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Autore: Emy_n_Joz    12/10/2010    3 recensioni
Assassini. Templari. Sappiamo già cosa fecero in passato. Ma cosa direste se ci aiutassero a reinterpretare uno dei più grandi eventi della storia?
Francia, 1789. L’inverno è particolarmente rigido, soprattutto per chi adesso non ha più una casa. Il popolo ha fame; la carestia e il gelo hanno divorato ogni cosa. Le tasse non fanno che aumentare di giorno in giorno, rendendo la situazione insostenibile. E strani individui, coperti da un mantello bianco e con il viso nascosto da un cappuccio, si muovono per i vicoli, come ombre, tra questa desolazione. Al contrario, alla corte del re, il fasto e l’opulenza dominano con una totale indifferenza su tutto quello che succede al di fuori delle mura di Versailles, sugli intrighi, sulle feste e su nobili abbigliati riccamente, e sfoggianti anelli dorati, intarsiati di pietre preziose con la forma di una strana croce scarlatta. Dalla cima della Tour du Temple di Parigi, un mantello bianco è sospinto dal vento a tempo con la bandiera strappata recante il fleur de lis dei Borboni. Sotto il cappuccio, le labbra piene e rosse accennano un sorriso. Un attimo e, con un sussulto dell’aria e il grido stridente di un falco o di un’aquila, la figura è sparita, lasciando soltanto come segno del suo passaggio lo sbattere fremente e spaventato delle ali di alcuni colombi.
E ciò che verrà dopo sarà l’inferno, o la sua fine.
Genere: Avventura, Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Assassin's Creed: Revolution'
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Francia, 1787

Dall’interno della stanza, la ragazza sentì il rumore di passi e di voci aumentare gradualmente. I tre uomini entrarono; lei li riconobbe subito.

Il mandante era un tipo basso, tozzo, dal colorito giallognolo e dallo sguardo sfuggente. Indossava vesti lussuose ed elaborate, che per un attimo le fecero storcere le labbra. Da bravo codardo si era portato dietro due guardie del corpo, dei veri e propri soldati in armatura che comunque, pensò la ragazza, in caso lei avesse avuto davvero cattive intenzioni, gli sarebbero stati completamente inutili.

La stanza era piuttosto squallida. Era quasi del tutto buia, e l’unica fonte di luce proveniva da una finestrella che per di più era in buona parte sprangata. Al centro c’era un lungo tavolo di legno e delle sedie.

Una di esse era occupata da qualcuno, di cui era impossibile cogliere i lineamenti, completamente nascosti dall’ombra di un ampio cappuccio nero.

Quel qualcuno era Arnielle.

La ragazza non si mosse quando i tre uomini entrarono nella stanza. Al contrario rimase seduta scompostamente, con le spalle appoggiate allo schienale della sedia e le gambe accavallate sotto il lungo mantello.

Il mandante dal viso giallo si bloccò qualche istante a guardarla, visibilmente stupito di vederla già lì. Fece per ricomporsi, ma una certa inquietudine gli rimase stampata sul volto.

“Sei qui per il contratto?” chiese con voce brusca, ma incrinata da un tremolio appena percettibile.

Arnielle alzò appena il viso, un sorriso di scherno dipinto sulle labbra rosse. “Molto imprudente, da parte vostra, domandarlo così apertamente. Se non fossi stata io, avreste potuto compromettervi.”

L’uomo aggrottò le sopracciglia in un’espressione mista tra l’indignato e il nervoso. Poi, senza dire altro, si sedette sulla sedia all’altro capo del tavolo. Le due guardie si portarono alle sue spalle, ai due lati della sedia, con le braccia incrociate e l’aria vagamente minacciosa.

Forse volevano incuterle timore. Peccato per loro che ci volesse molto, molto di più per spaventare Arnielle.

“Ebbene?” fece la ragazza con voce tranquilla e leggermente annoiata, picchiettando un paio di volte il tacco dello stivale sul pavimento. L’uomo rimase qualche altro secondo in silenzio, a disagio, così Arnielle provvide a imbeccarlo di nuovo. “Sto solo aspettando che mi diciate quello che devo fare. Sapete, chi devo far fuori.” disse con leggerezza calcolata.

L’uomo sussultò appena, e prese a tormentarsi le mani. “Si tratta di Monsieur Legorge. E’ un uomo piuttosto ricco e potente, da queste parti, sono certo che lo conoscete. Abita nella grande tenuta appena fuori città e… E si è macchiato di un reato che non può essere perdonato.” disse con un leggero scatto d’ira.

Tacque per qualche istante. Di certo si aspettava che Arnielle gli chiedesse di che cosa si trattava, ma lei se ne fregava. Conosceva le scappatelle di Legorge, quasi tutti le conoscevano. Chissà di chi era la figlia che aveva violentato stavolta.

“Lo conosco.” tagliò corto “Dunque?”

“Bhé…” balbettò l’uomo, senza guardarla “Insomma, la sua tenuta è molto sorvegliata, e so che si fa sempre scortare da una guardia del corpo. Non sarà un’impresa facile riuscire a…”

“Voi preoccupatevi del denaro. Io penserò all’omicidio.” lo interruppe duramente Arnielle, raddrizzandosi un po’ sulla sedia. “Quanto?” chiese poi passando al sodo.

Il mandante sembrò immediatamente recuperare un po’ di sicurezza. “Sono disposto a offrirvi cento livres [1] per il vostro servizio.”

La ragazza rise sarcastica. “Per quella cifra, al massimo posso tagliargli una mano.”

L’uomo digrignò i denti e strinse i pugni. “Duecento.”

Arnielle rimase qualche istante in silenzio. Poi si allungò sul tavolo con fare cospiratore, e mostrandogli un sorriso complice mormorò: “Pensavo che vostra figlia valesse di più per voi.”

Il mandante s’irrigidì e la fissò con gli occhi sbarrati. La ragazza vide distintamente il dolore e la vergogna tingergli le guance pallide di un rosso sgradevole.

“Cinquecento.” disse infine Arnielle, riappoggiandosi allo schienale della sedia “O potete scordarvi il mio aiuto.”

L’uomo si morse le labbra, lo sguardo basso, indeciso. Poi risollevò il capo, e annuì. “D’accordo.”

“Ma, seigneur!” esclamò improvvisamente una delle due guardie, attirando lo sguardo sia dell’uomo, sia di Arnielle, sia della seconda guardia nella sua direzione.

La ragazza inarcò le sopracciglia. Si era accorta fin dall’inizio che quel tale si tratteneva a stento dal parlare, ma non credeva che avrebbe osato farlo.

“Quella è solo una ragazzina! Siete davvero sicuro di potervi fidare di lei?” chiese sconvolto.

La ragazza non dette neanche tempo al suo padrone di rispondere. In un lampo non era più sulla sedia, e l’istante dopo apparve alle spalle della guardia, cingendogli il collo con il braccio e puntando un pugnale dritto alla sua gola. Il pomo d’Adamo del soldato sobbalzò e la lama disegnò un sottile taglio rosso sul suo collo.

Arnielle abbassò lo sguardo sul mandante, e il suo volto giallo sbiancò in un secondo. Fece un sorriso che somigliava più a un ghigno.

“Giudicate voi.” disse Arnielle minacciosamente.

Il volto di tutti i presenti nella stanza sbiancarono, chiaramente terrorizzati e impressionati dall’agilità della ragazza.

Il mandante si riprese  e disse: ‘’D’accordo Pierre, la prossima volta tieni i tuoi dubbi per te visto che riesci soltanto a fare danni…’’.

‘’Chiedo scusa seigneur… ma ditele di lasciarmi!’’

Senza aspettare l’ordine, la ragazza allentò la presa sull’uomo e ripose il pugnale.

‘’Allora è deciso… Cinquecento livres per il lavoro che mi avete assegnato… Duecentocinquanta prima, e il resto dopo l’omicidio. Ci vediamo qui tra una settimana esatta, d’accordo?’’, ma quella era più un’affermazione che una domanda.

‘’Sì…’’ rispose il mandante. ‘’Buona fortuna.’’ aggiunse poi.

‘’Questo è un augurio che andrebbe fatto a Monsieur Legorge, non a me…’’, e Arnielle, dopo essersi sistemata il cappuccio sulla testa, lasciò la stanza.

 

 

Una settimana dopo...

Era tardi. Saranno state almeno le undici e mezza. Dormivano tutti, nella piccola casa, così Arnielle non avrebbe dovuto inventarsi le solite scuse per Marie.

Sospirò e indossò il mantello, poi si allacciò la cintura che tintinnò per il peso dei pugnali. Afferrò un nastro, e prese ad intrecciarsi i lunghi capelli scuri. Lo sguardo le cadde per caso sulla lastra di metallo lucido che sua madre usava per specchiarsi. Sembrava decisamente più grande dei suoi diciassette anni. Il viso era piccolo, ovale e diafano, e le guance piuttosto incavate. Aveva un naso grazioso, leggermente all’insù, e labbra piene e rosse che contrastavano con il pallore della pelle quanto le sopracciglia aggrottate e l’espressione seria con i tratti infantili del viso.

Si scoprì a pensare che somigliava a sua madre.

Tranne che per gli occhi. Di quel marrone scuro e profondo così diverso dall’azzurro di Marie. Arnielle sapeva che suo padre, ovunque e chiunque fosse, aveva quegli stessi occhi.

La sua non era mai stata una vita facile: da quello che ricordava, non aveva mai conosciuto la ricchezza e la piena felicità, e ormai si era abituata a quella condizione. Non chiedeva di diventare ricca o di possedere qualcosa di più; o forse sì, nel profondo del suo cuore. Avrebbe soltanto voluto crescere con suo padre accanto, e adesso lo avrebbe voluto al suo fianco affinché non le permettesse di fare quello che stava per fare. Ma d’altra parte, era soltanto colpa sua se lei si era ridotta a quella vita. E non lei e basta.

Abbassò lo sguardo stringendo i pugni, e uscì di casa.

 

Arnielle arrivò al luogo dell’appuntamento in orario, e il mandante era già lì ad aspettarla. La stanza era esattamente come la prima volta, anche la luce era la stessa. L’uomo stava in un angolo, un involto di stoffa tra le mani, e stavolta era solo.

Le si avvicinò velocemente. ‘’Tenete.’’ disse consegnandole subito il sacchetto con le duecentocinquanta livres, come se avesse paura di cambiare idea ‘’Portatemi la sua testa.’’

L’uomo e la ragazza rimasero a guardarsi per qualche secondo. Arnielle intuiva dal tremito delle sue mani che l’uomo esitava. Si disse che forse avrebbe dovuto proporgli di rifletterci con più calma, prima di vendicarsi.

Invece gli voltò le spalle, e uscì dalla stanza.

Rubò un cavallo e arrivò velocemente alla tenuta di campagna di Legorge. La villa era circondata da campi e dalle case dei contadini che li coltivavano per suo conto.

Arnielle aveva passato l’ultima settimana ad osservarla, e adesso conosceva a memoria ogni singolo spostamento delle guardie e ogni più piccola via di fuga.

Si premurò ancora una volta che nessuno la stesse seguendo. Aveva sempre quella strana sensazione, da qualche tempo a quella parte, ma quando si voltava a guardare, la strada dietro di lei era vuota.

Lasciò il cavallo appena sotto le mura, nel caso avesse avuto bisogno di fuggire rapidamente, e poi prese a scalarle con facilità. Era sempre stata brava ad arrampicarsi, e da quando era abbastanza grande da rendersene conto, aveva sfruttato questa capacità per portare a casa qualcosa da mangiare.

Giunse sul tetto della magione senza farsi vedere dalle guardie di pattuglia nel giardino interno, e sforzò lo sguardo. Sapeva che la sua vittima dormiva tutte le notti in una stanza diversa; aveva fatto parecchi torti a un sacco di gente e giustamente temeva per la propria incolumità. La difficoltà stava dunque nel trovarlo.

Improvvisamente, le sue percezioni si allargarono, accecandola, assordandola e disorientandola. Arnielle fu costretta a chiudere gli occhi per un attimo, atterrita. Le era successo già un sacco di volte, ma non riusciva ad abituarcisi, anche perché non aveva idea di cosa fosse. Era come se d’un tratto tutti i colori e i suoni del mondo le invadessero la testa.

Respirò profondamente e il mal di testa scemò. A quel punto decise di provare a riaprire gli occhi. Quando lo fece le parve strano non essersi accorta che Legorge era così vicino a lei, proprio nella stanza con il balcone sotto i suoi piedi, sul quale avrebbe potuto calarsi senza difficoltà.

Sapeva che era disteso sul suo letto, probabilmente addormentato. Decise che era giunto il momento di agire, perciò si fece coraggio e si preparò a saltare, mettendo la mano sull'impugnatura della sua inseparabile arma.

Ma proprio quando avrebbe dovuto spiccare il salto, si sentì invece tirare indietro, una morsa incontrastabile sul suo braccio, e la sua schiena sbatté bruscamente contro qualcosa, mozzandole il respiro.

Quando si riprese, si vide davanti una figura bianca e un volto coperto quasi totalmente da un cappuccio. Lo guardò con gli occhi sbarrati per qualche secondo, incredula.

Poi l’uomo incappucciato disse: ‘’ Gli Assassini non uccidono per denaro.’’

Aveva una voce roca e profonda e un tono duro. La sua stretta era forte e Arnielle capì subito che doveva essere parecchio più grande di lei.

Ma chi diavolo era quel tizio? E perché l’aveva seguita e fermata? E soprattutto, come ci era riuscito?

E poi, gli Assassini? Non aveva pronunciato quella parola come di solito facevano le altre persone; l’aveva fatto in un tono strano, quasi solenne.

Arnielle lo guardò con sfida, anche se non riuscì a nascondere una punta di curiosità. “E per cosa uccidono, allora?” replicò con la voce ancora un po’ spezzata.

“Per ciò che è giusto.” rispose immediatamente l’uomo incappucciato.

Arnielle cercò di liberarsi, spazientita, ma senza riuscirci. “Se ti può consolare, il tizio che devo ammazzare è un maiale.” sbuffò, senza smettere di dimenarsi. Quell’uomo, comunque, era un uomo. “E poi, la giustizia è soggettiva. Chi diavolo sei tu?” aggiunse poi senza girarci troppo intorno.

“Quello che può insegnarti la retta via.” disse lui, in un tono diverso, più dolce.

La mente della ragazza venne immediatamente invasa da altri pensieri e sensazioni. Per un attimo era come se nella voce di quell’uomo avesse letto una promessa; non lo conosceva, non aveva idea di chi fosse e continuava a stringerla, ma aveva parlato di giustizia e di una retta via. Due cose che sperava, ma che non aveva mai osato cercare. E lui, adesso, gliele offriva.

Smise di dimenarsi, e lo guardò attentamente.

“Come può esserci una retta via? Si tratta comunque di uccidere.” chiese piano.

“C’è.” rispose l’uomo incappucciato “Vuoi conoscerla?” le domandò poi, lasciandola andare.

Arnielle non era più obbligata a stargli vicino. Ma quando l’uomo le voltò le spalle e sparì oltre i tetti, lei lo seguì senza pensarci due volte.

 

 

Erano già le cinque e mezza del mattino mentre camminava sulla via verso casa, stanca e ancora un po’ scossa per via degli avvenimenti che le erano rovinati addosso in quelle poche ore.

Aveva seguito l’uomo incappucciato fino ad una casa abbandonata. Era piuttosto grande, in mezzo a un bosco, e aveva un grande cortile lastricato dove si erano fermati. C’erano anche un pozzo e quella che un tempo doveva essere stata una stalla.

L’uomo era rimasto a una certa distanza da lei, e Arnielle immobile in mezzo al cortile, a osservarlo e ascoltarlo.

Indossava degli abiti strani, bianchi e rossi, e si chiamava Risha. O almeno così le aveva detto. Arnielle era quasi sicura che non esistesse nessuna parola del genere nel vocabolario francese, e anche il modo in cui l’uomo la pronunciava era bizzarro. Doveva essere una parola straniera, e anche la pelle scura dell’uomo e il suo accento sembravano suggerire che venisse da lontano. 

Le aveva detto di essere un Assassino.

Ma con un significato diverso da quello comune.

Le aveva spiegato che da tempi remoti esisteva una confraternita, che raccoglieva le persone come lui e come lei, che venivano addestrate all’arte dell’omicidio fin da bambini. Adesso la confraternita si era disgregata, e i suoi membri erano sparsi nel mondo, e costretti ad operare in segreto.

Avevano il compito di combattere contro i Templari, di agire per il bene comune. Era questa la retta via di cui le aveva parlato.

I Templari erano una società segreta formata da persone che, attraverso inganni e spargimenti di sangue, avevano guadagnato fama e ricchezze. Nessuno sapeva quando fosse nata di preciso, ma nei secoli era diventata un’immensa potenza. Adesso si diramava invisibile per terre e imperi, celandosi dietro i volti di personalità di spicco e mirando a conquistare un potere inimmaginabile.

Sia i Templari che gli Assassini ricercavano la pace nel mondo, ma in modi del tutto differenti. Per raggiungere il loro scopo, i Templari volevano obbligare le persone alla giustizia, conquistando il potere. Mentre gli Assassini credevano nella libertà e nella libera scelta.

Scopo della confraternita degli Assassini, era perciò sventare i piani dei Templari, evitare che riuscissero ad ottenere ciò che bramavano e cercavano senza posa da più di cinquecento anni.

L’uomo gliene aveva parlato con una tale forza e convinzione da infiammarla. Arnielle, fin da quando era nata, non si era mai sentita davvero parte di qualcosa. Ma adesso, nelle parole di Risha avvertiva una sorta di familiarità, come se sentisse che tutta la sua esistenza si sarebbe ricondotta a quel momento. Come se in fondo, avesse sempre saputo che apparteneva a quella forza che srotolava la sua vita attraverso i secoli, fino ad arrivare a lei.

“Ma perché dovrei crederti?” gli aveva chiesto, una volta che l’uomo aveva finito di parlare.

Lui aveva dischiuso le labbra in un sorriso bianchissimo, sotto il cappuccio. “Perché un sacco di cose sarebbero spiegabili molto più facilmente, se fosse vero.” si era limitato a rispondere “E poi…”

E su quelle parole si era sentito uno scatto metallico, e due sottili pugnali erano usciti dalle maniche dell’uomo. Arnielle aveva spalancato gli occhi e aveva sussultato, affascinata.

“Perché con queste due lame ho ucciso più Templari di quanti tu possa supporre.” Con un identico scatto metallico, le aveva ritirate dentro le maniche. “E te lo dimostrerò, insieme a tutto quello che ti ho raccontato… Se deciderai di seguire l’addestramento.”

A quel punto Arnielle si era accigliata, e non aveva potuto fare a meno di chiedere: “Perché proprio io?”

Risha, solo allora, le si era avvicinato. “Perché ti ho osservata, Arnielle. Ho visto come ti muovi, ciò che sai fare. E tu sei destinata a diventare una di noi.”

La ragazza non era neanche riuscita a chiedergli come conoscesse il suo nome, tanto era stupita.

“Seguirai il tuo destino?” aveva detto allora lui, con serietà.

Arnielle aveva abbassato lo sguardo. “Immagino che dovrò smettere di farmi pagare.”

L’uomo aveva sorriso. “Immagino di sì.”

“Non posso permettermelo.” aveva detto allora la ragazza, con una stretta al cuore “Ho una famiglia da mantenere.”

“Ti darò io i soldi che ti servono.”

Arnielle, incredula, lo aveva guardato come si guarda un salvatore. E poi, senza più esitare, aveva detto di sì.

Si riscosse e accelerò il passo, ormai in vista dei suoi campi, quelli in cui era stata bambina.

Abitava in una piccola casina di campagna, ed era lì che era nata, in mezzo alla povertà… e senza la presenza di suo padre. Le avevano raccontato che quel giorno di diciassette anni prima nella sua casa c’erano soltanto due donne che gestivano la situazione, e poi ovviamente c'era sua madre.

Arnielle sapeva che prima di metterla al mondo la vita di Marie era migliore. Ma il motivo per cui era peggiorata non era lei.

Improvvisamente, le era cambiata l’esistenza: da quando il padre di Arnielle l’aveva abbandonata che era ancora incinta di lei, Marie si era ritrovata sola, troppo giovane e inesperta per crescere una figlia senza l'aiuto di nessuno, perché oltretutto Arnielle non aveva nonni, che lei sapesse.

Nonostante glielo avesse chiesto molte volte, Marie non aveva mai avuto il coraggio di spiegarle perché suo padre le avesse abbandonate.

Arnielle odiava quell’uomo, anche se non l’aveva mai conosciuto: lo considerava spregevole, e, sostanzialmente, un grande stronzo. E questa era la considerazione che riservava un po’ a tutti gli uomini.

Sua madre, nonostante tutto, aveva deciso di portare avanti la gravidanza, perché aveva sempre amato colui che l’aveva abbandonata, e Arnielle sapeva che, in fondo, lo amava ancora.

Anche se dalla sua nascita, per portare avanti la piccola famiglia, aveva dovuto concedere le sue grazie a qualunque uomo che la guardasse con particolare interesse e potesse permettersi di soddisfarlo.

Questo però aveva portato la famiglia ad allargarsi, perché sua madre era rimasta incinta molte altre volte, senza neanche sapere di chi fossero quegli innocenti bambini. Arnielle, infatti, aveva due sorelle e tre fratelli.

Ma Marie voleva un bene dell’anima a tutti, e per mantenerli avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche se questo comportava farsi una nomina che ormai non avrebbe più potuto scollarsi di dosso.

Da un po’ di tempo a quella parte, però, provvedere alla famiglia era diventata un’impresa troppo difficile da portare avanti per lei sola.

Così Arnielle, tanto giovane, la più grande di tutti, si ritrovava ad uccidere per denaro, e lo faceva di nascosto, senza dire alla madre dove andasse o cosa facesse realmente.

Raggiunse la piccola casetta ricoperta d’edera e, cercando di fare meno rumore possibile, aprì la porta.

Varcando la soglia e vedendo i suoi fratellini stesi a dormire tutti abbracciati non poté fare a meno di concedersi un dolce sorriso e uno sguardo pieno d’affetto nei loro confronti.

“Sei tornata, finalmente!”

Arnielle trasalì, e spostò lo sguardo sulla donna seduta al piccolo tavolo. Sua madre la fissava con uno sguardo pieno d’ansia e rimprovero. La ragazza si chiese come, se era capace di sentire il sibilo di una freccia a un’enorme distanza, non riuscisse mai ad accorgersi della presenza di sua madre.

“Ti ho aspettata alzata tutta la notte. Si può sapere dove ti eri cacciata?”

“Abbassa la voce, mamma, sveglierai i bambini.” sussurrò Arnielle, cercando di addolcirla. Poi le si avvicinò, e le mise tra le mani il  sacchetto con le duecentocinquanta livres.

La donna aggrottò le sopracciglia, e dopo averlo aperto sollevò su di lei uno sguardo stupefatto. “Dove hai preso questi soldi? Arnielle, se te li procuri in modi illegali o pericolosi, io non…”

“Lascia stare, mamma. Questi soldi ci servono, punto. Adesso vado a dormire, sono molto stanca.” le disse, prima di sfiorarle la guancia con un bacio e dirigersi verso la sua piccola stanzetta.

La donna, dietro di lei, mormorò un altro debole: “Arnielle…”, ma la ragazza si chiuse la porta alle spalle, e si lasciò cadere sul letto.

Chiuse gli occhi sperando che, anche se aveva la testa piena di eventi, riuscisse a dormire almeno un paio d’ore.

 

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[1] Sinceramente non abbiamo ben capito quali diavolo di monete venissero utilizzate in quel periodo dalla popolazione francese; in alcuni film vengono nominate queste livres, ma altre fonti parlano di Louis d'or. Ci siamo documentate ulteriormente, e alla fine abbiamo optato per le livres, visto che le abbiamo trovate più spesso rispetto ai Louis d'or.

Rieccoci qui, con il secondo capitolo. Come vi sarete sicuramente accorti, non ha niente a che fare con il precedente, prima di tutto perché siamo tornati indietro di due anni, e poi perché non c'è traccia di Damien. Come avete potuto constatare voi stessi, infatti, abbiamo introdotto due nuovi personaggi che avranno un ruolo fondamentale all'interno della storia: la giovane e ribelle Arnielle, e questo misterioso uomo che dice di chiamarsi Risha, un nome altrettanto misterioso. In più, vi abbiamo fatto un piccolo quadro di quella che è la famiglia di Arnielle, che conosceremo meglio nei capitoli successivi. Avrete notato, infatti, che stiamo evitando con tutte le nostre forze (e una certa difficoltà) di dilungarci nelle descrizioni e nella narrazione in generale. Per adesso preferiamo così, per non appesantire la partenza. Anche se per il momento, magari, la cosa potrà darvi fastidio e deludervi anche un po', vi assicuriamo che nel corso della storia capirete la motivazione della nostra scelta.

Ora però, non vi diciamo altro, se non che vi aspettiamo in numerosi al prossimo appuntamento con Assassin's Creed: Revolution, tra una settimana circa.

Ah, dimenticavamo... Il titolo della fanfic! Probabilmente avrete notato che il titolo è cambiato rispetto a quando abbiamo pubblicato il primo capitolo, questo perché siamo tutte e due stupide, e nessuna di noi si era ricordata di metterlo subito così, prese com'eravamo a pubblicare per la prima volta.

Quindi, perché questa divisione in sequenze?

Prima di tutto perché è una fanfic abbastanza lunga e impegnativa, e sicuramente sarà molto più piacevole leggerla “a pezzi” che non tutta insieme, soprattutto per il numero spropositato di capitoli che potrebbero venirci fuori, che (ne siamo quasi sicure) vi spaventerebbero altrimenti.

Altro motivo... Per organizzarci. E' stato molto più semplice far tornare la trama con i vari eventi storici (che, decisamente, non sono pochi durante la Rivoluzione francese), e questo ci ha aiutato a inserire i personaggi e le loro storie con più facilità all'interno del contesto.

Ma l'idea, comunque, non è stata proprio nostra. Infatti, chi ha giocato a ACII si ricorderà benissimo che la storia era divisa in diverse sequenze da sbloccare man mano che si procedeva nel gioco; questa cosa ci è piaciuta molto e abbiamo voluto riproporla nella nostra storia.

Adesso vi lasciamo davvero (“Finalmente!” esclamarono tutti xD), e vi auguriamo una buona lettura.

Emy n' Joz

 

…invece no, non ce ne andiamo. Come potremmo farlo senza prima ringraziare i nostri recensitori? u.ù (che emozione o______O!)

Phantom G:  Giada! (scusa, ma abbiamo la brutta abitudine di prendere subito confidenza XD) Grazie di essere la prima recensitrice! Ci siamo quasi chiamate in contemporanea quando siamo entrate su EFP e abbiamo visto quell'1 tanto agognato! Ovviamente poi la Silvi è arrivata prima... Arriva sempre prima lei. (Okay, è ufficialmente strano parlare di noi due insieme, e poi in terza persona!). Per ciò che hai fatto ti venereremo per tutte le nostre vite, e anche per essere stata una delle poche (insieme a Runa) a considerare quella povera one di Elisa! Ti ringraziamo tanto anche per tutti i complimenti che ci hai fatto (e non è vero, abbiamo letto qualcosa di tuo, e scrivi benissimo XD) e sì, Damien conosceva la vittima. Il perché però... miiiiistero! Poi, per quanto riguarda il consiglio che ci hai dato sull'utilizzare delle espressioni francesi, bhé... ci avevamo già pensato! Ma grazie lo stesso, continua a darci dei suggerimenti, cercheremo di sfruttarli il più possibile!

RunaMagus: Essere recensite da te è un onore. Appena abbiamo visto che avevi lasciato una recensione, sono quasi svenuta (questo per quanto riguarda Emy, perché Joz ha corso urlando per mezz’ora nella stanza -.-‘’) Eh, ma Emy è deboluccia… Comunque grazie. Grazie! *.* Siamo commosse! Come già abbiamo risposto al tuo commento al trailer, è esaltante essere lodate dalla propria scrittricedifanfiction-mito. Per quanto riguarda il fatto di estrarre e ritrarre la lama, lo adoriamo anche noi. Oh, se lo adoriamo! Se –come speriamo vivamente- continuerai a leggere, lo scoprirai xD

Yojimbo: …grazie mille!!! Siamo onorate del tuo bellissimo complimento. Cavolo, siamo rimaste senza fiato; che coraggio a etichettarci già come la fanfic più coinvolgente della sezione. Cercheremo di non deludere le tue aspettative, e speriamo vivamente che continuerai a recensire. Soprattutto se continui a farci tutti questi complimenti! xD Puoi anche criticare se vuoi, ovviamente. … … …Scherzavamo xD

In più, ci tenevamo particolarmente a comunicare a tutti (anche a chi si è semplicemente fermato a leggere senza recensire, e siete stati tanti o__________O) che ci avete invogliato tantissimo a proseguire con la nostra storia, e speriamo che non sarà soltanto un fenomeno passeggero (ma davvero tanto!).

Adesso ci dileguiamo (stavolta sul serio, lo giuriamo cavolo! xD). Alla prossima settimana, cari!

  
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