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Autore: BigMistake    10/10/2010    1 recensioni
Dal prologo:«Sapete Colas, mia madre mi diceva sempre di aver paura dei vivi non dei morti!» le labbra truccate si distorsero in un sorriso sadico. «Non temo i fantasmi!»
Ispirato al musical cinematografico del 2004: Mentre si consuma il dramma del Fantasma dell'Opera la Parigi del 1870 sta cambiando. Gli ideali della Rivoluzione sembrano essersi dispersi, i ceti medi vanno via via scomparendo mentre la borghesia ed i nobili si preoccupano solo delle proprie tasche. Gli assetti della società mutano in maniera drastica, vecchie fazioni amiche si trovano su fronti diammetralmente opposti. La Guerra incombe sulla Francia con la sua scia di morti innocenti e corpi straziati, viziando il giudizio del popolo sull'Imperatore e decretandone il declino. Nell'ombra i vecchi giochi di potere e politica continuano a muovere i fili dei propri burattini. Questo è lo scenario mentre l'Opera Garnier è al rogo. Qualcuno osserva la scena, attende risposte da tempo. Ci sono mostri mascherati da Angeli, Angeli caduti che cercano di rialzarsi, ali strappate... Ed al Fantasma dell'Opera non resterà che adeguarsi al mondo che l'aveva rifiutato ...
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christine Daaé, Erik/The Phantom, Madame Giry, Nuovo personaggio, Raoul De Chagny
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lumière Noire - Deux anges tombés'
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CHAPITRE TROIS: La première bataille.

 

Silenzio. Un prezioso silenzio.

Raro, intenso ed unico nella sua mente sempre popolata di note danzanti su pentagrammi stampati.

Ormai componevano una sola musica, il grido doloroso della sconfitta.

Da quanto non riusciva a prendere sonno? Due giorni, sì.

Ed era meraviglioso poter dormire senza sognare.

Senza rivedere lo sdegno della gente, il disgusto sui loro volti, l’odio del suo Angelo.

Un ticchettio costante.

Un orologio forse.

Mai si era svegliato chiamato dal sole che ora indisponente gli feriva gli occhi.

Il ricordo sfocato dell’Opera balenava nella sua testa tra le immagini sbiadite delle ultime ore.

Sentiva le narici andare a fuoco, la tosse intervenuta a scacciare quell’orribile sensazione.

Come un turbine improvviso nei suoi pensieri i tasselli del mosaico iniziarono a comporsi.

Quella donna, quel modo di fronteggiarlo a parole e con i fatti. Il suo pugnale dalla lama squadrata, lucida a tal punto da riflettersi persino nell’oscurità.

Il senso di soffocamento di quella mano premuta contro il suo viso a tradimento, il cloroformio, la difficoltà nel liberarsi da quella stretta, il sentirsi in trappola, stordito, un animale liberato solo per far divertire i nobiluomini della campagna parigina.

Un diversivo dalla grigia monotonia di un’esistenza passata tra teiere e pettegolezzi.

Ma non erano aristocratici annoiati.

Erano riusciti a prenderlo di sorpresa, nessun nobile coperta dalla loro triste patina si sarebbe così arrischiato, nonavrebbe strisciato nell'ombra per fronteggiare un nemico pubblico.

Un nobile, armato del suo coraggio cavalleresco da principe delle fiabe, con la sua spada lucente brandita al sole del giorno, lo avrebbe sfidato apertamente davanti agl'occhi di un pubblico in grado solo di battere le proprie mani verso il desiderio di conquista dell'oscuro ignoto.

Non si sarebbe comportato come aveva fatto lui per un'intera esistenza.

Ancora quel ticchettio.

Si era intensificato, il ritmo accelerato aveva iniziato a rimbombare insistente, pungolava le sue orecchie in una tortura straziante.

Cessò ma non per tornare al silenzio.

Un tintinnio prese il suo posto, insieme ad un fruscio metallico inconfondibile.

Ovunque fosse non era solo. Un cucchiaino non si anima come nelle favole per battere contro la porcellana.

Ricordi il motivetto che t’ispirò quel giorno? Un’aria leggera che a Christine piaceva tanto cantare.

Non gli era concesso indugiare oltre, il cuore spezzato non avrebbe retto ad una nuova ondata di rimorsi, doveva svegliarsi e capire quale altro scherzo del Destino gli era stato giocato. Più desisteva, più il suo Angelo tornava a tormentarlo con il suo sorriso celestiale trasfigurato il un urlo di odio.

Desiderava solo riuscire a cancellare quell’espressione, la disperazione da lui stesso causata alla sua creatura.

Non è più tua, Erik.

Christine non odiarmi! Apritevi maledetti occhi!

Ora era la gola a bruciare, qualcosa grattava sulle sue pareti scavando fino all’osso solo per poter uscire.

Si morse la lingua, ma non urlò. Aprì solo le palpebre indolenzite dall'estenuante riposo.

«Bentornato monsieur! Non temete, lo stordimento che sentite svanirà molto presto!» la voce di quella donna infida, con quel suo accento straniero che ora riusciva a notare ben mimetizzato, l’avrebbe pagata cara.

Si era permessa di sfidare il Fantasma dell'Opera, ingannarlo, drogarlo con un qualche complice di cui non poteva conoscere il volto e portarlo in un posto senza tempo e senza nome di cui lui poteva diffidare persino delle pareti. Un luogo decisamente non congeniale per i suoi gusti raffinatamente eccessivi: carta da parati con piccoli decori classici, stucchi bianchi su di un soffitto a cassettoni che ritraeva un motivo geometrico ripetitivo e mobili che possedevano l'aspetto asettico di una vecchia casa di un dottore. Lo stesso letto che l'ospitava, con il suo baldacchino scuro e le sue tende pennellate di un insipido verde lo spingevano a ripudiare la sua nuova condizione di prigionia.

Come ci si sente dall'altra parte, Erik? Questo provavano in tua presenza, nel tuo teatro, ed è per questo che si sono ribbellati. Non è una bella sensazione sentirsi rinchiusi, vero?

La sua carceriera sembrava non aver perso strafottenza: sorseggiava il suo tè in una posa indecorosa, adagiata su di una poltroncina ai piedi del letto in cui era stato evidentemente coricato, con la schiena contro un bracciolo e le gambe lasciate penzolare dall’altra parte, i suoi stivaletti stretti sulle cavaglie da lacci rossi sulla pelle conciata spiccando come strisce sanguigne, una piccola porzione dei polpacci impudicamente esposti da una gonna bigia, di cui un piccolo pizzo scendeva a terra come un drappo di tessuto ancora non toccato da un sarto.

Nel viso l’aria trionfante del Demonio.

Erik voleva cancellarle ogni traccia della sua vittoria sul Fantasma, avesse avuto almeno la decenza di esserne l’artefice.

Puntò i suoi gomiti sul materasso facendo per alzarsi, per poi bloccarsi per un dettaglio che fino ad allora aveva evidentemente trascurato.

Non era la delicatezza della batista a carezzargli la pelle del torace, né il gentile fascio della fusciacca in seta che ancora teneva in vita da quella notte. Pantaloni, stivali e il dolce peso del cuoio sulla martoriata parte destra del viso, tutto sparito. Quello che rimaneva a soffiare sui muscoli tesi era il morbido cotone del lenzuolo bianco con cui era avvolto, celando abilmente il corpo imperioso e denudato dell’uomo.

Vestito da quel sottile strato di stoffa e da uno sguardo che attento lo fissava, lasciando che fosse solo quel leggero movimento delle sue macchie scure a disegnarne i contorni.

Malice conosceva l'anatomia umana molto bene. Ne sapeva osservare con esattezza ogni singolo componete. Le ossa abbracciate dai tessuti, i piccoli vasi pulsanti che irroravano di vita e passioni, gli atti involontari e spontanei che servivano a far muovere la macchina perfetta che il buon Dio aveva creato.

Sapete ragazza, i segreti dell'anatomia appartengono a tre tipi di persone: i medici, le prostitute e gli assassini. 

I suoi occhi si erano posati spesso su diversi corpi, che fossero stati inermi vittime della sua mano o tiepidi amanti del suo letto. Ed il suo di corpo era più volte era stato vittima di sguardi assetati.

Non vergognarti, lasciati guardare bambina mia: non è il più bel capolavoro di Dio l’essere umano?

Aveva visto ogni genere di perdizione, vissuto ogni sua vita come fosse l'ultima donandosi a piccoli peccati ed aveva assaggiato, per dovere, ogni pietanza passata per il palato. Ma mai aveva visto qualcosa di così assurdo.

I tratti marcati del lato sinistro del viso potevano benissimo passare per quelli di un bel volto, dove un sopracciglio scuro disegnava una splendida curva su l’occhio allungato, sotto si stendeva lo zigomo marcato seguita da una mascella nerboruta e virile. Il suo fisico atletico, allenato, incarnava tutti i desideri scabrosi che le signorotte facevano su i loro lavoratori. Dal portamento regale, alto, asciutto ma robusto, ampie spalle che si aprivano su di un petto scolpito, mani curate, morbide, dalle dita lunghe che potevano far sognare in molti e fantasiosi modi.

Chissà se qualche civetta benestante non abbia desiderato, anche per un solo istante prima dello smascheramento, di rifugiarsi fra le tue lenzuola quella sera.

 Il lato destro invece sembrava quello di un’altra persona: la faccia sbieca e gonfia di uno scherzo della Natura veramente di cattivo gusto.

Se Dio si fosse ricordato di quanto sono crudeli le sue creature, forse, non si sarebbe così divertito a crearti.

Magari avrebbe avuto parsimonia nell’intelletto o nelle tue grandi capacità di musicista lasciando che il lato sinistro del viso si rispecchiasse nel destro.

Chissà cosa avresti realmente preferito, materia o sostanza?

Osservare curiosa la sua corporatura prestante mentre dormiva ancora tranquillo, si rivelò molto più difficile del previsto. Da tempo non provava più quell’insana smania, capace di confonderla e renderla meno lucida. Il mistero del Fantasma aveva riacceso in lei nuove sensazioni, riaffiorando attraverso quello strano e morboso interesse che le travolgeva impetuosamente il pensiero.

L'effetto del cloroformio avrebbe attardato ancor di più il suo risveglio, l’unica certezza che aveva nell’istante in cui prese il coraggio di azzardare una mossa. Detestava l’improvvisazione, ma la sua sete di conoscere meglio l’enigmatico spettro di Palais Garnier doveva essere in parte spolverato e molto si poteva apprendere dalle battaglie che lasciavano dei marchi indistinguibili sulla pelle.

Non avrebbe nemmeno avuto bisogno di attardarsi troppo nello scoprire le ferite del suo spirito, in fondo era servito a questo il periodo di osservazione come amavano chiamarlo i suoi superiori.

E poi era di una facilità disarmante analizzare l’animo di quell’uomo.

Guardi il mondo attraverso delle lenti, i tuoi occhi sono trasfigurati al pari della tua faccia.

Invidi il mondo che può vivere alla luce del sole, vuoi che sia il suo fascio luminoso a irrorare le piaghe del tuo volto.

Ma non hai un viso agl’occhi degl’altri, tu non esisti, o meglio, non esistevi.

La tua mente non si è arresa al Fato, ti sei ribellato o avresti fatto da fenomeno da baraccone per tutta la vita.

Ora sei il Fantasma dell’Opera, hai ricevuto tutta l’attenzione che il tuo genio bramava.

Peccato che non ti sia rimasto altro che una voce melodiosa, un amore non corrisposto, un intelletto fuori dal comune.

Sei solo un’anima ferita dall’amore, niente di più e niente di meno.

Ed ora è il momento di capire cosa ti ha portato a diventare Nerone, monsieur le Fantôme. 

Con poco giudizio aveva scostato il lenzuolo, per scoprire qualche punto debole e più sensibile, dove un sussulto nel sogno l’avrebbe colto al tocco della sua mano. Il lembo candido tenuto dalle sue dite scese, scese e scese fino a raggiungere la vita, fermandosi di colpo, colta da un lieve tremore che le impedì di continuare. In altre occasioni non avrebbe permesso che a vincerle fosse il pudore, perduto ormai con l'innocenza molto tempo prima.

Eppure le pagine già scritte, marchiate sotto quel lieve strato di fatica ad imperlargli il petto tornito e fiorente non avevano bisogno di un continuo.

Vi erano piccoli e bianchi segni ramificati ovunque, alcuni più superficiali e altri rossicci sulla pelle bianca.

I segni che aveva mia sorella, i capi pieni di pizzi che le coprivano le braccia tumefatte, i lividi che corrispondevano alle dita. Carezze violente che presto avrebbero preso anche te.

Eravate solo oggetti per lui, le sue bambole di porcellana.

Porcellana di cui non aveva considerato la fragilità.

Colas le diceva di stare attenta alla sua curiosità, non doveva lasciarsi trasportare dai ricordi.

Le diceva anche che forse si assomigliavano, lei ed il Fantasma, Malice non gli credeva.

Ha amato, io non ne sono capace.

Tutto gli provocava un’indicibile collera, la stessa con cui rigettò il lenzuolo sopra di lui per attenderlo.

 Ed aveva aspettato tutto quel tempo, sorseggiando il suo tè con il senso amaro di rivalsa a coprirle il sapore del miele, pronto a balzare fuori in quel preciso istante quando si sarebbe reso conto che davanti a lei, una donna, si trovava completamente nudo.

«Non così presto monsieur, non vorrete farmi arrossire …»

Se Erik non avesse avuto quel galante pudore, si sarebbe protratto ben oltre dal sedersi scoprendosi non più del dovuto. Non gli avevano nemmeno lasciato la maschera, era quella la ragione per cui provava più imbarazzo.

È una prova Erik. Ormai tutti sanno cosa porti sotto la maschera, non farti mettere in soggezione.

Già una prova in cui non avrebbe fallito.

Quella donna cercava di metterlo un gradino più sotto, mostrargli che non era più il potente Fantasma dell’Opera, lasciandolo nudo come un verme, indifeso ed esposto con la sua malformazione contro il suo sguardo curioso.  Aveva quel vezzo dolce, piegava di lato il capo sondandolo, la bocca leggermente dischiusa e le palpebre che seguivano i suoi grandi occhi che trasudavano bellezza allo stato puro. Perché quello non poteva negarlo Erik. Sembravano un mare denso, mistico in cui un uomo avrebbe tranquillamente potuto annegare e, forse, se non fosse stato per quelle iridi eccessivamente intense, non avrebbe potuto considerarsi unica. Piuttosto una banale e comune ragazza che aveva la giovinezza dalla sua. Una giovinezza che non sapeva indicare se vi fosse o meno, una donna che sembrava non avere un'alcuna età precisa.

Una bambina dal viso gentile e dalle forme di un’adulta ed uno sguardo intelligente, furbo, di un qualcuno che sapeva come usarlo.

È questo quindi il tuo scopo: vuoi mettermi a disagio con la sfrontata bellezza del tuo sguardo?

«Credo proprio che io non sia il primo uomo che abbiate visto …» l’aveva pronunciato ancora confuso ed appannato, con la bocca impastata dal sonno forzato, fu solo grato della sua prontezza d’animo a qualsiasi situazione, trovandosi senza imbarazzo alcuno, o remore seduto ora con la schiena contro la testiera del letto ben attento a nascondere solo il necessario.

 Non si scompose nemmeno la donna, nonostante fu sorpresa nel vederlo completamente indifferente alla situazione. Spostò semplicemente gli occhi sul contenuto della sua bella tazza bordata d’oro, tolse il cucchiaino picchiettando raffinatamente e ne bevve un sorso senza emettere alcun suono. Smise persino di dondolare la gamba.

Sorseggiò ancora due volte, allungosi per posare il tutto su di un tavolinetto dietro le sue spalle, dove in precedenza vi era sistemata una teiera panciuta ed una tazza gemella.

«Spero che scusiate la mia maleducazione monsieur, non vi ho offerto del tè. Ne volete?»

Erik odiava quelle false cortesie, come poteva accettare una simile assurdità?

«No, preferirei delle risposte madame!»

La battaglia era iniziata.

«Chi vi dice che non le avrete?» delicatamente i piedi della donna si mossero, scendendo da quella posizione a favore di una postura più ortodossa. «Vi spiace se vi chiamo Erik?» ecco la prima stoccata di Malice, un affondo veloce, disinvolto con cui fargli capire che sapeva molto più di quello che potesse pensare. Lo stupore che poi aveva colto nel viso trasfigurato dell’uomo segnato in maniera irregolare dalla barba di un paio di giorni, le dava decisamente ragione.

«Ora basta: esigo sapere chi siete e come fate a sapere il mio vero nome. Sembra che non vi accorgiate di chi vi state mettendo contro, madame.»

« Madamoiselle, monsieur, se non vi spiace!» precisò con un dito sollevato in aria « Davvero pensate di essere l’unico al mondo capace ad origliare? Non sapete forse che la superbia è uno dei sette vizi capitali?»

Si che lo sai, Erik ma cosa avresti da perdere se sei già condannato all'inferno!

E comunque è stata la cara Madame Giry …»al suono di quel nome afferrò il lenzuolo che lo copriva in un gesto furente ed i suoi muscoli si contrassero in simultanea tendendo la pelle dove giacevano a riposo. La stoffa divenne ancora più sottile sotto quello scatto, guidando gli occhi in un sentiero lascivo di curve rigide al di sotto di essa. Il busto proteso in avanti pronto ad azzannarla, una fiera che si sarebbe ribellata alla prossima provocazione e non sarebbe bastato quello sguardo da cerbiatto a fermarlo.

Vedeva nei suoi occhi di un verde mutevole e così singolare da restarle impresso, un baleno di collera oscura risaltando persino alla sua orribile deformità. «… se l’è lasciato sfuggire durante una nostra piacevole conversazione!»

«Se le avete anche solo torto un capello …» il rumore della stoffa lacerata catalizzò l’attenzione di entrambi.

Avete ancora il coraggio di provare affetto, monsieur?

Malice si alzò con calma quasi irreale raccogliendo distrattamente qualcosa dallo stesso tavolino su cui vi era la teiera, a completo agio in quello spazio dall’odore di nuovo. Avanzava incurante, scostando i capelli dietro le spalle, le braccia tese lungo la vita sottile ed  i fianchi rotondi.

Troppo spavalda.

Giunse al lato destro del letto seguita dagl’occhi attenti del Fantasma.

Attendeva una mossa della donna, azzardata o meno che fosse, qualcosa di irruente ed impavido.

Mai ciò che fece.

Si chinò su suo orecchio carezzando la spalla dell’uomo. Appunto un uomo che non aveva quasi mai avuto veri contatti umani, un uomo che era stato investito dal profumo di una donna solo per pochi istanti. Un uomo che percependo la sua epidermide rovente e il dolce respiro di una fanciulla sul lobo, tremò socchiudendo gli occhi.

Ti sei fatto cogliere per la seconda volta alla sprovvista!

Eppure non riusciva riaprire le palpebre, a scostarla in malo modo come avrebbe voluto fare fin da principio o a scansarsi lui stesso.

 «Non dovete temere monsieur …» Erik non era abituato alla potenza di un sussurro, annichilito dal semplice soffio di poche parole appena percepibile. Amava la musica, le melodie altezzose delle sue opere, giochi di voce che sollevavano con vigore persino la polvere. Vero, aveva sempre bisbigliato all’orecchio di una bambina per insegnarle ad aprire i polmoni ed esprimere la sua arte. Lui era l’unico artefice al teatro dell’Opera, il burattinaio che muoveva i fili dei sui giocattoli, essere in balia dell’energia inebriante di un sussurro non era decisamente nei suoi piani. «Les deux Giry godono entrambe di buona salute e questa, monsieur, è vostra … » solo allora riaprì gli occhi trovando davanti al proprio viso la lettera che gli aveva scritto Madame. La prese, lanciando uno sguardo empio di astio a quella donna che si stava sedendo sul ciglio del letto, se la rigirò tra le mani notando che il sigillo in ceralacca era stranamente ancora illeso. « Suvvia, non prendetevela Erik! I vostri abiti erano sporchi ed un po’ troppo vistosi, teatrali. Ci siamo presi la libertà di lavarli e rammendarli, ma ve li renderemo insieme alle vostre maschere e a quello che siamo riusciti a recuperare nei sotterranei di Palais Garnier.»

«Penso che sia giusto ora che mi diciate cosa sta accadendo, madamoiselle non sono più disposto a sopportare tutto questo!»

Malice rimase in silenzio, caricando con ancor più tensione l’aria già elettrica.

Strinse gli occhi, riprendendo a studiarlo.

Allungò la mano sulla sua gota sinistra, dolcemente, il volto che si trasformava con l’esperienza consumata di un’attrice.

Il dorso di due dita esili che presero ad accarezzarlo con una libertà che non doveva avere.

Ma non era un gesto di affetto solo un toccare con mano.

«Dovreste radervi, Erik, non vi si addice un aspetto trascurato …»

Cosa voleva dimostrare con quella vicinanza? Che non aveva paura del mostro deformato? Che non sarebbe fuggita alla vista ravvicinata di quell’orrore? Non si sarebbe lasciato abbindolare da una tenerezza.

Non un’altra volta!

Altre mani che prendevano il tuo viso, una finta promessa d’amore e l’umiliazione nel tuo trionfo.

Christine non chiedevo altro che amore.

Ti sei lasciato ingannare e ti hanno tradito.

Prese con forza il polso di Malice, piccolo e fragile tra le sue mani da musicista.

Mani con un potere divino che trasformavano suoni in musica ogni notte, mani terribili che avevano segnato il passaggio tra vita e morte di molte persone.

«Vi state prendendo un po’ troppe libertà, madamoiselle»

«Cosa vi infastidisce di più? Essere qui senza sapere il perché, o che io non abbia paura di voi?»

Sta facendo il tuo stesso gioco, Erik. Ed è in vantaggio, ha capito il tuo punto debole. Ti sta colpendo nell’orgoglio.

«Sono molto curiosa di una cosa: di cosa esattamente dovrei aver paura? Il vostro viso o la vostra anima? Sapete tutti hanno le proprie cicatrici monsieur e piaghe e non tutte sono visibili ad occhio nudo. Ad essere sincera io credo di dover fare ammenda di molte più cose di voi …» baciare il Cristo era il suo rituale: una catenella d’oro semplice afferrata da quelle stesse dita che lo avevano accarezzato e che conducevano il delicato ciondolo sulle labbra.

Ricorda, bambina mia, gli Angeli ti guardano dal cielo, controllano come ti comporti. Quando arriva il vescovo, Lucia, devi inchinarti. Bacia il suo anello nel momento in cui ti porgerà la mano, mostrati umile e sottomessa a nostra Santa Madre Chiesa.

Questa volta la lotta non si sarebbe svolta su di una balaustra fatiscente.

Quella invisibile battaglia stava avvenendo su di un morbido materasso in un letto sontuoso, mani nelle mani, occhi negl’occhi. Il loro duello fatto di pause e silenzi computati, una contesa regale tra due lingue capaci di ferire più di una spada, di bisbigli e lievi contatti.

 

«Malice!» il richiamo non li distrasse, immobili come due perfette statue nell’agorà di Atene. «Malice, ora basta! Attendete nell’anticamera, state perdendo di vista i nostri compiti!» niente, nessuno dei due era disposto a cedere per primo. Eppure ad Erik avrebbe dovuto interessare il perché di tanto interesse nei suoi confronti. «È un ordine Malice, vi devo ricordare chi di noi due comanda?»

Un taglio netto, una spada che fende un frutto impietosa.

La loro gerarchia solo per farle capire che lei sarebbe stata sempre un gradino sotto.

Poteva compiere ogni missione con una precisione chirurgica, cambiare le sorti dello stato, ma lei non poteva comandare.

Una donna soggetta agli sbalzi uterini come poteva tenere in mano il potere?

Una donna, una ragazzina, che ha tradito la sua Santa Madre Chiesa per giunta.

 Si liberò Malice dalla stretta di giada di Erik togliendosi dalla portata del suo sguardo, andò incontro a quell’uomo che pareva osservarli sul limitare della porta da chissà quanto. Era alto quasi quanto Erik, un fisico asciutto e forte tenuto evidentemente sotto un costante allenamento, vestito di tutto punto, capelli scuri legati sulla nuca e occhi inespressivi. Sembrava il negativo di quella donna, l’esatto contrario, accentuato dal fatto che ora si trovavano l’uno accanto all’altra.

«Devo ricordarti invece chi dei due fa il lavoro sporco, Balayeur?» Astio misto alla rassegnazione, risentimento. Questo le provocava il rivangare i ruoli fra di loro. Colas non era uno stupido sicuramente, sapeva fare bene il suo mestiere, ma aveva la stessa capacità di comando di un acino d’uva rinsecchito in un grappolo. Quando poi si trattava di sporcarsi realmente, macchiarsi la coscienza con qualcosa di ancor più riprovevole della complicità, lui si tirava indietro. Fra i due lei era il guscio e lui la testa della tartaruga.

Sei e sarai sempre un maledetto vigliacco.

«Non arrabbiatevi con me non sono io che faccio le regole purtroppo …» Un tono stomachevole, cortese in maniera esagerata, con quel fare da galantuomo da nausea che infastidiva persino Malice il più delle volte. Colas poteva essere utile, l’unico che la trattava con un minimo di rispetto, di sicuro era anche l’unico che riusciva a lavorare con lei senza troppi pregiudizi ed il più delle volte la lasciava libera di agire, l’unico che conosceva il suo vero nome, ma questo non lo rendeva meno viscido.

Sopporta chi riesce a sopportare i tuoi sbalzi d’umore.

Ma quanto avrebbe voluto sbattergli in faccia cosa realmente pensava in quel momento, limitandosi ad uscire come le era stato richiesto. Un giorno qualunque ci sarebbe stato modo e tempo, non ora.

«Scusate monsieur!» intervenne ancora con un sorriso da imberbe ragazzino impudente. Il complice sicuramente di quella donna, ad un passo da lui pronto perché il suo collo potesse essere stretto fino a che l’ultimo alito di vita vi fosse passato attraverso.

Se fosse stato possibile, quel viscido verme, era anche più irritante di quella donna.

«Purtroppo Malice ha una strana tendenza al mistero e la sua sincerità esce fuori sempre nel momento sbagliato. Ora, penso che avrete il bisogno impellente di avere delle risposte come stavate dicendo prima alla mia collega. Nel baule … » il piccolo cenno con il mento mentre afferrava il legno delle porte pronto a lasciare la giusta intimità. « … troverete nuovi abiti e qualcosa che sicuramente gradirete. Quindi vi aspetteremo qui, nella stanza accanto.» imprevedibile, strano, spiazzato. Perché ora si mostravano così accondiscendenti concedendo glia dirittura di rivestirsi invece di sfruttare quella situazione a proprio vantaggio? «Ah, monsieur!» richiamò Colas la sua attenzione, forse con troppa veemenza. «Non provate a scappare, le finestre sono chiodate e se tentate di rompere il vetro non esiteremo ad uccidervi. Ricordatevi sempre che tutti siamo utili, ma nessuno è necessario …» ed ora lo stavano nuovamente minacciando chiudendo .

Com’è Erik la tana del leone quando non sei tu il leone?

 

 

 

Indossare un abito per Erik era sempre stato un rito importante. Ogni cosa su di lui doveva cadere a pennello, adagiarsi sul suo corpo per esaltarne i pregi e nascondere i difetti. Inoltre doveva stupire ed incutere timore, dimostrare quanto lui fosse superiore agl’altri. Ossessionato dalla sua grandezza la sua immagine doveva riflettere questo singolo particolare.

Quello che fu costretto ad infilarsi era tutto fuorché ciò che rappresentava il suo gusto, escluso il colore che sembrava esprimere la sua preferenza per il nero.

Ordinario, un onesto uomo d’affari che si affrettava a concludere qualche accordo.

Ci sono ancora io con te, Erik.

Solo la maschera a coprirgli la metà del volto sfregiato da Dio era rimasta a ricordargli chi realmente fosse.

Quando entrò in quel saloncino anticamera della stanza da letto venne quasi assalito da Colas, evidentemente impaziente di giocare con lui al posto della donna.

Hai sentito Erik, lei fa il lavoro sporco, non le interessa di parlare.

«Oh, monsieur, finalmente! Mi spiace per il modo in cui vi abbiamo … diciamo … convocato, ma non credo che ci fossero molte alternative. In fondo siete un fantasma, dico bene?» rise da solo, non apprezzato da nessuno dei due. Malice si era rifugiata seduta su di uno scrittoio, limitrofo alla grande porta a vetri che dava su di una piccola balaustra, con quel abitudinario dondolio nel vuoto delle gambe di cui ora erano visibili solo la punta delle scarpe. Dalle braccia intrecciate usciva una mano a chiudere la bocca rosata, tentando di reprimere al meglio ogni emozione, il viso rivolto all’esterno su cui una malcelata ira aveva preso il posto della strafottenza. «Lasciate che mi presenti: mi chiamo Colas  e lei come avete intuito sicuramente è Malice.»

Un altro di quei manichini Erik.

Non era l’unico dei presenti a pensarlo evidentemente.

Se non fosse stato per quella situazione surreale per Erik, certo avrebbe riso per le occhiate inviperite e gli sbuffi spazientiti di quella donna, era molto divertente. Malice. Strano nome da dare ad una bambina, sembrava coprire qualcos’altro e ben presto Erik l’avrebbe scoperto.

«Bene ora che vi siete presentato, vorrei che mi si chiarisse a quale scopo sono stato convocato.»

Stai calcando le scene Erik. Ti fingi padrone quando ti senti in trappola, perché lo sai che ora sei in loro balia. Com’è essere rapiti Erik? È questo che ha provato Christine dopo il Don Juan? Si è sentita in trappola?

«Non vi facevo un tipo impaziente, ma vi capisco, anch’io non amo i giri di parole …» disse in una finta comprensione per voltarsi anche lui alla finestra con disinvoltura. «Sapete che la Francia sta combattendo contro la Prussia, monsieur? E sapete che l’Imperatore ha praticamente mandato in pasto la nostra nazione, giocando al massacro completamente impreparato?» non attese risposta, si voltò nuovamente a guardare Erik stavolta con sufficienza.  «Pensate che la cosa non dovrebbe interessarvi, immagino. Voi vi siete sempre limitato a gestire il vostro dominio sull’Opera Garnier, l’unica cosa che ritenevate degna di essere considerata n’est pas?»

Ne hai sentito parlare invece, quella giovane che si confidava con una sua compagna del fratello inviato al fronte. Un ragazzo di 20 anni che sarebbe presto tornato menomato o in una bara. Magari con un volto come il tuo. Ti ricordi il disgusto che hai provato, Erik?

«Ci dovrebbe essere un motivo per cui mi dovrebbe interessare ora?»

«Non temete verrà il momento in cui capirete il perché, d’ora in poi, comincerà ad interessarvi. »

Uno sbuffo di nuovo, molto più che eloquente, e Malice si mosse.

Per quanto volesse non si era riuscita a trattenere, prendendo con prepotenza parola.

Ti ricorda qualcuno, Erik?

«Colas, siete sempre il solito melodrammatico. State stancando il nostro ospite forzato e, cosa ben più grave, state annoiando me.» si vedeva che era esasperata, stanca della pantomima che proprio lei aveva iniziato. Una bambina viziata che si tediava di un gioco durato troppo a lungo.

«Monsieur, con la guerra alla Prussia Napoleone III ha firmato lo sfacelo dell’Impero …» riprese Colas come se non l’avessero mai interrotto « … e non è stato il solo. Molti nobili, aristocratici anche appartenenti all’alta borghesia, bramano con la stessa intensità il potere assoluto. Invece di guardare al futuro sembra che la Francia stia ritornando sui suoi passi tradendo gli ideali della Rivoluzione. Il conflitto che stiamo affrontando è solo l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso. La Francia non è del suo sovrano, ma del suo popolo ed è ora di guardare a nuovi orizzonti. L’idea di creare una Commune anche a Parigi sta sempre più prendendo piede, la nave questa volta non affonderà con il suo capitano. Purtroppo i nobili non sono molto d’accordo su questo punto e stanno ostacolando in ogni modo la sua formazione.»

«Continuo a non capire cosa vogliate da me.»

Mostrati padrone di te, della Francia non ti deve interessare, nemmeno la morte per tua mano ha mai gravato sulla tua coscienza. Non impietosirti, non lasciarti condizionare dai loro begl’ ideali. Sono istrioni della domenica in piazza.   

La reticenza a comprendere metteva in difficoltà Colas che cercò aiuto.

Fu allora che Malice iniziò a camminare per la stanza con le braccia strette al seno e l’aria scocciata.

Per Erik seguire quello scambio era stato un vero piacere, sembrava condivideva con lei quella stizza nei confronti del portavoce principale. Gli aveva sorprendentemente dato una sorta di soddisfazione il metterlo in imbarazzo o incapace di continuare, il vedergli chiedere supplichevole con i gesti alla donna che poco prima aveva umiliato con quel suo proclamarsi migliore di dargli uno spunto o il prossimo argomento, era stato soddisfacente.

«La Sûreté, immagino che non ne abbiate mai sentito parlare vero?»

«Siamo al servizio dello Stato ed ora allo Stato serve che sia il popolo ad ascendere. Sia io che Malice apparteniamo ad un organo segreto della polizia, se così possiamo definirci, e vi stiamo osservando da tempo monsieur. Sapevamo che dietro al mistero del Fantasma dell’Opera ci potesse essere un uomo, un uomo geniale se mi consentite. In realtà è stata Malice che alle prime indiscrezioni, le prime leggende dette a voce più alta ha iniziato le indagini su di voi -anche se il costro passato rimane comunque molto oscuro-. Vi abbiamo studiato attentamente, le vostre capacità non sono state sfruttate al meglio, qui a Parigi.»

Qualcuno riconosce le tue capacità, Erik? Riconosce il tuo genio nonostante il tuo aspetto? Dovresti indignarti vero, ma non riesci perché ti stanno lodando, vogliono te e non un altro più giovane e piacente. Te per quello che sei, un mostro con tutto il suo bagaglio.

Era tornato un uomo orgoglioso, con il suo ego assoluto e centralizzante.

Era passato da fenomeno da baraccone a genio indiscusso.

E qualcuno in quel mondo che lo aveva ripudiato, anche se non come artista, aveva riconosciuto la potenza del Fantasma.

Sta attento Erik, queste persone sanno come raggirarti.

«Otterrete molto mettendo il vostro genio a disposizione della Sûreté, monsieur, come ad esempio il crollo di tutti i capi d’accusa a vostro carico, con la conseguente possibilità di farvi una nuova vita.»

Era quello che offrivano allora, la libertà? Il non essere braccato dalla gendarmeria e dalla gente come quella notte? Per cosa? Perché tutti possano sputare sul terreno dove cammini? Perché tutti ti disprezzino come hanno sempre fatto?

Che te ne fai Erik della libertà ed una manciata di gloria, se non puoi viverla con l’unica persona che ami?

 Ti stanno offrendo una bugia, Erik, la libertà per il figlio del Diavolo non può esistere.

L’inferno ti attende comunque.

Era sempre lì la voce del Fantasma a ricordare l’essere abbietto che sentiva incombere dentro di sé. Non riusciva ad ignorarne il peso, la sua personale spada si Damocle sospesa con un sottile capello castano che, in vita, si evolveva in delicati riccioli ribelli.

A cosa serve la libertà se non puoi avere Christine?

Un uomo disperato che altro non gli era rimasto che prendersi la testa fra le mani e disperarsi, perché quella l’unica verità dei fatto. Era solo e da tale sarebbe perito. Seppellito dalla solitudine in cui era piombato.

Prima avevi il tuo teatro, la tua musica, ora cosa ti è rimasto?

«Quanto vi sta a cuore la vendetta, Erik?» ora Malice aveva ottenuto tutta l’attenzione su di sé, il tasto da lei sfiorato con la cura maniacale di chi sapeva quali corde pizzicare di un’arpa per poter ottenere i giusti accordi. Ed ora, quei due sguardi che prima si sfidavano come duellanti in una competizione all’ultimo sangue si esaurivano in occhiate complici. Con quella frase aveva steso il primo rigo del trattato di pace.

Un sorriso arrogante a segnarle le labbra piene, malizioso. I suoi occhi scaltri, tronfi e trionfanti riuscivano di nuovo a sfidarlo, a tendergli la spada per imbracciare la propria.

Intesseva l’ordito e la trama con il giusto equilibrio, tendeva la stoffa con forza agguantando l’animo turbato dell’uomo nelle sue debolezze di nuovo.

Il ragno aveva attirato un altro ragno nella sua trappola lasciando la mosca alla sua mercé.

Voleva le due prede.

Stava ad Erik ora a posare le sue zampe affusolate sulle giunture del viscoso tessuto, attento a non inciampare per ritrovarsi a far compagnia alla sua preda.  

«Parlate, avete la mia attenzione!»

 

 

Note dell'autrice: Buona domenica a tutti!!! ^^ Son tornata con questo tormento, mi scuso per la forte presenza di dialoghi ma insomma alcune volte servono. Allura allura, mio Dio quanto è difficile parlare di politica, soprattutto io che la storia l'ho sempre odiata (bella scema X_X).  Siamo quindi entrati nella vera parte difficile ed ecco che la mia fatidica richiesta di pazienza entra prepotentemente in gioco. ^^

Ah perdonate il siparietto Erik nudo ... non so se sarà gradito, ma è stata proprio una cosa voluta in cui doveva esserci il primo vero scontro di queste due menti.

Forse qui vi è sembrato un po' fuori forma, però insomma dopo il cloroformio non si sta un fior fior I think so... -_-

Come avete capito sto cercando di rispettare l'assetto storico di quel periodo: facendo un breve sunto sterile dovremmo essere alla fine del 1870 in piena guerra franco prussiana con Napoleone III come imperatore di Francia e la Comune di Parigi che vuole prendere definitivamente il potere rovesciando l'impero. Nel frattempo, tanto perchè la storia è sempre molto simpatica, l'alta borghesia si schiera a favore degli aristocratici così chi ci va di mezzo sono i poracci sempre più poveri. Insomma il ceto medio se ne va a farsi friggere et voilà che si riprendono i casini. Uaaaaa! Ovviamente spero di non aver detto boiate, in tal caso segnalatemele che provvedrò a correggere.

La Sûreté è un'organizzazione che è esistita davvero, nata nel 1821 che era adibita a spionaggio e alla diminuzione della criminalità. Nascono come servizi segreti per poi diventare un organo federale (l'FBI ha tratto ispirazione dalla Suretè francese per dire. Io gli ho dato una connotazione più stile CIA per farvi capire) ma sotto il regime napoleonico era una vera e propria polizia politica. La cosa divertente che più mi ha ispirato per creare la mia Sureté è stato il loro assoldare vecchi criminali, ladri, truffatori, falsari,(io c'ho infilato pure l'assassina/spia eh eh! che fantasia) e non contava molti appartenenti. Inoltre il fatto che agissero sotto copertura e questo mi ha letterelamente mandato in brodo di giuggiole. Ovviamente io ho un pochino modellato la realtà, per renderla più accattivante (un po' stile merendine nelle pubblicità ^^) . L'ho schierata a favore del popolo proprio perché la polizia si schierò contro i monarchici (oddio non so se mi sono spiegata ho dormito poco ed i concetti si stanno aggroovigliando con la mia materia grigia =_=). 

Il loro interessamento verso Erik c'è perchè mi sono sempre chiesta come fosse possibile che una mente geniale come questa nessuno abbiano mai provato ad accaparrarsela in un qualche modo. Oddio spero che fili il mio ragionamento, so che sono molto contorta e che sto mettendo molta carne al fuoco tra storia introspezione, fantasia.... insomma recensite e fatemi sapere che ne pensate ...

Il giochino di dire madame o madamoiselle è voluto. Il fatto che spesso si debba coprire con qualche identità astrusa fa cambiare il titolo (ricordo che Madame è per le donne sposate e madamoiselle per le signorine nubili) e comunque non è proprio una ragazzina per quel tempo. La mia cara Malice (che si pronuncia malis per chi non lo sapesse ovviamente alla francese ^^) secondo calcoli stimati ha 27 anni, praticamente dieci in più rispetto alla Daaé se non sbagli, anche se ha un'aspetto piuttosto fresco e giovanile. Spero che non la troviate forzata nel contesto, insomma non penso che tutte le donne sono state fanciulline da salvare...

Poi poi poi,passiamo alle recensioni, o meglio alla recensione:

Mia cara GiulyRosaRossa bentornata! che bello che sei subito pronta a commentare! Grazie infinite almeno tu sei qui^^! Devo ammettere che il rapire Erik/Gerry è la proiezione del mio sogno, ihihih!!!^^ Comunque per quanto Erik sia un genio forte ed estremamente affascinante, non può molto se qualcuno usa il cloroformio giusto? Uh a proposito a pro, davvero ti piace l'idea del cloroformio? Io bhè in realtà è la seconda volta che lo uso in una storia, piace molto anche a me ^^ è un ottimo escamotage se devi narcotizzare qualcuno e renderlo un agnellino. Sono mui feliz che ti sia arrivato il senso di decadenza del teatro: esattamente ciò che volevo dare, come se fossero direttamente collegati. Vedi non solo quella notte ha perso Christine ma tutto il suo mondo, che tra l'altro non l'ha mai ripudiato come hanno fatto tutti (compresa madama compassione Christine).Quindi l'unico vero senso di colpa che ha radicato può essere solo nei confronti del teatro. Bene detto ciò passiamo ai tuoi meravigliosi deliri comici XD : mi dispiace ma alla cara Malice è stato affibiato il ruolo di Mignolo, niente Eva o Robin per lei. Sorry, sono solo colleghi, magari ci possiamo inventare un nuovo personaggio della serie e lo mettiamo come aiutante di Mignolo tipo la puntata dei simpson con Pucci il cane surfista doppiato da Homer. Ecco ideone: sarà un terzo topolino con il ciuffo impomatato e si chiamera Pucci!!!!Ziiiiii!!! XD Ora basta con questi deliri!eheheh!!! 

Ovviamente ringrazio tutti e spero che se avete un briciolino di tempo, possiate pensare ad una buon'autrice a cui farebbe un immenso piasere sapere cosa ne pensate!!!

Besitos!!!^^ Serva vostra Mally.

   
 
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