benché ormai privo di quella tenerezza che Oghren le avrebbe invece riservato un tempo. Stimai che forse un colpo non sarebbe bastato e, pur domandandomi se un altro fulmine avrebbe sortito i suoi effetti devastanti, ricorsi a quello, non prima di aver impresso su Oghren un’altra barriera protettiva, che adesso lo avvolgeva come una seconda pelle.

   La magia andò a segno, il guerriero dai capelli rossi gridò per lo spavento, lasciando istintivamente cadere la moglie al suolo ed indietreggiando, le mani a ripararsi gli occhi dalla luce accecante della saetta da me scagliata. Ma non servì a nulla. Fu con orrore che mi accorsi che ormai non avevo quasi più energie, se non quel tanto che mi consentissero di rimanere stentatamente in piedi. E Branka, la cui armatura era ormai un rottame e la cui pelle era ricoperta di piaghe che le devastavano i lineamenti scavandole la carne, si stava nuovamente avventando contro di me, capacissima di uccidermi a mani nude se solo ci avesse provato. Le gambe smisero di reggermi e io mi accasciai a terra, lo sguardo fisso nelle orbite infossate e quasi lattiginose di lei, attraverso le quali forse mi vedeva a malapena.

   Sarei morta lì se un altro proiettile di pietra non l’avesse colpita alla bocca dello stomaco, facendola volare lontano e schiantare contro una roccia. E mentre sentivo Morrigan richiamare la Stretta Invernale per porre fine una volta per tutte all’esistenza del leggendario Campione di Orzammar, le mie membra furono avvolte da un piacevole tepore che mi rinvigorì all’istante.

   «Avresti dovuto scagliare quel colpo dopo il mio, non prima.»

   Wynne sospirò, sfiorando appena la figlia di Flemeth con un’occhiata stanca e avanzando verso Leliana, bisognosa di cure molto più degli altri. «L’urgenza del momento mi ha costretta a pensare anzitutto all’incolumità degli altri.»

   Era viva. E stava bene. Avrei voluto chiedere come fosse possibile, ma le parole non venivano fuori. Allora ricordai dello spirito interiore che le consentiva quel tipo di prodigio e compresi. Mi osservai attorno, ancora stravolta, e capii che era davvero tutto finito. Soltanto un golem, a parte Caridin, era rimasto in piedi ed era dalla nostra parte. Quanto ad Alistair, se ne stava seduto più indietro, fra i detriti dei giganti che avevano combattuto con enorme fatica, e mi fissava da lì. Abbozzai un sorriso, che subito lui mi restituì. Doveva essere ferito come al solito, e il sangue fresco che gli macchiava l’armatura e la faccia non poteva che essere suo.

 

Un grido straziante ci riportò alla realtà. Oghren.

   Se ne stava accanto al corpo esanime di Branka, piangendo disperato e scacciando via in malo modo Wynne, avvicinatasi a lui per alleviarlo dalle pene delle ferite.

   «Un’altra vita perduta per colpa della mia invenzione. Vorrei che la storia non ne fosse mai venuta a conoscenza», mormorò Caridin, la cui voce metallica non gli consentiva di trasmettere il suo reale stato d’animo.

   «Stupida donna», gracchiò Oghren, cercando di darsi inutilmente un contegno. «Sapevo che sarebbe andata a finire così, lo sapevo

   «Non voglio che si ripetano episodi del genere», concordò il Campione di ferro. «Distruggete l’Incudine, per favore. Fatelo ora.»

   «Sì, bella idea distruggerla adesso, dopo tutta questa fatica», mugugnò Morrigan, ancora irritata per tutta quella faccenda e la nostra divergenza d’opinioni.

   «Lo faremo», assicurò invece Wynne, riuscendo infine a convincere il nano a lasciarsi medicare. «E vi giuro che mi occuperò personalmente di comunicare i vostri avvertimenti sulla creazione dei golem al Circolo dei Magi.»

   «Grazie», rispose Caridin, sincero. «C’è qualcosa ch’io possa fare per voi, prima di essere liberato da questo maledetto fardello?»

   «Oghren?» lo chiamò Wynne, sostenendolo per le spalle. «Avete sofferto molto a causa di tutto questo… C’è qualcosa che desiderate?»

   Lui tirò su col naso, passandosi il dorso di una mano sugli occhi. «No», disse. «O meglio. Ci sarebbe una cosa, ma è impossibile resuscitare i morti, vero? Né ci si potrebbe aspettare di poterla riavere sottoforma di golem, giusto?» Dopo tutto quello che era successo, voleva ancora Branka al suo fianco. Non sapevo se invidiare il suo modo di amare o se invece provare soltanto compassione per il suo cuore in pezzi.

   «Non farei una cosa del genere neanche se potessi», lo avvertì Caridin.

   Oghren scosse le spalle con apparente noncuranza. «Allora non voglio nulla. Niente che mi ricordi di tutta questa storia. È meglio che sia finita una volta per tutte.» Annuì a se stesso e poi aggiunse, indicando Alistair con una mano: «Ma c’è quella faccenda delle elezioni. Voglio dire… c’è sempre bisogno dell’appoggio di un Campione per mettere finalmente pace all’interno del Concilio, no?»

   Caridin si trovò d’accordo. «In tal caso, per l’aiuto che mi avete dato e per ciò che farete adesso, batterò il martello per l’ultima volta», annunciò. «Forgerò una corona, e voi la porrete sul capo del re che voi stessi sceglierete.»

   Passò diverso tempo prima che egli potesse terminare il suo lavoro, e noi ne fummo quasi sollevati: potevamo riposarci prima di riprendere la strada che ci avrebbe ricondotti a Orzammar. Finito con Oghren, Wynne tornò da Leliana, porgendole un’altra fialetta contenente un impiastro di radice elfica. Il nostro bardo era pallido a causa del sangue perso, i lisci capelli rossicci scomposti e a tratti appiccicati al viso per via del sudore. Tutto sommato stava bene, ci disse per tranquillizzarci, poiché aveva passato momenti ben peggiori tempo addietro per colpa di Marjolaine. Mi trascinai accanto a Morrigan per guarirle eventuali ferite, ma lei mi seccò con un’occhiataccia e mi fece bruscamente cenno verso Alistair. Il quale, vedendomi arrancare nella sua direzione, allungò subito una mano per aiutarmi a sedere di fronte a lui e non protestò quando gli rifilai una delle mie medicine dal sapore impossibile.

   Quando il rumore del martello smise di percuotere l’aria, lasciando posto a quello dei pesanti passi di Caridin, di ritorno verso di noi, ci rialzammo tutti in piedi, meno che Leliana, ancora troppo debole.

   «Eccola», disse il golem, mettendo fra le mani di Wynne la splendida corona d’oro che aveva appena finito di forgiare. «Datela a chi volete. Non voglio sapere il suo nome, ho già vissuto oltre il mio tempo e qui ormai non c’è posto per me.» Tacque per un istante, tornando a guardare indietro. «L’Incudine è laggiù.»

   «La distruggeremo come promesso», annuì Alistair muovendosi per compiere quel gesto.

   «No», lo fermò Oghren, avanzando deciso e anticipandolo lungo la strada che ci separava da quell’arnese infernale. Era rimasto per tutto il tempo accovacciato accanto al cadavere della moglie, osservandola in silenzio. Per sua stessa ammissione aveva compreso che sarebbe stato pressoché impossibile salvarla, e adesso forse stava cercando di abituarsi all’idea che non l’avrebbe più rivista, che avrebbe continuato la sua vita senza di lei. Definitivamente. «Sarò io a distruggerla», sentenziò quindi, non ammettendo alcuna replica. E in realtà nessuno avrebbe avuto niente da ridire al riguardo.

   Lo osservammo avanzare verso l’Incudine, l’ascia stretta nel pugno, e quando vi fu davanti si bloccò, fissando le vene di lyrium che passavano attraverso il metallo. «Che tu sia maledetta…» le disse, come se essa avesse potuto sentirlo. Infine, sollevò la propria arma con entrambe le braccia e scagliò il primo colpo, poi un altro, ruggendo a pieni polmoni per la rabbia e la disperazione, imprecando contro tutti quelli che vaneggiavano come Branka e pregando a modo suo che nessun altro potesse cadere ancora in quel madornale errore.

   «Avete la mia eterna riconoscenza», gli disse Caridin, raggiungendolo in cima alla rupe su cui ora, avvolti da un polverone nero, si trovavano lui e i resti dell’Incudine. «Atrast nal tunsha... Possiate trovare la vostra strada nell’oscurità.» Infine, senza aggiungere altro, si sporse dal baratro e si lasciò cadere giù, nel fiume di lava bollente sottostante.

   Non appena Caridin fu scomparso, anche l’altro golem rimasto si disattivò immediatamente. Era finita. Potevamo tornare indietro, ristabilire il governo di Orzammar e reclutare l’aiuto dei nani. Tutto ciò con la speranza che a nessun matto venisse più in testa di cercare ancora quella maledetta Incudine.

   «Cos’è questo?» domandò ad alta voce Morrigan, dall’altro lato della caverna. Era ferma davanti a quella che sembrava un’enorme lastra di pietra, la cui superficie era interamente ricoperta di rune. Non poteva leggerla, né potevamo farlo noi, anche se ci parve di riconoscere il nome di alcune importanti Casate nobiliari che avevamo sentito in città.

   «Scoreggiami una ninnananna!» fu l’originale esclamazione che ci lasciò attoniti quando Oghren ci raggiunse ai piedi della stele funebre. Era ancora sconvolto per quanto accaduto, gli occhi lucidi e arrossati, eppure il suo cervello era perfettamente attivo. «È un monumento a tutti quei nani che sono diventati golem!»

   «Ne siete sicuro?»

   «Certo che sì.» Levò un braccio per additare una fila di parole. «Qua c’è scritto proprio: Onoriamo coloro che si sono sacrificati lasciando che i loro nomi vengano qui ricordati.»

   «È orribile», mormorò Wynne, trovandomi perfettamente d’accordo. «Sono migliaia…»

   «Se riuscissimo a riportarla al Modellatorio, a Orzammar, scommetto che se la farebbero addosso! O magari ci pagherebbero un sacco d’oro. Probabilmente, entrambe le cose», suggerì Oghren, pragmatico.

   «Sarebbe fantastico, visto che i nostri ultimi soldi sono stati spesi… per cosa? Uno stupido specchio dorato?» mi rinfacciò Alistair, pur senza reale cattiveria.

   «Di’ un’altra parola e te lo spacco in testa, quello specchio», lo avvertii io, fulminandolo con lo sguardo.

   «Sul serio», tentò poi di rabbonirmi passandomi un braccio attorno alle spalle, «cerchiamo un modo per ottenere quel denaro, a meno che non vogliamo spedire Morrigan a passeggiare sul ciglio della strada.» Lei si volse a fissarlo con occhi gelidi ma non gli diede soddisfazione e rimase in silenzio. «So che lei ne sarebbe contenta, perché finalmente troverebbe qualcuno che se la fili», insistette Alistair, «ma noi Custodi Grigi dovremmo cercare di mantenere un minimo di contegno: che figura ci faremmo, se si sapesse che frequentiamo certa gentaglia?»

   Fortunatamente Morrigan non replicò, anche perché subito Wynne ci distrasse, mettendo mano alla propria sacca ed estraendone un foglio di carta e un carboncino. «Problema risolto, direi», approvò Oghren, tirando su col naso. «Anche se difficilmente riusciremo a ricalcare tutte queste iscrizioni per intero…»

 

Uscire dalle Vie Profonde, dopo giorni e giorni di sensazioni claustrofobiche che opprimevano tutti noi, impedendoci di dormire sogni tranquilli – a prescindere dagli incubi miei e di Alistair – e di riprenderci prima di quanto avremmo voluto, fu qualcosa di indescrivibile. Eravamo ancora sottoterra, certo, ma l’aria di Orzammar era molto più piacevole da respirare. L’emozionante libertà che ci sopraffece non appena tornammo in città ci stordì non poco. Vista, udito e olfatto sembravano di colpo diventati di gran lunga più sensibili per tutti, e noi tornammo a ridere di gusto per ogni minima cosa, foss’anche stato un rutto di Oghren.

   Dalla morte di Branka doveva essere passata una settimana, forse, non ne ero sicura allora e non lo sono nemmeno adesso. Oghren però stava meglio, aveva potuto chiudere definitivamente quella faccenda e tornare a guardare avanti a sé, e questo faceva stare bene anche noi che ormai gli eravamo davvero affezionati. Ci sarebbe mancato non poco quando avremmo lasciato Orzammar, e quel legame doveva essere reciproco, poiché appena ci fu possibile parlare di nuovo con Vartag Gavorn, il secondo di Bhelen, Oghren decise di venire con noi per darci una mano grazie alla sua testimonianza.

   Quando entrammo nella sala del Concilio, inizialmente nessuno si accorse di noi. Tutti i nobili erano intenti a litigare come al solito, questa volta in presenza di entrambi i candidati al trono, che se ne stavano in cima a una scalinata, in attesa di un verdetto che continuava a non essere deciso.

   «Signori del Concilio, vi richiamo all’ordine!» stava vociando il Siniscalco, esasperato nonostante la sua indiscutibile pazienza. «Questa discussione non porterà a niente!»

   «Dunque, perché queste tattiche di continui rinvii? Richiedo una votazione», pretese Bhelen, agguerrito. «Mio padre possiede un figlio vivente che può assumere il trono degli Aeducan... Chi avrebbe il coraggio di negarlo?»

   «Io», borbottò sottovoce Alistair, che non solo era sempre più disgustato da tutta quella faccenda, ma per di più doveva sopportare l’enormità di coincidenze che lo accomunavano a quell’uomo.

   «Vostro padre mi ha fatto giurare sul suo letto di morte che non vi avrei permesso di succedergli», stava invece ribattendo Harrowmont, irremovibile, mentre Vartag cominciava a schiarirsi la gola per attirare l’attenzione di tutti.

   «Mi scuso per l’interruzione Lord Siniscalco, ma i Custodi Grigi sono tornati», annunciò quando l’ebbe ottenuta.

   L’uomo sobbalzò e subito ci venne incontro. Sul suo volto erano dipinti meraviglia, speranza e anche perplessità: dopotutto non ci era stato ancora concesso di riposare a dovere o anche solo di ripulirci del sangue e del lerciume di cui sono piene le Vie Profonde. «Beh, Custodi?» cominciò dopo un attimo, scrutando con fare curioso Oghren, e chiedendosi probabilmente cosa ci facesse insieme a noi. «Che notizie portate?»

   «Una corona», risposi, sollevandola fra le mani, davanti a me. «È stata forgiata con l’Incudine del Vuoto.»

   «Caridin era stato intrappolato nel corpo di un golem», iniziò a spiegare Oghren per noi. «Questi Custodi gli hanno concesso la misericordia che cercava, liberandolo e distruggendo l’Incudine del Vuoto.» Un coro di soffocate esclamazioni si levò tutt’intorno, alcune ammirate, altre sconcertate. Avrei voluto precisare che l’Incudine era stata distrutta grazie a Oghren, ma lui mi anticipò, riprendendo parola. «Prima di morire, Caridin ha forgiato una corona per il prossimo re di Orzammar, scelto dagli antenati stessi.»

   «Vorrei poter credere alle parole di Oghren», intervenne Harrowmont, palesemente contrariato, «ma è noto che i Custodi Grigi sono alle dipendenze di Bhelen!»

   «Silenzio!» gridò il Siniscalco, non ammettendo altre obiezioni o interruzioni. «Questa corona è stata creata da un Campione, e reca l’antico sigillo della Casata Ortan», annunciò, prendendola dalle mie mani per scrutarla da vicino e confermando così le parole del nostro amico. «Ditemi, Custodi... chi ha scelto Caridin?»

   Il problema era proprio questo: Caridin non aveva scelto nessuno. Tuttavia non potevamo svelare questo particolare o saremmo stati ancora accusati di favoreggiamento nei confronti di Bhelen, e allora magari la situazione non si sarebbe risolta affatto, perché i seguaci di Harrowmont di sicuro non se ne sarebbero stati con le mani in mano ad accettare che i primi stranieri di passaggio decidessero per loro sulla sorte di Orzammar. Più esperta di noi in questo tipo di circostanze, Leliana, ci aveva raccomandato di mettere da parte ogni remora: se la politica era un gioco tanto sporco, in cui tutti mentivano a tutti, una bugia in più detta a fin di bene per sistemare le cose, o per lo meno per provare a farlo, forse avrebbe migliorato la situazione.

   «Caridin ha scelto Bhelen», fummo quindi costretti a dire, fra lo stupore generale.

   Una risata soddisfatta, in parte coperta dalle esultanze della fazione del Principe, risuonò per la sala. «Finalmente questa farsa è finita e io potrò prendere il mio legittimo posto sul trono di mio padre», affermò Bhelen, lanciando un’ultima, trionfante occhiata al suo rivale ed iniziando a scendere giù per la scalinata che lo avrebbe condotto a noi, verso il centro della sala.

   Anche gli altri membri del Concilio lo seguirono, compresi quelli che avevano appoggiato Harrowmont, pronti – o rassegnati – ad obbedire alla volontà del Campione Caridin e quindi a riconoscere Bhelen come loro nuovo sovrano. Si disposero tutti in cerchio, attorno a lui e al Siniscalco, il quale, non appena il Principe si inginocchiò, gli pose la corona sul capo e disse: «Che i ricordi vi giudichino degno, primo tra i signori delle Casate, re di Orzammar.»

   Quest’ultimo si levò in piedi e, pieno di sé e della nuova carica da lui ora ricoperta, si voltò verso il suo ex-avversario politico. «Mi riconoscete come vostro re?»

   «I-io non posso oppormi ad un Campione», fu costretto ad ammettere Harrowmont, mortificato. «Il trono è vostro... Re Bhelen.»

   Soddisfatto, lui prese a muovere qualche passo su e giù nel cerchio che gli altri nobili avevano formato intorno a lui, guardando tutti e nessuno. «Dunque, dunque, dunque…» iniziò poi. Si fermò e alzò un dito verso l’alto. «Come mio primo atto da re, richiedo l’esecuzione di quest’uomo!» ordinò puntando l’indice verso Harrowmont, che ora lo fissava allibito. «Guardie, arrestatelo!»

   «Non vi abbiamo affidato quella corona affinché poteste essere un tiranno!» urlò Alistair, facendo un passo in avanti, quasi come se fosse pronto a scagliarsi contro di lui.

   Bhelen aggrottò la fronte. «Conoscete meglio di chiunque altro la guerra che ci attende, Custode.» Sì, e Alistair conosceva anche meglio di chiunque altro cosa volesse dire avere sul collo il fiato degli scagnozzi di Loghain, che volevano la sua testa per evitare che gli venisse sottratto il trono. «Orzammar non può permettersi di essere divisa. Chiunque insidia il mio regno servirà soltanto la Prole Oscura. Tornerò al mio palazzo per riunire i generali e preparare la nostra forza per la superficie. Vi rivedrò lì, Custodi. Avete la mia gratitudine per tutto ciò che avete fatto.»

   Detto questo, prese a marciare spedito verso l’uscita insieme alle sue guardie del corpo e Vartag Gavorn, lasciandoci in mezzo a quella folla di nobili che ancora sembrava spaesata da quella novità.

 

«Schifoso bastardo», non riuscì a trattenersi Alistair, passandosi un panno sulla testa per asciugarsi i capelli. Eravamo tutti in condizioni disastrose, e Oghren ci aveva gentilmente offerto ospitalità a casa sua, mettendoci a disposizione anche la stanza da bagno – tutto sommato abbastanza pulita, il che stava a significare che lui e Branka dovevano avere per lo meno una domestica che si occupasse di tenere l’ambiente in ordine. Tuttavia, anche se i soffitti erano piuttosto elevati, il resto delle cose era leggermente fuori misura, e Alistair, il più alto e grosso di noi, aveva fatto una fatica immane ad entrare nella tinozza da bagno, facendoci non poco ridere con i suoi commenti idioti, borbottati a voce troppo alta perché noi, dall’altro lato della parete, potessimo ignorarli.

   «Smettetela di pensarci, vi farete soltanto il sangue amaro», cercò di consolarlo Leliana, che ormai stava bene e non riportava quasi più tracce della brutta ferita alla spalla destra. «I giochi di potere sono questi, c’è poco da fare. L’unico modo che avete per difendervi è di fare buon viso a cattivo gioco. Mettete da parte ogni utopia, altrimenti finirete per rimanere deluso.»

  «Vi facevo molto più ottimista nella vostra incrollabile fede nel Creatore», rispose lui, lasciandosi cadere stancamente su un massiccio sedile ricavato dalla roccia. «Ma hanno anche il fondoschiena di pietra?» si domandò, non capacitandosi della scomodità di quella casa.

   «Il mio culo è bello sodo anche grazie a quello, sai?» ribatté Oghren, sorridendo orgoglioso.

   «Sodo e letale.»

   «Si vede che, a differenza di noi nani, sei stato cresciuto attorniato da cose morbide e graziose, come quella che ti porti appresso.»

   «Mi chiamo Nimue», sospirai infastidita, ascoltando la conversazione dal fondo della stanza, dove mi ero messa a cercare nella mia sacca una certa qual cosa.

   «Oh, sì, certo», annuì Alistair, ignorandomi. «Per dieci anni ho dormito in una stalla, rischiando di risvegliarmi con il viso sporco di sterco di cavallo. Quello sì che è morbido, in effetti. Per non parlare delle soffici brande militari su cui all’abbazia ho passato mille notti insonni a spezzarmi la schiena. E, guarda un po’, adesso provo persino piacere a dormire in mezzo alla strada.»

   «Che vita misera», considerò distrattamente Morrigan che, seduta nel vano di una finestra, era intenta a rimirarsi nello specchio che le avevo regalato.

   «Non scambierei la mia per la vostra neanche morto.»

   «Sono stati davvero così duri gli anni passati in abbazia?» s’interessò Leliana.

   «No, che dite? Nominavo il Creatore almeno sei volte a notte.» E vedendo l’espressione scandalizzata del suo volto, Alistair fu costretto ad aggiungere: «Prima che estraiate uno stiletto e mi pugnaliate al cuore inneggiando alla giustizia divina, vi avverto che sto scherzando.» Lei ruotò gli occhi al cielo e scosse il capo. «Ammetto però di non essere mai stato un discepolo modello. Ho perso il conto delle volte in cui mi hanno sbattuto nelle cucine a lucidar pentole.» Fece spallucce. «Ero diventato anche piuttosto bravo.»

   «Per forza, un inetto come te può fare solo quel genere di cose.»

   Finse di non sentire il nuovo affondo di Morrigan e proseguì. «Comunque l’addestramento in sé per sé non era male, anzi. Mi piaceva.» Lo credevo bene, poveretto: era l’unico modo che aveva per scaricare la frustrazione.

   In quel mentre Wynne apparve sulla soglia della stanza, interrompendo quel piccolo momento di relax, e senza rivolgersi a nessuno in particolare, disse: «Bhelen manda a chiamare i Custodi.»

   Abbandonai la mia ricerca e alzai lo sguardo per incrociare quello di Alistair, che era tornato a mettere da parte il sorriso per una smorfia seccata. «Ci tocca», gli ricordai. Lo vidi annuire di malavoglia e si rimise in piedi, pronto ad andare subito al palazzo reale per incontrare quell’uomo sgradevole.

   Oghren volle venire con noi a tutti i costi. Non ne capimmo la ragione, ma lo lasciammo fare, visto quanto ci era già stato d’aiuto. Varcare di nuovo l’ingresso di quel posto adesso ci metteva addosso una sensazione assai sgradevole, e più tentavamo di scacciarla via, più quella si rafforzava. Trovammo Bhelen esattamente dove lo avevamo incontrato la prima volta, con la corona di Caridin sul capo e un sorriso smagliante in volto. Al suo fianco, la serva che Leliana sospettava essere sua amante.

   «Avete ampiamente dimostrato il vostro valore, Custodi», esordì non appena ci vide entrare. Era soddisfatto, eppure la sua felicità non riusciva a rendercelo piacevole neanche un po’. Sperammo vivamente di non esserci sbagliati ad appoggiarlo, e che almeno i nani Senzacasta avrebbero potuto beneficiare delle sue idee politiche. «Senza il vostro aiuto, non avrei conquistato il trono così facilmente e velocemente.»

   «Congratulazioni. Ben fatto», annuì Alistair, in tono convincente. Tuttavia, per me che conoscevo ormai quasi ogni sfumatura del suo carattere, sapevo che in realtà lo stava palesemente prendendo in giro. «Ora, dove sono le nostre truppe?» chiese infatti un attimo dopo, tagliando corto e arrivando al punto più importante di tutti: anche se Bhelen avesse mantenuto la parola riguardo l’abbattimento delle differenze sociali nel suo regno, senza il suo appoggio saremmo stati decisamente in difficoltà contro la minaccia del Flagello, che rischiava di spazzare via tutti, indiscriminatamente.

   «I miei generali si stanno già preparando ad una missione in superficie», ci informò il nuovo re. «Un mio emissario vi seguirà nel vostro viaggio. Quando avrete bisogno di noi mandateci a chiamare tramite lui e avrete ogni nano sano di Orzammar», promise, serio. «Avete fatto più di quanto mi aspettassi», ammise, «perciò vi offrirò anche una ricompensa personale in denaro. Suppongo vi serviranno dei fondi per la vostra causa.» Questo, unito al gruzzoletto che avremmo ricavato al Modellatorio, ci sarebbe sicuramente bastato per molti, molti mesi. E avrebbe anche tenuto Morrigan lontano dal ciglio della strada, a detta di Alistair. «Ora, ho molto da fare», prese a liquidarci Bhelen poco dopo. «Se non c’è nient’altro...»

   «Lo prenderemo come un grazie», mugugnò il mio compagno, contento per lo meno di potersi allontanare da lui.

   «Com’era inteso», confermò il nano. «Ora devo occuparmi degli altri supplicanti. Tornate a farmi visita qualche volta.»

   Ricordo nitidamente che, una volta usciti da lì, ci domandammo seriamente quanto ci avrebbero dato nel qual caso ci fossimo macchiati della colpa di regicidio, laggiù ad Orzammar; ma il fatto che Oghren ci assicurasse che non si facessero sconti per nessuno e che l’unica punizione per noi sarebbe stata la pena capitale, ci costrinse a desistere dal nostro proposito. Oltretutto, purtroppo avevamo bisogno di Re Bhelen, che ci piacesse o meno.

 

«Insomma», cominciò Oghren con un rutto, «alla fine te li sei tolti o no, i pantaloni?»

   Alistair aspettò di vuotare il proprio boccale prima di rispondere: «Meglio ancora: me li ha tolti lei.»

   Lo fissai incredula. «Lei? Di certo non stai parlando di me. Io non faccio certe cose.» Beh, non ancora.

   «Ti pare ch’io possa riferirmi a qualcun’altra? Di sicuro non a Morrigan, puoi metterci la mano sul fuoco. O appiccarti fuoco alla mano, che ti viene anche meglio», ci tenne a sottolineare.

   Incrociai le braccia sul tavolo davanti a me, scrutandolo sospettosa, senza che il caos visivo e sonoro della taverna in cui la gente si era stipata per festeggiare il nuovo re di Orzammar potesse distrarmi. «E, sentiamo, quando mai avrei fatto una cosa del genere?»

   «Brecilian», pronunciò prontamente lui, incurvando la bocca in un mezzo sorriso. «Ricordi quando abbiamo passato la notte insieme e tu mi hai sequestrato le brache?»

   Annuii. «Perché tu minacciavi di andartene a zonzo per la foresta, in mezzo ai lupi mannari», protestai, difendendo a spada tratta la mia reputazione.

   «Beh, ero comunque nudo», disse, sollevando la brocca e riempendomi il bicchiere con quella scura birra nanica che corrodeva le budella. Se non lo avessi conosciuto come le mie tasche, avrei potuto pensare che avesse dato ascolto a un vecchio consiglio di Oghren, cercando di farmi ubriacare per trovare in me una preda facile. «E sei stata tu a spogliarmi.»

   «Mh», gli concessi, osservando attentamente i suoi movimenti. «Io però ti ho tolto solo l’armatura e gli stivali», lo informai. «Al resto ci ha pensato Wynne.»

   Il suo braccio si bloccò a mezz’aria. «Anche i pantaloni?» domandò in un rantolo, impallidendo di colpo.

   «Soprattutto quelli», confermai spietata, allungandomi per riprendere il mio boccale e portarmelo alle labbra, così da nascondere in parte l’espressione del viso.

   «E di che ti lamenti?» volle sapere Oghren da Alistair.

   «Dovrei esserne contento?»

   Il guerriero di Orzammar scrollò le spalle. «Gallina vecchia fa buon brodo», affermò, facendomi sputacchiare parte della mia birra a causa delle risate. Il mio Principe lo guardò sconvolto, ma lui non si perse d’animo. «E comunque, scusa tanto ragazzo, ma hai un harem tutto per te: una mora, una rossa e una bionda. Fossi al posto tuo ne approfitterei tutte le notti. E anche tutte le mattine. Ma sì, una botta anche al pomeriggio e siamo tutti contenti», aggiunse poi fra sé e sé, ricominciando a bere e immaginandosi la scena davanti agli occhi.

   «Preferisco concentrarmi solo sulla bionda, grazie», replicò invece Alistair posando finalmente la brocca sul tavolo e portandosi pollice e indice sulle palpebre chiuse per scacciare quella stessa visione dalla mente.

   «Chi diavolo sarebbe la bionda?» mi inalberai io a quel punto, fissandolo torva.

   Lui levò il capo nella mia direzione e inarcò un sopracciglio. «Tu?» chiese con fare ovvio.

   Aggrottai la fronte, contrariata. «Io non sono bionda.»

   Alistair si mise una mano davanti alla bocca, rimanendo immobile a osservare il colore dei miei capelli. «Io sono biondo?» domandò allora.

   «Circa.»

   «Che risposta sarebbe?» non si capacitò, senza rendersi conto che ero già abbastanza sbronza da iniziare a sragionare – ma non troppo da perdere la lucidità.

   «Credo di sì», dissi, spazientita. «Che cavolo ne so!»

   «Se lo sono io, lo sei anche tu.»

   «No, i miei capelli sono castani!»

   «Troppo chiari per esserlo.»

   «Troppo scuri per essere biondi.»

   «Quel che contano davvero sono i peli che avete più sotto», fu l’osceno commento di Oghren che mise a tacere il nostro battibecco. In un’altra occasione sarei morta di vergogna, ma in quel momento non riuscii a fare a meno di scoppiare di nuovo a ridere. Mi succede sempre quando eccedo con l’alcol. Soddisfatto dalla mia reazione, il nostro nuovo amico sgomitò Alistair. «È abbastanza strafatta. Prendila e portatela via. Tieni, queste sono le chiavi di casa», e dicendolo gliele mise in mano.

   Il più giovane rimase a fissarle con fare interdetto. «State scherzando, vero?»

   «Fila, prima che ne approfitti io», lo prese in giro l’altro, riattaccandosi alla bottiglia.

   Ma Alistair rimase immobile dov’era. Lo tirai per la manica della camicia – poiché dopo tanto tempo aveva potuto finalmente togliersi di dosso l’armatura – e lo costrinsi a piegarsi verso di me. «Usciamo», gli sussurrai all’orecchio. Mi lanciò uno sguardo sorpreso, a metà fra l’allarmato e il contento. Infine, dopo un’ultima occhiata a Oghren, che ci fece un cenno di saluto con una mano, mi afferrò per il polso e mi trascinò via.

 

Con Leliana che si era votata ad aiutare Fratello Burkel nel suo proposito di aprire una chiesa laggiù, Wynne che consolava la povera Filda, e Morrigan a spasso chissà dove, non avevamo motivo di preoccuparci di nessuno. Alistair quasi sfondò il portone d’ingresso dell’edificio nel quale anche Oghren e sua moglie un tempo avevano fatto il loro nido d’amore. Avvinghiata al suo collo con le braccia, il mio compagno mi sollevò da terra con entrambe le mani, stanco di camminare incurvato per colpa della mia bassa statura, e io gli circondai la vita con le gambe, mentre lui con un piede richiudeva rumorosamente l’uscio e la sua bocca sembrava divorare la mia.

   Trovare la camera da letto in quelle condizioni non fu semplice. E fu ancora più drammatico constatare che il talamo era spaventosamente corto per noi. Cioè, per Alistair, perché bene o male io potevo anche starci, seppur a stento. La cosa ci fece dapprima ridere, poi imprecare. Infine, ci arrangiammo in qualche modo, troppa l’urgenza del momento. Mi sentivo in estasi, trasportata com’ero dalla passione che quei baci e quelle carezze accendevano e fomentavano in me continuamente. Era come se un fuoco fosse avvampato indisturbato nel mio ventre e mi investisse tutta. Avvertivo il respiro di Alistair sul viso, sulle labbra, sul collo, sulla scollatura dell’abito; le sue mani vagavano fra le pieghe della mia gonna; sentivo ormai nitidamente il suo corpo contro il mio, senza più che nessuna, maledetta corazza ci impedisse quel contatto tanto intimo. Inarcai la schiena per potermi appiattire meglio contro di lui, preda di quelle sensazioni che provavo solo ora per la prima volta in vita mia e che mi stavano lentamente facendo abbandonare del tutto la ragione. Eravamo impazienti, innamorati, decisi a lasciarci guidare soltanto dall’istinto e dai fumi dell’alcol.

   Ma poi l’incanto fu spezzato. La porta si spalancò, noi sussultammo e ci girammo appena in tempo per assistere a uno dei più fragorosi rumori che Oghren potesse espellere dalla propria gola. Ci guardò con occhi assenti, ci additò con l’indice e il medio della mano destra, la sinistra stretta attorno al collo di una fiasca, e ruttò ancora. Infine, barcollò sulle piante dei piedi e ricadde pesantemente all’indietro, in un preoccupante fracasso, steso sul pavimento come se fosse morto, la bottiglia che rotolava lontano.

   Per un attimo il mio compagno e io trattenemmo il fiato. Alistair mi baciò la fronte un’ultima volta, rimettendosi pigramente in piedi per andare ad accertarsi delle condizioni di quel nano ubriacone che tanto ci stava a cuore.

   «Oghren?» chiamò, mentre io mi mettevo a sedere, tornando a stringere i lacci del corpetto che quel poverino non era neanche riuscito ad allentare del tutto. Il padrone di casa non si mosse né emise altri suoni. Alistair provò a scuoterlo con la punta dello stivale, e finalmente lo sentì grugnire. Sospirò. «Appena si riprende, lo ammazzo», promise.

   Scoppiai a ridere per l’ennesima volta, tornando a giacere supina sul materasso, delusa di non poter continuare la nostra danza d’amore, ma consolandomi al pensiero che, rimandandola ad un secondo momento, e possibilmente senza alcol in corpo, avremmo potuto vivere quell’istante con maggiore lucidità. Ed ero più che sicura che anche Alistair la pensasse allo stesso modo – ragion per cui, in barba ai suoi propositi, Oghren sopravvisse ancora a lungo.








Link all'illustrazione originale: http://lilithblack.deviantart.com/art/Alistair-e-Nimue-tentativo-n-1-184571864











Come avrete notato, ho modificato l'introduzione alla fanfic. A voler essere onesta, dovevo aggiungere solo i ringraziamenti, ma poi, da brava mentecatta, ho commesso l'errore di aggiungere un "<" a mo' di cuoricino "<3" e ho cancellato tutto il resto. XD Ho cercato di riparare come potevo, tanto quel che avevo scritto dopo la citazione alla storia non era poi così importante. A parte precisare che Nimue NON è una Mary Sue. Almeno spero. ^^;
Al momento, comunque, sono in brodo di giuggiole. Ma di brutto.
Per chi non lo avesse già fatto, può capirne il motivo dando uno sguardo ai capitoli due e cinque di questa long, dove ho aggiunto, col suo consenso, le illustrazioni di Milly Miu Miu/Lilithblack. Adoro questa donna. Ha anche realizzato un comic sulla scena finale del capitolo dodici, quella in cui Alistair dichiara i propri sentimenti a quell'ebete di Nimue. ~♥
http://lilithblack.deviantart.com/art/Dichiarazione-pag-1-181714933
http://lilithblack.deviantart.com/art/Dichiarazione-pag-2-181715015
http://lilithblack.deviantart.com/art/Dichiarazione-pag-3-181715144
http://lilithblack.deviantart.com/art/Dichiarazione-pag-4-Fine-181715210
DonnaAnna di DeviantArt (http://donnaanna.deviantart.com) ci sta gentilmente aiutando con le traduzioni, così che anche chi non parla italiano potrà essere in grado di capire. In tutto ciò, io mi sento miseramente in colpa perché non so come diamine ricambiare tanta generosità. Se qualcuno ha qualche idea, che me lo dica, per favore! >_<
Passo a rispondere alle recensioni, visto che l'ultima volta non sono riuscita a farlo a causa della montagna di roba che avevo già da scrivere.
Evertine - Sì, devi sapere che Nimue soffre di gelosia cronica. Lo sta scoprendo solo adesso, ovviamente, e la cosa non è che le faccia troppo onore. Direi che ne hai già avuto un assaggio su DeviantArt, su quell'orrendo comic in cui diventa un Abominio. XP
The Mad Hatter - Oh, sì, per Hespit alla fine è dispiaciuto anche a me. In realtà anch'io stimo Caridin per aver compreso i suoi sbagli, ed è anche per questa ragione che ho fatto sì che Nimue lo appoggiasse. Ma ciò non toglie che il solo fatto di essere stato capace di creare quello strumento di morte basta a catalogarlo come matto.
ENS - Awww, grazie! In realtà so già che cambierai opinione con il prossimo aggiornamento, dove non succede praticamente NIENTE! XD Ma un capitolo di transizione ogni tanto ci vuole, abbiate pazienza. :P
ashar - Ma sai che rileggendo velocemente i vecchi capitoli mi sono quasi stranita io stessa nel vedere l'inconscia evoluzione del personaggio di Nimue? Parte come una ragazza ansiosa, vigliacca e insicura che si appoggia alle decisioni dei suoi compagni, e ora me la ritrovo a bacchettare questo e quello senza troppi complimenti. Mi diventerà una tiranna. XD
HikariShadow - Eh, alla fine non è stata Nimue a fare a pezzi Branka. Cioé, lei ha contribuito, ma a conti fatti è stata Morrigan a prendersene i meriti. E va beh, fa parte del lavoro di squadra. :D
Atlantislux - Tesoro, bentornata fra i commentatori! :D Sono contenta di sapere che, pur non conoscendo il fandom e non interessandoti più di tanto il genere fantasy, tu riesca a trovare un certo diletto in questa storia. C'è però da dire che parte del merito è anche tuo, e pertanto vale la stessa cosa che ho detto poc'anzi: gioco di squadra. ^^ E infatti la battuta di Alistair che vuol mandare Morrigan a passeggiare sul ciglio della strada, non è forse tua? XD
Shadow Eyes - Mia deliziosa fanciullina, credi davvero che io non debba ringraziarti, per di più pubblicamente, per l'affetto che hai per Nimue? Illusa. :D E ti ringrazio di nuovo (Tiè!) anche per l'altro disegno che mi hai passato l'altro giorno, quello con Tisifone, Nimue, Sho e Shane: ribadisco che è adorabile! ♥ A parte questo, anch'io mi ero fatta di Branka la stessa, identica opinione di donna forte, indomita, coraggiosa, giusta. E poi? Bleah. L'ho fatta fuori volentieri, Oghren non meritava di soffrire per colpa sua.
The Wall - Oh, grazie! *_* Sai, per Sten mi è dispiaciuto un po', dopotutto, come dice anche Morrigan, lo avrei liberato anche solo per pietà (senza però mettere Alistair in gabbia al posto suo. XD), ma siccome sono deficiente, ho cannato il modo in cui avrei dovuto convincere la Reverenda Madre a lasciarlo andare. :D Comunque, se vuoi farti due risate, guarda qui il vero motivo per cui Nimue non lo ha liberato: http://lilithblack.deviantart.com/art/Nimue-Surana-un-elfa-bassa2-181257130
In più mando un saluto e un ringraziamento generale a tutti i lettori anonimi e a: BgmnhOO, Cass, CookieandDeadlySins, Erecose (Che per questo capitolo mi ha aiutato TANTISSIMO!), Hanako_chan, kelyseh (Mia cara, ma dove sei finita? D: ), Laiquendi, lames76, Lara, Layra Luin Isil, liriel, NicoDevil, Salice, slan, Slepless, Sotorei, The Warden Archivist.
E credo di aver finito... è_é; Ovviamente se dimentico qualcuno, fatemelo notare con una frustata. Almeno così sarò sicura di ricordarmi sempre di lui/lei. XD
Buona domenica a tutti,
Shainareth
P.S. Il gioco di ruolo è ancora in fase di creazione, ma siamo ad un ottimo punto. Finora abbiamo arruolato cinque o sei accoliti, e sembrano tutti piuttosto soddisfatti del background che io e Lara abbiamo creato. Qualcun altro vuole aggiungersi? :D





  
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