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Autore: HarryJo    18/10/2010    1 recensioni
E me ne vado.
Apro la porta di quel maledetto appartamento, la sbatto dietro di me e esco da quel posto.
Scendo le scale, e mi lascio l’edificio alle spalle, comincio a camminare.
Perché ogni tanto ho bisogno di starmene un po’ da sola, con le cuffiette alle orecchie, per conto mio, a pensare.
Mi sento alquanto triste in questi giorni, non lo so. Che cosa pensa la gente che mi sta attorno? Che sia semplice? No, non lo è. Non è per niente semplice, esser costretta a sopravvivere e non più a vivere.
Sedici anni, cavolo! Mica quaranta! Cosa pretendi da me? Che colori i fiori? Che dipinga l’arcobaleno? Che ti porti un pezzo do luna? Forse così comincerai a vedere che ci metto tutto l’impegno possibile, per te.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E me ne vado

E me ne vado.

Apro la porta di quel maledetto appartamento, la sbatto dietro di me e esco da quel posto.

Scendo le scale, e mi lascio l’edificio alle spalle, comincio a camminare.

Perché ogni tanto ho bisogno di starmene un po’ da sola, con le cuffiette alle orecchie, per conto mio, a pensare.

Mi sento alquanto triste in questi giorni, non lo so. Che cosa pensa la gente che mi sta attorno? Che sia semplice? No, non lo è. Non è per niente semplice, esser costretta a sopravvivere e non  più a vivere.

Sedici anni, cavolo! Mica quaranta! Cosa pretendi da me? Che colori i fiori? Che dipinga l’arcobaleno? Che ti porti un pezzo do luna? Forse così comincerai a vedere che ci metto tutto l’impegno possibile, per te.

Ma alla mia età, non riesco a non pensare a i problemi stupidi, come li ritenete voi grandi.

La scuola, gli amici, e i sogni, le ambizioni, e quel ragazzo maledetto che mi fa venire i nervi.

Oh, sì, soprattutto lui. Maledetta io che riesco sempre a incastrarmi su con i ragazzi che non riescono proprio neanche a guardarmi per sbaglio.

Eh, sì, sono invisibile. Il che, non credete, mi sta anche bene, a volte.

Perché mi piace farmi gli affari miei e vivere nel mio mondo, tranquilla. Solo che, tante volte, mi farebbe piacere fare parte anche del suo mondo. Sperando, come sempre, di non pretendere troppo.

Alzo il volume della musica, ora è tempo di rallegrarsi, di aprire gli occhi al cielo: dopotutto è per questo che sono uscita, per tirarmi su.

Perciò, come sempre negli ultimi tempi, raggiungo il prato vicino casa, e mi siedo nella panchina, intenta a guardarmi intorno, ad ammirare il cielo. Poi, tiro fuori dalla borsa che ho con me un quaderno e una matita, e inizio a disegnare.

Sì, se non scrivo, solo il disegno mi distrae.

Poi, distrattamente, alzo la testa dal foglio, per sistemarmi il ciuffo dei capelli che mi copre l’occhio.

E lo vedo.

Vedo un bambino, otto anni circa, che piange, lì, poco più lontano da me, in un’altra panchina.

Mi ricorda me stessa.

Non so perché, non so neanche se ci ho pensato prima di farlo, ma mi alzo, tolgo le cuffiette dalle orecchie, spengo la musica, appoggio matita e disegno a terra e mi avvicino, lentamente, a quel bambino; dopo ogni passo sento il suo lamentarsi farsi più forte. E il mio cuore batte più forte, consapevole di non saper che fare.

“Ehi, perché piangi?” mormoro quando sono abbastanza vicina che son sicura che mi può sentire.

Mi guarda per un po’, ha degli occhi stupendi, verdi, e poi, tra una lacrima e l’altra, dice piano: “La mamma non vuole farmi andare da un amico a giocare perché non ho mangiato tutto”.

Gli sorrido. E sapete perché?! Perché forse a tanti della mia età piangere per questo può essere una cosa stupida, ma persino io piango per cose ritenute “stupide” dai più grandi, perciò, da una parte, lo capisco.

“Sono triste anch’io – ammetto – ma bisogna comunque trovare il modo, sempre, di essere felici e di sorridere!”

Lui, smette di piangere e tira su con il naso. “E come si fa?”

A quel punto, io non lo so dove mi vengono fuori queste cose, rispondo con aria complice, del tutto dimentica dei miei pensieri.

“Se vuoi ti insegno a volare”, gli dico, tendendogli la mano.

Sì, trovo che sia bellissimo volare, anche rilassante. Quando volo sono felice, realizzata.

E il primo che mi dice che non si può volare, lo voglio portare qui da me, a vedermi, quanto in alto so elevarmi nel cielo.

Il bambino annuisce, e posa la sua mano nella mia. Provo qualcosa di stranissimo nel vederle unite, due mani così diverse, la sua così piccola nella mia, ma sicura e salda. Lo vedo negli occhi, che si fida, che posso fidarmi a rivelargli il segreto del mio volo.

Quindi, lo faccio scendere dalla panchina e, tenendolo sempre per mano, lo porto al centro del prato. Gli dico: “Guarda il cielo, le nuvole. E quando senti di poter volare, di essere abbastanza parte del cielo, staccati dalla mia mano e comincia a girare su te stesso più forte e veloce che puoi”. Mi guarda scettico, come per dire ‘Sicura che si faccia così?

“Fidati” sussurro.

E mi metto io per prima a guardare il cielo. Lui mi imita subito, e non posso fare a meno di sorridere.

Dopo qualche istante, sento che la sua mano lascia la mia: siamo entrambi pronti a girare.

Io mi libero nell’aria in poco più di un secondo, in alto, tocco quasi quella nuvola lontana, e vedo che lui mi raggiunge, senza più nessuna lacrima negli occhi, anzi, ora c’è solo un barlume di gioia e speranza.

Dopo qualche istante, cadiamo entrambi a terra, troppo storni dal continuo girare attorno. Ci guardiamo e scoppiamo a ridere, di gusto.

Siamo felici, tutti e due, ora.

“Tu sei un angelo?” mi chiede, dopo un po’.

Che domanda strana. Nessuno mi ha mai chiesto una cosa simile.

Che io sia un angelo? Non mi sembra di essere un essere soprannaturale.

Vengo da questo pianeta, sono nata qui. Il fatto che vivo sopra le nuvole fa di me un angelo?

Mi distolgo da questi pensieri e guardo quel bambino, così bello, così semplice.

Non lo voglio deludere.

“No, io non sono un angelo. Io sono il tuo angelo”.

E sorrido. E torniamo a ridere, spensieratamente.

 

 

 

 

 

{ Spazio Harry_Jo.

L’ho scritta in un momento di tristezza, avevo bisogno di sorridere un po’.

Lo so, non  è un granché, ma per me è speciale, importante. Lo è sul serio, sono legatissima a questa one-shot.

Una abbraccio, Vostra

Erica.

   
 
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