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Autore: CieloSenzaLuna    11/10/2010    2 recensioni
Siamo pedine di un oscuro, infinito gioco. E siamo i cattivi.
Sono Kima Vilvet. Ho quattordici anni e i capelli rossi.
La vita è cattiva con me, ed io imparerò a domarla.
Sono cresciuta nella superstizione, quando io ero superstizione.
Ignorance. Perchè c'è qualcosa che Kima non sa.
Ignorance. Perchè c'è qualcosa che noi non sappiamo.
Genere: Avventura, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OTTO – LA CACCIA E' APERTA
Il rapporto tra me ed Elah cominciava a migliorare, i giorni passavano tranquilli, a casa e nella foresta, dove ormai trascorrevo la maggior parte della giornata, lasciando mia madre a leggere i suoi libri d’infanzia.
Da quando avevamo ripreso a parlarci, la vedevo molto più serena, vogliosa di godersi al massimo i nostri ultimi momenti insieme. Sapeva benissimo che non l’avrei abbandonata, glielo spiegai molte volte, ma era allo stesso tempo cosciente che non sarei tornata presto e l’avrei lasciata sola per qualche tempo.

Tante domande mi passavano per la testa, ma credevo che il tempo mi avrebbe dato le risposte che cercavo, che avrei imparato molto.

Ormai il fuoco faceva parte della mia vita, riuscivo a maneggiare con tranquillità piccole fiamme, a controllare il calore che mi trasmettevano. Stavo attenta a non starci troppo a contatto; Elah mi aveva spiegato che avrei potuto rischiare di bruciarmi. Era per questo che alcune streghe erano morte sul rogo, in passato: il fuoco era un amico, ma poteva farci anche del male, forse non intenzionalmente. Troppo tempo tra le braci roventi avrebbe potuto esserci letale.
Tutte le sere andavo a fare un giro nella foresta, seguita da una piccola sfera di fuoco modellata da me, che mi rischiarava il cammino. Ogni volta mi convincevo sempre di più che la mia vita era lì, nella natura, e il mio dono –o maledizione, a detta delle persone del villaggio, compresa mia madre-, mi avrebbe aiutata, mi sarebbe stato molto utile, in futuro.

Quando la luce veniva a mancare, di notte, di ritorno dai miei giri, mi recavo in camera di mia madre, prendevo con me alcuni vecchi album di fotografie dai suoi cassetti e li portavo nella mia stanza. Una fiammella accesa sull’indice mi faceva luce nell’ombra buia della notte che avvolgeva ogni cosa. Sfogliando quelle pagine piene zeppe di ritagli di giornale, appunti, fotografie, frasi di canzoni o poesie, cartoline e ricette culinarie, cercavo di vedere coi miei occhi quella che era stata la vita di mia madre, una volta. Trovavo alcune immagini che rappresentavano lei, nonna e un altro uomo, molto probabilmente mio nonno, in una gita in barca o sulle strade di una città punteggiata da alti grattacieli e automobili moderne.
Ciò che osservavo in quelle notti solitarie a lume “di candela” era un altro mondo. Nel nostro villaggio la gente era legata in modo impressionante alle tradizioni, viveva nel passato, lavorava i campi a mano e si nutriva quasi unicamente di quello che gli animali e la terra donavano loro. Stessa cosa noi; in cortile avevamo una decina di galline, andavamo al mercato a prendere il latte o a barattare le nostre uova per altri alimenti.
Era per questo che quelle pagine mi affascinavano; rappresentavano qualcosa di sconosciuto, per me, uno spettacolo di magia a cui non avevo mai potuto assistere. Certo, al villaggio avevamo luce e acqua corrente, così come un telefono per ogni casa, radio e anche un piccolo televisore, ma tutto era completamente diverso da quello che c’era lì fuori; eravamo isolati dal mondo, rinchiusi in una bolla trasparente che poteva essere attraversata, volendo. Il fatto è che nessuno superava mai quel limite.



<< Puoi spostarti molto più velocemente di così >>, mi disse un pomeriggio arioso Elah, la voce, mentre correvo tra campi di riso e barbabietole dolci.
<< Che intendi? >>, ansimai, esausta. Lei sbuffò.

<< Proprio non hai fantasia, tu, eh? >>
<< A quanto pare no >> le risposi, alzando le spalle. Tra noi, spesso era un battibecco continuo, ma sapevamo benissimo entrambe che c’era anche del vero affetto. << Che dice la creativa? >>
<< Sapevi che è il vento ad alzare e spingere le fiamme, negli incendi? >>
<< E con ciò? >>
<< Se tu fossi fuoco, l’aria ti farebbe aumentare velocità >>.
Rimasi sbalordita dalla sua affermazione, anche se ormai non avrei più dovuto meravigliarmi di nulla. Mi immaginai come un’enorme palla di fuoco che scivolava sulla terra, tra le colline. Elah osservò attentamente l’immagine che si formò nella mia mente, poi commentò la cosa ridendo.
<< Io ce la metto tutta, ma sembra che ogni volta sia un buco nell’acqua >>, scherzai.

<< D’accordo, vedo che qua le cose non vanno avanti, senza di me. Allora. Oggi direi che c’è abbastanza vento >>, commentò, mentre una folata d’aria fredda si abbatteva sul mio corpo coperto. << Prima di tutto, accendi un fuoco sulla tua mano. Ormai saprai già come fare, no? >>
<< Certo che sì. Non sono così incapace come credi, sai? >>
Nonostante il clima freddo di quell’autunno, non portavo guanti. Tenevo le mani nelle tasche del giaccone pesante, aperto e poco femminile che mi toccava le ginocchia, davanti e dietro. Nelle tasche, due minuscole fiammelle, grandi quanto un’unghia, bastavano a riscaldarmi.
Durante il giorno evitavo di mostrarmi alle prese col fuoco, quindi cercavo dei luoghi in cui avessi potuto esercitarmi senza essere vista. In quel momento mi trovavo dietro una collinetta lontana dal villaggio. I contadini avevano appena finito di arare i campi e non si sarebbero più mossi da casa fino al mattino presto del giorno dopo.
Tolsi le dita dalle tasche, mentre le piccole fiammelle che ne erano ancora all’interno si spegnevano da sole. Unii le mani in una coppa e proprio nel centro vi accesi un fuocherello rosso e giallo, scintillante come una stella vista da terra.
<< Che devo fare? >>

<< E’ un po’ complicata, come cosa. Tieni a mente che per adesso non puoi stare nel fuoco per troppo tempo, quindi sarà una cosa veloce e non avrai subito risultati accettabili >>. Annuii, pronta a procedere.
<< Posa il fuoco a terra. Piano, con dolcezza e cautela, mentre sussurri qualcosa allo Spirito. Ha bisogno di sapere che non lo stai lasciando. Devi diventare un tutt’uno col fuoco, essere in lui >>.
Quando pronunciò quelle parole, mi tornò alla mente la prima volta in cui avevo provato a spegnere il fuocherello che avevo acceso senza nemmeno pensarci, più di due settimane prima. Era questo che intendeva Elah, quando parlava di “controllare le emozioni”. Usare il fuoco in quel modo era tutta una questione di sensazioni, disciplina, emotività e razionalità. Bisognava usare la testa e allo stesso tempo il cuore, concentrarsi vivamente e crederci.
Feci come mi aveva detto, mentre le punte delle scarpe che portavo toccavano il fuoco e si annerivano piano. Feci in modo che le fiamme si alzassero un poco, che non sfuggissero alla mia presa e rimanessero ai miei piedi. Mi piegai poi sulle ginocchia, appoggiando le mani a terra, e ci passai dentro. Il mio corpo per intero era tra le fiamme vive; un secondo dopo, esse mi portarono in alto, facendomi alzare da terra. A quel punto avevo un caldo tremendo, ma ero in piedi nel fuoco, che si strinse sulle mie gambe in un piccolo vortice -simile a quello che aveva creato la pietra rossa sul palmo della mia mano- lasciando il busto libero di muoversi. Spalancai le braccia, cercando di tenermi in equilibrio, che si rivelò molto precario.
Un attimo dopo tutto era finito, veloce come aveva avuto inizio. Mi ritrovai stesa a terra, un po’ bruciacchiata. Avevo provato piacere e dolore contemporaneamente. Il cuore aveva accelerato i battiti e la mia mente era entrata a contatto con lo Spirito, arrivando quasi a direzionarlo. I vestiti non avevano fatto nemmeno in tempo a subire danni troppo gravi, tanto la cosa era stata breve -allo stesso tempo intensa.
Un poco stordita, rimasi sdraiata sull’erba umida a guardare le nuvole minacciose che si stagliavano con maestosità proprio sopra di me.
<< Non è andata tanto male, no? >>, sussurrai soddisfatta a Elah, mentre intrecciavo le dita sulla nuca.

<< No. Credevo peggio, sinceramente >>.
<< Hai grande fiducia in me, vedo >>, feci, ironicamente.
Rimase un attimo in silenzio.

<< E’ vero >>. Mi aveva appena confidato che riponeva almeno un briciolo di fiducia nel mio essere, e di quello le fui enormemente grata. Elah era una che diceva tutto quello che pensava, anche cose crudeli o cattive, ma non lasciava nulla in segreto.
Sorrisi al cielo, al mondo, ad Elah e a me stessa. Ero felice e non avrei mai nemmeno potuto provare ad indovinare quello che mi attendeva al mio ritorno a casa.

Quando, poco dopo, le prime gocce di pioggia cominciarono a bagnarmi il viso, mi alzai da terra e corsi verso casa, tirandomi il cappuccio della felpa che portavo fin sulla fronte.
Arrivata nella foresta, le chiome enormi delle piante sopra di me fecero da ombrello e mi ripararono dalla pioggia per tutto l’arco di tempo che impiegai ad attraversarla. Tra gli alberi, presi a saltellare armoniosa, talvolta piegandomi tra i rami degli arbusti del sottobosco per raccogliere alcuni fiori, che strinsi in un mazzetto colorato nel mio pugno bianco. Sulla strada che passava per il villaggio, qualcuno si sporse alla finestra per osservare quella ragazzina dall’abbigliamento sconsiderato che saltellava per le vie del piccolo centro. La stradina terrosa si stava sciogliendo piano, trasformandosi in fango. Accelerai il passo, imboccando un secondo sentiero, di ciottoli, che passava attraverso la radura.
Arrivata davanti a casa mi feci largo tra le galline che correvano nel cortile posteriore, meravigliandomi di trovarle ancora sotto l’acqua. Entrando chiamai mia madre a gran voce e, non udendone la risposta, pensai che fosse rimasta bloccata da qualche parte dalla pioggia.
<< Ma dove sarà finita? >>

<< Non avverti una strana presenza? >>, bisbigliò Elah, di rimando, tesa ed immobile dentro la mia testa.
<< Una presenza? Di chi...?>> Lasciai le scarpe piene di fango sull’entrata e infilai gli stivali di gomma che stavano vicino al portaombrelli. Posai i fiori in un vaso di vetro che riempii con un po’ d’acqua e tornai fuori, scrutando verso l’inizio del sentiero, speranzosa di veder comparire mia madre. Intanto rincorsi le galline per guidarle fino alla piccola tettoia del recinto che avevamo preparato per loro.
<< Su, gallinelle, fate le brave! >>, urlavo sotto lo scrosciare del forte acquazzone.
Ne presi alcune sotto braccio, mentre tutto quel chiocciare cominciava ad infastidirmi.
Tornata dentro, indossai le pantofole da casa e lasciai il cappotto pesante sull’appendiabiti. Versai un po’ d’acqua in un bicchiere di vetro blu e mi diressi verso il salotto, dove ad accogliermi trovai uno spettacolo terrificante: mia madre, stesa a terra con gli occhi chiusi, e una scia nera di quello che mi sembrò sangue, che si trascinava fino all’entrata principale. Poi scaglie di vetro rotto sparse per terra, e un freddo glaciale che passava dalla finestra a pezzi.
Lasciai cadere il bicchiere, che si frantumò all’istante, rovesciando l’acqua fresca appena versata. << Mamma! >> Mi piegai al suo fianco, mentre i miei capelli rossi le sfioravano il corpo immobile. Una lacrima calda scoppiò sulla mia guancia, mentre prendevo la sua mano nelle mie. Era fredda, marmorea, come scolpita nel ghiaccio.
Posai le dita di una mano sul suo collo, pregando affinché sentissi il pulsare dell’aorta, il pompare del sangue dal cuore. Quando lo sentii lì, un “pum pum” sotto il mio palmo, fu come se un macigno pesantissimo si sollevasse dal mio corpo. Tirai un sospiro di sollievo.

<< Che diavolo è successo qui? >>, fece Elah, cercando di camuffare il suo timore.
<< Credo... che la caccia sia cominciata >>.
Riscaldai quanto bastava il palmo della mano che avevo posato sul collo di mia madre, concentrandomi intensamente affinché non arrivassi addirittura ad ustionarla o ferirla, cosicché anche lei potesse ricevere un po’ di calore. Sperai che quello sarebbe bastato. Feci scivolare poi la mano per tutto il perimetro del corpo afflosciato.

<< Ma certo >>, cominciò Elah, pensierosa << I Cacciatori, sì, sono loro... com’è possibile, però, che io abbia avvertito la loro presenza? Sono praticamente impercettibili ai nostri sensi, riescono a nascondersi, a non farsi riconoscere da noi. Vuol dire che c’è stato qualcun altro, qui a casa >>.
<< Nonna >>.
Il sangue nero apparteneva a lei. Ciò voleva dire che si era ferita in battaglia, ma aveva protetto mia madre, sua figlia.

<< I Cacciatori uccidono psicologicamente, prima >>, la voce fece una pausa, sospirando << Sanno perfettamente che il nostro potere è basato tutto su un equilibrio interiore, introspettivo. La morte di una persona cara sconvolge la vita della strega e la rande debole e indifesa ai loro successivi attacchi >>.
<< Se solo io fossi stata qui... >>
<< Sapevano benissimo che non eri in casa >>.
Nel mentre, mamma aveva ricominciato a muoversi. La guardai piena di speranza, poi aprì gli occhi, facendomi immergere in quei due pozzi profondi che erano le sue iridi blu.
<< Kima... >>, mormorò in un flebile soffio.




***
Okay, eccomi qui signori ;)
Come vedete, ho aggiornato abbastanza in fretta, non come l'ultima volta. Sto cercando di regolare la pubblicazione dei capitoli..
A parte questo.
Che ne pensate, di questa storia? Se avete qualcosa da chiedere fate pure, sarò qui a rispondervi! Sto lavorando completamente di fantasia - o almeno è questo il mio scopo -, quindi potrebbero sorgervi dei dubbi, o magari potreste non capire alcune cose/concetti che forse a me che scrivo e ho tutte le idee in testa sembrano chiarissimi. Forse. Mah, non so, ditemi voi :D
Devo dire che questa è una delle storie che mi sta soddisfcendo di più.. spero che piaccia anche a voi. Aspetto i vostri commenti :)

A chi ha messo la storia tra le preferite/seguite e non ha detto nulla: mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate! ;D

Ah, miss_Cullen_90: sono davvero orgogliosa di questa storia e dei suoi personaggi! *Q* Soprattutto dopo aver letto la tua recensione! Davvero hai sognato Kima? :) E' fantastico, mi fa piacere sentire che Ignorance sta colpendo qualcuno! Continua a seguire questa pagina, ci saranno delle novità ^^
Ovviamente grazie a tutti gli altri assidui lettori :) Mi fate feliiiice.
Vostra Cielo
  
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