Capitolo XXIV
Ore 10.00 –
Mosca, Casa di Dimitri
Irina si mosse
appena, sentendo qualcosa che le solleticava il braccio con insistenza e
delicatezza insieme. Grugnì qualcosa nella speranza che smettesse, perché stava
dormendo troppo bene per volersi svegliare, ma alla fine fu costretta a
sventolare la mano, gli occhi ancora chiusi, tentando di scacciare quello
scocciatore…
Alle orecchie le
arrivò una risatina sommessa, e infastidita si decise a far smettere chiunque fosse…
Si girò, sentendo qualcosa sbattere contro la sua schiena… Però, non ricordava
che il suo letto fosse così stretto…
Spalancò le
palpebre, ricordando improvvisamente tutto, e si ritrovò Yana
a pochi centimetri dal viso, gli occhi che la scrutavano divertiti, la manina
sul suo braccio nel tentativo di svegliarla… Si mise a sedere di scatto e la
coperta che aveva addosso cadde sul pavimento senza fare nessun rumore.
<< Yana! >> soffiò, imbarazzata, accecata dalla luce del
lampadario, << Che fai qui? >>.
<< Lo zio mi
ha promesso che mi comprava di nuovo uno di quei dolcetti che abbiamo preso l’altra volta al centro commerciale >>
rispose la bambina tutto d’un fiato, gli occhietti illuminati, << Guarda!
>>. Indicò il tavolino, dove c’era un vassoio di carta con alcune paste e
delle brioches che avevano l’aria di essere appena
state sfornate. << Ha detto però che una la devi prendere tu… Quale vuoi?
>>.
<< Oh…
>>. Irina si passò una mano tra i capelli, ancora confusa, e guardò il
vassoio, cercando di riordinare le idee, << Ehm… Prenderei un cornetto,
grazie… Però prima vado a vestirmi >>.
Si alzò sotto lo
sguardo perplesso di Yana e raggiunse camera sua,
pescando dall’armadio il primo paio di jeans e una maglia che trovò, e se li
infilò in fretta, un po’ indolenzita. Doveva essersi addormentata sul divano e
Dimitri non l’aveva svegliata… Che figura…
Filò in bagno a
darsi una rinfrescata, poi tornò in soggiorno, dove Yana
si stava mangiando uno dei grossi pasticcini con la panna, riempiendosi la
faccia di crema. Si sedette di fianco a lei, indecisa se prendere parte o meno
alla colazione… L’idea di aver appena fatto la figura della scema le aveva
chiuso lo stomaco.
<< Dov’è
Dimitri? >> chiese.
Yana si leccò un
ditino. << Di sopra… >> rispose. Poi aggiunse, con l’aria di una
vecchia saggia: << Hai visto quanto è bravo mio
zio? >>. Ammiccò verso le brioches.
A Irina venne da
sorridere per il tentativo della bambina di farle piacere a tutti i costi
Dimitri; le fece una carezza sulla testolina e si alzò, andando in cucina per
prepararsi un caffè, che invece trovò già pronto e caldo nella macchinetta…
Opera di Dimitri anche quella, oppure fortunata coincidenza?
Mentre sorseggiava
la sua tazza calda, assaporando la brioches che Yana insisteva nel volerle far mangiare, si ritrovò a
sorridere da sola come un’ebete, con addosso la
sensazione che Dimitri avesse intuito che la giornata precedente non si era
conclusa nel migliore dei modi, e che stesse tentando in qualche modo di
tirarle su il morale… Erano troppe coincidenze, per poter essere accettabili
tutte insieme, no?
“Se fosse così, Vilena aveva
ragione… Dimitri è più buono di quando sembri”.
Lasciò Yana a fare piazza pulita dei
dolci che rimanevano e si diresse di sopra, certa di doverlo ringraziare, che
lo avesse fatto con l’intento di tirarla su o meno. Salì le scale, ma sentì
qualcuno che parlava in mansarda e si fermò, sperando di non interrompere
nessuno… Forse c’era Emilian, e Yana
non glielo aveva detto…
Una volta davanti
alla porta socchiusa, indecisa se tornare indietro o aspettare, si accorse che
Dimitri era al telefono, e non parlava in russo. La voce gli arrivava soffocata
per via della porta, ma riuscì a cogliere il suo tono irritato e innervosito,
come se avesse appena avuto una discussione. Sapeva di non dover origliare, ma
qualcosa la spinse a rimanere lì, immobile come una statua, per capire cosa
stava succedendo e se doveva preoccuparsi… Aveva imparato che non bisognava
lasciare mia nulla al caso, anche se si trattava di
qualcosa di poco importante.
<< … Finché
non si avvicina a Mosca, la questione non esiste >> stava dicendo
Dimitri, anche se dal tono sembrava considerare la cosa una
scocciatura, << E anche se me lo ritrovassi faccia a faccia, per me non
sarebbe un problema >>. Ci fu un’interruzione. << Questo lo so già
>> riprese il russo, ora arrabbiato, << Cazzo, la situazione era
già abbastanza complicata così, senza che voi dell’F.B.I…. Si, lo so. No, è naturale che non glielo dica…
>>.
Dimitri rimase
nuovamente in silenzio, e Irina si rese conto di essere appoggiata alla porta,
completamente concentrata sulle sue parole… Non stava parlando con Emilian, ora era chiaro: molto probabilmente si trattava di
McDonall… Ma per quale motivo discuteva con lui? Era
successo qualcosa?
Il cervello di
Irina si mise a pensare a tutte le ipotesi, ma l’unica cosa che fu in grado di
capire era che era accaduto qualcosa che era in grado di innervosire anche
Dimitri, solitamente impassibile… Che c’entrasse Xander,
in qualche modo? Il suo cuore iniziò a battere più forte al solo pensiero…
<< Certo che
terrò gli occhi aperti >> ringhiò Dimitri, << Lo sto facendo da
quando sono qui, non ho bisogno che siate voi a dirmelo… Piuttosto, siete voi
che non siete in grado di farlo… >>. Il Mastino sembrò fare una risata
chiaramente per niente divertita. << Certo che non glielo dirò, so
benissimo cosa comporterebbe… No, farò in modo che rimanga una cosa tra noi
>>.
Dimitri tacque, e
Irina sentì il tonfo del cellulare lasciato cadere sulla panca che teneva in
soffitta… Dimitri aveva appena parlato con McDonall,
di qualcosa che le stavano tenendo nascosto…
Spalancò la porta e
vide Dimitri alzare di colpo lo sguardo, senza che nei suoi occhi grigi
passasse nulla, nemmeno un accenno di rabbia. Si guardarono per un momento, poi
Irina chiese, secca: << Che cos’è che non devo sapere? >>.
Credette che Dimitri si infuriasse nell’aver scoperto che aveva origliato, ma
invece rimase di ghiaccio. La guardò con indifferenza, e recuperò l’asciugamano
che aveva lasciato appoggiato alla sedia vuota.
<< Niente che
ti riguardi >> rispose.
<< Allora di
cosa stavi parlando con McDonall? >> ribatté
lei.
<< Di
qualcosa che non ha a che fare con te >> rispose Dimitri, continuando a
rimanere molto simile a una statua.
Ci fu un altro
istante di silenzio, poi Irina disse: << Invece sono sicura che mi
riguardi >>.
Dimitri gettò di
lato i guantoni che stavano sulla panca, e sbuffò, infastidito.
<< Anche se
ti riguarda, al momento non è importante >> rispose, << Saperlo non
cambierebbe la nostra missione. Servirebbe solo a distrarti, chiaro? Quindi non fare altre domande, tanto non parlerò >>.
Le gettò un’occhiata eloquente, per farla desistere il
prima possibile.
Preoccupata, Irina
lo fissò. Doveva ammettere che la spiegazione al suo silenzio sulla faccenda la
tranquillizzava un pochino: se aveva imparato a conoscerlo, Dimitri non si
sarebbe fatto scrupoli a parlare, se fosse necessario. Se riteneva che non
dovesse sapere, doveva esserci un motivo importante…
Però lei continuava a essere preoccupata, e rimanere totalmente all’oscuro non
l’avrebbe aiutata…
<< Voglio
solo sapere se è successo qualcosa a qualcuno >> disse.
Dimitri fece un
sorrisetto, come a dire “Sei sempre la solita”. << No, non è successo
niente a nessuno >> rispose, << Tutti quelli che conosci stanno bene e non hanno alcun problema… E nemmeno noi, per
il momento >>.
Irina si
tranquillizzò. Se non glielo voleva dire, forse aveva un buon motivo per farlo…
Era quello che voleva pensare. Magari riguardava solo lui e basta, e non poteva
impicciarsi degli affari suoi…
<< Ok…
>> sussurrò, << Spero solo che se sarà il caso, me lo dirai
>>. Sorrise e indicò di sotto. << Grazie per la colazione… Anche da
parte di Yana >>. Cambiare argomento poteva
aiutarla ad accettare quella scelta di escluderla dalla faccenda, qualunque
fosse.
Dimitri non si
scompose, anche se era appena stata messa allo scoperto una sua parte gentile,
che naturalmente voleva nascondere. << Non sai quanto possa essere
insistente, certe volte… >> borbottò, come se quello giustificasse tutto.
Irina sorrise e si
sedette di fianco a lui sulla panca, ormai abituata alla sua presenza ma
soprattutto al suo carattere. Era ombroso, freddo, a volte scontroso, ma in
fondo era buono, e lei aveva imparato ad apprezzarlo.
<< Hai
mandato tu Yana a svegliarmi, per risparmiarmi
l’ennesima figuraccia? >> chiese, quasi ridendo al ricordo di essere
crollata sul divano molto probabilmente in una posizione ridicola.
Dimitri non sembrò
capire, poi scosse il capo. Una delle ultime gocce di sudore rimaste dopo
essere stato interrotto durante il suo allenamento gli
scivolò lungo la nuca.
<< No.
Veramente… Le avevo detto di non svegliarti >> rispose; poi aggiunse, un
sopracciglio leggermente inarcato, << Saremmo stati in pace ancora per un
po’… >>.
Le sue labbra si
arricciarono in un sorriso, e Irina capì che la stava prendendo in giro.
Sorrise a sua volta, ripensando a ciò che sua nipote aveva detto di lui.
<< Yana ha ragione: sei un bravo zio >> disse.
<< Non ci
vuole molto >> ribatté Dimitri, ora di nuovo serio, << Una
colazione a letto, e sono contenti tutti >>. Sembrava davvero convinto di
non aver fatto chissà cosa, o forse voleva solo sminuire la portata del suo
comportamento, come a dire che non sarebbe stata certo la regola…
Irina annuì e
guardò il sacco da boxe appeso al soffitto, pensierosa. Sì, ci voleva poco a
farla felice, l’unico che non lo capiva era Xander…
Credeva che per il suo bene dovesse proteggerla da tutto e da tutti, tenerla in
una campana di vetro come qualcosa che poteva facilmente rompersi… Forse una
volta era stato così, quando si erano incontrati, quando era ancora prigioniera
dei suoi stessi errori, ma adesso… Adesso non lo era
più, adesso si sentiva abbastanza forte da non aver più bisogno di una
stampella a cui appoggiarsi… Non voleva essere isolata in nome di una
sofferenza che aveva patito…
Ma era chiaro, per Xander sarebbe sempre rimasta la ragazzina vittima di se
stessa, incapace di guardarsi da sola, ancora prigioniera del suo passato,
delle sue cicatrici… Per lui era quello, e si era preso l’impegno di salvarla,
sempre e comunque, dovunque fosse stata. E forse ora sentiva il peso di quella
sorta di promessa che aveva fatto a sé stesso, sentiva
di essere legato a lei da qualcosa che non era solo amore… Forse era stanco di
farle da spalla, di essere il suo angelo custode; lei non glielo aveva mai
chiesto, e non voleva che lo fosse… Lo amava per quello che era, non percgè l’aveva salvata o perché continuava a salvarla…
Sapeva
di essere cambiata, ma era qualcosa di sottile: era cambiato il suo modo di
vivere e vedere le cose, di affrontare le paure… Ma rimaneva comunque la
stessa, perché aveva sempre saputo di avere due facce: Irina e Fenice, che si
nascondevano l’una dall’altra… Xander, invece, era
cambiato con lei.
Forse, con quella missione, si era reso conto che qualcosa nel loro rapporto
non andava, che c’era una parte di lei non gli piaceva
più… Qualcosa di nuovo che non accettava, perché lui la voleva uguale a come
l’aveva conosciuta…
“Non si sente più libero, questa è la verità. Prima
partiva, stava via qualche mese a rischiare la vita da qualche parte, e poi
tornava, trovandomi pronta ad accoglierlo e con il desiderio di farmi stringere
tra le sue braccia… Forse era la lontananza a rinnovare ogni volta i suoi
sentimenti… Adesso non ci riesce più. La sua bambola non è più una bambola, e
non è quello che vuole… Forse, forse sa meglio di me dove
ci porterà tutta questa storia”.
Si alzò di scatto,
riuscendo a fermare il corso dei suoi pensieri prima che la portassero in posti
poco graditi. Fissò il sacco da boxe appeso al centro della stanza, sicura che
doveva smettere di pensare, altrimenti si sarebbe ferita da sola…
<< Ok, insegnami
a dare due pugni >> disse, stampandosi in faccia un sorriso finto nella
speranza di non dare a vedere che era triste e preoccupata.
Dimitri la guardò
inarcando un sopracciglio, come a valutare se ci fosse ancora con la testa.
Sicuramente non aveva voglia di insegnarle, e doveva anche pensare che non
fosse nemmeno in grado di imparare…
Infatti si alzò e le diede
le spalle, iniziando a frugare dentro la panca senza rispondere. Alla fine si
girò e le lanciò un paio di guantoni un po’ più piccoli dei suoi, e disse solo:
<< Mettiteli >>.
Irina li afferrò e
sorrise. Il grande pregio di Dimitri era che non faceva domande, che non giudicava mai, anche in quel caso. Forse aveva intuito che
il suo fosse solo un modo per distogliere i pensieri da Xander,
o forse più semplicemente non voleva davvero sapere perché lo facesse, ma le fu
grata per averle risparmiato una spiegazione.
Infilò i guantoni,
senza curarsi del fatto che potesse sembrare o meno
ridicola, e guardò Dimitri mentre faceva altrettanto.
<< In effetti,
potrebbe tornarti utile, saper dare qualche pugno, visto il tuo talento nel
cacciarti nei guai… >> commentò, gettandole una rapida occhiata.
<< Sì,
potrebbe tornarmi utile >> disse Irina, << Ma per picchiare Xander quando mi fa arrabbiare… >>.
Riuscì a strappare
un sorriso a Dimitri, che fece ondeggiare il sacco e lo colpì con un pugno
secco, che avrebbe spezzato qualche osso a chiunque. Irina non si fece
spaventare e gli fece cenno di farsi avanti.
<< Prima è
meglio che ti insegni come si colpisce… >>
commentò lui, a bassa voce, << Non voglio che tu riesca a farti male
anche da sola… >>.
Se fino a un mese
prima Irina non aveva nemmeno immaginato di potersi trovare davanti a un russo
a tirare pugni a un sacco pieno di sabbia, ora scoprì che la cosa le piaceva.
Forse era il fatto di fare un’enorme fatica, oppure semplicemente di essere
concentrata su un unico obiettivo, ma lo trovò davvero… “rilassante”. Nel giro
di mezz’ora scaricò tutta la tensione che aveva accumulato nell’ultimo periodo,
e capì perché a Dimitri piacesse così tanto. Svuotava
la mente e non faceva pensare ad altro.
A un certo punto
arrivò Yana, che era rimasta di sotto fino a quel
momento e aveva deciso di venire a curiosare. La faccia che fece strappò a
Irina una risata difficile da nascondere, perché rimase di sasso di fronte a
lei che cercava, davvero con scarsi risultati, di picchiare Dimitri, il suo
adorato zio… Che per sua fortuna schivava i colpi, ma evitava anche di
contrattaccare per non doverla portare dritta in ospedale con una commozione
cerebrale…
<< Davvero,
Irina, sei veramente negata >> disse alla fine lui, anche se sembrava
divertito, << Non hai un briciolo di forza in quelle braccia… >>.
Irina si guardò i
bicipiti e fece finta di gonfiarli con aria da dura, e Yana
scoppiò a ridere. Dimitri le rivolse un’occhiata perplessa, come se la
prendesse per matta, ma poi si aprì in un sorriso anche lui, e inspiegabilmente
Irina si ritrovò a pensare che forse era quello il
regalo più bello che potesse farle in quella giornata… Doveva meritarlo
davvero, perché Dimitri non dava mai niente per scontato.
E a quel punto si
chiese se forse le cose stavano cambiando, in tutti i sensi.
Ore 21.00 –
Londra, Casa di Richard
<< Quindi vuoi partire… >> disse Daniel, guardando
William seduto sulla poltrona, la tv del soggiorno accesa senza che lui vi
prestasse attenzione. Oltre le finestre, cadeva una pioggerellina leggera che
si accordava bene con l’atmosfera rilassata della serata.
Lo Scorpione
appoggiò i piedi sul tavolino. << Appena possibile >> rispose,
<< Sono stanco di stare qui senza fare niente… E in Russia potrei trovare
il modo di riformare la Black List
>>.
Daniel lo guardò.
<< Hai qualche amico da quelle parti? >> chiese.
<< Un amico
no >> rispose William, ghignando, << Ma un possibile alleato sì… Lo
chiamano Lince, da quelle parti, ed è qualcuno che potrebbe darmi l’aiuto di
cui ho bisogno… >>.
<< Lince?
>> fece Daniel, dubbioso, << Che nome è Lince? E’ un soprannome?
>>.
<< Certo che
lo è >> ribatté William, << Se si sapesse chi è veramente, non
rimarrebbe vivo per più una giornata… >>.
<< E tu lo
conosci? >>. Daniel sembrava molto interessato, ora.
William ghignò,
ricordando i loro vari incontri. Certo che lo conosceva, avevano concluso un sacco di affari piuttosto interessanti…
Ricordava anche che la Lince aveva mostrato un certa curiosità verso la Black List, e sembrava desiderare
fare un giro dalle loro parti… Ma era passato del tempo, molto tempo, e le cose
in Russia potevano essere cambiate… Sperava, almeno in quello, di avere
fortuna.
<< Lo
conosco, lo conosco >> disse, muovendo
leggermente il capo, << Ma non vengo certo a dire a te di chi si tratta…
>>.
Daniel assunse
un’espressione infastidita, ma non proseguì oltre.
<< Hai trovato
l’auto che ti avevo chiesto? >> aggiunse poi William, secco. Se voleva
partire presto, doveva avere la macchina che gli
serviva.
<< Non è
facile trovare una Bugatti Veyron, nemmeno in questo
covo di ricconi >> rispose Daniel, infastidito, << L’unico che
sembra averla è quel Karl, ma non so se sia una buona idea mirare alla sua…
>>.
Già, forse non
poteva rubargli la macchina… Quel tizio poteva
tornargli ancora utile, più avanti, non poteva farselo nemico. Gli aveva
fornito la succosa notizia di Irina a Mosca, e grazie a lui aveva capito che la
prima cosa che voleva fare era andare in Russia…
<< Vedi se
trovi comunque qualcosa di abbastanza potente che possa fare al caso mio
>> disse alla fine, ma non era felice di accontentarsi… Di solito non lo
faceva.
Richard entrò in
quel momento nella stanza, vestito di tutto punto e con l’espressione
soddisfatta. Li guardò per un momento poi disse: << Karl ci ha invitati da lui… Se volete venire, siete i benvenuti
>>.
William gli rivolse
un’occhiata poco convinta: non lo allettava passare una serata in mezzo a
quegli inglesi impomatati dall’aria snob, anche se avrebbero parlato di auto e
corse clandestine… Oltretutto, non credeva che potesse tornargli utile
stringere amicizia con loro.
<< In che
locale? >> domandò, per capire se ne valeva la pena. In quel caso poteva
bersi qualche drink in santa pace…
<< Nessun
locale >> rispose Richard, << Andiamo da lui… Come sempre organizza
un torneo di poker per una cerchia ristretta di amici… Niente di grosso, è solo
per passare una serata che altrimenti rimarrebbe vuota >>.
Daniel gli gettò
un’occhiata interessata.
<< Io ci vado
>> disse, convinto.
William rivalutò l’opzione e decise di rischiare e uscire un po’, visto che
ormai quelle quattro mura rischiavano di soffocarlo. Non amava particolarmente
il gioco d’azzardo, ma poteva sempre fare una partita
a poker e distrarsi un po’.
<< D’accordo,
vengo anche io >>.
Si alzò e recuperò
il suo pacchetto di sigarette semivuoto e lì seguì in silenzio, sperando che
quegli inglesi non fossero tutti come Karl: per quanto gli fosse risultato utile, non gli piaceva. Lo trovava troppo
“amicone”, quando in realtà si erano visti solo un paio di volte, e non gli era
di suo gusto. Preferiva mantenere le distanze, con quel tipo.
Presero la Bentley,
che decise di guidare personalmente e approfittare dell’uscita, e raggiunsero
la casa di Karl, una villa non molto lontana da lì, in stile gotico e dall’aria
vagamente sinistra. Una grande fontana circolare li attendeva davanti all’ingresso,
con al centro la statua di un angelo nero… Sotto la
pioggia sembrava stranamente viscida e minacciosa. Quel tizio aveva buon gusto
in fatto di auto, ma non sembrava altrettanto per quando riguardava
l’arredamento… William arricciò il labbro, pensando alla sua vecchia e stupenda
casa a Los Angeles.
Nel piazzale erano
parcheggiate in bella mostra diverse auto di lusso: un paio di Ferrari, una
Lamborghini e una Aston
Martin, tutte l’una di fianco all’altra. William parcheggiò la Bentley vicino
alla Ferrari F430 rossa e scese insieme agli altri.
Una volta
all’ingresso, vennero accolti da Karl in persona, che
con voce gioviale li invitò a entrare. Come aveva immaginato
William, l’interno della casa era sinistro quanto l’esterno, e per un momento
ebbe la sensazione di trovarsi in una vecchia casa di fantasmi: gli arredamenti
erano tutti in legno scurissimo, e c’erano decine di soprammobili in stile dark
che gli ricordavano quelli che si vedevano nei templi abbandonati… Candelabri,
strani monili d’argento e pietra, diversi diffusori per l’incenso occupavano lo
spazio sopra il camino e i vari mobili vicino alle pareti, dando a tutto l’aria
di qualcosa di vecchio e malsano.
<< Venite,
sedetevi pure in soggiorno >> disse Karl, facendogli
strada lungo il corridoio, << Vi stavamo aspettando per cominciare…
Giochi a poker, Scorpione? >>.
<< Dipende da
quanto partono le scommesse… >> rispose lui, evasivo. Non poteva giocarsi
tutti i soldi che gli rimanevano e che gli sarebbero serviti nei giorni a
venire…
“Fino a due anni fa non mi sarei mai preoccupato di una
cosa del genere…” pensò
con amarezza, rendendosi improvvisamente conto di quanto le cose fossero
cambiate.
Karl ridacchiò.
<< Mille dollari a puntata >> rispose,
<< E quando vuoi puoi ritirati >>.
Daniel gli rivolse
un’occhiata, come a dire: “ma io non ho mille
dollari!”.
<< Cosa ti
aspettavi, che si giocassero le caramelle? >> fece lo Scorpione,
infastidito.
Il soggiorno era
leggermente più luminoso del resto della casa, ed era stato approntato un tavolo
rotondo con un panno verde per giocare a carte. Intorno c’erano seduti quattro
inglesi dall’aria aristocratica, che sembravano avere la puzza sotto il naso.
William capì che sarebbe stata una serata molto più noiosa di quanto avesse
previsto, e si preparò a fare qualche partita a pocker con il solo scopo di non perdere tutti i suoi soldi.
I quattro tizi gli vennero presentati, ma colse a
malapena i loro nomi, visto che lo scarso interesse che provava nei loro
confronti, e non si prese la briga di ricordarli. Si accomodò al tavolo, mentre
Daniel, a corto di fondi, si sedette su una poltrona con aria offesa, e attese
che gli venissero date le carte.
L’unico diversivo
della serata fu l’ingresso di quella che doveva essere la cameriera con un
vassoio di liquori e una gonna un po’ troppo corta per essere
quella di una donna di solo servizio. Era una ragazza piuttosto carina, dai
capelli biondi e l’espressione piuttosto smaliziata… Fu la prima cosa che
William notò, e fece in modo di incontrare il suo sguardo alla prima occasione.
La ragazza tornò un
paio di volte per riempire i bicchieri, e lo Scorpione giunse
alla conclusione che, tra la partita a poker con quei manichini inglesi
e la possibilità di guadagnare una sveltina con quella cameriera, preferiva la
seconda prospettiva… Non tanto perché era carina, visto che l’avrebbe definita
“accettabile” per i suoi standard, piuttosto perché gli avrebbe movimentato un
po’ la serata, che era davvero monotona.
Quando si accorse
che anche la cameriera sembrava ricambiare il suo interesse, decise
di chiudere la partita e cambiare passatempo. Gli aveva lanciato un’occhiata
languida, come se anche lei trovasse noiosa quella serata.
<< Io mi
fermo >> disse alla fine, dopo aver perso fortunatamente solo duemila
dollari. Gli inglesi gli rivolsero un’occhiata sprezzante, come se lo
considerassero un pezzente… Li ignorò e chiese dove
fosse il bagno, tutta una scusa per incrociare di nuovo la cameriera. Daniel
doveva aver intuito le sue intenzioni, perché gli rivolse un sorrisetto
complice.
Tornò nel corridoio
e lo percorse fino in fondo, per ritrovarsi davanti a
una scala che portava di sopra. Ebbe la tentazione di salire, poi tornò
indietro di qualche passo e trovò la porta della cucina…
La cameriera era
china e stava frugando dentro un mobile della cucina, forse in cerca di qualche
stoviglia, e William rimase a fissare il suo fondoschiena, anche se
incredibilmente il suo pensiero finì su un’altra persona che stava a decine di migliaia di chilometri di distanza… Scosse il
capo, cercando di non distrarsi con altre ragazze che non fosse quella che
aveva a disposizione.
<< Sei
sprecata a fare la cameriera di un vecchio come Karl >> disse, giocando
l’arma della lusinga. Anche se aveva la netta sensazione che quella tipa non avrebbe
fatto troppo la difficile.
La ragazza si immobilizzò di colpo, e rimase per qualche secondo di
spalle. Poi si voltò e lo guardò con un sorrisetto ironico.
<< In
effetti, il mio capo ha prestazioni piuttosto deludenti >> ribatté,
maliziosa.
William entrò nella
cucina e la squadrò da capo a piedi, senza che lei avesse alcuna reazione. Ci
sarebbe stata, era chiaro, glielo leggeva in faccia.
<< Sei qui
perché vuoi qualcos’altro da bere? >> chiese lei, tranquilla.
<< No
>>.
Lei scoppiò a ridere,
perché chiaramente aveva capito cosa aveva in mente. Gli si avvicinò con aria
dolce e gli passò un dito sul mento, sensuale.
“Mi piacciono quando prendono l’iniziativa…”.
<< Mi dicono
che sei appena scappato dal carcere… >> sussurrò lei, << Deve
essere dura, senza nessuna ragazza… >>.
William sorrise.
Non gli interessava il suo nome, né quanti anni avesse, né da dove venisse:
voleva solo ottenere in fretta quello che voleva, ed era disposto a stare al
gioco. Gli serviva solo come passatempo, come distrazione, e non se ne
vergognava… Non si vergognava di dire che il sesso gli
era mancato, e non si vergognava di ammettere che stava solo per usarla.
<< Non sai
quanto… >> disse.
Lo sguardo gli
cadde sul collo della ragazza, per poi scendere superando il ciondolo a forma
di cuore che le brillava sul petto… Aveva un buon profumo, stranamente dolce
per una tipa come lei… Anche se non era bella come le altre con cui era stato, era pur sempre una donna.
Qualcosa però lo
spinse a tornare su, a fissare il gioiello. Era strano, sembrava molto più
pesante di un semplice ciondolo d’argento… La collana era tesa, tirata fino in
fondo, con il ciondolo che sfiorava il solco tra i seni…
William aggrottò
per un momento le sopracciglia, mentre qualcosa nella tua testa iniziava a
lavorare… Da quando era uscito dal carcere, aveva imparato a fare attenzione a
ogni dettaglio, perché dietro il più piccolo errore poteva nascondersi una
trappola che l’avrebbe riportato in carcere… E in quella collana c’era qualcosa
di strano, se lo sentiva.
<< Sai, credo
che quei vecchi bacucchi saranno occupati ancora però un po’, di là… >>
sussurrò la ragazza, attirandolo verso di sé.
William lasciò che
lo baciasse, trovando stranamente disgustose quelle labbra che all’apparenza
gli erano sembrate morbide e setose… La spinse verso il tavolo, le mani sui
suoi fianchi, cercando quello che aveva intuito potesse esserci sotto i suoi
vestiti… La ragazza per un momento tentò di prendergli i polsi…
Poi le sentì, dure
e fredde sotto la camicetta…
Manette.
La ragazza non
diede segno di essersi accorta che lui avesse capito, perché ora gli stringeva
i polsi portandoli verso il suo ventre, per invitarlo a stenderla sul tavolo…
Lui lo fece, con la testa che lavorava a mille, cercando di capire cosa potesse
significare tutto quello… Una volta sopra di lei, però, si fermò. La guardò in
faccia, capendo perché c’era qualcosa in lei che non gli piaceva… Le afferrò le
mani e sorrise, impedendole di muoversi.
<< Che
cos’hai nascosto lì sotto? >> chiese.
La poliziotta
sorrise maliziosa, credendo che lui si riferisse a qualcosa che faceva parte
del suo corpo… Quello per cui erano finiti su quel tavolo…
<< Se vuoi te lo faccio vedere… >> sussurrò in risposta.
William portò la sua
faccia a dieci centimetri dalla sua, poi mormorò: << Credevi di fregarmi,
poliziotta? >>.
La ragazza impietrì
di colpo, e rimase immobile a fissarlo. William sorrise sentendo che il suo
cuore accelerava per la paura. Sapeva che aveva capito in che guai si trovava
ora, che aveva miseramente fallito il tentativo di fregarlo…
Poteva
approfittarne, poteva continuare lo stesso senza che
lei volesse, poteva farle quello che aveva fatto a Irina, ma qualcosa lo
bloccava. O meglio, qualcosa non scattava nella sua testa, come succedeva con
la sua Fenice. Anzi, forse ora quella ragazza lo disgustava pure, aveva perso
qualsiasi attrattiva… Non la voleva, non gli interessava il suo corpo…
<< La casa è
circondata >> disse lei, come se quello bastasse a difenderla, <<
Non puoi scappare >>.
La ragazza si
divincolò, cercando forse di tirare fuori una pistola, ma
William la tenne stretta e le sfilò le manette da sotto la camicia. Gli ci
volle un attimo per legarla alla gamba del tavolo, senza curarsi di farla
cadere a terra. Improvvisamente sentì la rabbia montargli addosso, rendendolo
freddo e cinico come quando si infuriava in quel modo.
Tirò fuori la sua pistola e la guardò, gelido.
Chiunque l’avesse
mandata, di sicuro dietro c’era l’F.B.I., e di sicuro
lei era in contatto con loro. Si abbassò e le strappò di dosso il ciondolo… Lo
girò ed ebbe la conferma che si trattava di un microfono.
Si rese
improvvisamente conto che gli sbirri avevano seguito le sue mosse, che avevano
aspettato prima di tendergli una trappola, e poi lo avevano fatto sfruttando
una sua debolezza, la stessa che lo aveva fatto rinchiudere la prima volta…
Andò su tutte le
furie, e imprecò ad alta voce, facendo qualche passo per la stanza, mentre la
ragazza si divincolava cercando invano di liberarsi. Come avevano osato cercare
di catturarlo in quel modo?
Si sentiva
ridicolo, e questo lo mandava ancora di più in bestia. Non si sarebbe fatto
prendere, mai e poi mai… Non in quel modo stupido.
Strinse il
microfono nella mano e guardò la ragazza, che tremava. La odiava per quello che
aveva cercato di fare, e non sarebbe mai più dovuto accadere. Non gli
interessava che fosse una donna, che fosse legata e indifesa… Aveva cercato di
fregarlo in un modo che lui riteneva subdolo e inaccettabile, e doveva dimostrare
che nessun’altro poteva azzardarsi a farlo.
Tolse la sicura
alla pistola e contemporaneamente portò il microfono vicino alla bocca. Gli
occhi della poliziotta si spalancarono, mentre puntava la pistola su di lei.
<< Non mi
avrete mai vivo. Questa è una promessa >>.
Poi sparò.
Il rumore secco
dello sparo riverberò per qualche istante nella stanza, che poi cadde nel più
assoluto silenzio. William abbassò la mano con la pistola e non indugiò nemmeno
per un momento sul cadavere della ragazza, perché mai come in quel momento non
gli era importato di chi era stata la sua vittima… Doveva scappare il più in
fretta possibile, e non si sarebbe fermato a pensare.
Gettò il ciondolo a
terra e corse fuori dalla stanza, chiedendosi se quella fosse una trappola
messa in atto con l’aiuto di Karl oppure se lui non centrava niente… Non poteva
essere tutta una coincidenza il fatto che gli sbirri
avessero organizzato la sua cattura proprio quando lui usciva per la prima
volta da diversi giorni… Forse centrava anche Richard… Ormai non si sarebbe
sorpreso più di nulla, visto quello che gli era successo.
Tolse la sicura
alla pistola e fece irruzione nel soggiorno, pronto a trovarsi di fronte una emzza dozzina di poliziotti.
Invece per fortuna gli inglesi stavano ancora giocando a carte, tranquilli;
solo Karl diede segno di irrequietezza.
William lo fissò
per un momento, e gli ci volle un secondo per capire che c’era di mezzo anche
lui… Li aveva fregati tutti quanti.
Un altro proiettile
partì dalla sua pistola, e si conficcò nel pezzo dell’inglese, facendolo
stramazzare al suolo, privo di vita. Nessuno si mosse, nessuno osò rispondere
al fuoco, e William digrignò i denti, infuriato.
<< La casa è
circondata dagli sbirri! Andiamocene! >>.
Richard scattò in
piedi, Daniel anche, mentre gli altri quattro rimasero impietriti. Uno di loro
corse alla finestra, dove baluginarono i lampeggianti delle
volanti…
<< Cazzo!
>>.
Richard andò dritto
verso una cassapanca all’angolo del soggiorno, scavalcando rapidamente il
cadavere di Karl, e la spalancò, rivelando una dozzina di pistole. Le lanciò
rapidamente a tutti, poi chiese: << Cosa è
successo? >>.
<< La
cameriera era una poliziotta >> rispose William, << E Karl era con
loro >>.
Guardò Daniel, e
aggiunse: << Dobbiamo andarcene. Saranno dentro in un paio di minuti
>>.
Doveva raggiungere
l’auto parcheggiata fuori, ma con una rapida occhiata al piazzale si rese conto
che era impossibile. Le auto della polizia erano fuori, a presidiarli, ed erano
molto più armati di lui.
Dove procurarsi
un’altra macchina senza dover uscire fuori?
<< Dov’è il
garage? >> domandò.
<< In fondo
al corridoio, prendi le scale che scendono di sotto… >> rispose Richard,
<< Cosa vuoi fare? >>.
William strinse la
pistola. << Pensare a me stesso >> rispose.
Sotto c’era la
Bugatti, e la Bugatti aveva solo due posti… O Daniel, o Richard.
<< Daniel,
con me! >> gridò, mentre il ragazzo lo raggiungeva. << Grazie
dell’ospitalità >> aggiunse, rivolto all’inglese, << Ma non sono tanto sicuro che tu non centri nulla, con questa
storia… E in ogni caso, hai abbastanza soldi per pagarti la cauzione >>.
Uscì nel corridoio,
lasciando Richard e gli inglesi al loro destino, e seguito a ruota da Daniel
raggiunse la scale. In quello stesso istante la porta
dell’ingresso venne sfondata, e tre poliziotti fecero
irruzione, la pistola in pugno.
<< Fermi!
Mani in alto! >>.
La dita di William
premettero il grilletto senza nemmeno prendere la mira, e forse fu solo la determinazione
a fare in modo che colpisse il braccio di uno degli uomini, facendolo a cadere
a terra. Afferrò Daniel per un braccio e prese le scale che portavano di sotto,
sentendo i proiettili fischiare a pochi centimetri da lui…
<< Challagher, fermati e non ti spareremo! >>. La voce
di un poliziotto gli arrivò dritta nelle orecchie, ma lui la ignorò. Sentì i
passi rimbombare lungo la tromba delle scale, il trambusto degli sbirri che li
inseguivano…
Si ritrovarono
davanti una porta, e lui la spalancò, fiondandosi
dentro. Il garage era piccolo e scarsamente illuminato, ma vide subito cosa gli
interessava, quello che poteva aiutarlo nella fuga…
La Bugatti Veyron era parcheggiata in fondo, dopo due Bentley
dall’aria trascurata, aspettando solo lui.
Spinse Daniel in
avanti, gettando un’occhiata indetro.
<< Cerca le
chiavi della Bugatti! >> ordinò, piazzandosi dietro una delle due
Bentley.
Un proiettile si
conficcò nel vetro della macchina, sparato da uno dei poliziotti fermi
sull’uscio. Rispose al fuoco, facendosi scudo con la carrozzeria dell’auto,
mirando alla testa.
Uno dei poliziotti venne colpito in fronte, e stramazzò addosso a quelli dietro
di lui, che furono costretti a spostarlo. William continuò a sparare, finché non
finì i proiettili. Gettò di lato la pistola e tirò fuori l’altra, riprendendo
il fuoco.
<< Trovate!
>> gridò Daniel.
I vetri della
Bentley esplosero in mille pezzi proprio in quel momento, e William si coprì la
faccia con il braccio. Schegge di vetro gli penetrarono nella carne, dandogli
però una scarica di adrenalina che lo spinse a infilarsi dentro la Bugatti, ora
aperta, sfidando il fuoco degli sbirri…
Si sedette al posto
di guida, mentre Daniel si catapultava dall’altra parte. Girò le chiavi dentro
il quadro e premette l’acceleratore…
Uno dei proiettili
infranse il vetro posteriore della Veyron, mentre
dallo specchietto retrovisore vedeva gli sbirri entrare nel garage e mirare
alle gomme…
Scartò di lato,
imboccando la rampa che portava di sopra, il braccio dolorante per via delle
schegge…
La Bugatti risalì
senza esitazioni, portandoli nel giardino invaso dalle auto della polizia…
Decine, ovunque, con i poliziotti pronti a fare fuoco su di lui, pronti a
fermarlo…
Gli occhi di
William si fissarono sul cancello in ferro battuto che
li separava dalla strada, senza vedere tutto il resto… Era lì che doveva
andare, se voleva sperare di rimanere libero…
<< Ci
spareranno addosso! >> gridò Daniel.
Se quello era il
prezzo da pagare per mantenere la sua libertà, avrebbe pagato, avrebbe
rischiato. Non sarebbe tornato in cella, mai…
Il piede di William
affondò sull’acceleratore, le ruote che pattinavano sull’asfalto umido,
l’adrenalina che gli si riversava nelle vene… Rischio o no, lui sarebbe rimasto
libero.
La Bugatti schizzò
in avanti, dritta, senza esitazioni, il rombo del motore un
ruggito selvaggio, mentre gli sbirri aprivano il fuoco, i proiettili che si
conficcavano nella carrozzeria e lui guardava solo dritto, senza vedere altro
che quella strada che lo avrebbe reso di nuovo libero…
Con un rumore
metallico, la Bugatti sfondò il cancello, accartocciandolo su se stesso e lo
scaraventò in avanti, aprendosi la via di fuga a forza, come un toro
imbizzarrito… Il vetro anteriore dell’auto si crepò per l’impatto, mentre la
cancellata di ferro volava lontano, con un clangore assordante, atterrando in
mezzo alla strada bagnata e illuminata dai lampioni…
William strinse il
volante, Daniel gridò, e la Veyron sbandò di lato,
quasi senza controllo… Le ruote scivolarono sull’asfalto umido, poi la Bugatti
tornò dritta e William infilò la strada rapidissima, senza esitazioni, con il
cuore che batteva all’impazzata e un ghigno dipinto sul volto…
“Non mi avranno mai. E’ una promessa”.
Affondò il piede
sull’acceleratore, e guardò nello specchietto retrovisore: la sua fuga era
stata troppo spettacolare per dare il tempo agli
sbirri di capire quello che stava succedendo… Non sarebbero riusciti a
prenderlo, questa volta.
Quando la prima
volante si gettò al suo inseguimento, lui ormai era già sparito.
Quattro anni
e mezzo prima – Los Angeles
La casa di Dominic è la classica villetta dimessa e poco appariscente della
periferia di Los Angeles, trascurata in alcuni punti e per niente lussuosa. Il
garage chiuso nasconde forse la vecchia Ford Mustang del ragazzo, quella che ha
usato per partecipare a qualche gara clandestina, con scarsi risultati.
William getta il
mozzicone a terra, sul prato ingiallito, e raggiunge la porta d’ingresso,
seguito da Dimitri. Non si era aspettato di più, dalla casa di Dominic, e altrettanto poco si aspettava dalla sua
famiglia. Dovevano essere più o meno simili a lui,
visto che tipo era.
<< Molto
probabilmente non otterremo niente, lo sai >> disse Dimitri a bassa voce,
guardando il giardino con disprezzo.
<< Lo so… Ma vediamo
prima con chi abbiamo a che fare, poi decidiamo se prendercela con loro oppure
se farci dire dove si nasconde Dominic… Sicuramente
lo sanno >>.
William bussa alla
porta, e aspetta che vengano ad aprire. E’ tranquillo; minacciare per lui non è
mai stato un problema, soprattutto la gente che ha cercato di fregarlo e che
gli deve dei soldi. Sa esattamente come muoversi, cosa dire e cosa fare… E la
presenza di ghiaccio di Dimitri aiuta a far capire che non scherza.
Poco dopo, si
ritrova davanti un uomo grasso, gli occhi piccoli e
acquosi e l’espressione poco intelligente. Tiene in mano una bottiglia di birra,
e non sembra proprio lucido, da come lo guarda.
<< Cosa vuoi? >> ringhia, sporgendosi in avanti.
William lo squadra
da capo a piedi, disgustato. Ora che vede il padre di Dominic, capisce da dove il ragazzo ha preso tutte le sue
abitudini. Quel tizio doveva appena essersi alzato dal letto, e la prima cosa
che faceva era ubriacarsi…
<< Sono qui
per Dominic >> risponde lo Scorpione,
sprezzante.
<< Chi sei?
>> chiede l’uomo, sputando un po’ di saliva.
<< William Challagher >>.
Al sentire
pronunciare quel nome, l’uomo sbianca. Fa un passo indietro, la bottiglia
ancora precariamente in mano, senza dire niente. Nonostante l’alcool, ha capito
chi ha davanti. William ghigna di fronte al suo timore.
<< Cosa vuoi? >> domanda l’uomo, anche se la sua voce ha
un’inflessione che non è dovuta alla sbronza.
<< Facci
entrare >> dice William infastidito, mettendo piede in casa senza
aspettare il suo invito. Dimitri lo segue e chiude la porta alle sue spalle. L’uomo
non protesta, non ne ha il coraggio.
William getta un’occhiata
intorno, incuriosito. La casa, come l’esterno, è povera e dimessa, ma meno
trascurata. Anche se c’è molto disordine, sembra pulita, non proprio
abbandonata a sé stessa come si era aspettato. La tv accesa in soggiorno trasmettere il telegiornale a un volume
eccessivamente alto.
<< Chi è che
rompe a quest’ora? >> sbotta qualcuno.
Un ragazzo sbuca
nel corridoio e li fissa in cagnesco, il telecomando in mano. Anche lui non sembra
riconoscerlo all’inizio, e dalla sua smorfia traspare tutto il suo fastidio per
quella visita.
William scambia un’occhiata
con Dimitri: entrambi hanno capito con chi hanno a che
fare. Sono solo dei poveri idioti come Dominic, che credono di essere furbi e senza un soldo in tasca. Non per
questo però lui si farà qualche scrupolo, anzi. E’ quel genere di gentaglia che
odia di più.
<< Dominic mi deve dei soldi >> dice, secco.
<< Cosa?
>> boccheggia Todd, il padre. Continua a tenere la bottiglia in mano, ma
ha paura. Si vede dal suo sguardo.
<< Non lo
sapevate? >> chiede lo Scorpione, guardandoli.
Dalla loro faccia
si capisce che non sono a conoscenza del fatto che Dominic
abbia avuto che a fare con lui, e molto probabilmente non sanno nemmeno quanti
soldi gli avesse fregato…
<< Perché ti
deve dei soldi? >> chiede quello che doveva essere il fratello più
piccolo. Dovevano essercene altri due, ma forse non erano in casa.
<< Mi ha
chiesto un prestito per fare delle scommesse >> spiega lo Scorpione,
sempre più infastidito, << E non ho rivisto un centesimo di quello che
gli ho dato… Bé, sembra che Dominic se la sia data a
gambe, ora >>.
L’espressione che
si dipinge sui volti dei due è un misto di sorpresa, incomprensione e fastidio.
Si guardano un momento, come a valutare cosa avesse
appena detto, poi Todd ringhia: << Allora chiedili a lui. Noi non ti
diamo proprio niente >>.
William si produce
in un sorriso sardonico, per niente colpito dalla sua reazione. << Credo
non abbiate capito… Dominic
è scappato perché sa che lo ammazzo, se non mi ridà i miei soldi… E io li
rivoglio indietro adesso, chiaro? O da lui, o da voi >>.
Nel corridoio cala
il silenzio. I due non sanno che dire, e continuano a rimanere in piedi, uno
con la sua bottiglia di birra e l’altro con il telecomando. Gli appaiono
stupidi e ridicoli, e questo lo infastidisce ancora di più.
William decide di
rendere la sua minaccia più incisiva, e mette la mano in tasca per tirare fuori
la pistola. In quello stesso istante però sente una voce provenire dal piano di
sopra, leggermente soffocata.
<< Cosa succede? >>.
Sembra quella di
una donna. Un secondo dopo, in cima alle scale, compare una ragazza giovane,
che di sicuro non ha più di vent’anni, i capelli lunghi e morbidi di un bel
castano lucente e gli occhi da cerbiatta fissi su di loro, l’espressione seria.
Indossa un paio di jeans e una maglietta, però non riesce a nascondere il bel
fisico…
“E’ questa da dove arriva?” pensa William,
osservando incuriosito la ragazza. Non si sofferma più di tanto sul suo corpo,
come fa di solito, ma salta subito al viso dai tratti morbidi… E agli occhi.
<< Torna in
camera tua >> ordina secco Todd.
La ragazza scende
un paio di gradini ignorando l’ordine dell’uomo, gli occhi sempre più ridotti a
fessure. Il suo sguardo cade per due volte sulla pistola che tiene in mano,
conscia del pericolo che rappresenta… Deve essersi sicuramente accorta che
qualcosa non va.
<< Cosa succede, papà? >> chiede di nuovo. A quel punto è
ai piedi delle scale.
E’ chiaro che in
quel momento la persona più intelligente in quella casa è sicuramente lei;
William la guarda per un momento, sicuro che se qualcuno avrebbe compreso
appieno il senso della sua minaccia, quella era lei.
<< Dominic mi deve dei soldi >> dice, aspettandosi la
stessa reazione dei due.
Stranamente la
ragazza sembra non provare alcun che, e guarda nuovamente la pistola che ha in
mano. E’ incredibile come non mostri alcuna paura, e William ne rimane colpito.
E’ calma, sembra studiarli… Come se si fosse aspettata
quel genere di guai, da suo fratello.
<< Quanto ti
deve? >> chiede.
William si sofferma
sul volto di quella ragazza, senza riuscirne a quantificarne l’età. Sicuramente
è molto giovane, ma qualcosa nella sua espressione la rende più adulta. Per un
momento non è quasi sicuro di dover rispondere, ed è strano.
<< Un milione
di dollari >>.
La ragazza spalanca
gli occhi, forse credendo di aver capito male. Lo stesso fanno suo padre e suo
fratello.
<< Un… Un milione
di dollari? >> boccheggia la ragazza.
William si
avvicina, guardando solo lei. Gli sembra l’unica degna di attenzione, in quella
casa. Qualcosa lo spinge a guardarla più da vicino, a vedere bene la sua
espressione, ora decisamente preoccupata… Ha capito,
ha capito che sono nei guai, guai grossi.
<< Come ti
chiami? >> chiede lui, fissandola dall’alto in basso.
<< Irina
>>.
<< Bene,
Irina, mi sembra di capire che non sapete niente di quello che ha fatto tuo
fratello… >> dice William, << Forse è il caso che vi spieghi
qualcosa… >>.
Spazio Autrice
Allora, che dire
ragazzi? Il nostro Dimitri inizia a sciogliersi… Lo so che non lo è, ma io per certi
versi lo trovo tenero… Dai, dispiace anche a lui che a Irina le cose con Xander vadano male. Oppure non gli dispiace? Bé, qui dipende dai punti di vista… Voi cosa sperate?
Quanto a William,
come avete visto è stato costretto a scappare da
Londra il più in fretta possibile, ma gli è andata bene, perché è riuscito a
procurarsi la tanto desiderata Veyron… Notare la
freddezza con cui ha trattato la situazione.
Per il resto… I flahback hanno un senso, non li metto così. So che
potrebbero risultare inutili, ora, ma sono necessari
per comprendere quello che poi passerà nella testa di William più avanti. E poi
potrebbe essere interessante sapere come lui e Irina si sono
incontrati, no?
Danu: anche io adoro Dimitri… e se succederà qualcosa tra lui e
Irina, bisogna aspettare un po’ più avanti. Tu che dici? Grazie per la
recensione! Baci!
Marty89: eh, sì, Xander
ha perso qualche punto… Ma questo non vuol dire che non possa recuperarli. Tutto
a un tratto Irina si trasforma,
poveretto, è un po’ frastornato anche lui! Dimitri sì, al momento rappresenta
il “compagno” perfetto per Irina, e la sta aiutando… Per vedere gli sviluppi,
bisogna attendere però… Baci!
Dust_and_Diesel: figurati, non preoccuparti per le
recensioni. Quando hai tempo, scrivi, se no leggi
solo, tanto so che non ti perdi un cap! Tra
parentesi, la differenza di età tra Irina e Xander è
di cinque anni, anche se a volte sembra di più, a volte
sembra di meno! Lo so, Dimitri in questo momento è l’idolo di tutti, e ha un
fascino che purtroppo non lascia indifferenti… Forse nemmeno Irina? Thank you per il refuso, provvedo a correggere! Baci!