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Autore: Lhea    10/10/2010    3 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo XXIV

Capitolo XXIV

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.00 – Mosca, Casa di Dimitri

 

Irina si mosse appena, sentendo qualcosa che le solleticava il braccio con insistenza e delicatezza insieme. Grugnì qualcosa nella speranza che smettesse, perché stava dormendo troppo bene per volersi svegliare, ma alla fine fu costretta a sventolare la mano, gli occhi ancora chiusi, tentando di scacciare quello scocciatore…

 

Alle orecchie le arrivò una risatina sommessa, e infastidita si decise a far smettere chiunque fosse… Si girò, sentendo qualcosa sbattere contro la sua schiena… Però, non ricordava che il suo letto fosse così stretto…

 

Spalancò le palpebre, ricordando improvvisamente tutto, e si ritrovò Yana a pochi centimetri dal viso, gli occhi che la scrutavano divertiti, la manina sul suo braccio nel tentativo di svegliarla… Si mise a sedere di scatto e la coperta che aveva addosso cadde sul pavimento senza fare nessun rumore.

 

<< Yana! >> soffiò, imbarazzata, accecata dalla luce del lampadario, << Che fai qui? >>.

 

<< Lo zio mi ha promesso che mi comprava di nuovo uno di quei dolcetti che abbiamo preso l’altra volta al centro commerciale >> rispose la bambina tutto d’un fiato, gli occhietti illuminati, << Guarda! >>. Indicò il tavolino, dove c’era un vassoio di carta con alcune paste e delle brioches che avevano l’aria di essere appena state sfornate. << Ha detto però che una la devi prendere tu… Quale vuoi? >>.

 

<< Oh… >>. Irina si passò una mano tra i capelli, ancora confusa, e guardò il vassoio, cercando di riordinare le idee, << Ehm… Prenderei un cornetto, grazie… Però prima vado a vestirmi >>.

 

Si alzò sotto lo sguardo perplesso di Yana e raggiunse camera sua, pescando dall’armadio il primo paio di jeans e una maglia che trovò, e se li infilò in fretta, un po’ indolenzita. Doveva essersi addormentata sul divano e Dimitri non l’aveva svegliata… Che figura…

 

Filò in bagno a darsi una rinfrescata, poi tornò in soggiorno, dove Yana si stava mangiando uno dei grossi pasticcini con la panna, riempiendosi la faccia di crema. Si sedette di fianco a lei, indecisa se prendere parte o meno alla colazione… L’idea di aver appena fatto la figura della scema le aveva chiuso lo stomaco.

 

<< Dov’è Dimitri? >> chiese.

 

Yana si leccò un ditino. << Di sopra… >> rispose. Poi aggiunse, con l’aria di una vecchia saggia: << Hai visto quanto è bravo mio zio? >>. Ammiccò verso le brioches.

 

A Irina venne da sorridere per il tentativo della bambina di farle piacere a tutti i costi Dimitri; le fece una carezza sulla testolina e si alzò, andando in cucina per prepararsi un caffè, che invece trovò già pronto e caldo nella macchinetta… Opera di Dimitri anche quella, oppure fortunata coincidenza?

 

Mentre sorseggiava la sua tazza calda, assaporando la brioches che Yana insisteva nel volerle far mangiare, si ritrovò a sorridere da sola come un’ebete, con addosso la sensazione che Dimitri avesse intuito che la giornata precedente non si era conclusa nel migliore dei modi, e che stesse tentando in qualche modo di tirarle su il morale… Erano troppe coincidenze, per poter essere accettabili tutte insieme, no?

 

“Se fosse così, Vilena aveva ragione… Dimitri è più buono di quando sembri”.

 

Lasciò Yana a fare piazza pulita dei dolci che rimanevano e si diresse di sopra, certa di doverlo ringraziare, che lo avesse fatto con l’intento di tirarla su o meno. Salì le scale, ma sentì qualcuno che parlava in mansarda e si fermò, sperando di non interrompere nessuno… Forse c’era Emilian, e Yana non glielo aveva detto…

 

Una volta davanti alla porta socchiusa, indecisa se tornare indietro o aspettare, si accorse che Dimitri era al telefono, e non parlava in russo. La voce gli arrivava soffocata per via della porta, ma riuscì a cogliere il suo tono irritato e innervosito, come se avesse appena avuto una discussione. Sapeva di non dover origliare, ma qualcosa la spinse a rimanere lì, immobile come una statua, per capire cosa stava succedendo e se doveva preoccuparsi… Aveva imparato che non bisognava lasciare mia nulla al caso, anche se si trattava di qualcosa di poco importante.

 

<< … Finché non si avvicina a Mosca, la questione non esiste >> stava dicendo Dimitri, anche se dal tono sembrava considerare la cosa una scocciatura, << E anche se me lo ritrovassi faccia a faccia, per me non sarebbe un problema >>. Ci fu un’interruzione. << Questo lo so già >> riprese il russo, ora arrabbiato, << Cazzo, la situazione era già abbastanza complicata così, senza che voi dell’F.B.I…. Si, lo so. No, è naturale che non glielo dica… >>.

 

Dimitri rimase nuovamente in silenzio, e Irina si rese conto di essere appoggiata alla porta, completamente concentrata sulle sue parole… Non stava parlando con Emilian, ora era chiaro: molto probabilmente si trattava di McDonall… Ma per quale motivo discuteva con lui? Era successo qualcosa?

 

Il cervello di Irina si mise a pensare a tutte le ipotesi, ma l’unica cosa che fu in grado di capire era che era accaduto qualcosa che era in grado di innervosire anche Dimitri, solitamente impassibile… Che c’entrasse Xander, in qualche modo? Il suo cuore iniziò a battere più forte al solo pensiero…

 

<< Certo che terrò gli occhi aperti >> ringhiò Dimitri, << Lo sto facendo da quando sono qui, non ho bisogno che siate voi a dirmelo… Piuttosto, siete voi che non siete in grado di farlo… >>. Il Mastino sembrò fare una risata chiaramente per niente divertita. << Certo che non glielo dirò, so benissimo cosa comporterebbe… No, farò in modo che rimanga una cosa tra noi >>.

 

Dimitri tacque, e Irina sentì il tonfo del cellulare lasciato cadere sulla panca che teneva in soffitta… Dimitri aveva appena parlato con McDonall, di qualcosa che le stavano tenendo nascosto…

 

Spalancò la porta e vide Dimitri alzare di colpo lo sguardo, senza che nei suoi occhi grigi passasse nulla, nemmeno un accenno di rabbia. Si guardarono per un momento, poi Irina chiese, secca: << Che cos’è che non devo sapere? >>.

 

Credette che Dimitri si infuriasse nell’aver scoperto che aveva origliato, ma invece rimase di ghiaccio. La guardò con indifferenza, e recuperò l’asciugamano che aveva lasciato appoggiato alla sedia vuota.

 

<< Niente che ti riguardi >> rispose.

 

<< Allora di cosa stavi parlando con McDonall? >> ribatté lei.

 

<< Di qualcosa che non ha a che fare con te >> rispose Dimitri, continuando a rimanere molto simile a una statua.

 

Ci fu un altro istante di silenzio, poi Irina disse: << Invece sono sicura che mi riguardi >>.

 

Dimitri gettò di lato i guantoni che stavano sulla panca, e sbuffò, infastidito.

 

<< Anche se ti riguarda, al momento non è importante >> rispose, << Saperlo non cambierebbe la nostra missione. Servirebbe solo a distrarti, chiaro? Quindi non fare altre domande, tanto non parlerò >>. Le gettò un’occhiata eloquente, per farla desistere il prima possibile.

 

Preoccupata, Irina lo fissò. Doveva ammettere che la spiegazione al suo silenzio sulla faccenda la tranquillizzava un pochino: se aveva imparato a conoscerlo, Dimitri non si sarebbe fatto scrupoli a parlare, se fosse necessario. Se riteneva che non dovesse sapere, doveva esserci un motivo importante… Però lei continuava a essere preoccupata, e rimanere totalmente all’oscuro non l’avrebbe aiutata…

 

<< Voglio solo sapere se è successo qualcosa a qualcuno >> disse.

 

Dimitri fece un sorrisetto, come a dire “Sei sempre la solita”. << No, non è successo niente a nessuno >> rispose, << Tutti quelli che conosci stanno bene e non hanno alcun problema… E nemmeno noi, per il momento >>.

 

Irina si tranquillizzò. Se non glielo voleva dire, forse aveva un buon motivo per farlo… Era quello che voleva pensare. Magari riguardava solo lui e basta, e non poteva impicciarsi degli affari suoi…

 

<< Ok… >> sussurrò, << Spero solo che se sarà il caso, me lo dirai >>. Sorrise e indicò di sotto. << Grazie per la colazione… Anche da parte di Yana >>. Cambiare argomento poteva aiutarla ad accettare quella scelta di escluderla dalla faccenda, qualunque fosse.

 

Dimitri non si scompose, anche se era appena stata messa allo scoperto una sua parte gentile, che naturalmente voleva nascondere. << Non sai quanto possa essere insistente, certe volte… >> borbottò, come se quello giustificasse tutto.

 

Irina sorrise e si sedette di fianco a lui sulla panca, ormai abituata alla sua presenza ma soprattutto al suo carattere. Era ombroso, freddo, a volte scontroso, ma in fondo era buono, e lei aveva imparato ad apprezzarlo.

 

<< Hai mandato tu Yana a svegliarmi, per risparmiarmi l’ennesima figuraccia? >> chiese, quasi ridendo al ricordo di essere crollata sul divano molto probabilmente in una posizione ridicola.

 

Dimitri non sembrò capire, poi scosse il capo. Una delle ultime gocce di sudore rimaste dopo essere stato interrotto durante il suo allenamento gli scivolò lungo la nuca.

 

<< No. Veramente… Le avevo detto di non svegliarti >> rispose; poi aggiunse, un sopracciglio leggermente inarcato, << Saremmo stati in pace ancora per un po’… >>.

 

Le sue labbra si arricciarono in un sorriso, e Irina capì che la stava prendendo in giro. Sorrise a sua volta, ripensando a ciò che sua nipote aveva detto di lui.

 

<< Yana ha ragione: sei un bravo zio >> disse.

 

<< Non ci vuole molto >> ribatté Dimitri, ora di nuovo serio, << Una colazione a letto, e sono contenti tutti >>. Sembrava davvero convinto di non aver fatto chissà cosa, o forse voleva solo sminuire la portata del suo comportamento, come a dire che non sarebbe stata certo la regola…

 

Irina annuì e guardò il sacco da boxe appeso al soffitto, pensierosa. Sì, ci voleva poco a farla felice, l’unico che non lo capiva era Xander… Credeva che per il suo bene dovesse proteggerla da tutto e da tutti, tenerla in una campana di vetro come qualcosa che poteva facilmente rompersi… Forse una volta era stato così, quando si erano incontrati, quando era ancora prigioniera dei suoi stessi errori, ma adesso… Adesso non lo era più, adesso si sentiva abbastanza forte da non aver più bisogno di una stampella a cui appoggiarsi… Non voleva essere isolata in nome di una sofferenza che aveva patito…

 

Ma era chiaro, per Xander sarebbe sempre rimasta la ragazzina vittima di se stessa, incapace di guardarsi da sola, ancora prigioniera del suo passato, delle sue cicatrici… Per lui era quello, e si era preso l’impegno di salvarla, sempre e comunque, dovunque fosse stata. E forse ora sentiva il peso di quella sorta di promessa che aveva fatto a stesso, sentiva di essere legato a lei da qualcosa che non era solo amore… Forse era stanco di farle da spalla, di essere il suo angelo custode; lei non glielo aveva mai chiesto, e non voleva che lo fosse… Lo amava per quello che era, non percgè l’aveva salvata o perché continuava a salvarla…

 

Sapeva di essere cambiata, ma era qualcosa di sottile: era cambiato il suo modo di vivere e vedere le cose, di affrontare le paure… Ma rimaneva comunque la stessa, perché aveva sempre saputo di avere due facce: Irina e Fenice, che si nascondevano l’una dall’altra… Xander, invece, era cambiato con lei. Forse, con quella missione, si era reso conto che qualcosa nel loro rapporto non andava, che c’era una parte di lei non gli piaceva più… Qualcosa di nuovo che non accettava, perché lui la voleva uguale a come l’aveva conosciuta…

 

“Non si sente più libero, questa è la verità. Prima partiva, stava via qualche mese a rischiare la vita da qualche parte, e poi tornava, trovandomi pronta ad accoglierlo e con il desiderio di farmi stringere tra le sue braccia… Forse era la lontananza a rinnovare ogni volta i suoi sentimenti… Adesso non ci riesce più. La sua bambola non è più una bambola, e non è quello che vuole… Forse, forse sa meglio di me dove ci porterà tutta questa storia”.

 

Si alzò di scatto, riuscendo a fermare il corso dei suoi pensieri prima che la portassero in posti poco graditi. Fissò il sacco da boxe appeso al centro della stanza, sicura che doveva smettere di pensare, altrimenti si sarebbe ferita da sola…

 

<< Ok, insegnami a dare due pugni >> disse, stampandosi in faccia un sorriso finto nella speranza di non dare a vedere che era triste e preoccupata.

 

Dimitri la guardò inarcando un sopracciglio, come a valutare se ci fosse ancora con la testa. Sicuramente non aveva voglia di insegnarle, e doveva anche pensare che non fosse nemmeno in grado di imparare…

 

Infatti si alzò e le diede le spalle, iniziando a frugare dentro la panca senza rispondere. Alla fine si girò e le lanciò un paio di guantoni un po’ più piccoli dei suoi, e disse solo: << Mettiteli >>.

 

Irina li afferrò e sorrise. Il grande pregio di Dimitri era che non faceva domande, che non giudicava mai, anche in quel caso. Forse aveva intuito che il suo fosse solo un modo per distogliere i pensieri da Xander, o forse più semplicemente non voleva davvero sapere perché lo facesse, ma le fu grata per averle risparmiato una spiegazione.

 

Infilò i guantoni, senza curarsi del fatto che potesse sembrare o meno ridicola, e guardò Dimitri mentre faceva altrettanto.

 

<< In effetti, potrebbe tornarti utile, saper dare qualche pugno, visto il tuo talento nel cacciarti nei guai… >> commentò, gettandole una rapida occhiata.

 

<< Sì, potrebbe tornarmi utile >> disse Irina, << Ma per picchiare Xander quando mi fa arrabbiare… >>.

 

Riuscì a strappare un sorriso a Dimitri, che fece ondeggiare il sacco e lo colpì con un pugno secco, che avrebbe spezzato qualche osso a chiunque. Irina non si fece spaventare e gli fece cenno di farsi avanti.

 

<< Prima è meglio che ti insegni come si colpisce… >> commentò lui, a bassa voce, << Non voglio che tu riesca a farti male anche da sola… >>.

 

Se fino a un mese prima Irina non aveva nemmeno immaginato di potersi trovare davanti a un russo a tirare pugni a un sacco pieno di sabbia, ora scoprì che la cosa le piaceva. Forse era il fatto di fare un’enorme fatica, oppure semplicemente di essere concentrata su un unico obiettivo, ma lo trovò davvero… “rilassante”. Nel giro di mezz’ora scaricò tutta la tensione che aveva accumulato nell’ultimo periodo, e capì perché a Dimitri piacesse così tanto. Svuotava la mente e non faceva pensare ad altro.

 

A un certo punto arrivò Yana, che era rimasta di sotto fino a quel momento e aveva deciso di venire a curiosare. La faccia che fece strappò a Irina una risata difficile da nascondere, perché rimase di sasso di fronte a lei che cercava, davvero con scarsi risultati, di picchiare Dimitri, il suo adorato zio… Che per sua fortuna schivava i colpi, ma evitava anche di contrattaccare per non doverla portare dritta in ospedale con una commozione cerebrale…

 

<< Davvero, Irina, sei veramente negata >> disse alla fine lui, anche se sembrava divertito, << Non hai un briciolo di forza in quelle braccia… >>.

 

Irina si guardò i bicipiti e fece finta di gonfiarli con aria da dura, e Yana scoppiò a ridere. Dimitri le rivolse un’occhiata perplessa, come se la prendesse per matta, ma poi si aprì in un sorriso anche lui, e inspiegabilmente Irina si ritrovò a pensare che forse era quello il regalo più bello che potesse farle in quella giornata… Doveva meritarlo davvero, perché Dimitri non dava mai niente per scontato.

 

E a quel punto si chiese se forse le cose stavano cambiando, in tutti i sensi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00 – Londra, Casa di Richard

 

<< Quindi vuoi partire… >> disse Daniel, guardando William seduto sulla poltrona, la tv del soggiorno accesa senza che lui vi prestasse attenzione. Oltre le finestre, cadeva una pioggerellina leggera che si accordava bene con l’atmosfera rilassata della serata.

 

Lo Scorpione appoggiò i piedi sul tavolino. << Appena possibile >> rispose, << Sono stanco di stare qui senza fare niente… E in Russia potrei trovare il modo di riformare la Black List >>.

 

Daniel lo guardò. << Hai qualche amico da quelle parti? >> chiese.

 

<< Un amico no >> rispose William, ghignando, << Ma un possibile alleato sì… Lo chiamano Lince, da quelle parti, ed è qualcuno che potrebbe darmi l’aiuto di cui ho bisogno… >>.

 

<< Lince? >> fece Daniel, dubbioso, << Che nome è Lince? E’ un soprannome? >>.

 

<< Certo che lo è >> ribatté William, << Se si sapesse chi è veramente, non rimarrebbe vivo per più una giornata… >>.

 

<< E tu lo conosci? >>. Daniel sembrava molto interessato, ora.

 

William ghignò, ricordando i loro vari incontri. Certo che lo conosceva, avevano concluso un sacco di affari piuttosto interessanti… Ricordava anche che la Lince aveva mostrato un certa curiosità verso la Black List, e sembrava desiderare fare un giro dalle loro parti… Ma era passato del tempo, molto tempo, e le cose in Russia potevano essere cambiate… Sperava, almeno in quello, di avere fortuna.

 

<< Lo conosco, lo conosco >> disse, muovendo leggermente il capo, << Ma non vengo certo a dire a te di chi si tratta… >>.

 

Daniel assunse un’espressione infastidita, ma non proseguì oltre.

 

<< Hai trovato l’auto che ti avevo chiesto? >> aggiunse poi William, secco. Se voleva partire presto, doveva avere la macchina che gli serviva.

 

<< Non è facile trovare una Bugatti Veyron, nemmeno in questo covo di ricconi >> rispose Daniel, infastidito, << L’unico che sembra averla è quel Karl, ma non so se sia una buona idea mirare alla sua… >>.

 

Già, forse non poteva rubargli la macchina… Quel tizio poteva tornargli ancora utile, più avanti, non poteva farselo nemico. Gli aveva fornito la succosa notizia di Irina a Mosca, e grazie a lui aveva capito che la prima cosa che voleva fare era andare in Russia…

 

<< Vedi se trovi comunque qualcosa di abbastanza potente che possa fare al caso mio >> disse alla fine, ma non era felice di accontentarsi… Di solito non lo faceva.

 

Richard entrò in quel momento nella stanza, vestito di tutto punto e con l’espressione soddisfatta. Li guardò per un momento poi disse: << Karl ci ha invitati da lui… Se volete venire, siete i benvenuti >>.

 

William gli rivolse un’occhiata poco convinta: non lo allettava passare una serata in mezzo a quegli inglesi impomatati dall’aria snob, anche se avrebbero parlato di auto e corse clandestine… Oltretutto, non credeva che potesse tornargli utile stringere amicizia con loro.

 

<< In che locale? >> domandò, per capire se ne valeva la pena. In quel caso poteva bersi qualche drink in santa pace…

 

<< Nessun locale >> rispose Richard, << Andiamo da lui… Come sempre organizza un torneo di poker per una cerchia ristretta di amici… Niente di grosso, è solo per passare una serata che altrimenti rimarrebbe vuota >>.

 

Daniel gli gettò un’occhiata interessata.

 

<< Io ci vado >> disse, convinto.

 

William rivalutò l’opzione e decise di rischiare e uscire un po’, visto che ormai quelle quattro mura rischiavano di soffocarlo. Non amava particolarmente il gioco d’azzardo, ma poteva sempre fare una partita a poker e distrarsi un po’.

 

<< D’accordo, vengo anche io >>.

 

Si alzò e recuperò il suo pacchetto di sigarette semivuoto e lì seguì in silenzio, sperando che quegli inglesi non fossero tutti come Karl: per quanto gli fosse risultato utile, non gli piaceva. Lo trovava troppo “amicone”, quando in realtà si erano visti solo un paio di volte, e non gli era di suo gusto. Preferiva mantenere le distanze, con quel tipo.

 

Presero la Bentley, che decise di guidare personalmente e approfittare dell’uscita, e raggiunsero la casa di Karl, una villa non molto lontana da lì, in stile gotico e dall’aria vagamente sinistra. Una grande fontana circolare li attendeva davanti all’ingresso, con al centro la statua di un angelo nero… Sotto la pioggia sembrava stranamente viscida e minacciosa. Quel tizio aveva buon gusto in fatto di auto, ma non sembrava altrettanto per quando riguardava l’arredamento… William arricciò il labbro, pensando alla sua vecchia e stupenda casa a Los Angeles.

 

Nel piazzale erano parcheggiate in bella mostra diverse auto di lusso: un paio di Ferrari, una Lamborghini e una Aston Martin, tutte l’una di fianco all’altra. William parcheggiò la Bentley vicino alla Ferrari F430 rossa e scese insieme agli altri.

 

Una volta all’ingresso, vennero accolti da Karl in persona, che con voce gioviale li invitò a entrare. Come aveva immaginato William, l’interno della casa era sinistro quanto l’esterno, e per un momento ebbe la sensazione di trovarsi in una vecchia casa di fantasmi: gli arredamenti erano tutti in legno scurissimo, e c’erano decine di soprammobili in stile dark che gli ricordavano quelli che si vedevano nei templi abbandonati… Candelabri, strani monili d’argento e pietra, diversi diffusori per l’incenso occupavano lo spazio sopra il camino e i vari mobili vicino alle pareti, dando a tutto l’aria di qualcosa di vecchio e malsano.

 

 

<< Venite, sedetevi pure in soggiorno >> disse Karl, facendogli strada lungo il corridoio, << Vi stavamo aspettando per cominciare… Giochi a poker, Scorpione? >>.

 

<< Dipende da quanto partono le scommesse… >> rispose lui, evasivo. Non poteva giocarsi tutti i soldi che gli rimanevano e che gli sarebbero serviti nei giorni a venire…

 

“Fino a due anni fa non mi sarei mai preoccupato di una cosa del genere…” pensò con amarezza, rendendosi improvvisamente conto di quanto le cose fossero cambiate.

 

Karl ridacchiò. << Mille dollari a puntata >> rispose, << E quando vuoi puoi ritirati >>.

 

Daniel gli rivolse un’occhiata, come a dire: “ma io non ho mille dollari!”.

 

<< Cosa ti aspettavi, che si giocassero le caramelle? >> fece lo Scorpione, infastidito.

 

Il soggiorno era leggermente più luminoso del resto della casa, ed era stato approntato un tavolo rotondo con un panno verde per giocare a carte. Intorno c’erano seduti quattro inglesi dall’aria aristocratica, che sembravano avere la puzza sotto il naso. William capì che sarebbe stata una serata molto più noiosa di quanto avesse previsto, e si preparò a fare qualche partita a pocker con il solo scopo di non perdere tutti i suoi soldi. I quattro tizi gli vennero presentati, ma colse a malapena i loro nomi, visto che lo scarso interesse che provava nei loro confronti, e non si prese la briga di ricordarli. Si accomodò al tavolo, mentre Daniel, a corto di fondi, si sedette su una poltrona con aria offesa, e attese che gli venissero date le carte.

 

L’unico diversivo della serata fu l’ingresso di quella che doveva essere la cameriera con un vassoio di liquori e una gonna un po’ troppo corta per essere quella di una donna di solo servizio. Era una ragazza piuttosto carina, dai capelli biondi e l’espressione piuttosto smaliziata… Fu la prima cosa che William notò, e fece in modo di incontrare il suo sguardo alla prima occasione.

 

La ragazza tornò un paio di volte per riempire i bicchieri, e lo Scorpione giunse alla conclusione che, tra la partita a poker con quei manichini inglesi e la possibilità di guadagnare una sveltina con quella cameriera, preferiva la seconda prospettiva… Non tanto perché era carina, visto che l’avrebbe definita “accettabile” per i suoi standard, piuttosto perché gli avrebbe movimentato un po’ la serata, che era davvero monotona.

 

Quando si accorse che anche la cameriera sembrava ricambiare il suo interesse, decise di chiudere la partita e cambiare passatempo. Gli aveva lanciato un’occhiata languida, come se anche lei trovasse noiosa quella serata.

 

<< Io mi fermo >> disse alla fine, dopo aver perso fortunatamente solo duemila dollari. Gli inglesi gli rivolsero un’occhiata sprezzante, come se lo considerassero un pezzente… Li ignorò e chiese dove fosse il bagno, tutta una scusa per incrociare di nuovo la cameriera. Daniel doveva aver intuito le sue intenzioni, perché gli rivolse un sorrisetto complice.

 

Tornò nel corridoio e lo percorse fino in fondo, per ritrovarsi davanti a una scala che portava di sopra. Ebbe la tentazione di salire, poi tornò indietro di qualche passo e trovò la porta della cucina…

 

La cameriera era china e stava frugando dentro un mobile della cucina, forse in cerca di qualche stoviglia, e William rimase a fissare il suo fondoschiena, anche se incredibilmente il suo pensiero finì su un’altra persona che stava a decine di migliaia di chilometri di distanza… Scosse il capo, cercando di non distrarsi con altre ragazze che non fosse quella che aveva a disposizione.

 

<< Sei sprecata a fare la cameriera di un vecchio come Karl >> disse, giocando l’arma della lusinga. Anche se aveva la netta sensazione che quella tipa non avrebbe fatto troppo la difficile.

 

La ragazza si immobilizzò di colpo, e rimase per qualche secondo di spalle. Poi si voltò e lo guardò con un sorrisetto ironico.

 

<< In effetti, il mio capo ha prestazioni piuttosto deludenti >> ribatté, maliziosa.

 

William entrò nella cucina e la squadrò da capo a piedi, senza che lei avesse alcuna reazione. Ci sarebbe stata, era chiaro, glielo leggeva in faccia.

 

<< Sei qui perché vuoi qualcos’altro da bere? >> chiese lei, tranquilla.

 

<< No >>.

 

Lei scoppiò a ridere, perché chiaramente aveva capito cosa aveva in mente. Gli si avvicinò con aria dolce e gli passò un dito sul mento, sensuale.

 

“Mi piacciono quando prendono l’iniziativa…”.

 

<< Mi dicono che sei appena scappato dal carcere… >> sussurrò lei, << Deve essere dura, senza nessuna ragazza… >>.

 

William sorrise. Non gli interessava il suo nome, né quanti anni avesse, né da dove venisse: voleva solo ottenere in fretta quello che voleva, ed era disposto a stare al gioco. Gli serviva solo come passatempo, come distrazione, e non se ne vergognava… Non si vergognava di dire che il sesso gli era mancato, e non si vergognava di ammettere che stava solo per usarla.

 

<< Non sai quanto… >> disse.

 

Lo sguardo gli cadde sul collo della ragazza, per poi scendere superando il ciondolo a forma di cuore che le brillava sul petto… Aveva un buon profumo, stranamente dolce per una tipa come lei… Anche se non era bella come le altre con cui era stato, era pur sempre una donna.

 

Qualcosa però lo spinse a tornare su, a fissare il gioiello. Era strano, sembrava molto più pesante di un semplice ciondolo d’argento… La collana era tesa, tirata fino in fondo, con il ciondolo che sfiorava il solco tra i seni…

 

William aggrottò per un momento le sopracciglia, mentre qualcosa nella tua testa iniziava a lavorare… Da quando era uscito dal carcere, aveva imparato a fare attenzione a ogni dettaglio, perché dietro il più piccolo errore poteva nascondersi una trappola che l’avrebbe riportato in carcere… E in quella collana c’era qualcosa di strano, se lo sentiva.

 

<< Sai, credo che quei vecchi bacucchi saranno occupati ancora però un po’, di là… >> sussurrò la ragazza, attirandolo verso di sé.

 

William lasciò che lo baciasse, trovando stranamente disgustose quelle labbra che all’apparenza gli erano sembrate morbide e setose… La spinse verso il tavolo, le mani sui suoi fianchi, cercando quello che aveva intuito potesse esserci sotto i suoi vestiti… La ragazza per un momento tentò di prendergli i polsi…

 

Poi le sentì, dure e fredde sotto la camicetta…

 

Manette.

 

La ragazza non diede segno di essersi accorta che lui avesse capito, perché ora gli stringeva i polsi portandoli verso il suo ventre, per invitarlo a stenderla sul tavolo… Lui lo fece, con la testa che lavorava a mille, cercando di capire cosa potesse significare tutto quello… Una volta sopra di lei, però, si fermò. La guardò in faccia, capendo perché c’era qualcosa in lei che non gli piaceva… Le afferrò le mani e sorrise, impedendole di muoversi.

 

<< Che cos’hai nascosto lì sotto? >> chiese.

 

La poliziotta sorrise maliziosa, credendo che lui si riferisse a qualcosa che faceva parte del suo corpo… Quello per cui erano finiti su quel tavolo…

 

<< Se vuoi te lo faccio vedere… >> sussurrò in risposta.

 

William portò la sua faccia a dieci centimetri dalla sua, poi mormorò: << Credevi di fregarmi, poliziotta? >>.

 

La ragazza impietrì di colpo, e rimase immobile a fissarlo. William sorrise sentendo che il suo cuore accelerava per la paura. Sapeva che aveva capito in che guai si trovava ora, che aveva miseramente fallito il tentativo di fregarlo…

 

Poteva approfittarne, poteva continuare lo stesso senza che lei volesse, poteva farle quello che aveva fatto a Irina, ma qualcosa lo bloccava. O meglio, qualcosa non scattava nella sua testa, come succedeva con la sua Fenice. Anzi, forse ora quella ragazza lo disgustava pure, aveva perso qualsiasi attrattiva… Non la voleva, non gli interessava il suo corpo…

 

<< La casa è circondata >> disse lei, come se quello bastasse a difenderla, << Non puoi scappare >>.

 

La ragazza si divincolò, cercando forse di tirare fuori una pistola, ma William la tenne stretta e le sfilò le manette da sotto la camicia. Gli ci volle un attimo per legarla alla gamba del tavolo, senza curarsi di farla cadere a terra. Improvvisamente sentì la rabbia montargli addosso, rendendolo freddo e cinico come quando si infuriava in quel modo. Tirò fuori la sua pistola e la guardò, gelido.

 

Chiunque l’avesse mandata, di sicuro dietro c’era l’F.B.I., e di sicuro lei era in contatto con loro. Si abbassò e le strappò di dosso il ciondolo… Lo girò ed ebbe la conferma che si trattava di un microfono.

 

Si rese improvvisamente conto che gli sbirri avevano seguito le sue mosse, che avevano aspettato prima di tendergli una trappola, e poi lo avevano fatto sfruttando una sua debolezza, la stessa che lo aveva fatto rinchiudere la prima volta…

 

Andò su tutte le furie, e imprecò ad alta voce, facendo qualche passo per la stanza, mentre la ragazza si divincolava cercando invano di liberarsi. Come avevano osato cercare di catturarlo in quel modo?

 

Si sentiva ridicolo, e questo lo mandava ancora di più in bestia. Non si sarebbe fatto prendere, mai e poi mai… Non in quel modo stupido.

 

Strinse il microfono nella mano e guardò la ragazza, che tremava. La odiava per quello che aveva cercato di fare, e non sarebbe mai più dovuto accadere. Non gli interessava che fosse una donna, che fosse legata e indifesa… Aveva cercato di fregarlo in un modo che lui riteneva subdolo e inaccettabile, e doveva dimostrare che nessun’altro poteva azzardarsi a farlo.

 

Tolse la sicura alla pistola e contemporaneamente portò il microfono vicino alla bocca. Gli occhi della poliziotta si spalancarono, mentre puntava la pistola su di lei.

 

<< Non mi avrete mai vivo. Questa è una promessa >>.

 

Poi sparò.

 

Il rumore secco dello sparo riverberò per qualche istante nella stanza, che poi cadde nel più assoluto silenzio. William abbassò la mano con la pistola e non indugiò nemmeno per un momento sul cadavere della ragazza, perché mai come in quel momento non gli era importato di chi era stata la sua vittima… Doveva scappare il più in fretta possibile, e non si sarebbe fermato a pensare.

 

Gettò il ciondolo a terra e corse fuori dalla stanza, chiedendosi se quella fosse una trappola messa in atto con l’aiuto di Karl oppure se lui non centrava niente… Non poteva essere tutta una coincidenza il fatto che gli sbirri avessero organizzato la sua cattura proprio quando lui usciva per la prima volta da diversi giorni… Forse centrava anche Richard… Ormai non si sarebbe sorpreso più di nulla, visto quello che gli era successo.

 

Tolse la sicura alla pistola e fece irruzione nel soggiorno, pronto a trovarsi di fronte una emzza dozzina di poliziotti. Invece per fortuna gli inglesi stavano ancora giocando a carte, tranquilli; solo Karl diede segno di irrequietezza.

 

William lo fissò per un momento, e gli ci volle un secondo per capire che c’era di mezzo anche lui… Li aveva fregati tutti quanti.

 

Un altro proiettile partì dalla sua pistola, e si conficcò nel pezzo dell’inglese, facendolo stramazzare al suolo, privo di vita. Nessuno si mosse, nessuno osò rispondere al fuoco, e William digrignò i denti, infuriato.

 

<< La casa è circondata dagli sbirri! Andiamocene! >>.

 

Richard scattò in piedi, Daniel anche, mentre gli altri quattro rimasero impietriti. Uno di loro corse alla finestra, dove baluginarono i lampeggianti delle volanti…

 

<< Cazzo! >>.

 

Richard andò dritto verso una cassapanca all’angolo del soggiorno, scavalcando rapidamente il cadavere di Karl, e la spalancò, rivelando una dozzina di pistole. Le lanciò rapidamente a tutti, poi chiese: << Cosa è successo? >>.

 

<< La cameriera era una poliziotta >> rispose William, << E Karl era con loro >>.

 

Guardò Daniel, e aggiunse: << Dobbiamo andarcene. Saranno dentro in un paio di minuti >>.

 

Doveva raggiungere l’auto parcheggiata fuori, ma con una rapida occhiata al piazzale si rese conto che era impossibile. Le auto della polizia erano fuori, a presidiarli, ed erano molto più armati di lui.

 

Dove procurarsi un’altra macchina senza dover uscire fuori?

 

<< Dov’è il garage? >> domandò.

 

<< In fondo al corridoio, prendi le scale che scendono di sotto… >> rispose Richard, << Cosa vuoi fare? >>.

 

William strinse la pistola. << Pensare a me stesso >> rispose.

 

Sotto c’era la Bugatti, e la Bugatti aveva solo due posti… O Daniel, o Richard.

 

<< Daniel, con me! >> gridò, mentre il ragazzo lo raggiungeva. << Grazie dell’ospitalità >> aggiunse, rivolto all’inglese, << Ma non sono tanto sicuro che tu non centri nulla, con questa storia… E in ogni caso, hai abbastanza soldi per pagarti la cauzione >>.

 

Uscì nel corridoio, lasciando Richard e gli inglesi al loro destino, e seguito a ruota da Daniel raggiunse la scale. In quello stesso istante la porta dell’ingresso venne sfondata, e tre poliziotti fecero irruzione, la pistola in pugno.

 

<< Fermi! Mani in alto! >>.

 

La dita di William premettero il grilletto senza nemmeno prendere la mira, e forse fu solo la determinazione a fare in modo che colpisse il braccio di uno degli uomini, facendolo a cadere a terra. Afferrò Daniel per un braccio e prese le scale che portavano di sotto, sentendo i proiettili fischiare a pochi centimetri da lui…

 

<< Challagher, fermati e non ti spareremo! >>. La voce di un poliziotto gli arrivò dritta nelle orecchie, ma lui la ignorò. Sentì i passi rimbombare lungo la tromba delle scale, il trambusto degli sbirri che li inseguivano…

 

Si ritrovarono davanti una porta, e lui la spalancò, fiondandosi dentro. Il garage era piccolo e scarsamente illuminato, ma vide subito cosa gli interessava, quello che poteva aiutarlo nella fuga…

 

La Bugatti Veyron era parcheggiata in fondo, dopo due Bentley dall’aria trascurata, aspettando solo lui.

 

Spinse Daniel in avanti, gettando un’occhiata indetro.

 

<< Cerca le chiavi della Bugatti! >> ordinò, piazzandosi dietro una delle due Bentley.

 

Un proiettile si conficcò nel vetro della macchina, sparato da uno dei poliziotti fermi sull’uscio. Rispose al fuoco, facendosi scudo con la carrozzeria dell’auto, mirando alla testa.

 

Uno dei poliziotti venne colpito in fronte, e stramazzò addosso a quelli dietro di lui, che furono costretti a spostarlo. William continuò a sparare, finché non finì i proiettili. Gettò di lato la pistola e tirò fuori l’altra, riprendendo il fuoco.

 

<< Trovate! >> gridò Daniel.

 

I vetri della Bentley esplosero in mille pezzi proprio in quel momento, e William si coprì la faccia con il braccio. Schegge di vetro gli penetrarono nella carne, dandogli però una scarica di adrenalina che lo spinse a infilarsi dentro la Bugatti, ora aperta, sfidando il fuoco degli sbirri…

 

Si sedette al posto di guida, mentre Daniel si catapultava dall’altra parte. Girò le chiavi dentro il quadro e premette l’acceleratore…

 

Uno dei proiettili infranse il vetro posteriore della Veyron, mentre dallo specchietto retrovisore vedeva gli sbirri entrare nel garage e mirare alle gomme…

 

Scartò di lato, imboccando la rampa che portava di sopra, il braccio dolorante per via delle schegge…

 

La Bugatti risalì senza esitazioni, portandoli nel giardino invaso dalle auto della polizia… Decine, ovunque, con i poliziotti pronti a fare fuoco su di lui, pronti a fermarlo…

 

Gli occhi di William si fissarono sul cancello in ferro battuto che li separava dalla strada, senza vedere tutto il resto… Era lì che doveva andare, se voleva sperare di rimanere libero…

 

<< Ci spareranno addosso! >> gridò Daniel.

 

Se quello era il prezzo da pagare per mantenere la sua libertà, avrebbe pagato, avrebbe rischiato. Non sarebbe tornato in cella, mai…

 

Il piede di William affondò sull’acceleratore, le ruote che pattinavano sull’asfalto umido, l’adrenalina che gli si riversava nelle vene… Rischio o no, lui sarebbe rimasto libero.

 

La Bugatti schizzò in avanti, dritta, senza esitazioni, il rombo del motore un ruggito selvaggio, mentre gli sbirri aprivano il fuoco, i proiettili che si conficcavano nella carrozzeria e lui guardava solo dritto, senza vedere altro che quella strada che lo avrebbe reso di nuovo libero…

 

Con un rumore metallico, la Bugatti sfondò il cancello, accartocciandolo su se stesso e lo scaraventò in avanti, aprendosi la via di fuga a forza, come un toro imbizzarrito… Il vetro anteriore dell’auto si crepò per l’impatto, mentre la cancellata di ferro volava lontano, con un clangore assordante, atterrando in mezzo alla strada bagnata e illuminata dai lampioni…

 

William strinse il volante, Daniel gridò, e la Veyron sbandò di lato, quasi senza controllo… Le ruote scivolarono sull’asfalto umido, poi la Bugatti tornò dritta e William infilò la strada rapidissima, senza esitazioni, con il cuore che batteva all’impazzata e un ghigno dipinto sul volto…

 

“Non mi avranno mai. E’ una promessa”.

 

Affondò il piede sull’acceleratore, e guardò nello specchietto retrovisore: la sua fuga era stata troppo spettacolare per dare il tempo agli sbirri di capire quello che stava succedendo… Non sarebbero riusciti a prenderlo, questa volta.

 

Quando la prima volante si gettò al suo inseguimento, lui ormai era già sparito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quattro anni e mezzo prima – Los Angeles

 

La casa di Dominic è la classica villetta dimessa e poco appariscente della periferia di Los Angeles, trascurata in alcuni punti e per niente lussuosa. Il garage chiuso nasconde forse la vecchia Ford Mustang del ragazzo, quella che ha usato per partecipare a qualche gara clandestina, con scarsi risultati.

 

William getta il mozzicone a terra, sul prato ingiallito, e raggiunge la porta d’ingresso, seguito da Dimitri. Non si era aspettato di più, dalla casa di Dominic, e altrettanto poco si aspettava dalla sua famiglia. Dovevano essere più o meno simili a lui, visto che tipo era.

 

<< Molto probabilmente non otterremo niente, lo sai >> disse Dimitri a bassa voce, guardando il giardino con disprezzo.

 

<< Lo so… Ma vediamo prima con chi abbiamo a che fare, poi decidiamo se prendercela con loro oppure se farci dire dove si nasconde Dominic… Sicuramente lo sanno >>.

 

William bussa alla porta, e aspetta che vengano ad aprire. E’ tranquillo; minacciare per lui non è mai stato un problema, soprattutto la gente che ha cercato di fregarlo e che gli deve dei soldi. Sa esattamente come muoversi, cosa dire e cosa fare… E la presenza di ghiaccio di Dimitri aiuta a far capire che non scherza.

 

Poco dopo, si ritrova davanti un uomo grasso, gli occhi piccoli e acquosi e l’espressione poco intelligente. Tiene in mano una bottiglia di birra, e non sembra proprio lucido, da come lo guarda.

 

<< Cosa vuoi? >> ringhia, sporgendosi in avanti.

 

William lo squadra da capo a piedi, disgustato. Ora che vede il padre di Dominic, capisce da dove il ragazzo ha preso tutte le sue abitudini. Quel tizio doveva appena essersi alzato dal letto, e la prima cosa che faceva era ubriacarsi…

 

<< Sono qui per Dominic >> risponde lo Scorpione, sprezzante.

 

<< Chi sei? >> chiede l’uomo, sputando un po’ di saliva.

 

<< William Challagher >>.

 

Al sentire pronunciare quel nome, l’uomo sbianca. Fa un passo indietro, la bottiglia ancora precariamente in mano, senza dire niente. Nonostante l’alcool, ha capito chi ha davanti. William ghigna di fronte al suo timore.

 

<< Cosa vuoi? >> domanda l’uomo, anche se la sua voce ha un’inflessione che non è dovuta alla sbronza.

 

<< Facci entrare >> dice William infastidito, mettendo piede in casa senza aspettare il suo invito. Dimitri lo segue e chiude la porta alle sue spalle. L’uomo non protesta, non ne ha il coraggio.

 

William getta un’occhiata intorno, incuriosito. La casa, come l’esterno, è povera e dimessa, ma meno trascurata. Anche se c’è molto disordine, sembra pulita, non proprio abbandonata a stessa come si era aspettato. La tv accesa in soggiorno trasmettere il telegiornale a un volume eccessivamente alto.

 

<< Chi è che rompe a quest’ora? >> sbotta qualcuno.

 

Un ragazzo sbuca nel corridoio e li fissa in cagnesco, il telecomando in mano. Anche lui non sembra riconoscerlo all’inizio, e dalla sua smorfia traspare tutto il suo fastidio per quella visita.

 

William scambia un’occhiata con Dimitri: entrambi hanno capito con chi hanno a che fare. Sono solo dei poveri idioti come Dominic, che credono di essere furbi e senza un soldo in tasca. Non per questo però lui si farà qualche scrupolo, anzi. E’ quel genere di gentaglia che odia di più.

 

<< Dominic mi deve dei soldi >> dice, secco.

 

<< Cosa? >> boccheggia Todd, il padre. Continua a tenere la bottiglia in mano, ma ha paura. Si vede dal suo sguardo.

 

<< Non lo sapevate? >> chiede lo Scorpione, guardandoli.

 

Dalla loro faccia si capisce che non sono a conoscenza del fatto che Dominic abbia avuto che a fare con lui, e molto probabilmente non sanno nemmeno quanti soldi gli avesse fregato…

 

<< Perché ti deve dei soldi? >> chiede quello che doveva essere il fratello più piccolo. Dovevano essercene altri due, ma forse non erano in casa.

 

<< Mi ha chiesto un prestito per fare delle scommesse >> spiega lo Scorpione, sempre più infastidito, << E non ho rivisto un centesimo di quello che gli ho dato… Bé, sembra che Dominic se la sia data a gambe, ora >>.

 

L’espressione che si dipinge sui volti dei due è un misto di sorpresa, incomprensione e fastidio. Si guardano un momento, come a valutare cosa avesse appena detto, poi Todd ringhia: << Allora chiedili a lui. Noi non ti diamo proprio niente >>.

 

William si produce in un sorriso sardonico, per niente colpito dalla sua reazione. << Credo non abbiate capito… Dominic è scappato perché sa che lo ammazzo, se non mi ridà i miei soldi… E io li rivoglio indietro adesso, chiaro? O da lui, o da voi >>.

 

Nel corridoio cala il silenzio. I due non sanno che dire, e continuano a rimanere in piedi, uno con la sua bottiglia di birra e l’altro con il telecomando. Gli appaiono stupidi e ridicoli, e questo lo infastidisce ancora di più.

 

William decide di rendere la sua minaccia più incisiva, e mette la mano in tasca per tirare fuori la pistola. In quello stesso istante però sente una voce provenire dal piano di sopra, leggermente soffocata.

 

<< Cosa succede? >>.

 

Sembra quella di una donna. Un secondo dopo, in cima alle scale, compare una ragazza giovane, che di sicuro non ha più di vent’anni, i capelli lunghi e morbidi di un bel castano lucente e gli occhi da cerbiatta fissi su di loro, l’espressione seria. Indossa un paio di jeans e una maglietta, però non riesce a nascondere il bel fisico…

 

“E’ questa da dove arriva?” pensa William, osservando incuriosito la ragazza. Non si sofferma più di tanto sul suo corpo, come fa di solito, ma salta subito al viso dai tratti morbidi… E agli occhi.

 

<< Torna in camera tua >> ordina secco Todd.

 

La ragazza scende un paio di gradini ignorando l’ordine dell’uomo, gli occhi sempre più ridotti a fessure. Il suo sguardo cade per due volte sulla pistola che tiene in mano, conscia del pericolo che rappresenta… Deve essersi sicuramente accorta che qualcosa non va.

 

<< Cosa succede, papà? >> chiede di nuovo. A quel punto è ai piedi delle scale.

 

E’ chiaro che in quel momento la persona più intelligente in quella casa è sicuramente lei; William la guarda per un momento, sicuro che se qualcuno avrebbe compreso appieno il senso della sua minaccia, quella era lei.

 

<< Dominic mi deve dei soldi >> dice, aspettandosi la stessa reazione dei due.

 

Stranamente la ragazza sembra non provare alcun che, e guarda nuovamente la pistola che ha in mano. E’ incredibile come non mostri alcuna paura, e William ne rimane colpito. E’ calma, sembra studiarli… Come se si fosse aspettata quel genere di guai, da suo fratello.

 

<< Quanto ti deve? >> chiede.

 

William si sofferma sul volto di quella ragazza, senza riuscirne a quantificarne l’età. Sicuramente è molto giovane, ma qualcosa nella sua espressione la rende più adulta. Per un momento non è quasi sicuro di dover rispondere, ed è strano.

 

<< Un milione di dollari >>.

 

La ragazza spalanca gli occhi, forse credendo di aver capito male. Lo stesso fanno suo padre e suo fratello.

 

<< Un… Un milione di dollari? >> boccheggia la ragazza.

 

William si avvicina, guardando solo lei. Gli sembra l’unica degna di attenzione, in quella casa. Qualcosa lo spinge a guardarla più da vicino, a vedere bene la sua espressione, ora decisamente preoccupata… Ha capito, ha capito che sono nei guai, guai grossi.

 

<< Come ti chiami? >> chiede lui, fissandola dall’alto in basso.

 

<< Irina >>.

 

<< Bene, Irina, mi sembra di capire che non sapete niente di quello che ha fatto tuo fratello… >> dice William, << Forse è il caso che vi spieghi qualcosa… >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allora, che dire ragazzi? Il nostro Dimitri inizia a sciogliersi… Lo so che non lo è, ma io per certi versi lo trovo tenero… Dai, dispiace anche a lui che a Irina le cose con Xander vadano male. Oppure non gli dispiace? Bé, qui dipende dai punti di vista… Voi cosa sperate?

Quanto a William, come avete visto è stato costretto a scappare da Londra il più in fretta possibile, ma gli è andata bene, perché è riuscito a procurarsi la tanto desiderata Veyron… Notare la freddezza con cui ha trattato la situazione.

Per il resto… I flahback hanno un senso, non li metto così. So che potrebbero risultare inutili, ora, ma sono necessari per comprendere quello che poi passerà nella testa di William più avanti. E poi potrebbe essere interessante sapere come lui e Irina si sono incontrati, no?

 

Danu: anche io adoro Dimitri… e se succederà qualcosa tra lui e Irina, bisogna aspettare un po’ più avanti. Tu che dici? Grazie per la recensione! Baci!

 

Marty89: eh, sì, Xander ha perso qualche punto… Ma questo non vuol dire che non possa recuperarli. Tutto a un  tratto Irina si trasforma, poveretto, è un po’ frastornato anche lui! Dimitri sì, al momento rappresenta il “compagno” perfetto per Irina, e la sta aiutando… Per vedere gli sviluppi, bisogna attendere però… Baci!

 

Dust_and_Diesel: figurati, non preoccuparti per le recensioni. Quando hai tempo, scrivi, se no leggi solo, tanto so che non ti perdi un cap! Tra parentesi, la differenza di età tra Irina e Xander è di cinque anni, anche se a volte sembra di più, a volte sembra di meno! Lo so, Dimitri in questo momento è l’idolo di tutti, e ha un fascino che purtroppo non lascia indifferenti… Forse nemmeno Irina? Thank you per il refuso, provvedo a correggere! Baci!

 

 

 

 

 

 

 

  
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