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Autore: Fiamma Drakon    14/10/2010    1 recensioni
Erika cercò di districarsi dalle lamiere contorte del mezzo, senza riuscirci.
Della piramide che aveva gelosamente custodito, nessuna traccia.
Le lacrime le pungevano gli occhi e il fumo le impediva di respirare. Gli occhiali erano volati chissà dove a seguito dell’impatto e tutto il mondo circostante le appariva come una sfocata chiazza di colori.
Tossì, lacrimando.
«Papà! Papà!» chiamò, piangendo e imprecando tra sé.
Ma io, come diavolo ci sono finita in questo inferno...?!

[Linguaggio colorito; possibile cambio di rating]
Genere: Azione, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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7_Trappola fuori 'casa' Appena furono fuori, notarono che aveva iniziato a piovere: l’acqua scrosciava fitta, accompagnata dal ripetitivo e basso rumore delle gocce che s’infrangevano al suolo. Sembrava quasi una melanconica nenia che fungeva da sottofondo musicale alla scena di quotidianità che scorreva davanti a loro.
Alan inspirò la fredda aria umida di pioggia come fosse un balsamo lungamente atteso: finalmente era fuori da quella biblioteca, libero di poter nuovamente prendere in mano la situazione e, soprattutto, rendersi di nuovo utile.
Quanto gli era mancata la sensazione di avere un’utilità in quella faccenda...!
Si voltò verso sua figlia e solo a quel punto notò quanto effettivamente fosse rimasta “segnata” da quello che era successo all’interno dell’edificio: i capelli erano schizzati di rade chiazze rosso scuro, così come il viso e i pantaloni. La maglietta, invece, era tutta bagnata di sudore e le era aderita al petto, mettendo in risalto il piccolo seno, così come alcuni ciuffetti scappati alla coda di cavallo si erano incollati sulla sua fronte.
«Non puoi andare in giro conciata così» affermò.
«Tranquillo. Andiamo al cimitero e mi cambio» disse lei, sorridendogli in modo radioso e caldo: era felice di essere sopravvissuta all’aggressione anche grazie al proprio personale contributo.
Si sentiva utile e ciò la faceva sentire bene.
«Okay» replicò semplicemente suo padre.
Andarono a recuperare la macchina e se ne andarono, diretti al cimitero.
Durante il tragitto biblioteca-auto, l’uomo aveva avuto modo di notare un certo persistente buonumore nella figlia del quale non riusciva a spiegarsi la ragione: insomma, erano appena stati aggrediti e lei aveva appena rischiato la vita!
Anche una volta avviato il motore della macchina e partiti, il sorriso di Erika continuò a rimanere impresso sul suo viso.
«Ehm... perché sei così contenta?» domandò dopo un po’ Alan, a disagio, dando un’altra occhiata sfuggente all’espressione allegra della figlia, che si guardava intorno come se vedesse tutto ciò per la primissima volta.
Lei arrossì un po’.
«Niente di particolare»
«No...?»
«Be’, forse... - esitò - È per via di quelle trasmutazioni» disse infine, come se si fosse finalmente tolta un grosso peso dal cuore. Forse era semplicemente ansiosa di mettere al corrente suo padre del motivo della sua gioia.
«Trasmutazioni?» ripeté l’uomo, inarcando con fare interrogativo un sopracciglio.
«Sono trasformazioni della materia. Quella cosa con cui ho messo KO il compare di Felix era stata trasmutata».
Non sapeva come altro definirla: non le veniva in mente niente di preciso.
«Intendi quella cosa che hai fatto con quella bolla d’energia rossa?»
«Sì... quella. È... be’, è stato fantastico! L’ho sognato per tutta una vita!!» esclamò Erika, addossandosi al sedile, rilassata, socchiudendo gli occhi.
Era la prima volta che la vedeva così tranquilla, da quando si erano incontrati.
Non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un mezzo sorriso: era bello vederla sognare ad occhi aperti, anche in mezzo ad un casino madornale come quello in cui si trovavano. Era dell’opinione che mantenere una certa dose di buonumore avrebbe impedito ad ambedue di perdere il senno.
Eppure, c’era qualcosa che, in quello che lei aveva appena detto, non gli tornava. Un suo dubbio, per l’esattezza, venuto fuori mentre ragionava sulle parole della figlia.
«Mi chiedo però... perché tu ora possa fare quelle trasformazioni. Cioè... hai detto anche tu che l’hai sognato per tutta la vita e... be’, mi sembra strano che un sogno del genere possa realizzarsi così, all’improvviso...» esclamò, spostando per un istante gli occhi dalla strada.
In quelli di Erika apparve un cipiglio vagamente serio.
«Me lo sono chiesta anch’io e credo di aver anche trovato una risposta: penso che c’entri Circe» replicò, soppesando ogni parola, come se volesse evitare di dire troppo.
«Circe?»
«Esatto. Ricordi ieri sera, quando ci ha parlato? Ricordo che aveva detto qualcosa riguardo all’attuale incapacità per noi umani di praticare riti alchemici e magici. Poi ha detto di volermi fare un dono... e ha pronunciato una parola strana, incomprensibile...» spiegò la ragazza.
Anche se durante la conversazione con Circe non era molto in sé, ricordava quell’ultima parte del discorso con chiarezza.
«Stai cercando di dire che ti ha in qualche modo... capacitata di fare queste cose?»
«Circe era una grande maga dell’antica Grecia. Non mi sorprenderei se sapesse fare certe cose» ammise Erika.
«Okay, quindi ipotizziamo che Circe ti abbia dato dei “poteri”. Di che cosa, probabilmente, saresti capace adesso?»
«Intanto posso praticare l’Alchimia. Per altre cose, penso che dovrò arrivarci per scoprirlo - rispose la ragazza - Comunque, meglio non lambiccarsi su questo per ora: dobbiamo cercare il misterioso ladro della piramide»
«Già, hai ragione».
E qui terminarono la conversazione, pochi minuti prima che Alan frenasse davanti al cancello del cimitero.
Scesero e si avviarono verso l’ingresso del camposanto.
Erika precedeva suo padre a grandi passi, ansiosa di togliersi al più presto quei vestiti sporchi. Poi...
«Ahn...!».
L’esclamazione strozzata di Alan attirò immediatamente la sua attenzione, facendola voltare: altri due tizi, due gemelli che non aveva mai visto prima di allora, alti e vestiti completamente di nero, tenevano suo padre immobilizzato, in ginocchio a terra, il viso rivolto al suolo.
Alla luce di un lampione poco distante riuscì a distinguere i tratti somatici dei due misteriosi aggressori: carnagione abbronzata, capelli e sopracciglia folte e nerissime, come le iridi. Le labbra erano sottili e piatte, prive d’espressione.
La cosa che però attirò di più la sua attenzione, era il fatto che le loro mani fossero circondate di luce, quelle di uno rossa e guizzante come il fuoco, quelle dell’altro azzurra e spumeggiante come l’acqua.
Chi diavolo erano quei tizi?
La ragazza si volse completamente verso di loro, decisa a fronteggiarli.
«Non provarci, ragazzina» sibilò uno dei due con una voce raccapricciante, quasi ultraterrena.
«Non vuoi che tuo padre soffra, vero?» minacciò l’altro, con voce simile a quella del primo.
Lei rimase immobile, digrignando i denti: avevano ragione. Per quanto avesse potuto fare, loro erano due uomini adulti e muscolosi e lei solo una smilza ragazzina. Non aveva chance.
«Chi siete? Cosa volete?»
«Chi siamo non deve importarti»
«Ma sai cosa vogliamo».
Si strinse a sé la tracolla: se volevano il libro, avrebbero dovuto prima riuscire a strapparlo dalle sue fredde mani morte.
Vide un sorriso balenare sul viso dell’uomo con le mani circondate d’aura rossa.
«No, non si tratta di quello stupido libretto inutile. Noi vogliamo te».
Lo disse in modo estremamente inquietante e minaccioso.
Fissò suo padre con un misto di paura e apprensione.
«N-non farlo, Erika... ci uccider... anno comunque...» esalò.
L’uomo dall’energia azzurra gli diede un calcio nel fianco abbastanza forte da strappargli un gemito di dolore e farlo ricrollare con il viso verso il suolo.
«Sta’ zitto. È il Contatto che deve scegliere, non tu!» minacciò l’aguzzino.
«Allora, che cosa vuoi fare? Ci seguirai in silenzio... o assisterai alla fine di tuo padre? A te la scelta» riprese l’altro, fissandola con uno sguardo insanamente malvagio e scaltro.
Suo padre alzò debolmente il viso verso di lei. Nei suoi occhi si dibatteva il dolore, ma anche una supplica chiara e ben leggibile: “Non pensare a me, Erika, scappa”.
Serrò i pugni lungo i fianchi, quindi corrugò lo sguardo in uno risoluto e serio.
«Va bene. Verrò con voi, ma non osate torcere un solo capello a mio padre» rispose, quindi camminò verso di loro.
«Scelta giusta. Non preoccuparti: non gli faremo niente...» replicò l’uomo dall’energia rossa.
Dal suo tono di voce, però, trasparivano intenti esattamente contrari.





Angolino autrice
°____° stramega ritardo, chiedo umilmente scusa a tutti quanti - anche per l'assurda brevità del capitolo.
Don't hit me, please.

Anyway, ringrazio Sachi Mitsuki e xXxNekoChanxXx per le recensioni allo scorso capitolo e quanti hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
   
 
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