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Autore: Nyappy    18/10/2010    3 recensioni
Dall’aspetto comune e senza particolari doti, era solo il figlio di un pescatore.
Eppure, era stato Chariton ad essere stato scelto tra tutti gli abitanti del paese.
Impegnato a trasportare il capretto candido sulle spalle, Chariton si dimenticò velocemente delle parole della donna. Più andava nel fitto della foresta, più sentiva il caldo, il peso del capretto e la scomodità del pugnale appeso alla cintola, che aveva portato per sicurezza.
Girava pur sempre una lamia in quel territorio…
Genere: Fantasy, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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{ Ti voglio sentire

Chariton aveva sentito parlare spesso delle lamie, terribili creature figlie della regina Lamia, maledetta da Era.
Si diceva apparissero splendide alla vista degli uomini, delle autentiche dee in terra.

Ingannavano gli uomini con il loro bel corpo, li sfinivano e poi ne divoravano la carne ed il sangue.
Solo le donne rimanevano immuni ai loro poteri, e circolavano voci terribili riguardo ad una giovane madre che aveva visto i suoi figli divorati da una lamia.
-La sua pelle è marcia come le nefandezze che compie, e il suo corpo è solo in parte umano…-, anche Chariton aveva sentito la voce spezzata di quella donna raccontare come le lamie, al posto delle gambe, avessero una lunga coda di serpente.
-Insaziabile è la sua fame, terribile la sventura che porta…-
Aveva avuto l’impressione di sentire la voce della donna echeggiare nella testa mentre s’inoltrava nella foresta vicino casa.
Era un luogo sacro ad Era, e come ogni anno doveva essere effettuato il sacrificio rituale per invocare la benevolenza della grande sposa di Zeus; quell’anno era stato scelto lui, con sua sorpresa.

Dall’aspetto comune e senza particolari doti, era solo il figlio di un pescatore.
Eppure, era stato Chariton ad essere stato scelto tra tutti gli abitanti del paese.
Impegnato a trasportare il capretto candido sulle spalle, Chariton si dimenticò velocemente delle parole della donna. Più andava nel fitto della foresta, più sentiva il caldo, il peso del capretto e la scomodità del pugnale appeso alla cintola, che aveva portato per sicurezza.

Girava pur sempre una lamia in quel territorio…

Giunse all’altare dopo più di un’ora di cammino, stremato.
Poggiò il capretto sulla lastra di pietra sacrificale e lo sgozzò, lasciando scorrere il sangue caldo.
Avrebbe dovuto accompagnare il tutto con salmodie speciali gridate ad alta voce, ma il caldo gli aveva seccato la gola ed era davvero molto, molto stanco.
Si appoggiò ad un tronco, riposando nel silenzio del bosco. Silenzio… no!

Sentiva uno scorrere d’acqua lontano.
Si alzò con un po’ di fatica, seguendo l’udito. A destra, un po’ più avanti…
Poco più avanti scorreva allegro un piccolo ruscello, e il suo fresco scroscio era musica migliore di quella di Febo…
Fece per avvicinarsi quando si accorse di non essere solo. Cautamente, si nascose dietro un albero, sporgendo appena la testa.
Seduta su una roccia dalla parte opposta del ruscello stava una giovane.
I lunghi capelli corvini erano raccolti in una crocchia scomposta, e alcune lunghe ciocche le ricadevano sul seno nudo. I lineamenti erano nobili, ed insieme a quella pelle ambrata non facevano altro che attirare Chariton.
La ragazza sembrò accorgersi della sua presenza e si coprì pudica le morbide forme con un peplo bianco.
-Chi sei, straniero?-, la sua dolce voce bassa indusse il ragazzo ad uscire allo scoperto.
-Il mio nome è Chariton, e vengo da un villaggio vicino. Tu chi sei? Una driade, o forse lo spirito del ruscello?-, chiese lui un po’ timoroso.
-Sono una semplice serva di un villaggio sulle montagne. Il mio nome è Kikilia.-
Normalmente Chariton avrebbe sgridato la serva e l’avrebbe cacciata, orinandole di tornare dai suoi padroni, ma c’era qualcosa in lei che lo invitava a fare tutt’altro.
Si avvicinò lentamente al ruscello e bevve un po’ di acqua fresca per placare l’arsura.
-Sei nella foresta da sola?-, chiese Chariton fissandola dal basso.
Kikilia negò con la testa.
-Sono stata mandata per compiere un sacrificio, ma non trovo l’altare e temo di essermi persa…-, aveva un tono così affranto che Chariton non poté  fare a meno che avvicinarsi e offrirsi di guidarla.
-Hai perso il tuo sacrificio?-, chiese il ragazzo alla serva, notando solo arrivati all’altare l’assenza di capretti o simili animali.
Ma Kikilia era concentrata a fissare il capretto sgozzato sulla lastra di pietra, e sembrò non sentire.
-Ho fame…-, si lamentò piano.
Chariton frugò nella sacca che teneva appesa alla cintura, tirando fuori dei piccoli panini tondi.
-Tieni. Possiamo dividerli…-, suggerì estraendo il pugnale.
Ma la ragazza sembrava non ascoltarlo anche ora. Si avvicinò a lui con studiata lentezza, la testa china.
-Ma cosa…-, Chariton indietreggiò piano fino a sbattere sull’altare.
Il sangue del capretto era colato fino a formare una piccola pozza nell’erba vicina, rendendo il terreno scivoloso.
E Chariton, come obbedendo ad una forza superiore, cadde per terra, trovandosi con la schiena premuta contro una lastra riccamente scolpita.
Kikilia continuava ad avanzare, finché non si fermò a pochi passi dal ragazzo, imbrattato del sangue che colava dall’altare, da cui continuava a colare.
Chariton rimase in silenzio mentre lei si chinò lentamente su di lui, sedendosi sulle sue gambe.
Aveva intravisto il suo seno dal peplo tenuto allentato, e si pregustava già quello che sarebbe accaduto.

Tutta la stanchezza, tutta l’incertezza era passata, e ora Chariton non riusciva a vedere altro che la ragazza.
-Ho tanta, tanta fame…-, sussurrò Kikilia piano, chinandosi a leccargli le gocce di sangue sul petto.
Chariton gemette piano, sentendo le mani della ragazza che lo spogliavano, mentre continuava a leccarlo, frenetica.
-Posso fare qualcosa per saziare questa tua… fame?-, soffiò lui piano, con quello che lui riteneva essere uno dei suoi migliori sorrisi.
-Certo…-, Kikilia gli sorrise, raggiante.
E Chariton si accorse che i suoi denti… no, non erano umani. Assomigliavano a zanne, a…
-Augurami buon appetito, mia delizia…-
Chariton la fissò terrorizzato, mentre spalancava la bocca per urlare, per gridare…
-Ti voglio sentire giù nel mio stomaco…-.

Chariton non tornò mai più a casa, ma in fondo, gli anziani del paese se lo aspettavano.

Avevano scelto proprio lui, figlio di pescatori. Sacrificabile.
Non era mai tornato nessuno dal sacrificio annuale per placare la lamia che abitava nel bosco, tutti i ragazzi erano rimasti ammaliati dalle sue bugie e dal suo bell’aspetto che solo le donne riuscivano a smascherare…

Questa one-shot si è classificata 4° nel concorso "Fantastico Peccato" indetto da Addison89! :D
Ok, breve one-shot *brevissima °_° * sulle lamie, i miei personaggi mitologici preferiti. Ho fatto la loro conoscenza in un videogioco, e con svariate doujinshi *coffcoff*
Mi sono basata sulla lamia classica, scegliendole un nome tipico greco. Anche Chariton è greco. Mmm… i peccati trattati sono la gola e la lussuria, essenzialmente. Ho limitato molto la lussuria perché, beh, è rating arancione xD Spero piaccia!
Ringrazio in anticipo chi recensirà, aggiungerà la storia alle preferite/ricordate o leggerà e basta! Grazie! :)
Nyappy
   
 
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