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Autore: Teanni    12/10/2010    3 recensioni
Piton è sopravvissuto all'attacco di Lord Voldemort, grazie ad uno sfacciato colpo di fortuna e ad un certo Signor Paciock.
Ma il fato è crudele: costretto a letto, deve sopportare la presenza di una giovane donna irritante che lo odia profondamente.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Flow, my tears, fall from your springs!
Exiled for ever, let me mourn;
Where night's black bird her sad infamy sings,
There let me live forlorn.
Down vain lights, shine you no more!
No nights are dark enough for those
That in despair their lost fortunes deplore.
Light doth but shame disclose.
Never may my woes be relieved,
Since pity is fled;
And tears and sighs and groans my weary days
Of all joys have deprived.
From the highest spire of contentment
My fortune is thrown;
And fear and grief and pain for my deserts
Are my hopes, since hope is gone.
Hark! you shadows that in darkness dwell,
Learn to contemn light
Happy, happy they that in hell
Feel not the world's despite.

Flow my tears by John Dowland

Scorrete mie lacrime, dalla vostra fonte sgorgate!
Per sempre esiliato, lasciatemi gemere;
Dove il nero uccello della notte la triste infamia di lei canta,
Li lasciatemi vivere sconsolato.
Spegnetevi, vane luci, più non brillate!
Non v'è notte nera a sufficienza per chi,
In preda alla disperazione, piange la persa fortuna.
La luce altro non fa che svelare la vergogna.
Mai potranno i miei affanni essere placati
Poiché la pietà è fuggita;
E lacrime e sospiri e gemiti i miei stanchi giorni
Di ogni gioia hanno privato.
Dal più grande appagamento
La mia fortuna è precipitata;
E paura e angoscia e dolore per ciò che mi aspetta
Sono le mie speranze, poiché ogni speranza mi ha abbandonato.
Udite! Voi, ombre che nella tenebra dimorate,
Imparate a spregiare la luce.
Felici, felici coloro che all'inferno
Non sentono il disprezzo del mondo.

Scorrete mie lacrime di J.Dowland

Dove il nero uccello della notte la triste infamia di lei canta

Traduzione a cura di besemperadreamer

NdA:Molte grazie alla mia cara beta antisocialite!

 
Era sera tardi quando due figure fuoriuscirono furtivamente dai confini dl Hogwarts e sorpassarono un piuttosto pacifico Platano Picchiatore che ondeggiava sospinto dalla brezza. Una di loro era alta e snella, e vestita di nero. L'altra, quella più piccola, indossava vestiti babbani, e la sua piccola sagoma era scossa da singulti soffocati.

Lui alzò gli occhi al cielo a quella sceneggiata, facendo finta di essere seccato dal suo comportamento.

“Oh, non mi guardare così! E' troppo divertente. Stiamo sgattaiolando via come se fossimo ancora degli adolescenti. Perché poi? È scaduto il tuo coprifuoco, Severus?" domandò Abby, facendo appello a tutta la forza di volontà in suo possesso per mantenere un'espressione impassibile.

“Questa è una scuola rispettabile," la informò severo. “Di certo disapproverebbero se il Capocasa di Serpreverde sfoggiasse pubblicamente la sua…," si sforzò per trovare la parola giusta e lei non glielo stava rendendo affatto facile, guardandolo a braccia conserte con un sopracciglio arcuato con ironia.

“Sua...?" offrì lei.

“La sua amante," suggerì lui con un'espressione vagamente cupa.

“Ah, certo," i suoi occhi luccicarono verso di lui nell'oscurità, “Te lo posso concedere, mi avresti stecchito se mi avessi chiamato la tua ragazza."

“Ti prego, dammi un po’ di fiducia. Il mio vocabolario non è così puerile benché viva in un collegio," disse strascicato.

“Beh, però è piuttosto raffinato," ghignò lei insolente, perché sapeva di essere l'unica persona che lo potesse prendere in giro in quel modo. Era anche l'unica persona che potesse baciarlo successivamente per calmare la sua collera crescente.

“Non sei mai stanca di canzonarmi?" chiese lui con falsa esasperazione. Era difficile esibire veramente un'esasperazione reale in un momento in cui si sentiva quasi completamente felice. “Chiunque mi conosca penserà che ho sviluppato improvvisamente un certo gusto per il masochismo, se non peggio."

“Cosa ci potrebbe essere di peggio?"

“Potrebbero pensare che mi sono rammollito," disse con un tono grave nella voce.

“E lo sei?" lei vestiva un'espressione di pura malizia.

Lui finse di riflettere sulla risposta per un secondo. “Perché non vieni a vedere cosa ne dicono gli studenti del primo anno che faranno la mia conoscenza domani mattina?" Il sorriso subdolo che si dipinse sul suo volto faceva presagire che non c'era niente di buono in serbo per quei poveretti. Abby provò quasi pietà per loro. Beh, quasi.

“Che avranno fatto mai queste povere animelle per incorrere nella tua furia?"

“Dovrò alzarmi alle sei del mattino, pertanto è colpa loro se devo sgattaiolare via come un ladro con la mia ragazza a questa ora tarda." L'uso intenzionale di quel termine non le passò inosservato, e gli diede un buffetto sul braccio. Lui continuò senza scomporsi, “… e se questo non fosse abbastanza, devo persino accompagnarla a casa, benché non volessi nient'altro che svegliarmi vicino a lei l’indomani mattina."

La fine di quella frase le fece spuntare un sorriso sul viso, ma era troppo andata per astenersi dal fare un commento scherzoso. “Ebbene si," disse Abby.

“Cosa?" si accigliò lui.

“Ti sei rammollito,"

 “La pensi così?"

“Prima ti saresti accigliato e ti saresti lamentato dei tuoi orridi allievi, poi mi avresti fatto un cenno col capo un'ultima volta e saresti sparito. Adesso mi becco persino un complimento, e non uno qualsiasi. No, uno dei complimenti più carini che io abbia mai ricevuto, dico davvero."

“Perciò vorresti che ritornassi alle mie vecchie abitudini?" Il suo sopracciglio sinistro si arcuò ironicamente. “Perché si potrebbe fare - devi solo chiedere."

“Non è necessario," disse lei subito per rimediare. “Esiste un modo in cui potrei convincerti a dimenticare che io l'abbia persino accennato?"

Lui annuì e l'attirò a sé per bisbigliarle qualcosa all'orecchio. Dopo aver sentito il suo suggerimento gli occhi di Abigail si spalancarono comicamente e diventò rosso cremisi. "Dai, Severus!" gridò Abby, ma l'estasiato scintillio dei suoi occhi la tradiva. Lui lo trovò un'aggiunta particolarmente deliziosa al suo rossore.

In effetti era ancora rossa dopo il bacio della buonanotte, anche prima di smaterializzarsi. Lui ritornò al castello con un sorriso soddisfatto sul viso.

***

Era la prima volta Severus metteva piede nel suo appartamento. La sua sorpresa superava di gran lunga il sottile senso di disappunto che lo stava rosicando. Dopotutto, lui le aveva dato accesso ai suoi alloggi molto prima che lei si decidesse a concedergli l'onore di visitare la sua umile dimora. Era riuscita in qualche modo a convincerlo che la sua intera vita ruotasse intorno alla sua libreria a Diagon Alley, sviando le domande sul suo appartamento con la spiegazione che viveva praticamente ai “Mondi In Collisione" e che, comunque, non c'era niente da vedere.

Ma tutto quello non si poteva definire "niente". L'appartamento gli sembrava un'estensione naturale della sua personalità. Tutto per lui aveva un senso, a partire dalle enormi finestre che avrebbero trasformato il piano in un posto  ben illuminato e accogliente durante il giorno, e che potevano essere occluse abbassando le tapparelle per la notte, se lei ne avesse avuto abbastanza di offrire la sua vita privata su un piatto d'argento ai suoi vicini.

L’alloggio era pieno di contraddizioni. Mentre da un lato c’era questo divano antiquato di velluto rosso che dominava il salone, probabilmente il santuario in cui si ritirava per leggere o bere una tazza di tè mattutino, la sua cucina aveva tutte superfici metalliche lucide che stranamente ricordavano quelle di una fabbrica. Fra le cataste di libri faceva capolino, quasi timidamente, un televisore. Tutti i quadri appesi alle pareti tendevano anche un minimo al surreale, sempre con una nota ironica, però.

Il suo appartamento era strapieno di roba, pregno d’odore d’incenso e anche un po' disordinato. Severus  si sentiva quasi a suo agio, se non fosse stato per  i piatti sporchi nel lavandino e delle cartacce vecchie vicino alla porta che sembravano guardarlo con aria di rimprovero come se stessero dicendo “sì, avremmo dovuto essere gettate fuori settimane fa, ma lei si è dimenticata del tutto della nostra esistenza”. Bisognava fare qualcosa per quella sporcizia.

 “Entra!” disse Abby di buon umore mostrando un sorriso fin troppo luminoso, segno che stava cercando di nascondergli il suo nervosismo.

“Grazie,” rispose lui togliendosi il mantello ed adagiandolo con indifferenza su un bracciolo del divano. Lei lo stava osservando alle sue spalle, aspettando con ansia il fatidico verdetto.

Severus ricondusse il suo nervosismo al fatto che lei non gli avesse mostrato prima qualcosa di così personale come il suo appartamento, perciò per quel momento soppresse il suo tagliente sarcasmo. Forse ci sarebbe stato tempo per discutere l’argomento dopo.

“Allora? Ti piace?”

“La verità?”

“Certo,” rispose come sempre. Per quanto sgradevole potesse essere la verità, lei non se ne sottraeva mai. Era una delle sue qualità che lui ammirava maggiormente.

“Beh, non sarebbe così male se qualcuno avesse pietà del tuo appartamento e desse una pulita.”

 “Ti stai offrendo tu?” Abigail lo prese in giro.

“Certamente no,” sbuffò. “O  ti sembro una cameriera?”

“Certo che no. Non mi rischierei nemmeno di suggerire una cosa del genere,” poi aggiunse in un tono più premuroso, “ma sai, ci sono realmente delle persone che ti offrono di pulire il tuo appartamento completamente nudi. Forse dovrei contattare uno di questi tizi…”

“Soltanto se vuoi che ti scagli una bella maledizione” ringhiò lui.

“È solo la mia immaginazione o sei realmente geloso?” chiese lei con un sorriso trionfante andando in cucina, sentendo i suoi occhi seguirla per tutto il tempo. L’intera abitazione era un monovano, escluso il bagno naturalmente, per questo lui ebbe la piena opportunità di guardarla quanto desiderava, perché non sarebbe mai scomparsa dalla vista.

“Se non lo fossi, significherebbe che mi sei indifferente,” rimarcò lui casualmente, sedendosi sullo sgabello di semplice legno che stava, come dimenticato, sotto al bancone metallico della cucina.

“Allora sono molto felice che tu sia geloso.” I loro occhi si incontrarono per il più breve degli istanti. Diede loro la sicurezza che c’era più nel loro costante battibeccare del semplice amare pungolarsi verbalmente. Erano innamorati l’uno dell’altro.

“Perciò, cibo,”  Abby si voltò verso il frigorifero con un sospiro, prendendo due cipolle, che osservò sovrappensiero per un secondo, prima di girarsi per guardarlo. “Chi farà il lavoro sporco? Tu o io? Piango sempre come una bambina quando taglio le cipolle. Tu?”

Le rivolse uno sguardo penetrante. “Sono sorpreso che tu me lo stai chiedendo. Ricordi come mi guadagno da vivere, no? Tratto sostanze molto più acide delle cipolle su base quotidiana. Senza scoppiare in lacrime, aggiungerei.”

Dopo aver risolto il problema, iniziarono a cucinare in piacevole silenzio. Lei gli gettava sguardi divertiti. Severus era completamente assorbito dal suo lavoro: fissava la cipolla con uno sguardo severo mentre la tagliava metodicamente in fette molto sottili che avrebbero reso fiero qualunque chef.

***

Severus aveva trascorso molto tempo ad immaginarsi come sarebbe morto, molto più di quanto una persona normale avrebbe dovuto; così al momento, sarebbe stato preparato. Ed invece, era stato colto totalmente alla sprovvista. Era rimasto disteso su un pavimento freddo a morire lentamente dissanguato, mentre il veleno del Nagini si spargeva nel suo corpo. Neppure allora aveva smesso di lottare. Si era  rifiutato di morire a quel modo, di arrendersi a quella logorante disperazione. I suoi polmoni avevano succhiato avidamente l’aria come se avessero potuto impedire l'inevitabile rifornendo il suo corpo di ossigeno a sufficienza, mentre le sue dita pressavano penosamente contro il collo ferito da cui stillava costantemente sangue.

Improvvisamente era di nuovo lì. Tutto era reale a partire dal gusto metallico nella sua bocca, fino alla disperazione che gli stava artigliando il cuore. Si sentiva sempre più debole e non poteva fare niente. Come l’ultima volta scelse di ribellarsi ferocemente contro il suo destino, anche se sapeva in fondo al suo cuore che quella lotta era inutile. Il risultato finale sarebbe stato sempre lo stesso: la morte. Infreddolito e solo, senza nemmeno una mano da tenere, senza conforto o perdono.

Perdono… i suoi occhi frugarono disperatamente la stanza. Potter. Sostarono brevemente sul ragazzo, ma presto cominciarono a vagare di nuovo, cercando un altro viso. Lei non c’era. Come avrebbe potuto? Forse era stata solo un frutto della sua immaginazione sin dall’inizio. In questa realtà, in questa realtà dove stava morendo, c’erano soltanto Potter ed i suoi amichetti dietro di lui, che lo guardavano a bocca aperta. No, il perdono era troppo da chiedere loro. Il conforto non poteva essergli dato. Anche se avevano una certa età, erano solo dei ragazzini terrorizzati che vedevano un altro degli adulti morire.

Nel profondo aveva sempre sperato in un futuro, una seconda opportunità, ma forse quel desiderio era sempre stato vano. Forse non meritava la felicità. Forse non meritava una ricompensa. Questa non era una di quelle storie per i bambini babbani. Albus, che il cielo lo benedica, benché sorridesse sempre malizioso ,non era mai stato il Principe Felice e lui non era per niente né innocente né di buon cuore come la piccola rondine. Un futuro felice, l’amore, qualcuno di cui fidarsi, non era altro che una fantasia – la speranza di uno sciocco. Era così stanco di sperare invano, così stanco di quella lotta eterna. Perché non mollare? Perché non arrendersi al fato una volta per tutte? Tutto sarebbe diventato più facile una volta smesso di ribellarsi.

Una singola lacrima scivolò lungo la sua guancia. Era d’argento. Argento pieno di memorie di tempi andati. Le parti in quella recita erano state da tempo assegnate e la scena seguente era stata già ben orchestrata. Un sospiro tremante fuoriuscì dalle sue labbra. Poi avrebbe detto a Potter di avvicinarsi. Appena alcuni secondi di dolore ancora e tutto sarebbe finito. Aprì la bocca per parlare, ma poi si raggelò. Dita sottili si stavano avvolgendo attorno la sua mano. Le sue dita, che si erano da tempo intorpidite e congelate, improvvisamente formicolarono mentre il calore si spargeva ancora una volta al loro interno. I suoi sensi gli dicevano inequivocabile che c’era qualcuno che gli stava tenendo la mano, ma quando controllò, non c’era nessuno. Era solo uno scherzo della sua immaginazione, provò a dirsi. Ma nel momento stesso in cui era quasi riuscito a convincersene, qualcuno strinse ancora la sua mano e lo chiamò per nome. Quella voce – era familiare. Toccava una corda nel suo intimo: un dolore meraviglioso - morbido, tenero e languido – che lo faceva commuovere e lo spronava a sperare ancora.

Potter lo guardava confuso, non sapendo se doversi avvicinare o rimanere dove fosse. Non gli aveva ancora parlato, realizzò. Non stava andando come era previsto, come avveniva sempre.

Le sue riflessioni vennero interrotte quando sentì ancora quella voce. Lo stava chiamando per nome. Nessuno avevano mai pronunciato il suo nome in quel modo. La voce suonava un po’ risentita, eppure affettuosa. C’era anche una nota di preoccupazione,  se non si sbagliava.

Era solo un’illusione di conforto prima che morisse? Era il suo cervello, che stava rilasciando disperatamente ogni  specie di ormoni per sommergere il suo sistema prima che esso collassasse definitivamente? Scoprì che non gli importava. Preferiva piuttosto aggrapparsi a quell’illusione che arrendersi all’ineluttabilità della morte.

La scena si dissolse, il grigio della Stamberga Strillante venne scacciato da un caldo bagliore arancio. Una debole  luce scintillava sul suo viso allo schiudersi delle sue palpebre. Stava gradualmente ritornando in sé, diventando cosciente di quello che lo circondava e rendendosi conto di essere coricato su un soffice letto  accanto a qualcuno. E non una persona qualsiasi, la donna che stava tenendo la sua mano - Abigail. Sbatté le palpebre un paio di volte, mentre la confusione faceva gradualmente largo alla chiarezza.

“Era solo un sogno,” disse dolcemente. Le sue dita lo stavano accarezzando, teneramente scivolando nella parte interna del suo braccio, ignorando completamente il tatuaggio sbiadito che vi era ancora visibile. “Solo uno stupido sogno ,” disse ancora, come per riassicurare sia se stessa che lui.

Adesso si supponeva dovesse dire qualcosa, rassicurarla che era ritornato in quella realtà ancora una volta. Ma cosa? Poteva sminuire quella visione orribile con un “niente, solo un incubo” e fingere semplicemente che non fosse mai successo. O poteva dirle tutto. O poteva dirle mezze-verità. Poteva fare molte cose. Mentre stava ancora riflettendo sulla sua risposta, si sentì dire, “Ho sognato che stavo morendo.” Aveva deciso per la verità, quindi.

Lei deglutì sonoramente, visibilmente scossa dalla sua cruda ammissione. Le sue dita si librarono immote per un attimo sulla sua pelle, prima di abbassarsi ancora per stringere forte la sua mano. “Era…” si leccò nervosamente le labbra, “era quello che ti è successo…”

“Sì,” tagliò corto lui, trovando in qualche modo doloroso che  lei avesse difficoltà con le parole, quando era solitamente così brava a trovare la cosa giusta da dire.

“Oh,” disse lei, cambiando posizione in modo da appoggiarsi alla testiera del letto, senza che mai i suoi occhi abbandonassero quelli di lui. Severus notò la sua mancanza di vestiti: aveva solo una canottiera bianca e un paio di pantaloncini neri. Tutti i pezzi del puzzle cominciarono a ritornare al suo posto e si ricordò che cosa era accaduto prima e perché anche lui fosse soltanto in biancheria intima.

Un piccolo moto divertito delle labbra fu l'unica indicazione che lei avesse notato la sua confusione. Ma Abigail non si concesse un sorriso, la situazione era fin troppo seria. Dopo un po’ decise di parlare ancora. “A volte i sogni sembrano anche troppo reali.”

“Spero di non averti svegliato.” Lui nascose la sua evasività  dietro la cortesia.

“Non mi hai svegliato. Ho il sonno leggero dalla,” fece una breve pausa, “… dalla guerra.”

Adesso fu il turno di lui di sentirsi leggermente scosso. “Non lo sapevo.”

“Perché avresti dovuto? Non è mica colpa tua.” disse dolcemente.

Seguì una lunga pausa. Lei rotolò su un fianco per mettersi di fronte a lui. I suoi occhi gentili tracciarono i suoi contorni per un po’, prima di avvicinarsi timidamente per carezzare la sua guancia ancora bagnata. La comprensione di ciò che aveva fatto lo colpì come una doccia d'acqua ghiacciata. Non aveva solo pianto nel sonno. Aveva pianto davanti lei. Benché lei non avesse detto niente, il suo gesto rendeva fin troppo chiaro che non le fosse sfuggito. Si sentì mortificato.

“Non devi vergognarti. Sono solo io,” disse lei con la voce poco più di un bisbiglio, mentre il suo pollice accarezzava ancora la sua guancia. “Nessuno può essere sempre forte.”

Sapeva che lei non gli avrebbe mai rinfacciato di aver pianto, che non lo avrebbe mai deriso per aver mostrato le sue emozioni, ma nonostante questo non si sentiva a suo agio. Forse non lo sarebbe mai stato.

“Lo so questo,” rispose e suonò più burbero di quanto volesse.

“Bene,” gli sorrise. Fortunatamente non lei non era il tipo da tenere il broncio.

Il  suo lato cinico non poteva far altro che farle la domanda seguente. Era intrinseco nella sua natura aspettarsi sempre il peggio e l'esperienza gli aveva insegnato che quella fosse la più saggia linea d’azione. Era più facile così evitare di rimanere deluso. “E se fosse solo un sogno?”

Lei aggrottò le sopracciglia.“In che senso?”

“E se stessi sognando adesso?” chiese con una voce vuota con lo sguardo ancora fisso sul soffitto bianco.

“Perché questo dovrebbe essere un sogno?”

“Perché è troppo bello per essere vero.”

“E pensi di non meritartelo? È questo?”

“Forse.”

Abby sospirò. A volte era duro essere ottimista per entrambi, quando lui era il pessimismo fatto persona. “Sei veramente sicuro di voler iniziare con me un dibattito filosofico alle tre del mattino?”

“Credo che ritornare a dormire sia ormai fuori discussione.”

“Va bene,” sospirò forte Abby , passandosi una mano tra i capelli scombinati. “Così tu pensi che niente di buono possa accadere nella realtà. È questo, quello che stai cercando di dire?”

“Niente di buono può durare nella realtà.”

“Pensi che anche noi non dureremo?” Lei cercò di mantenere un tono di voce neutrale ma il timore vi si insinuò ugualmente. “Spero che tu non ti sia già stancato di me.”

“No.” Una pausa. “E dubito che succederà mai.” La guardò con quei suoi occhi neri che brillavano nella penombra. Lei gli schioccò un veloce bacetto sulle labbra, sentendosi  incredibilmente sollevata.

“Forse hai già finito tutto il tuo “cattivo” karma. Dopo tutte le cose terribili che ti sono accadute, dopo tutto quello che hai passato, non pensi di meritare un po’ di felicità?”

Lui esitò. “No.”

La sua risposta la gelò fino all’osso. Si sedette bruscamente sul letto. “Perché?”

Lui rimase in silenzio, con gli occhi ancora rivolti al soffitto.

“Ti odi così tanto? Come puoi…” Si fermò, provando a riportare l’ordine nel subbuglio di pensieri all'interno della sua testa. “Non capisco. Io… Severus, io non ti vedo così. Potresti non essere perfetto, ma neanche io lo sono. Nessuno lo è. I nostri errori e i nostri fallimenti si sommano a cosa siamo già. La cosa importante è come li prendiamo: se li ignoriamo e basta, e continuiamo la nostra bella vita o se proviamo ad imparare qualche cosa da loro. È questo che fa tutta la differenza.”

“Forse avrei potuto fare di più…”

“No,” disse lei. Non c’erano tracce di dubbio nella sua voce. Era risoluta ed inflessibile. “Non avresti potuto.”

“Nel profondo, sono sempre stato egoista. Avevo sempre così paura di morire. Non posso non pensare che la paura mi abbai frenato, impedendomi di fare ciò che era necessario.”

“Non riesco a capire come il desiderio di sopravvivere dovrebbe renderti egoista.”

“Se non mi fossi aggrappato così disperatamente alla vita, se non fossi stato così impaurito della morte, forse avrei potuto fare di più. Avrei potuto fare le scelte giuste, se il mio timore non avesse sempre avuto la meglio,” pensò lui ad alta voce.

“Ma se ti fossi sacrificato, non avresti più potuto essere d’aiuto per nessuno.”

“Ci sarebbe stato qualcun altro.”

“Non sei sostituibile. Non per me,” scosse la testa con veemenza. “Non sarei qui ora, se non fosse stato per te. Avery e Tennyson mi avrebbero ucciso.”

“Ci sarebbe stato qualcun altro a salvarti,” ripeté lui.

“No, non è vero. E non c’è nessuno  di cui io mi fidi quanto te.”

“Perché io? Che cosa c’è di così speciale in me?”

“Di te? Tutto,” rispose lei in tutta sincerità.

“Devo ritenermi fortunato che il tuo ottimismo sia sempre così imperturbabile.” Le rivolse un debole sorriso.

“Il mio ottimismo non c’entra niente. Credo in te, e basta. Ecco.”

“Perché?”

“Perché tu non lo fai e hai bisogno di qualcuno che lo faccia.”

Severus era profondamente toccato dalle sue parole e poiché sapeva che non sarebbe mai riuscito a trovare le parole giuste per esprimere come si sentiva, cercò di mostragliele con un gesto. Allungò il braccio, facendole segno di venire più vicino. Abigail accettò prontamente, modellando il suo corpo caldo contro quello di lui. Poggiò la testa sulla sua spalla destra, premendo la schiena contro il suo petto, così da poter sentire il calore del suo corpo e il movimento della sua cassa toracica ad ogni respiro. Titubante, il braccio sinistro di lui le circondato la vita. Come di consueto i suoi movimenti erano cauti, come se fosse ancora impaurito che la potesse spaventare o offendere in qualche modo. Quei timori si rivelarono essere del tutto infondati, perché presto lei si rannicchiò ancora più vicino a lui.

“Non voglio che questo sia un di sogno…” La voce di Abby era ora diversa, bassa e soddisfatta, poco più di un bisbiglio. “E se lo fosse, non vorrei svegliarmi mai più.

“Neanche io,” ammise lui delicatamente, crogiolandosi nella sensazione di tenerla tra le braccia, che era come sempre vicino a sopraffarlo.


Note della traduttrice besemperadreamer: ciao a tutti^^ 
nihal93 non temere:-) ho promesso che gli aggiornamenti saranno più che veloci!
jillien la storia originale è già completa, e conta in tutto 15 capitoli (sulla stessa coppia l'autrice ha anche scritto due drabble e uno one-shot che forse tradurrò in seguito) che sono già belli e pronti per essere postati. Lascio un margine di un paio di giorni per dare tempo a tutti di leggere, e di RECENSIRE....

Vi mando un bacio e richiedo un attimo del vostro tempo per lasciare un commentino su storia e traduzione...

Alla prossima!

  
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