Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Teanni    17/10/2010    3 recensioni
Piton è sopravvissuto all'attacco di Lord Voldemort, grazie ad uno sfacciato colpo di fortuna e ad un certo Signor Paciock.
Ma il fato è crudele: costretto a letto, deve sopportare la presenza di una giovane donna irritante che lo odia profondamente.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The end is where we start from – La fine è dove abbiamo cominciato.

C'era freddo. Il vento le frustava contro, facendole insorgere brividi gelati lungo la spina dorsale. Sentiva uno strano gusto metallico in bocca. Schiuse lentamente gli occhi e si ritrovò a fissare il nero cielo notturno. Che strano...non doveva essere in un altro posto? Certamente non di nuovo lì. Quando cercò di sedersi, un dolore così tagliente che sembrava volesse strapparle gli occhi le attraversò il corpo. I fianchi le dolevano ad ogni respiro ed ancor più quando si muoveva. Dove era? Cosa era successo? Si toccò le labbra con le dita e rabbrividì al contatto della sua pelle. Quando se le portò davanti le guardò stupita: aveva le punte coperte da una sostanza scura ed appiccicosa che brillava nella penombra - sangue.

Un esame più attento dei dintorni confermò la paura che le stava montando dentro. Era ancora una volta lì. Ancora una volta in quel posto che rappresentava il suo peggior incubo. Era il luogo dove l'avevano catturata e picchiata. Dove l'avevano derisa e le avevano detto cosa sua zia aveva subito. Sputò disgustata il sangue che le si era raccolto in bocca. Ricordò. Si era morsa la lingua prima, quando aveva provato a reprimere le sue stesse grida.

La sensazione di dover essere da qualche altra parte le sovvenne lentamente. Ad ogni minuto si sentiva più agitata. C'era qualcosa che doveva fare. Era di vitale importanza che si ricordasse cosa fosse esattamente subito  o sarebbe stato troppo tardi. Ma c'era una cosa che sapeva di certo, ed era di doversene andare immediatamente.

“Mettiti in piedi. Trova la bacchetta. Vattene," si ordinò mentalmente. Si guardò intorno freneticamente  in cerca. Era gettata innocentemente vicino al fuoco estinto. Fuoco. Fuoco crepitante. Calore. La comprensione la sommerse quasi soffocandola. Nel panico, strisciò fino al luogo in cui la sua bacchetta giaceva nella polvere. Il battito del suo cuore era così veloce che minacciava di perforarle il petto. Le sue dita si strinsero attorno alla sua bacchetta, così strette infatti, che le nocche le divennero bianche.

Doveva rimettersi in piedi. Ogni movimento era una tortura. Alcune delle sue costole erano probabilmente rotte. Sì, si ricordò che lo erano state… erano rotte. Infine riuscì ad alzarsi; il sudore le scorreva lungo la schiena. Il dolore le sommergeva ancora il corpo, ma lo ignorò. Doveva trovare lui. Doveva sbrigarsi.

Se ricordava bene questa era la notte in cui Voldemort sarebbe morto. Ed era la stessa notte in cui i Mangiamorte l'avevano trovata e torturata. Era sopravvissuta solo perché erano stati chiamati a prendere parte alla battaglia finale in nome del loro Oscuro Signore. Era anche la notte in cui Severus Piton avrebbe affrontato la morte.

Non si chiese nemmeno se fosse troppo debole per smaterializzarsi. Si limitò a stringere i denti e lo fece, trovandosi da qualche parte vicino ad Hogsmeade pochi secondi dopo. Radunando ogni briciola della forza di volontà  in suo possesso, ordinò a se stessa d’iniziare a camminare. Per una volta fu riconoscente della sua "natura di curiosona e ficcanaso" - come l'usava blandamente chiamare Severus -  che le aveva fornito sufficienti informazioni sugli avvenimenti di quella fatidica notte da sapere dove dirigersi. Sperava di potersi fidare della sua memoria da quel momento in poi - chissà a cosa poteva credere adesso. Cosa era reale e cosa, invece, non lo era?

Ogni passo era un’agonia, ma non le interessava. La ghiaia scricchiolava sotto le suole delle scarpe al suo passaggio. Quel suono era come un ritmo regolare a cui lei si aggrappava, sperando che l'avrebbe aiutata a mantenere il senno e a darle la forza di continuare. La frase  “E' solo un sogno, solo un sogno, solo un sogno," echeggiava ironicamente dentro la sua testa ad ogni passo.
Il pensiero la fece diventare incredibilmente arrabbiata, il che, fortunatamente, le diede abbastanza energia per andare avanti. Che cosa era quello, l'inferno? Un crudele scherzo del destino? Odiava la magia e di cosa era capace. Forse era una anatema creato apposta per prenderla in giro, per portarla a credere di avere qualcuno al suo fianco, qualcuno che la amasse per poi… rivelarsi solo uno scherzo crudele. Solo un'illusione, una specie di fottuto giochetto mentale. Non poteva accettarlo. Non voleva crederci.

Il percorso davanti a lei era in discesa. Il paesaggio sembrava ingannevolmente tranquillo e innocente, ma non si sarebbe più fatta fregare dalle apparenze. Adesso era più furba. Nei dintorni, al di sotto della collina, riusciva ad intravedere la Stamberga Strillante. C'era una scura figura incappucciata che avanzava velocemente verso la costruzione decrepita. Gelò sul posto, chiedendosi rapidamente tra sé e sé se fosse saggio rendere nota la sua presenza. Forse non era lui o forse era qualcun'altro e lei si sarebbe fatta ammazzare solo perché credeva stupidamente nei sogni, nell'amore e quant'altro. A qualsiasi conclusione fosse arrivata, aveva poca importanza. Lo sconosciuto l'aveva già vista e stava avanzando verso lei velocemente.

I suoi occhi vagarono frenetici in giro, cercando un posto dove nascondersi, almeno finché non avesse capito se era un amico o un nemico. Le sue alternative erano i rovi alla sua destra o la roccia enorme alla sua sinistra. Decise prontamente per l'ultima, perché quella forse le avrebbe fornito abbastanza spazio per muoversi se fosse stata costretta a combattere.
Improvvisamente sentì un paio d'occhi scavare nella sua schiena. Si voltò. La figura era in piedi immobile di fronte a lei, guardandola. Benché fosse soltanto ad alcuni metri non riusciva a scorgere il suo volto, celato dal cappuccio del suo mantello. Mani affusolare lo tirarono giù. Vedere il suo volto e comprendere che non era stato solo un sogno febbricitante, le succhiò via tutta l'aria dai polmoni. Era come se si stesse strozzando, incapace di pronunciare nemmeno una parola.

Lui mosse alcuni passi titubanti verso di lei, che l’avesse riconosciuta era scritto chiaramente sul suo viso così come quanto fosse preoccupato. Non era così lui che la ricordava. Abigail aveva i vestiti sporchi e le maniche della camicia, spruzzata di sangue essiccato , lacere. Il suo labbro era spaccato e si teneva il fianco sinistro con la mano. L'espressione dei suoi occhi non poteva che essere accostata al tormento. Era come un animale selvatico catturato da un predatore. Così ansiosa, così fragile eppure pronta a combattere. Merlino, cosa le era successo?

“Abby." Il suo nome rotolò sulla sua lingua come se l'avesse detto mille volte, ma non era così. Sapeva che era la prima volta che lo pronunciava.

Lei sbatté le palpebre come se stesse uscendo da uno stato di trance. “Severus." Guardò i suoi vestiti scuri - le vesti di un Mangiamorte - che la fecero istintivamente indietreggiare. Chiunque li indossasse, portava con sé dolore e morte. No, no, non era vero. Lo conosceva, sapeva che tipo d'uomo fosse. C’era stato un periodo in cui aveva indossato le vesti di Mangiamorte, ma lei aveva anche visto il meglio di lui, il lato celato al resto del mondo che pensava lo rendesse vulnerabile. Si ricordò il modo in cui le sue dita seguivano teneramente i suoi lineamenti quando erano coricati insieme a letto, il modo in cui la guardava pensando che lei non lo notasse. Era duro sopportare il ricordo di quei momenti adesso, ancor più perché non sarebbero dovuti essere lì sin dal principio. Sembrava che tutto fosse accaduto realmente, anche se adesso sapeva per certo che lo era stato soltanto nella sua immaginazione.

“Come è possibile una cosa del genere?"
 
“Non lo so," ammise lui. Le sue parole la lasciarono ancor più impotente.

La sua mente cercava ancora disperatamente di fornire una spiegazione. “Ok, so cosa sta succedendo," bisbigliò tra sé. “Questo non è reale. Non lo è. Non siamo qui. Siamo al sicuro. A casa. Nel mio letto. Non è reale. Mi devo svegliare. Mi devo svegliare adesso." Abigail lo guardò con gli occhi lucidi. Sapeva già la verità, ma non era pronta a riconoscerla ancora. “Lo so perché me l'hai detto tu stesso. È solo un sogno. Posso svegliarmi se lo voglio. E’ questione di attimi, vedrai."

“Non è un sogno," disse lui lentamente, muovendo un altro passo cauto verso di lei.

“Oh, come se tu lo sapessi!" disse lei scuotendo vigorosamente la testa.

“Credimi. E' così."

“Stronzate! Qualcuno ci ha fottuto il cervello. Non è reale!" Le sue dita tiravano i suoi già scombinati capelli.

“Lo è," insistette lui, facendo un altro passo. Se avesse avvicinato la mano, l'avrebbe potuta toccare, ma esitò. Non sapeva se lei glielo avrebbe lasciato fare. Le mani di Abby tremavano incontrollatamente, ed i suoi occhi, sbarrati dalla paura, lo imploravano di fare qualcosa per far ritornare tutto al proprio posto, per scacciare via quella pazzia. Per Severus lei era stata sempre forte, forse anche più di lui stesso e vederla in quel modo lo feriva. Faceva più male persino di qualsiasi tortura il Signore Oscuro avesse mai potuto avere in serbo per lui. Non riusciva più a sopportarlo.

Le prese le mani tremanti tra le sue. Erano coperte di sporcizia. La sua pelle sembrava più callosa sotto il suo tocco, non come la ricordava. Si aspettava che lei ritraesse le mani da un momento all'altro, ma non lo fece. Invece rimase lì, guardandolo con gli occhi terrorizzati.

“Sei realmente tu." La voce di Abigail era appena un bisbiglio, fragile come una foglia trasportata dal vento.

 “Sì," disse lui morbidamente.

Lei mosse un passo esitante verso Severus, gli occhi che vagavano sul suo volto; poi senza preavviso gettò le braccia in avanti e lo abbracciò. Lo stava stringendo come se fosse la vita stessa, anche se le sue costole rotte protestavano violentemente. Il suo odore familiare la confortava, e la lasciava dubitare della sua sanità mentale allo stesso tempo. No, non era familiare, si rimproverò mentalmente. Non poteva sapere quale fosse il su odore né come fosse essere baciata da lui. Non doveva neppure conoscere il suo nome o il suo volto , cazzo. Il solo pensiero era esasperante e la sua prossimità fisica minacciava di mandarla completamente fuori di testa e di portarla all’isteria. Lo lasciò andare piano, improvvisamente incapace di rimanere in sé così vicino a lui.

“È vero? È vero che non ci siamo mai realmente incontrati? E' successo tutto nelle nostre menti?" Lo guardò timidamente, desiderando nel profondo che dicesse il no.

“Ho paura di si. Ma è successo ugualmente. Il fatto che sia accaduto soltanto nelle nostre menti non lo rende affatto meno reale," I suoi occhi d’ossidiana le guardavano il viso con attenzione, e in essi, vi si poteva scorgere una traccia di timidezza. Temeva che lei fosse felice di non avere vissuto la loro storia nella realtà?

Almeno questa volta Severus non stava provando a respingerla come faceva di solito. Questa realizzazione la sorprese, ma non poté indugiarvi a lungo. I suoi pensieri erano troppo sconnessi, troppo frammentati per focalizzarsi per molto tempo su un’idea fissa.

“Allora cosa sta succedendo? Chi è stato?" Gli occhi di Abigail lampeggiarono verso quelli di lui nel crepuscolo. Severus sapeva che la sua rabbia non era diretta nei suoi confronti in particolare, perché anche lui era furioso. Niente di quella situazione sembrava normale.

“Credimi, anche io non ne ho la minima idea."

“È veramente…" lei esitò, ovviamente avendo difficoltà a concentrarsi su quello che stava accadendo e Severus non poteva certo biasimarla, perché anche lui aveva qualche problema a crederci sul serio,

“E' veramente quel giorno?”

“Ho paura di si," suonò più distaccato di quanto realmente avesse voluto. I suoi pensieri erano caotici, e vorticavano costantemente intorno ad una domanda. Come sarebbero riusciti ad uscire illesi da quella situazione?

“Quanto ricordi?" chiese Abby infine, titubante.

“Tutto," rispose lui. “L'ospedale, tua zia…," per un momento sembrò quasi imbarazzato, "...ieri sera."

“Sì…," disse Abby lentamente. “Sì, anche io ricordo. È ancora tutto qui," lei si toccò fugacemente la tempia con un sorriso timido. “Ma ovviamente non era reale… cioè, non nel senso fisico, intendo."

“Sì."

“Ma allora… oggi è oggi?"

“Sì."

“Cazzo!"

“Concordo pienamente."

Lei cercò di fare un sorriso che morì rapidamente sul suo volto, quando il suo labbro ferito le ricordò la sua presenza. Il dolore la scosse, mettendo all'erta i suoi sensi. “Sta per succedere… sta per succedere oggi, tu stai per…"

“Morire. Sì," concluse lui la frase.

“Sì." La voce di lei tremava appena, quando parlò ancora. “Ma possiamo ancora cambiare le cose. Non sei costretto a fronteggiarlo. Potremmo cercare un posto sicuro dove non potrà farti del male. Almeno c'è qualcosa di questa situazione che non è completamente inutile..."

Lui la guardò confuso.

Abby si affrettò a spiegare cosa volesse dire. “Non capisci? Non devi andare lì per forza. Possiamo scappare. Andrà tutto bene." A causa della sua agitazione parlava molto velocemente. Era ritornato il fuoco nei suoi occhi, ancora una volta aveva ritrovato la speranza. E questo gli fece più male, perché lui la distrusse con la frase seguente.

“No," scosse lui la testa amaramente, “ tutto deve andare esattamente come avrebbe dovuto."

“Che significa? Perché?"

Severus rimase in silenzio, lasciando che lei ci arrivasse da sola. Non aveva modo di riuscire a spiegarsi in modo convincente. Ogni fibra del suo corpo gli urlava di non farlo. Quando le guardò il viso, lasciando i suoi occhi vagare sui tratti che gli erano così familiari, la tentazione minacciò di sopraffarlo. Il suo istinto gli diceva di prenderla per mano e andare via con lei. Si sarebbero nascosti in qualche luogo sicuro, dove nessuno avrebbe potuto trovarli. Tutto sarebbe andato bene. Avrebbero avuto tutto il tempo del mondo per conoscersi di nuovo e scoprire se la realtà reggeva il confronto con l'illusione.

I suoi pensieri erano già andati alla deriva, creando programmi di fuga, sognando un futuro insieme, quando le sue parole lo strapparono brutalmente dalla sua fantasticheria. “Vuoi sacrificarti, eh? E' quello che vuoi fare, no? Vuoi lasciarti ammazzare, così che quel Potter possa venire a salvare il mondo?" Le sue sole parole erano dolorose, perché nel profondo lui sapeva quanto fossero vere, ma il modo in cui lo guardava, con delusione e rabbia, era anche peggio.

“No, non è quello che voglio. Quello che voglio è rimanere qui con te, ma… ma devo fare ciò che è necessario. Non capisci?" Cercò di ragionare con lei, ma in parte anche con sé stesso. “Questo è quello di cui abbiamo parlato. Non posso lasciare che la paura abbia la meglio. Se non vado, il Signore Oscuro vincerà. Non riesco a credere che lo stia dicendo sul serio ma se Potter muore, la nostra unica speranza morirà con lui."

“Ti sei ammattito del tutto? Sei sordo, o cosa? Ti ucciderà!"

“Sì."

“Ma, e noi? Non è significato niente per te? Come puoi semplicemente voltare le spalle a quello abbiamo?" Era troppo disperata per gridare, troppo disperata per sentire altro oltre all’apatia improvvisa del suo petto. Il posto occupato una volta dal suo cuore, era adesso vuoto, un buco nero che risucchiava tutte le sue emozioni, lasciando solo un guscio svuotato.

Per una volta nella sua vita Severus Piton sembrò essere a corto di parole. La sua bocca si  aprì e chiuse un paio di volte, ma nessuna parola venne fuori.

Lacrime cominciarono a raccogliersi negli occhi di lei e la sua visione divenne sfocata. Le scacciò via con il dorso della mano, impiastricciandosi di sporcizia il viso. Poi, quando aveva già perso ogni speranza di sentirlo parlare, lui infine disse qualcosa.

“Ti amo."

Le sue parole erano sincere e delicate. Uno sguardo sul suo viso fu sufficiente a capire che le stava dicendo la verità, ma in quel momento era l'ultima cosa che Abigail voleva sentire. Che valore potevano avere se il secondo dopo andava a testa alta incontro a morte certa? Lo odiava per avergliele dette adesso che stava per perderlo.

“Non è vero. Se lo fosse, non andresti."

“E' vero, ma io devo farlo," insistette lui ancora, suonando quasi disperato.

“No."

“Abby…"

“No, e non ti rischiare a dire un'altra parola!"

“Abby, probabilmente ho detto innumerevoli bugie nella mia vita, ma questa non lo è. Ti amo veramente."

Lei lo guardò con il labbro inferiore tremolante, e gli occhi pieni di lacrime. Non le aveva mai detto che l'amava, l'aveva fatto soltanto ora probabilmente perché stava per morire e sapeva che il suo amore per lei non lo avrebbe trattenuto dal voltarle le spalle per mettere in atto quella stupida suicida pazzia “eroica”. Provava solo una rabbia rovente che le appannava la mente, e che pervadeva ogni fibra del suo corpo, prendendo persino possesso delle sue corde vocali.

“Ti odio," sputò lei sprezzante.

Le sue dure parole dure lo colpirono come una frustata. Severus si aspettava sempre il peggio delle persone in generale e anche se una parte di lui era preparata a quella reazione, viverla dal vivo era un'altra cosa. Era stato piuttosto egoista da parte sua dirglielo adesso. Ma non voleva morire senza dirle niente. La sua vita era costituita da una serie di opportunità perse e non era necessario aggiungerne una in più prima della sua fine.

La capiva, capiva che le sue parole le sembravano solo una menzogna, specialmente ora. Quella non era lei a parlare, era la sua rabbia. Se lui fosse stato al suo posto, probabilmente non avrebbe reagito diversamente, per questo non poteva serbarle rancore. Non poteva permettersi di serbarne comunque, non adesso poi. Doveva tenersi aggrappato a qualcosa oppure la sua risoluzione sarebbe vacillata.

“Abby, devo andare." Abby poteva sentire il dolore nella sua voce, il rammarico di lasciarla senza potere risolvere quella situazione.

Lui chiuse momentaneamente gli occhi, provando a racimolare la sua forza. Ma come diamine poteva trovare la forza per lasciarla, quando non voleva altro che rimanere? La guardò ancora un'ultima volta, provando ad imprimere nella sua memoria ogni particolare del suo viso. Poi, per quanto gli si spezzasse il cuore, si voltò e prese a camminare.

Immediatamente Abigail si pentì della sua reazione. Dopo un breve momento d'esitazione, i suoi piedi si mossero come se avessero avuto volontà propria. Poi improvvisamente gli fu vicino, trattenendolo dalla manica della sua veste. Lui la fissò stupito, incapace di capire cosa stesse accadendo.

“Severus, aspetta! Per favore, perdonami… non volevo dire quello che detto. E' solo… è così difficile..." lui la prese tra le braccia e la baciò, prima che lei potesse continuasse a balbettare scuse.

“Ti amo. Ti amo. Ti amo," bisbigliava Abby continuamente dopo che lui ruppe il bacio. Lui le sorrise amaramente, ma rimase in silenzio.

“So perché lo stai facendo. Ne abbiamo parlato prima. Lo capisco," lei si lasciò sfuggire una risata rauca. “No, ma chi voglio prendere in giro? Veramente no. Non posso, non voglio, non lo capirò mai. Ma… ti amo. E non posso lasciarti andare via così." Era agitata e affannata. La sua parlantina nervosa era in netto contrasto con la calma risoluzione che lui aveva chiara in viso. “Ci deve essere qualcosa che posso fare. Un modo in cui ti potrei aiutarti. Dopo che Nagini… dopo il morso di Nagini, ci deve essere qualcosa… una pozione, un incantesimo, qualcosa che possiamo fare per arrestare la diffusione del veleno... Per guadagnare tempo a sufficienza per portarti al San Mungo…„

“Non c'è," disse lui delicatamente “Devo farlo da solo." Severus le guardò il viso, le sue piccole mani tra le sue. I suoi occhi erano gentili, ma infinitamente tristi. “Ho bisogno che tu ne stia fuori."

La baciò, fin troppo consapevole che quella era l'ultima volta, poi si allontanò da lei. Le sue dita scivolarono lentamente via dalla sua presa.
Il mondo le crollò addosso. Con le sue ultime parole aveva distrutto la loro unica speranza. Le lacrime stavano minacciando di soffocarla ma le ricacciò indietro coraggiosamente. Non voleva rendergliela ancora più difficile. Benché in nessun modo approvasse la sua decisione, poteva capire i motivi delle sue azioni.

Severus sentiva che doveva fare tutto in suo potere per riparare al male che aveva fatto, altrimenti non avrebbe mai meritato il perdono o l'amore. In breve, non avrebbe meritato Abby. Quindi, tutto considerato, era una fottuta situazione in cui ci avrebbe perso comunque.
Non c'era modo di convincerlo a non farlo, Abigail lo sapeva. E benché questo fosse uno dei motivi per cui lo amava, il suo cuore si gonfiò di eterno risentimento per la sua decisione.


Nota della traduttrice besemperadreamer(l'unica superstiteXD): tradurre questo capitolo è stato uno strazio!!!
Ogni due righe cambiava il punto di vista....!! Comunque...Grazie per le recensioni, mi fate felice^^ e fate felice pure l'autrice^^
Ciao bianca, da quanto tempo:-) sono contenta di trovarti sempre qui:-)
Ciao Gilgalahad^^ che piacere vedere che segui anche questa storia=D
ElseW grazie per la recensiones, spero che ti sia piaciutos pure questo capitolos!!=)

Alla Prossima^^

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Teanni