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Autore: Esse Pi    21/10/2010    0 recensioni
“Aprimi, pezzo di imbecille!” urlò.
“E stai zitta, che dormono tutti qui!” berciò lui in risposta. “Poi danno la colpa a me e mi buttano fuori di casa.”
“Tanto sei al nero là dentro!” ribatté lei, indicandolo come per minacciarlo. A guardare verso l’alto, barcollò ed andò a sbattere contro la macchina che si trovava dietro, per poi cadere per terra.
“Merda…” mormorò il ragazzo esasperato. “Perché vieni a rompere i coglioni proprio a me? Cosa ti ho fatto?”
“Vuoi proprio che te lo ricordi?”
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Twenties'
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A Little Connection Between Them

A Little Connection Between Them

(2011)

 

Aprì la porta e il campanello che Sofia vi aveva appeso suonò, avvisando l’uomo del loro arrivo. La donna posò la borsa sul mobiletto che affiancava il piccolo ingresso dell’appartamento e si tolse il giacchetto lungo di velluto che si era comprata proprio il giorno precedente. Aveva riscosso, e quindi era un’usanza prendere per sé almeno un oggetto. Ovviamente non aveva voluto spendere più di una trentina di euro, quindi non sapeva fino a quanto sarebbe durato, visto tutti i maltrattamenti che gli avrebbe fatto sopportare.

“Sofia, torna qui.” La chiamò la donna, appendendo il giacchetto all’attaccapanni.

“Ma volevo salutare papà!” trillò lei in risposta, affacciandosi alla porta della cucina con i suoi capelli neri che le dondolavano sulle spalle.

“E papà voleva salutarla prima di subito.” Rise l’uomo, prendendola in braccio e stringendola forte a sé. “Come è andata all’asilo, piccola?” Le domandò, dopo averle schioccato un grande bacio in fronte.

“Bene! Ho colorato!” rispose con un sorriso. “Guarda!” e gli mostrò le mani tutte sporche di mille colori, prova evidente delle sue parole.

La donna rise, sistemandosi i capelli rossicci dietro l’orecchio. Si avvicinò alla bambina e le tolse il giacchettino verde con l’aiuto dell’uomo, che le sfilò prima una manica e poi l’altra. Tornò nell’ingresso per posarlo insieme al proprio e si guardò un istante allo specchio, sistemandosi il colletto della camicia bianca che sporgeva dal maglione beige che indossava.

“Mamma deve tornare a lavorare oggi pomeriggio, quindi fai la brava con papà, mi raccomando.” Le accarezzò la testa corvina. I suoi capelli lunghi e mossi ricordavano tanto quelli del padre. Purtroppo non aveva preso il suo colore degli occhi, ma non poteva dispiacersi: li aveva comunque di un blu intenso che chissà quale loro gene portava. Lei, dopotutto, li aveva marroni e lui verdi.

Lei annuì energicamente, stringendo le braccia intorno al collo dell’uomo.

“Ancora indaffarata in quel progetto?” si informò lui, rivolgendosi alla donna, seguendola in cucina con Sofia ancora in braccio, che giocava con i cordini della felpa rossa che indossava.

“Eh, già.” Confermò stanca la donna. “Sono due settimane che io e Chiara seguiamo Pietro in ogni suo bizzarro particolare per la costruzione della casa. E dovresti sentire le proteste dei committenti!” Sospirò, aprendo il frigo per vedere se erano rimasti degli avanzi della sera precedente. Anche in quell’occasione lei non c’era stata ed era stato l’uomo a cucinare tutto. “Penso che prima o poi non risponderò più delle mie azioni e lo prenderò a calci.”

“Perché?” chiese innocente Sofia, piegando la testa di lato e fissandola con aria interrogativa e curiosa.

“Perché il capo per cui lavoro cambia idea ogni giorno e la mamma non sa ancora come deve disegnare la casa.” Spiegò, chiudendo il frigo ed andando verso la bambina. Aprì le braccia e fece segno all’uomo di farla tenere in braccio un po’ anche a lei. Lui gliela passò e Sofia si aggrappò subito alla spalla della madre, tornando però ad analizzare quei cordini rossi della felpa, tirandone prima uno e poi l’altro.

“Sofia, poi tocca a mamma sistemarli se li tiri fuori tutti.” La rimproverò dolcemente il padre.

“Ma tanto non li tiro fuori.” Rispose senza guardarlo, presa com’era a rigirarseli tra le mani.

“Allora va bene.” Le sorrise.

“Mamma, ho fame.” Li informò poi la piccola, sgambettando per scendere. La donna la accontentò e lasciò che si dirigesse verso il solito sportello in basso a sinistra della stanza per prendere il suo pacchetto di biscotti preferiti.

“Sofia,” la mise in guardia lei. “Sai la regola, vero?”

La bambina annuì mesta e recitò a memoria: “Prima di pranzo, solo un biscotto.”

“Esatto.”

“Però ho fame.” Si lamentò lei.

“Sì, ora si mangia.” La consolò lei, aprendo un altro sportello, prese una pentola e la riempì d’acqua, per poi accedere il fuoco del fornello più grande ed aspettare che bollisse. “Francesco, prepari tu il sugo?” chiese all’uomo.

Lui annuì, tirando fuori una padella dal cassetto sotto il forno e vi fece un cerchio di olio, per poi prendere i pomodori dal cesto delle verdure in frigorifero. Ne sbucciò un paio e li tagliò in piccoli pezzi prima di metterli a cuocere nella padella insieme a qualche spezia.

La donna finì di apparecchiare, aiutata dalla figlia, e si sedette poi su una sedia ad osservare Francesco prendere in braccio Sofia per farle girare il sugo con il mestolo di legno. Era ormai una cosa quotidiana e a Sofia piaceva tantissimo sentirsi grande e dare una mano. Quando ogni tanto veniva portata da sua madre, adorava aiutarla a lavare i piatti sporchi che non entravano in lavastoviglie. Era una bambina adorabile. Iperattiva, certo, ma dopotutto, aveva quattro anni, quindi era più che normale.

Appoggiò il mento alle mani incrociate che aveva sul tavolo e li osservò con un dolce sorriso sulle labbra.

“Ah, Elisa,” la chiamò l’uomo. Lei alzò la testa e rispose con un mugolio di assenso. “Oggi pomeriggio viene Daniela.” La informò. La donna non poté che sentire una strana fitta inappropriata allo stomaco. Odiava quella donna e di certo non voleva che sua figlia potesse stare con lei. Nonostante tutto questo, però, sapeva che i suoi erano discorsi troppo egoistici: Francesco poteva fare quello che voleva. Non erano affari suoi, quelli.

“Ok, ma lo sai cosa penso.” Gli disse cercando di nascondere l’ansia. E che dire, poi, di Sofia? Lei per prima doveva starci lontana.

L’uomo sospirò come spazientito e mise per terra la bambina, che protestò battendo il piccolo piede per terra.

“Elisa, non posso dipendere sempre dai tuoi orari.” Le fece notare, aggrottando la fronte e diventando più serio. “Anche io ho una vita, non solo tu.”

E chiamala vita, pensò sarcastica, sbuffando.

“Mamma, papà, non litigate ancora!” li rimproverò lei, indicandoli con il dito indice, proprio come facevano loro quando lei combinava – o era in procinto di architettare – qualche guaio. “Sennò vi metto in punizione.”

I due si guardarono e sorrisero per le parole della bambina. Era sempre lei a riparare ai loro errori che preannunciavano – anche se involontariamente – una lite. Non era loro intenzione stare sempre a discutere su tutto – o almeno, non sua: per quanto riguardava Francesco, non sempre riusciva a capire cosa avesse per la testa, nonostante tutti quegli anni in cui avevano vissuto insieme – ma la situazione che si erano costruiti intorno non permetteva che tutto andasse proprio lisco come l’olio.

“Allora chiamo Daniela e le dico di rimandare.” Disse. Elisa non poté che trarre un silenzioso sospiro di sollievo, ma sapeva che questa beatitudine sarebbe durata solo qualche giorno. Presto Daniela sarebbe approdata lo stesso in quella casa, ma Elisa avrebbe cercato di portare Sofia con sé, se mai questo giorno fosse giunto.

 

***

 

L’aveva chiamata solo un’ora prima per avvisarla del cambiamento di programma, aggiungendo che si sarebbero potuti vedere, ma non a casa sua. Daniela sembrava capire e acconsentì di cambiare il luogo di ritrovo, invitandolo nel suo appartamento di periferia. Era un palazzo moderno, il suo, Francesco ne era un vero esperto, laureato anche lui in Architettura, proprio come Elisa, e a suo parere anche molto interessante per i suoi snodi ai vari piani, con vetrate luminose proprio in corrispondenza dei punti cardinali più significativi e decisamente ben strutturato.

Salì con l’ascensore fino al terzo piano, dove Daniela lo stava aspettando. I suoi lunghi capelli biondi erano sciolti sulle spalle, ondeggianti, quasi provocanti, mentre le sue labbra rosse risaltavano sulla pelle candida. Sembrava quasi una bambola, bella, forse delicata, ma non in quel momento, infatti tutto avrebbe potuto far pensare tranne che fosse fragile, delicata e indifesa. La fronte era aggrottata, gli occhi socchiusi in due minacciose fessure e la bocca storpiata in una curva tagliente. Francesco sospirò, entrando fugacemente nel suo appartamento arredato in stile moderno e si sdraiò sul divano, contando quanto ci avrebbe messo la donna prima di inveire contro di lui.

“È colpa di Elisa, vero?” mani ai fianchi, tono burbero e l’accusa pronta da chissà quanto, visto che non aveva impiegato nemmeno cinque secondi a sbottare. “Perché diamine non vuole che stia anche un po’ con Sofia?”

“Be’, lo sai come la pensa al riguardo.” Alzò le spalle lui, cercando di apparire più tranquillo possibile. Daniela era una donna affascinante, provocante, bellissima, ma quando assumeva quell’aria truce faceva paura. Sembrava quasi dotata di una forza divina che le avrebbe dato il potere di scatenare l’Apocalissi solo con un battito di ciglia.

“Ma è anche tua figlia, santo cielo! Perché non glielo fai capire?”

Lui le offrì una mano, che lei accettò scocciata, e la fece sedere affianco a sé, avvolgendole le spalle con un braccio, mentre lei appoggiava la testa sulla sua spalla, placando la sua ira magicamente. In realtà Francesco sapeva bene quanto lui potesse influire sul suo comportamento. E sapeva altrettanto bene come lei dipendesse totalmente da lui. Non era tanto che l’aveva conosciuta – quattro mesi – ma da subito lei gli era caduta ai piedi, in tutti i sensi. Quello che più di tutto lo colpì, fu però il modo in cui lei tentava di nascondere il suo interesse, apparendo involontariamente impacciata, goffa e buffa. L’aveva conquistato, insieme alla sua sensualità.

“Dani, io non voglio litigare sul possesso di Sofia.” Spiegò, iniziando a massaggiarle una spalla, mentre lei gli prese l’altra mano tra le sue, giocherellando mansueta con le sue dita. “Finché starà bene in questa situazione, non vedo perché si debba forzarla a scegliere.”

“Ma sono io che non sto bene in questa situazione.” Esclamò sconcertata. Lo guardò negli occhi, come se volesse fargli capire quello che provava. “Non capisci che un giorno Elisa si sposerà con Marco e si porterà via Sofia?”

“Se hai intenzione di usare la tua psicologia con me, sappi che questa volta non abbocco.” Ghignò, sapendo bene quale effetto potesse avere quel suo sorriso su di lei.

“Non sto usando nessuna psicologia, France.” Abbassò lo sguardo, continuando a muovere le sue dita con dolcezza sulla sua mano. “Sto solo cercando di farti capire come la penso al riguardo.”

“Distruggendo la mia famiglia?” Ironizzò.

“Francesco,” lo guardò seria lei. “Loro sono una parte della tua famiglia.”

“Sono lo stesso la mia famiglia.” Si impuntò lui. Sapeva che era una pessima scelta, ma non gli piaceva quando lei si incaponiva per fargli accettare le sue parole. E soprattutto non gli piaceva che la sua famiglia potesse essere tirata in ballo in una discussione in cui non entrava, in particolare la piccola Sofia.

Lei, come prevedibile, si scansò bruscamente da lui, squadrandolo come se l’avesse offesa pesantemente. Aprì la bocca pronta a ribattere, ma non le usciva niente se non che borbottii disconnessi, al che chiuse gli occhi e respirò profondamente, senza tornare ad avvicinarsi, nonostante lui avesse allungato un braccio per accorciare le distanze tra loro.

“Mi fai perdere la pazienza quando fai così!” esordì accigliata, alzandosi dal divano e tornando a guardarlo dall’alto verso il basso, le mani nuovamente sui fianchi nel suo atteggiamento da prima donna fallita.

“Sei tu che hai iniziato la discussione, Dani.” Chiarì lui, incrociando le braccia al petto, capendo all’istante l’inutilità del tentativo di riavvicinarla.

“Ti sbagli!” replicò lei, puntandogli un dito contro, che lui scacciò come una fastidiosa mosca. “Io non volevo discutere, volevo solo parlare tranquillamente!”

“Come al solito, il tuo tranquillamente si è alzato di qualche ottava.” Già, se veniva attaccato, rispondere era qualcosa che gli veniva automatico, con tutti i pro e i contro, come appunto quello sguardo lampeggiante che le attraversò gli occhi, ma se c’era una cosa che tutti e due avevano imparato dopo quattro mesi di rapporto, era che se avessero continuato a essere entrambi in balìa dei loro istinti peggiori, non ne sarebbero usciti tanto facilmente, quindi Daniela fece un respirò ancora più profondo e tornò a guardarlo tristemente negli occhi.

“Ma non capisci che Elisa non ti vuole togliere le mani di dosso?”

Lui la guardò aspettando che continuasse il suo monologo, che come da manuale, serviva a spiegare le sue ragioni oltre che a sfogarla. “Voi non state più insieme, giusto? E allora perché deve sempre mettersi in mezzo tra noi? Io voglio conoscere tutto di te, anche tua figlia.” I suoi occhi iniziarono a luccicare e Francesco le allungò nuovamente una mano, capendo esattamente quale fosse il momento più opportuno per tentare di riconciliare le cose tra loro. “Dopotutto, Sofia è la bambina dell’uomo che amo.” Si accoccolò contro il suo petto, stringendo tra le mani la sua camicia a quadri che più spesso Elisa aveva definito da boscaiolo, ma che gli aveva comprato lei stessa, sostenendo che gli stesse bene. Francesco abbracciò la donna e le massaggiò la schiena con una mano.

“Lo so che ci stai male per questo.” Mormorò lui, soffocando la sua voce tra i capelli dorati di Daniela. “Ma, per piacere, non entrare più in questa faccenda. Per Sofia, io e Elisa siamo mamma e papà e anche se non siamo sposati, non vuol dire che non si possa essere dei modelli per lei. Elisa non vuole che tu ci stia troppo vicina perché teme di poter essere sostituita.”

“Francesco, quando lei andrà a vivere con Marco, si porterà dietro Sofia.” Insistette lei.

“Di questo non c’è niente di certo. La questione non è ancora stata tirata in ballo e noi volutamente non vogliamo parlarne.” Poi sospirò. “Ma, sì, arriverà anche quel momento. Comunque sarà sempre una cosa che riguarda me e Elisa, capito?”

Daniela annuì, strusciandosi contro il suo petto. “Scusa la sfuriata.” Mormorò colpevole.

“Non importa, Dani.” Rise per smorzare quel momento di tristezza. “Lo so come sei fatta, con tutti i pregi e i terribili difetti.”

“Ehi, perché l’aggettivo esalta solo i difetti?” lo guardò falsamente ostile, arricciando le labbra come per sfidarlo a ribattere.

“Perché i tuoi difetti sono molto sensuali.” Le sorrise malizioso. “Soprattutto se siamo in prossimità di finire a fare sesso.”

Lei si tirò su e si mise a cavalcioni su di lui.

“E pensi che questo sia uno di quei momenti?”

Lui la cinse per i fianchi e l’avvicinò a sé, baciandola. “Decisamente.”

 

***

 

“Mamma!” trillò eccitata. “Guarda! Guarda!”

Elisa le si avvicinò e si sporse oltre la spalla della piccola, che, in piedi su una sedia della cucina, stava ritagliando la pasta per i biscotti con le formine che le aveva dato lei. Era raggiante all’idea di potersi sporcare le mani e impasticciare la tavola.

“Che bello, tesoro!” le sorrise, abbracciandola e schioccandole un baciò sulla guancia.

“Guarda! Questo è un elefante!” e prese in mano il biscotto ancora crudo per farglielo vedere meglio. “Vedi? Ha il naso lungo!”

“Attenta, però,” l’avvertì lei, abbassandole il braccio. “Vanno cotti prima di prenderli in mano, sennò si rompono.”

“Sì, allora non li tocco più,” esclamò. “Ma guarda bello questo!” zampettava sulla sedia, mentre Elisa ancora la teneva stretta tra le braccia per non farla cadere. “Questo è un pesce!” Poi si sbilanciò sul tavolo afferrando un'altra formina e guardandola dubbiosa. “E questo cosa è?”

Elisa gliela prese dolcemente di mano e la capovolse, per poi renderla alla piccola. “Secondo te cosa è?”

“Una barca!” e subito lo pestò contro un altro pezzo di pasta, creando una nuova forma per i biscotti.

Elisa raccolse tutti i trucioli che Sofia aveva sparso per tutto il tavolo e tornò a impastarli per non buttare via niente, quindi con il mattarello stese di nuovo la pasta, permettendo alla bambina di disegnare delle stelle e delle luce, squittendo per i risultati che otteneva. Si allontanò ed accese il forno per farlo scaldare a sufficienza e cuocere i biscotti, e mentre si sedeva su una sedia ad osservare Sofia che si divertiva a imprimere le varie forme a sua disposizione sulla pasta, pensò a quanto era stato meglio aver annullato la riunione del pomeriggio piuttosto che far venire Daniela.

Non era una persona cattiva e non aveva nemmeno l’intenzione di esserlo, ma Elisa non riusciva a sopportarla. Si era presa la briga di ispezionare ogni sua idea al riguardo, persino pensare che inconsciamente era ancora attaccata a Francesco, ma si era anche distrutta l’ipotesi, perché Francesco era già stato con altre ragazze, aveva avuto molte – forse addirittura troppe – relazioni da quando si conoscevano, e mai nessuna di quelle ragazze, magari tranne un paio, erano riuscite a irritarla a tal punto. Più volte si era chiesta se fosse un problema suo o di Daniela, ma più tentava di pensare razionalmente a quella donna, più vedeva che tutti i difetti che Elisa le trovava, non potevano essere sufficienti a farle provare tutta quella diffidenza nei suoi confronti.

Daniela era bella – bionda, con grandi occhi azzurri e le labbra di un rosso quasi finto, ma tutta genuina – era intelligente e si era laureata in psicologia seguendo perfettamente la sua tabella di marcia, restando sempre in pari con gli esami e non aveva mai scombussolato troppo la propria media. Erano tutte notizie apprese da Francesco, che più volte le parlava dei suoi successi per smorzare quella rabbia che Elisa non cercava nemmeno più di nascondere.

“Lo sai cosa dicono delle bionde, no? Sono tutte sceme.” Esordiva Elisa ogni tanto.

“Vero, ma solo quelle tinte, Dani è naturale. E poi è una psicologa, scema non lo è di certo.” La sbeffeggiava puntualmente lui, vincendo sempre su quelle discussioni e riuscendo sempre a difenderla.

Per quanto, però, lui potesse stare dalla sua parte per evitare che in occasioni del tutto sconvenienti Elisa potesse anche solo provare ad attaccar briga con Daniela, lei non riusciva a pensare che quella donna quasi fosse inopportuna in un momento come quello, un momento che per Sofia voleva dire molto, perché erano i suoi anni della scoperta, della capacità di apprendimento. Stava crescendo. E aveva bisogno della più totale attenzione da parte di entrambi i genitori.

Elisa guardava sua figlia continuare a giocare con la pasta, preparando le forme più strane per i biscotti, divincolandosi sulla sedia per raccogliere le formine più lontane, facendo sobbalzare Elisa per la paura che potesse cadere a terra. Sofia aveva un’aria così allegra che quasi faceva invidia. Sorrideva e ridacchiava per ciò che stava creando con così tanto impegno e se veniva male, aveva imparato ad accartocciare quel pezzo di pasta e a rimetterla nell’impasto generale, che Elisa avrebbe poi sistemato.

Da quanto Francesco non vedeva più quello che vedeva Elisa? E non solo in senso letterale. Da quando Daniela era entrata nella sua vita – e di conseguenza anche nella loro, sebbene Sofia ancora non l’avesse incontrata di persona – Elisa aveva notato che di giorno in giorno, Francesco usciva sempre più spesso. Era questo che non sopportava: Daniela lo stava allontanando.

Elisa sospirò. Le sarebbe piaciuto veramente dire certe cose, ma non poteva, perché vedeva con i propri occhi quanto Francesco in realtà ce la mettesse tutta per trovare sempre spazio per loro. Ogni volta che tornava a casa, era sempre disponibile e non si dimostrava mai stanco, mai una volta aveva mormorato che non richiedesse le sue donne, come le chiamava lui. Con nessun’altra usava quell’appellativo, solo con loro due, e questo rincuorava Elisa, che al solo pensiero tornava a sorridere, sentendosi fiera ed orgogliosa, oltre che contenta di aver scelto di percorrere quella strada irta di spine ed in salita. Tutte le sere, Francesco si sedeva sul divano con Sofia in braccio, facendosi raccontare tutto quello che aveva fatto. Ed era sempre lui a metterla a letto, per poi tornare da Elisa e parlare con lei, che dopo una giornata di devastante lavoro, quasi non vedeva l’ora di tornare dalla sua famiglia e sentirsi coccolata.

Francesco era una persona dalle mille facce. Era sempre il solito, perché tutte quelle innumerevoli facce erano una parte di Francesco, sebbene non sempre era semplice scinderle e approfittare di un suo atteggiamento in particolare. Lui era una persona ‘libera’, che viveva alla giornata, che faceva in un abbondante novanta percento delle volte di testa sua, che quasi sempre era la scelta migliore. Per quanto enigmatico, infantile, spavaldo e strafottente potesse mostrarsi la maggior parte delle volte, mandando su tutte le furie Elisa, Francesco era anche gentile, serio all’occasione, e capace di capire quando era necessario il suo aiuto.

Alla fine di tutto l’elenco dei pregi di Francesco, Elisa si sentì quasi uno schifo. Anche rispetto a Marco, lei era quella casinista, quella permalosa che sarebbe stata in grado di mantenere il muso per giorni, quella che dava sempre troppo spazio all’istinto anche dopo un’elevatissima dose di paranoie che avrebbero mandato in tilt centinaia di cervelli. Era circondata da uomini straordinari e per un attimo si ritrovò a chiedersi se li meritasse seriamente. Quando poi pensò che erano stati loro ad accettare la sua vicinanza, sorrise, riuscendo a pensare che allora forse non era quel danno umano che più volte sua madre le aveva rinfacciato di essere. Magari era indispensabile che per una donna come lei fossero necessari degli uomini come loro, tanto per equilibrare il baratro che li divideva.

Quei pensieri la misero decisamente più di buon umore di quando Francesco era uscito, tranquillizzandola e facendola tornare a sorridere allegra, avvicinandosi alla bambina per poter aiutarla a concludere quella sua prelibata creazione pasticciera.

“Mamma, stasera li facciamo mangiare a papà, va bene?”

“Certamente!” e le schioccò un bacio sulla fronte, mentre inseriva la prima teglia piena nelle guide del forno. Sofia la raggiunse e si affacciò al vetro caldo per osservare la sua opera durante la cottura e lei si sedette per terra a fianco a lei, prendendo la piccola tra le braccia e facendola sedere sulle sue gambe.

L’unico pensiero che balenò nella testa di Elisa fu che quel tenero quadro di famiglia sarebbe stato perfetto solo con la presenza di Francesco al suo fianco.

________________________

Et voilà! Il secondo capitolo è tutto per voi (è un po' lungo, ma non fateci l'abitudine)!

Allora, vi avevo detto che vi avrei spiegato la situazione, tanto per farvi entrare nel pieno della storia. Ebbene, ecco qui: tutto è nato da un sogno che feci un annetto fa - e infatti questa storia è nata dai vari pensieri che ne sono seguiti! - praticamente una donna tornava a casa e una bambina le andava incontro chiamandola mamma. Al suo fianco c'era un uomo che lei sentiva di conoscere perfettamente, ma che non le era così vicino come poteva sembrare agli occhi di un estraneo. Insomma, pensando e ripensando a questa immagine che mi aveva particolarmente affascinata, ho trovato il modo di crearci una storia intorno.

Come avete potuto vedere, la storia si svolge nel presente (diciamo un piccolo futuro, che con il passare del tempo e degli aggiornamenti non lo sarà nemmeno più), e tutta la vicenda è incentrata su due protagonisti principali, che ovviamente ne passeranno delle belle, soprattutto la nostra Elisa, tra risate, sbronze, pianti e ricordi del passato.

 

Be', spero vi sia piaciuto il capitolo ;)

Al prossimo aggiornamento,

S.P.

  
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