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Autore: Heven Elphas    15/10/2010    3 recensioni
"Nella solitudine il solitario divora se stesso,
nella moltitudine lo divorano in molti."
(Friedrich Nietzsche)
Quando le persone iniziano a stringersi attorno a te entri in un mondo che ha un che di veramente soffocante. Lo dico in senso metaforico, non letterale.
Sono un tipo che non ama molto la compagnia, spesso vago in cerca della solitudine pur di non sentirmi oppresso da tutto quell’agglomerato di affetto che mi viene riversato addosso. Non ci si dovrebbe mai esporre, non dovremmo lasciar passar qualcuno oltre il fossato scavato attorno alla nostra anima. Sarebbe meglio aizzare gli arceri appostati nella torre del nostro cuore contro ogni visitatore. Allora, forse, riusciremmo a tenerci al sicuro da ogni tipo di dolore o scocciatura.
---Storia di Wiley Baker, un modello americano poco socievole trasferitosi in Inghilterra, studente di criminologia nell'università della cittadina accanto. Gabriel Reid, ragazzo solare ed invadente, entrerà nella sua vita con la scusa di farlo entrare nel club di disegno dal vero.
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IF THE SUN NEVER GAVE A CARE ABOUT YOU

If the Sun never gave a care about You

You’d better smile to the Moon and send her a kiss.

 

 

 

 

Promemoria:

Nella solitudine il solitario divora se stesso,

nella moltitudine lo divorano in molti.

(Friedrich Nietzsche)

Rettifica:

Nella solitudine il solitario divora se stesso,

Nella moltidudine vorrebbe divorare gli altri.

(Wiley Baker)

 

 

*  *  *

 

Some Pieces of Wiley Baker trapped in paper, I

 

*  *  *

 

Quando le persone iniziano a stringersi attorno a te entri in un mondo che ha un che di veramente soffocante. Lo dico in senso metaforico, non letterale.

Sono un tipo che non ama molto la compagnia, spesso vago in cerca della solitudine pur di non sentirmi oppresso da tutto quell’agglomerato di affetto che mi viene riversato addosso. Non ci si dovrebbe mai esporre, non dovremmo lasciar passare qualcuno oltre il fossato scavato attorno alla nostra anima. Sarebbe meglio aizzare gli arceri appostati nella torre del nostro cuore contro ogni visitatore. Allora, forse, riusciremmo a tenerci al sicuro da ogni tipo di dolore o scocciatura.

 

 *  *  *

 

Me ne stavo seduto in cima al castello del parcogiochi, osservavo il fumo della mia sigaretta salire verso l’alto e passare davanti allo spicchio di luna. Il rumore dello scorrere del fiume lì vicino faceva da sottofondo a quella malinconica serata in solitudine. Il fiume era sempre stato un buon compagno nelle sere come quella, quando non ti va di avere contatto con nessuno dei tuoi conoscenti o parenti… Era l’unico che continuava a scorrerre imperterrito, sbattendosene di tutto il resto che lo affiancava. Avrei voluto essere come lui... Passare in mezzo a tutti quanti senza far caso a quello che stanno facendo e senza mai essere ripreso per il mio comportamento menefreghista. Essere umano è davvero di una noia assurda… Bisogna far conto delle proprie azioni per evitare che qualcuno ne resti ferito, offeso o che magari fraintenda.

Era appunto per un fraintendimento che mi trovavo lì, lontano dal mondo.

Come poter spiegare senza essere troppo conciso ma senza nemmeno annoiare a morte?  Iniziamo dal mio dannatissimo errore che ha dato vita a tutto quanto e da lì, poi, il susseguirsi tragico ed inevitabile degli eventi.

 

 

Senso di staticità. Noia… Fermezza dell’aria. Vuoto cerebrale completo.

Nessuna prospettiva futura.

 

Questo, riassumendolo in qualche parola, era lo stato in cui mi trovavo quel giorno. Era un giovedì… Me lo ricordo perché da qualche mese, in quel giorno, provavo sempre le stesse sensazioni. Era come se arrivato a quel punto mi rendessi conto che non avevo più speranze di cambiare, me ne stavo a metà di un ciclo continuo senza aver combinato nulla nei giorni precedenti e senza poter fare nulla per cambiare il futuro. Lunedì, martedì e mercoledì se ne erano andati via velocemente, quasi senza che me ne accorgessi. Quel giorno che stavo ancora vivendo di sicuro sarebbe stato come quelli precedenti… Per non parlare di quelli a venire. Nel week-end non avrei potuto rivoluzionare il mondo… 

 

Tedio.Immobilità della vita. Impotenza davanti allo scorrere del tempo.

 

Dov’era quella scintilla che dovrebbe accendersi il momento prima che la realtà cambi e si tramuti in qualcosa di nuovo? Me lo chiedevo spesso, ma ora ho capito che il detonatore che fa esplodere il presente e cambia il destino è sempre differente. Se solo potessi capire in tempo quale sia, credo che continuerei ad accendere la miccia per vedere cambiamenti nella mia vita…

Dopo quella del trasferimento da Chicago a Crawley, la seguente esplosione fu causata da Gabriel Reid.

 

Reid Gabriel:

Maschio.

Nato a Birmingham. 20 anni. Studente universitario.

Metri 1.85.

Occhi azzurri. Capelli neri.

Segni particolari: nessuno.

 

|Non mi permetto di inserire qui una sua foto|

 

Beh, nessun segno particolare per la comunità forse. Per me ne ha parecchie, di particolarità. Prima fra tutte: essere irrecuperabilmente invadente. Ma questo di certo sulla carta d’identità non lo scrivono. Non è una cosa che dovrebbe essere dimenticata, invece. Se si sapesse che qualcuno è così ficcanaso leggendo un suo documento, allora si eviterebbe di averci a che fare. Una fedina comportamentale da portare nel portafoglio. Ci vorrebbe questo per la gente come lui…

Socializzeremmo solo con persone con scritto “menefreghista” sotto il colore dei loro capelli, sapendo che in qualche modo resteremmo comunque soli. Ma ciò non dispiacerebbe ad un gruppo di strafottenti, formato da entità a sé stanti che non invaderebbero la privacy altrui.

 

La domanda è: vivremmo bene se fossimo tutti menefreghisti? Io continuo a sostenere di sì.

 

Gabriel era uno che invece doveva per forza sapere cosa stava succedendo nella vita degli altri, soprattutto delle persone che considerava care. Io no, non ero nella cerchia dei suoi affetti. In verità ci avevo parlato una sola volta da quando ero arrivato in quella cittadina del West Sussex, circa due mesi prima. Mi aveva dato il benvenuto dato che era come un capoclasse e il docente gli aveva ordinato di spiegarmi alcune cose. La scuola inglese è completamente differente da quella americana, che rimpiangevo sempre di più.

No… Non sono un emarginato bisognoso di compassione intento a scrivere post nostalgici su un blog. Della mia amata Chicago rimpiangevo l’anonimato che riuscivo comunque ad avere. Arrivare in Inghilterra come modello affermato, invece, è stata la mia condanna a morte. Prova a essere carino in un mondo di ragazzi in guerra continua per l’aspetto fisico… Siamo nel XXI secolo, non si litiga più per la religione o la razza.  Si è talmente avanti che ora ci si discrimina per l’aspetto.

 

Nota

Regole di convivenza sociale del giovane moderno:

A)    Se sei bello diventi popolare e tutti ti rispettano.

B)    Se sei brutto vieni discriminato e sei vittima di soprusi.

 

Sei contento di vivere in una società come questa? Allora sei davvero fortunato ad avere il tuo bell’aspetto ed andarne fiero… Io probabilmente avrei dovuto essere grassottello, basso e con la faccia piena di acne. Almeno nessuno mi avrebbe calcolato e ciao ciao popolarità.

Sì, ce l’ho un ego, che domande… Altrimenti non farei il modello. Lamentarmi di quello che possiedo, però, è una mia cattiva abitudine. Se veramente non fossi stato così bello, avrei distrutto lo specchio. Siamo chiari, non è del mio riflesso che sono stanco… Quello mi piace ancora. Cavolo se mi piace….

Sono stanco di chi pensa che adorarmi sia la via migliore per entrare nelle mie grazie. Vedi sempre il sopraccitato Reid. Uno che non è un povero reietto, ma un ottimo candidato per vincere il premio di mister sorriso e di miglior rompipalle.

Insomma, chi nella nostra università non conosce Gabriel?

No. La domanda giusta è: chi sarebbe felice anche senza conoscerlo? Io.

 

Tornando al perché io me ne stavo a deprimermi sul castello di un parcogiochi, fu perché Gabriel Reid decise improvvisamente di entrare in intimità con il sottoscritto. Ma entrare in intimità vuol dire, in altre parole -che mi piacciono molto di più- violare la privacy.

Privacy: Vita personale e privata.

Intimità: Rapporto di strettissima amicizia.

La differenza la puoi vedere da te.

 

-Ciao. Sono Gabriel Reid… Faccio parte del club di disegno dal vero.-

Mi ha detto, quando si è avvicinato al mio posto nell’aula di criminologia con un sorriso a trentasei denti che poteva benissimo diventare il primo piano di una pubblicità per dentifricio. Io l’ho guardato alzando appena il sopracciglio sinistro –mio strano tic espressivo di quando mi scazzo- ed ho iniziato a sistemare i libri nella tracolla di pelle marrone.

-Mi dispiace ma non sono bravo con il disegno… Non è mia intenzione tracciare identikit.-

Ho risposto, convinto che volesse obbligarmi ad entrare nel suo club per mostrarmi come trofeo. Ma no, non erano queste le sue intenzioni. Mi sono alzato in piedi superandolo in altezza di solo un paio di centimetri. Ho trovato strano guardare dritto negli occhi qualcuno che non era un collega di lavoro.

-Oh… Tranquillo. Non voglio chiederti di iniziare a scaribocchiare!-

Per un attimo ho pensato che il suo sorriso fosse stato stampato indelebilmente sulle sue labbra, dato che non si era ancora spento. Ancora feci scattare il sopracciglio, schiudendo le labbra per emettere uno sbuffo malcelato.

-E… E cosa vuoi? Sai… Non ho tempo da perdere, tra poco ho una lezione.-

Sono uscito nel corridoio tra i banchi e ho cominciato a scendere le scale con lui al mio fianco. Le ragazze ancora ai banchi ci salutavano e io nemmeno le calcolavo, volendo scappare nell’altra aula per levarmelo di dosso.

-Che cos’hai ora?-

Mi ha chiesto stando al mio passo senza capire che non avevo voglia di storie.

Lui no, non lo capisce mai.

-Storia…-

Ho risposto e lui ha gonfiato il petto come un gallo, dandomi una pacca sulla spalla come se fossimo amici da anni. Credo che non l’abbia ucciso solo perché sono un ragazzo civile, io.

-Fantastico! Pure io ho storia!-

-Guarda che io sono al primo anno…-

Gli ho detto, fulminandolo con lo sguardo. Lui ovviamente ha iniziato a ridacchiare come un ebete e poi si è grattato i capelli come imbarazzato.

-Okay… Senti amico, in verità vorrei chiederti un favore. Abbiamo bisogno di un modello e tu…-

-Io faccio il modello… Lo so. E la risposta è no… Non mi presenterò al vostro club.-         

Ha tentennato per qualche secondo, mentre uscivo dalla porta per incamminarmi lungo il corridoio dell’università. Poi mi ha raggiunto e si è messo a camminare al mio fianco come se nulla fosse. Ho tirato dritto facendo finta di non notarlo, ma quando me lo sono ritrovato seduto accanto non c’è stato nulla da fare, dovevo per forza affrontarlo.

-Si puo’ sapere che vuoi?-

Ho domandato a quel punto, voltandomi verso di lui inforcando i miei occhiali neri da falso cieco per parere più serio.

-Ho davvero… Davvero bisogno di te, Baker.-

 

Bisogno: necessità di procurarsi qualcosa che manca.

Procurarsi, per l’appunto… Senza poi tanto tocco nel farlo.

 

Non dovremmo mai… Proprio mai… Uscire allo scoperto senza il nostro scudo ed accettare di condividere la nostra esistenza con gli altri. Avrei dovuto imparare questo… Ma no, non imparo mai nonostante la mia intelligenza tanto acclamata dai docenti.

Stando seduto su quel castello, osservavo la luna e mi sentivo lacerato e nudo mentre lei mi sorrideva.

 

 

 

 

 

---------------------

 

Ciao a tutti!!!!!

Okay, avvio un’altra originale ma vabbè….

 

Spero che chiunque voglia leggerla non impazzisca proprio al primo capitolo, dato la struttura e una trama ancora non ben comprensibile!

Bensì, spero che vi piaccia appunto per il casino! XD

 

Il nostro caro protagonista Wiley è un po’ svitato, povero! XD

 

Fatemi sapere, mi raccomando… ^^

 

XOXO

MIKY

   
 
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