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Autore: congy    12/10/2010    22 recensioni
Cosa può succedere all'interno di una casa editrice quando l'uomo di cui ti sei invaghita ti soffia la promozione e il lavoro che hai sempre desiderato?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 2

Scontro e Incontro



“Sam, per favore, usciamo da questo posto? Il capitolo lo finisci di correggere domani, ti prego” questa è la richiesta che mi fa, da ormai una mezz’ora, la nana. In effetti, la sto portando un po’ troppo sulle lunghe. Sono le sette e mezzo e generalmente torniamo a casa per le cinque.
“Lo sai che quel posto deve essere mio, nana. E mi devo impegnare se voglio raggiungere quel traguardo” sbuffo. È da un mese che va avanti questa storia. Il capo ancora non ha deciso e io mi sto ammazzando di lavoro. Non sono una di quelle persone che fa il minimo indispensabile e poi se ne frega, credo di essere una persona abbastanza diligente e che fa bene il proprio lavoro. O che almeno cerca di farlo. In questo periodo a maggior ragione. Devo ottenere quel posto: l’ho promesso. E poi lo voglio.
“E non puoi finire a casa? Fallo per la tua nanetta. Per favore”
“Ma lo sai che quando arrivo a casa l’ultima cosa a cui penso è il lavoro. Perdo troppo tempo”
“Ti prego, Sam, sono stanca. Se vuoi ti lego alla sedia e ti tolgo dalla vista qualsiasi tipo di dolciume presente sulla faccia della terra. E ti tolgo dalla vista anche i gatti. Ma, per favore, voglio mettermi il mio pigiamino viola: sono stanca” mi si avvicina e mi abbraccia. Comincia a lasciarmi dei baci sulle guance e a tirarmi dei piccoli pizzicotti sui fianchi dove sa che io soffro terribilmente il solletico.
“Va bene, andiamo a casa, sei contenta?”
“Non hai idea. Dopotutto lo sai che un giorno noi nane domineremo il mondo? Siamo piccole, ma tanto sicure di noi stesse. Noi sappiamo cosa vogliamo dalla vita. E riusciamo ad ottenerlo. E io adesso voglio il mio pigiamino viola e le mie pantofole.”
“Stai parlando come quel cartone animato. Mignolo e il prof. Anche lì c’erano un topo nano e uno altissimo.”
“Chi era il nano?”
“Il prof”
“Lo hai visto che noi nani siamo molto più intelligenti di voi spilungoni? È il nostro cervello che è troppo pesante per l’eccessiva materia grigia e ci porta verso il centro della terra”.
Alzo gli occhi al cielo: quando Luciana parla così, è inutile provare a contraddirla. Meglio darle ragione. Un po’ come si fa con i pazzi. Materia grigia, bah. Credo che il cervello di Luciana sia diviso in compartimenti stagni, ma tutti dipendenti da un’unica matrice: il sesso. Sì, perché per lei non c’è niente che non dipenda da quello: gli uomini per lei –anche per me, a dir la verità, ma per ben altre motivazioni – sono dei fallocefali e non perché sono delle teste di cazzo, ma semplicemente perché pensano con il cazzo.  Per le donne la questione si fa più complessa: sono più poliedriche, più complicate degli uomini, ma appena vedono un bel figo da paura, anche loro entrano nella fase “vaginacefale”, questo il termine usato da lei. I suoi neologismi sono davvero pietosi.
Arrivate a casa, corro a salutare i miei mici. Minù, come il suo solito si struscia contro le mie gambe, mentre Bizet salta in braccio a me. Quanto li adoro i miei gatti. Avere poi, un gatto omosessuale per niente attratto dalla sua bellissima coinquilina dal folto pelo bianco è un vantaggio per me. Nessuna gatta partoriente ogni aprile-maggio.
Mi siedo sul tavolo della cucina e comincio a revisionare il capitolo. Non ho ancora capito come diavolo facciano a scegliere per la pubblicazione libri dalle trame così banali. Banali e surreali tra le altre cose. Come un po’ tutti i romanzi rosa.
“Samanta, ti devo parlare” sento puzza di bruciato. Lu non mi chiama mai così, se non, appunto, c’è qualcosa di grave.
“Dimmi”
“C’è una cosa che dovrei dirti” il suo sguardo è alquanto dispiaciuto. Capisco immediatamente qual è la questione di cui mi deve parlare.
“Riguarda il lavoro, vero?” annuisce.
“Hanno trovato un direttore editoriale. E non sono io” sospiro afflitta.
“Sì, lo presenteranno domani. Sam, mi dispiace, tesoro. Lo meritavi tu quel lavoro” posa una mano sul mio braccio.
“E’ un uomo?”
“Io ho ascoltato solo la telefonata, però da quello che ho potuto capire credo di sì”
“Ecco, non solo un raccomandato, perché non credo minimamente che Er tenaglia, avendo a disposizione me e con tutte le credenziali che gli ha fornito Alberto, sia andato in giro a cercarne altri. Avrà scelto sicuramente un  raccomandato. Ma è  anche un uomo. Dio, li odio gli uomini, li odio. Sono tutti così arrivisti, approfittatori. E De Santis non è da meno: sembra così ligio al dovere, così serio e scrupoloso, ma l’unica cosa che si guarda quando si deve assegnare un incarico di responsabilità è se il candidato ha le palle. E non in senso metaforico.” Mi alzo di scatto dalla sedia e comincio a camminare velocemente per la stanza, le mani nei capelli.
“Dai, non essere così esagerata”
“Oh, sai benissimo che non sono esagerata. Gli uomini pur di ottenere quello che vogliono sono disposti a vendere l’anima al diavolo. O ad abbandonare la propria fidanzata storica per mettersi, e sposarsi dopo sei mesi, con una perfetta sconosciuta che ha i soldi e gli permetterà di ottenere un incarico di prestigio. Sono tutti così gli uomini. Nessuno escluso”
“Perché, le donne, no? Anche noi sappiamo perdere la nostra dignità per arrampicarci socialmente”
“Sì, su questo non posso darti torto. Ma ci sono dei pregiudizi su noi donne incredibili. Se una donna riesce ad avere un incarico di responsabilità è solo una troietta che si è infilata nel letto giusto, se si tratta di un uomo, invece, allora lui ha ottenuto l’impiego per la sua bravura e la sua professionalità. Scusami,ma è davvero una cosa che non sopporto” sospiro pesantemente. Poi mi viene alla mente un piccolo particolare: “E perché non mi hai dato questa notizia in ufficio?”
“Bene, come sempre ti devo sempre spiegare tutto io. Punto numero uno: io non dovevo sapere che era stato scelto il nuovo direttore editoriale, ergo non te lo potevo dire in ufficio. Punto numero due: se te lo avessi detto al lavoro, saresti corsa a dare del farabutto –immagino che tu avresti usato un altro termine meno consono alla mia persona - a De Sanctis e non osare negarlo perché non ti credo. Tra le altre cose lui avrebbe capito che io avevo origliato e se la sarebbe presa con me. Punto numero tre: se te lo avessi detto in macchina, ci saremmo sfracellate. Ti devo ricordare quanto sei pericolosa alla guida?”
“No, lo so che sono un po’ spericolata”
“Un po’? L’altro giorno stavamo per investire una povera vecchietta. Una vecchietta così gentile che ci ha mandato a fanculo almeno venti volte, ma la sostanza rimane quella. Sei. Una. Pazza.”
“Già, hai ragione. Ma io ci tenevo così tanto. Questa casa editrice è importantissima per me e so che, se me ne dessero la possibilità, potrei fare bene. E poi non posso pensare ad Alberto: ci sperava molto. L’ho deluso: io gliel’avevo promesso. Forse sono pessima io, magari ho sbagliato io qualcosa” poggio la testa sul tavolo mentre continuo ad accarezzare i miei gatti.
“Ti prego: fermati prima di entrare in modalità emo. Tu sei bravissima, sei in gamba e nessuno lo potrà mai negare. Su, dimmi: quanti altri a 27 anni sarebbero stati in lizza per ottenere un posto come direttori editoriali? Ti rispondo io: pochissimi. Tu ti sei fatta il culo per arrivare fin dove sei arrivata e non per mezzo di raccomandazioni: tu non hai nulla da recriminarti.”
“Può darsi, ma…”
“Niente ma. Adesso sai che facciamo? Ci rivediamo per la centesima volta “Il diavolo veste Prada” così vediamo una che al lavoro è trattata peggio di noi. E nel frattempo mangiamo un intero pacco di pop corn, uno di patatine e poi una busta di caramelle gommose che ti piacciono tanto. Mangeremo da fare schifo. Che ne dici?” la scruto preoccupata. Luciana che mangia come una porca? Potrebbe farlo, ma so che lo farebbe solo per me. Lei odia mangiare molto e fuori pasto.
“No, voglio andare in palestra, devo scaricarmi un po’”
“Scaricarti un po’? Io conosco un solo modo per scaricarsi a dovere. Su, prova a indovinare. Ti do un indizio: è il rimedio contro tutti i guai” mi sorride maliziosa. Come al solito, la nana sta cercando di risollevarmi il morale. E ci riesce, come sempre.
“Fammi indovinare…uhm, questa è difficile. Davvero, davvero complicato. Cercherò di andare ad intuito. Secondo me, è il sesso”
Lu si mette a battere le mani entusiasta, letteralmente come una deficiente.
“Ma sei un genio. Adesso sai cosa facciamo? Chiamiamo un gigolò di professione così ci scarichiamo entrambe. Che ne dici?” congiunge le mani a mo’ di supplica. Non mi stupirei se tra poco la vedessi stesa a terra a baciarmi i piedi.
“Direi che io voglio andare in palestra” dico dirigendomi nella mia camera da letto per cambiarmi.
“Facciamo un gioco: ognuna di noi due mostrerà i vantaggi della palestra e del sesso. Quello che presenterà più aspetti positivi vincerà. Comincia tu”
“Uffa, e va bene. Dunque: andando in palestra si smaltiscono i grassi in eccesso e si tonificano i muscoli” nel frattempo, mi sono spogliata e ho infilato i calzini.
“Col sesso si tonificano tutti i muscoli tanto che è più efficace di 20 vasche di piscina”
“La palestra aiuta a scaricarti mentalmente e ad allontanare la depressione”
“Anche il sesso. Studi recenti hanno confermato che è più efficace persino del valium”
“Parli come un libro stampato. Ti sei informata, vero?” rido sotto i baffi mentre indosso una maglietta grigia.
“Certo, sono molto attenta agli sviluppi e ai progressi della scienza.”
“Sono contenta per te. Con la palestra puoi vedere i maschietti sudati, stare accanto a loro e flirtare”
“Con il sesso, invece, hai un solo maschietto in effetti, ma non lo hai vicino, lo hai dentro”
“Luciana, sei una ragazza molto volgare. Solo perché non usi le parolacce, non pensare di essere esente da volgarità. Quella che hai appena detto supera di gran lunga una decina di mie imprecazioni”
“Lasciamo perdere queste baggianate e pensiamo a qualcosa di più importante. Altra cosa vantaggiosa: col sesso non si deve pagare”
“Hai appena detto che vuoi un gigolò a domicilio: pensi sia gratis?”
“Già, su questo non posso darti torto” sbuffa pesantemente.
“Per cui, visto che io il maschietto lo devo trovare, vado in palestra. A dopo”
“Mi hai fregato: anche in palestra si paga”
“Lo so benissimo, nana. Ma oggi ho proprio bisogno di scaricarmi così. Nemmeno il sesso mi darà soddisfazione per il semplice motivo che in questo momento odio l’intero genere maschile.”
“Ma, Samanta, tu odi l’intero universo maschile” adesso c’è solo apprensione nella sua voce.
“Lo so, ma ancora non riesco a perdonarlo e, soprattutto, non riesco a non pensare che tutti gli uomini si possano comportare come ha fatto Davide” prendo la mia sacca per la palestra e le chiavi. Sono pronta.
“Hai soltanto bisogno di un po’ di tempo per tornare a fidarti. E comunque, cambiando argomento e arrivando a quello più importante, se vuoi cuccare non ti conviene metterti quella tuta da monaca. Hai bisogno di qualcosa di più colorato, il rosa, per esempio” mi scruta critica. Altra cosa che non vi ho detto di Lu, è completamente, inesorabilmente fissata con la moda. Un giorno mi sono ritrovata strappati dei jeans, che conservavo e che ogni tanto mettevo, risalenti alle superiori. Erano i  miei preferiti e me li ha buttati dicendo che erano vecchi e che al massimo potevano essere venduti all’asta come cimeli antichi. Non le ho parlato per una settimana. Alla fine si è presentata da me con la mia pizza preferita. Come facevo a dirle di no?
“E chi ti ha detto che devo cuccare? Ciao” saluto e chiudo rapidamente la porta dietro di me prima che la mia coinquilina possa dire altro.
La palestra, la Gym Fitness, si trova a circa cinquecento metri da casa per cui evito di prendere la macchina. Rischierei di perdere solo tempo a cercare un parcheggio. Dopo un quarto d’ora arrivo in palestra. Oggi, per me, niente attrezzi né aerobica o step. Sono tutte cose che mi piace praticare, ma il nervoso oggi non riuscirà ad essere incanalato in queste attività. Mi serve qualcosa che mi aiuti ad allontanare ogni pensiero, ogni frustrazione e soprattutto ogni odio nei confronti degli uomini, Davide in special modo. È tutta colpa sua se mi ritrovo ad essere così scontrosa verso gli uomini. Penserete voi che mi abbia tradito. E, invece, no. Perchè, vedete, i pensieri fissi dei maschi sono essenzialmente due: il sesso e i soldi. E sebbene il sesso occupi due terzi dei pensieri del sesso maschile, quindi la maggioranza dei loro pensieri, il che è già triste di suo, occorre riflettere che l’altro terzo è occupato dal denaro e che un terzo dei pensieri riguardanti il sesso è unito alla possibilità di far soldi. In pratica i maschi spendono un terzo del loro tempo a cercare il mezzo per fare sesso e contemporaneamente far soldi. Direi che il loro sogno proibito è quello di fare il gigolò a pagamento. Come sillogismo aristotelico credo che possa andare.
Ma Davide non mi ha tradito per cui rimane una sola motivazione: il denaro. E forse questa è una cosa ancora più squallida dell’essere traditi.
Oggi, quindi, voglio fare qualcosa di diverso. Ho fatto solo due o tre lezioni di kick-boxing e, sebbene mi sia piaciuto molto, ho dovuto abbandonarlo perché le lezioni coincidevano con l’orario di lavoro. Ma, vista la grande richiesta per questa attività, hanno adibito una sala apposita solo per tirare di boxe nelle ore in cui non c’è lezione. Quale occasione migliore di usare i sacchi se non oggi?
Infilo le cuffie dell’i-pod e i guantoni che ci da in dotazione la palestra. Avvio la canzone che scelgo sempre in queste occasioni: fa parte del soundtrack di Rocky. Lo so, è banale, ma quella musica mi carica in una maniera indescrivibile. Mi fa sentire potente, capace di superare gli ostacoli della vita che, in senso metaforico, sono racchiusi in questo momento nel sacco da boxe. Patetico, davvero patetico, ma mi diverte. Mica si può essere sempre seri?
Comincio, perciò, a tirare i pugni contro il sacco cercando di incanalare tutte le mie frustrazioni. Penso al lavoro dei miei sogni che è andato in fumo, alla stanchezza accumulata per fare bella figura con i dirigenti e De Sanctis in particolar modo, penso a quelle grandi porcate di romanzi rosa che mi costringono a correggere, delle trame banali dove c’è sempre il terzo incomodo e dove, puntualmente, la protagonista becca il suo fidanzato con l’incomodo, penso a Davide e al male che mi ha fatto. Tanto. Troppo. Sono passati oltre due anni ma il dolore è ancora lì,protetto da una spessa corazza di diffidenza e ritrosia verso gli uomini.
 Ad un certo punto, quest’attività diventa perfino divertente. Perché? Semplicemente perché, al posto del sacco, immagino che ci sia di fronte il mio ex ed io, da maschiaccia quale talvolta sono, lo gonfio di botte. Se le merita tutte quante.
Mentre sono impegnata a sferrare pugni contro l’ologramma di Davide, mi sento toccare la spalla. La musica è ad un volume così alto che mi spavento. Reagisco d’istinto. Mi volto e sferro un pugno in faccia al malcapitato.
“Porca puttana” esclama. Quello che vedo dopo, non so dire se fa ridere o piangere. Trovo un uomo piegato in due che si tiene il naso.
“Puttana Eva, porca, porca puttana!” vedo del sangue che inizia a imbrattare il suo viso e il sorriso, un po’ compiaciuto a dir la verità, scompare dalla mia faccia.
“Si è fatto male?”
“Tu che dici? Porca puttana” la compassione, sta lentamente scemando. Perché mi dai del tu? Perché sono una donna? Coglione maschilista.
“Non conosce altre parole per definirmi? Posso essere tutto, ma non una puttana.”
“E’ solo un’esclamazione come un’altra. Non era di certo rivolta a lei. Per lei potrei usare altri termini, anche se non più gentili di questo” si lamenta ancora.
“Lasci che l’aiuti. Mi dispiace, ma è colpa sua: mi ha spaventata” regola numero uno: mai mostrare le proprie debolezze.
“Non è colpa mia: le ho solo chiesto dove fosse lo spogliatoio.”
“E io posso sapere dove si trova lo spogliatoio maschile? Siamo ritornati al punto di partenza: mi sta dando della puttana. Oppure voleva sapere dove fossero quelli femminile e, in tal caso, dovrei desumere che è un puttaniere” borbotto.
“Ma lei è sempre così permalosa? Era solo una domanda la mia che non implicava nessun riferimento sessuale. Non le sto dando della puttana. Anche se, effettivamente…” e il suo sguardo cade di proposito sulla mia latteria. Dannati maschi.
“Ha finito di dire baggianate e soprattutto di fissarmi le tette? Non sono qualcosa di speciale, di miracoloso o di unico: tutte le donne sono dotate di tette. Venga” lo lascio fuori dallo spogliatoio e prendo del ghiaccio sintetico.
“Lo metta sul naso e tenga la testa in su”
“Ma così non posso guardare bene le sue…il suo viso. Lei è il mio angelo salvatore” sbuffo. Ma questo ci è o ci fa? Credo entrambe le cose.
“Non credo di essere un angelo. Prima ti ho steso. Ah, già, va contro il vostro ego maschile ammettere che una donna vi abbia stesi”
“Ma tu vedi l’uomo sempre e solo come un oggetto non pensante?”
“E tu vedi sempre la donna come oggetto sessuale?”
“Da quando usiamo il tu?” ribatte lui secco, la faccia ancora ricoperta di sangue.
“Oh, sei stato tu ad usarlo fin da subito. Io ti ho solo seguito nella maleducazione”
“Non sono maleducato”
“Ma se ti sei presentato con un bel ‘Porca puttana’. Ammetterai che non è proprio il modo migliore di cominciare”
“Scusami se sono stato preso alla sprovvista. Comunque il naso non sta andando affatto bene”
“Credo anch’io. Senti, io ammetto di aver sbagliato, per cui ti porto al pronto soccorso”
“Non occorre, davvero”scruto bene il suo naso che si sta gonfiando sempre di più. Brutto segno.
“Io, invece, credo di sì. Solo che mi dovrai far usare la tua macchina”
“Cosa? Scordatelo: è una spider e non la faccio guidare nemmeno a mia sorella” borbotta.
“E come pensi di andare all’ospedale? Sono la tua unica opportunità. Ti fidi di me?” domando.
“Tu mi stai chiedendo se mi fido di una pazza permalosa che mi ha quasi spaccato il naso? La risposta più sensata sarebbe no, ma eccoti le chiavi” i miei occhi brillano di felicità: finalmente potrò realizzare uno dei miei sogni. Guidare una macchina sportiva. Il maschiaccio che è in me compie un triplo salto mortale per la gioia.
Usciamo fuori dalla palestra e mi faccio guidare verso la zone del parcheggio.
“Oddio, che modello è?” mi fermo davanti alla sua macchina, entusiasta.
“Una Audi R8 Spider.”
“Meravigliosa! Mai visto una macchina più bella” dico accarezzando la vernice nera metallizzata del muso.
“Non vorrei spostarti da lì, ma non mi sento per niente bene, per favore!”
“Ops, sì, scusami” entro rapidamente in macchina, metto le cinture e regolo lo specchietto retrovisore. Appena infilo le chiavi nel quadro, avverto le fusa del motore. Dio, che bel suono. Chiudo un attimo gli occhi e ascolto questo delizioso rumorino.
“Vuoi partire?” domanda sull’orlo di una crisi di nervi.
“Perdonami: ero in preda ad un orgasmo acustico” ribatto scocciata per essere stata interrotta in questo momento di estasi.  
“Tu sei pazza” borbotta. Comincia a parlare affannosamente per cui evito di ribattere. Ingrano la prima e parto velocemente.
“Puoi andare un po’ più piano? Vorrei avere ancora una macchina alla fine del tragitto”
“Cioè, tu ti preoccupi per la macchina e non per la tua vita?” domando curiosa. La mentalità degli uomini è piuttosto primitiva. E, ovviamente, pensano prima all’oggetto che alla persona. Tipico.
“Questa macchina è il frutto del mio lavoro, per cui ci tengo particolarmente. E tu? A cosa tieni di più?”
“Ai miei gatti e alla mia amica Luciana. Loro sono la cosa più importante per me” dopo questa mia affermazione, cala il silenzio.
“In quale ospedale stiamo andando?” domanda. Mi volto un secondo verso di lui: è pallido, il sangue continua ad uscire nonostante il ghiaccio e boccheggia.
“Il San Carlo Borromeo è il più vicino: stiamo andando al pronto soccorso” dico un po’ inquieta.
Dopo cinque minuti siamo arrivati. Entriamo rapidamente nel pronto soccorso e l’uomo – non conosco neanche il suo nome – viene controllato dal medico di turno. Io aspetto, sono piuttosto preoccupata e questo è strano per me. Non che sia menefreghista, ma avverto una preoccupazione particolare per questo ragazzo, sebbene per me sia uno sconosciuto. Dopo una ventina di minuti, esce dallo studio: il naso è completamente coperto da una fasciatura bianca. Il viso, adesso però, è pulito e mi è permesso per la prima di vederlo in viso. È bello, tanto bello. Ha gli occhi scuri, credo che siano marroni, capelli folti neri spettinati ad arte, delle labbra non eccessivamente carnose, col labbro inferiore più pieno di quello superiore. Ha un sottile strato di barba, leggera, ma non per questo meno affascinante.
“Finita la radiografia?”
“Prima l’hai fatta tu a me, mi sembrava opportuno ricambiare il favore” ribatto facendo la linguaccia.
“E che ne dici? Passato l’esame?”
“Se il cervello di voi uomini andasse di pari passo con l’aumento del vostro ego, staremmo avanti anni luce rispetto ad oggi. Invece l’unica cosa di cui controllate ogni minuto la crescita è una sola.”
“Beh, diciamo che dipende anche dalla compagnia. È merito della donna – o dell’uomo in caso di omosessuali – se cresce”
“Direi che stiamo degenerando. Comunque confermi la mia idea: voi uomini ci vedete come oggetti”
“Hai una bassa considerazione di noi. Io non la vedo così: la donna deve essere una compagna di vita e non una compagna di letto, o non solo. Se non c’è complicità nella vita non ci sarà mai sotto le lenzuola. Sei tu che vuoi vedere il marcio anche dove non c’è.” Io lo guarda come un ebete. È un uomo che sta dicendo queste cose?
“Ehm, tu stai bene?”
“Sì, qualche giorno e dovrebbe passare del tutto”
“Sono molto contenta e scusami per..la botta” sfioro delicatamente il suo naso con la punta delle dita. Sam, ma che diamine stai combinando? Contieniti, per la miseria. Ritraggo immediatamente la mano, mentre lui mi osserva con le sopracciglia aggrottate.
“Ti accompagno a casa?” domanda serio. Non c’è più traccia del battibecco di poco prima.
“Se ti è possibile, sì, per favore”
“Vieni. Ti posso fare una domanda?”
“Dimmi”
“Come mai ti accanivi tanto contro quel povero sacco da boxe? Tu non ti stavi allenando, ti stavi completamente scaricando” dice sogghignando.
“Oggi è stata una giornata no. Ero in lizza per ottenere il lavoro dei miei sogni e, invece, è stato dato ad un idiota raccomandato. E il mio sogno svanito” borbotto. Stranamente mi trovo a mio agio a parlare con lui. È piacevole.
“Che lavoro?” domanda incuriosito.
“Sono un revisore di bozze. Lavoro per la casa editrice Agape. Voglio dire, lavoro in quella casa editrice da tre anni, mi sono fatta il culo lì dentro e adesso mi vedo soffiare il posto da un raccomandato del cavolo. E a questo dovrò pure essere obbediente visto che sarà il mio diretto superiore” lui scoppia a ridere.
“Perché ridi?”
“Nulla, nulla, pensieri che mi frullavano per la testa” quindi non mi stava ascoltando? Male, malissimo. Ma, dopotutto, chi lo conosce questo? Mica ci devo vivere insieme. Sono veramente strana stasera. E non sono neppure in fase premestruale. Davvero sconcertante.
“Gira a destra, eccoci, siamo arrivati”
Ferma la macchina e si volta verso di me.
“Sai qual è la cosa buffa?” sorride e vedo i suoi denti, bianchi e lucenti, senza un’imperfezione. Samanta, stiamo degenerando.
“No, qual è?”
“Mi hai steso con un destro micidiale, mi hai soccorso, hai guidato la mia macchina dietro mio consenso, mi hai aspettato in ospedale, ti ho condotto a casa e non sappiamo i nostri nomi” scoppia a ridere ed è subito seguito da me. La situazione è  paradossale in effetti. Scendiamo dalla macchina e ci fermiamo davanti al portone di legno lucido del mio palazzo.
“Daniele Costa”
“Samanta Dolce” gli porgo la mano.
“Dolce? Cos’è, hanno utilizzato il contrario del tuo carattere per il tuo cognome?” e giù di nuovo a ridere.
“No, io sono dolce solo con chi se lo merita. In parole povere, solo con Luciana e i miei gatti”
“Nemmeno con un ragazzo?”
“Soprattutto non con i ragazzi” ribatto secca. Spero non domandi di più, perché non ho nessuna voglia di rispondere.
“ E se io facessi questo saresti dolce con me?” e, senza che io me ne possa rendere conto, poggia le sue labbra sulle mie. Sono dolci, tenere, morbide. Rimango impietrita sul posto, non sapendo cosa fare. E questo non perché non voglia il bacio , ma perchè questo bacio mi piace, lo desidero. Tanto anche. E questa è, probabilmente, la cosa che mi preoccupa di più. Perché io ho chiuso con gli uomini, non voglio averci niente a che fare. Ma tutto sembra diverso se sono a contatto con le sue labbra morbide e setose. Lui non esagera con questo bacio, prende solo la mia mano e la stringe, poi si stacca da me.
“Scusami,non avrei dovuto. Ma sei davvero bellissima, Samanta, e non sono riuscito a resistere.”
“Uhm, ehm..va bene, non fa nulla. E chiamami Sam. Lo preferisco”
“Sam” ripete a pochi centimetri dal mio viso. Lascia una carezza lungo la guancia e poi si allontana da me.
“Allora, ciao, buonanotte, Sam”
“Ciao, Daniele” risale velocemente in macchina e riparte. Solo dopo che ha svoltato l’angolo mi rendo conto che non mi ha lasciato neppure un recapito. Se ne è dimenticato? Oppure non voleva avere niente a che fare con me? Forse è meglio, meglio se non ci vediamo più. Daniele stava infrangendo in una sola serata la mia corazza. E questo non va bene.
Salgo le scale e mi attende un’impensierita Luciana.
“Hai fatto sesso con qualcuno vero?”
“Cosa? Lu, ma che vai dicendo?” la sgrido. Ma per chi mi ha preso? La nana, secondo me, ha bisogno di una visita. E da uno bravo anche.
“Occhi lucidi, labbra gonfie, capelli spettinati anche se hai fatto palestra quindi non si può mai dire e sguardo da ebete. Se non hai fatto sesso hai comunque conosciuto un uomo”
“Nulla di importante Luciana, davvero”
“Allora è successo davvero?” grida alzando il tono della voce così tanto da spaventare la povera Minù che mi era saltata in grembo per salutarmi.
“L’ho conosciuto in palestra. Si chiama Daniele. È molto carino.” Dico ripensando ai suoi occhi color nocciola.
“E vi siete dati un appuntamento?”
“Ci siamo dimenticati di scambiarci i numeri di telefono. Ma, dopotutto, è meglio così, non credi? Non ho voglia di nessuna storia in questo momento”.
“La volpe che non arriva all’uva…” e borbottando questa frase, ritorna in camera sua.
Sì, abbiamo fatto una grande, immensa cazzata.




Rieccomi dopo quasi un mese.
Sì, lo so, sono imperdonabile. Mi merito ogni imprecazione contro di me. Il fatto è che ho preparato l’ultimo esame e, nel frattempo, ho scritto l’altra mia ff che si trovava in un punto un po’ delicato e doveva andare avanti necessariamente.
Bene, adesso è entrato anche lui, Daniele. Secondo voi, che ruolo svolgerà nella vita di Sam? Si accettano scommesse.

Vi ricordo i miei contatti:
Twitter: @congy_
Facebook : Federica Congedo
Gruppo su facebook per avere anticipazioni e spoiler : E Gea tes Congis

Un bacio
Federica

   
 
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