“Sono
ventidue dollari e settanta.” Ritiro la busta che la commessa mi porge,
ed esco dal mini market.
Non
voglio morir di fame, a casa di Edward. E di conseguenza non voglio far morir
di fame neanche lui.
Ho
preso il Pick Up, per venire al
mini market.
Mini
market, che si trova a Port Angeles.
Devo
ringraziare Dio, se quel povero rottame è riuscito a fare un po’
di strada.
E
proprio mentre esco, vengo fermata da una voce.
“Bella? Oh, mio Dio! Tu sei
proprio Isabella Swan!” Non mi volto nemmeno.
Quella
voce, la riconoscerei tra un milione.
Quella
voce, è stata la mia persecuzione per otto
anni.
Quella
voce, ha perseguitato Edward, da quando ci eravamo fidanzati.
Alla
fine, dopo vari richiami, sono quasi obbligata a voltarmi.
E … “Jessica! Jessica Stanley”,
è proprio davanti a me.
C’è
una finta faccia sorpresa, sul mio volto, ora.
Jessica
Stanley, è stata un vero e proprio incubo, da quando mi sono trasferita
a Forks.
Un’ochetta starnazzante comune, per chi la vede da fuori.
Ma
io, ho avuto il dispiacere di approfondire la conoscenza.
Lei
era fidanzata ufficialmente con
Edward, quando mi sono trasferita a Forks.
Lei
mi ha accusato di averglielo portato via, fino al giorno del diploma. Ci
mancava soltanto che dicesse una frase delle sue, mentre pronunciava il tanto atteso discorso.
Lei
ci ha perseguitati anche dopo che ci eravamo sposati. Chiamava Edward, nel bel
mezzo della notte. Ed un giorno, senza poterne più sono andata sotto
casa sua.
Lei, abitava con Mike Newton. Ragazzo orribile che ci provava
spudoratamente con me, dal primo giorno di scuola, alla Forks
High School.
Sospiro,
cercando di far leva sul mio buon senso.
“Oh, è bellissimo rivederti! Che fine hai fatto? Negli
ultimi anni non si è fatto che parlare di te, qui a Forks!”
Questa, non era una novità.
Quando
sono partita, ero più che consapevole che nella piccola città non
si sarebbe parlato di altro, se non di me.
Le
voci sono finite, quando proprio Jessica Stanley si
era stufata di sentir parlare solo di Isabella Swan,
la ragazza così carina che si era sposata, e poi aveva piantato suo
marito.
“Jessica”.
Faccio un segno col capo, a mo’ di saluto.
Proprio
non riesco a guardarla in faccia. E infatti, lo
sguardo cade sulle sue mani. In particolare quella sinistra.
E
rabbrividisco, constatando che quello che mi è ‘arrivato’ sia vero.
Jessica
poco di buono Stanley si è
davvero sposata, e quella sulla sua mano sinistra è una fede.
Una
fede tatuata.
Dicono
che il suo sia stato un rito voodoo.
Nessuno era presente.
Soltanto
lei, ed il suo adorato Mike.
Sì,
quello che ci provava spudoratamente con me.
“Non
c’è bisogno che ti soffermi tanto. Mi sono sposata, per far
calmare le acque, qui a Forks. Parlavano sempre di
te, e di come avevi lasciato il povero Edward.”
Mi
sembrava strano. Infatti la gentilezza non ha mai
fatto parte di Jessica.
Nel
suo DNA c’è solo stronzaggine pura!
Non
mi sembra strano invece, che si sia sposata proprio per far calmare le acque.
Voleva
che la gente di Forks pensasse solo a lei, e
così è stato. “In parte, dovresti ringraziarmi,
Bella. Un po’ l’ho fatto anche per te. Hai sempre detto che non ti
piace quando la gente parla di te!”
E
proprio in una piccola parte, quello
che dice è vero.
E’
vero, che non mi piace quando la gente parla di me.
Ma
è anche vero che me ne frego. Dicessero quel che vogliono, io sto bene
con me stessa, e non ho proprio nulla da nascondere.
“Jessica.
E’ stato davvero un piacere rivederti. Spero che tu sia felice, con
Mike.”
Voglio
andarmene il più presto possibile. Dopo tutto
quello che ci ha fatto passare, non ho nemmeno la forza di guardarla in faccia,
per quanto mi fa ribrezzo.
Mi
giro, sempre con la busta in mano, e mi incammino verso il Pick
Up.
“Oh,
sei rimasta senza parole! Sei tornata qui per far scalpore, Bella? Per far
sì che la gente continui a parlare di te, e del tuo nuovo fidanzato?”
Devo
tener duro.
Soltanto
una volta ho picchiato una persona, quando avevo diciotto anni.
Quella
persona, era Jessica. Le ho tirato così tanti
capelli, che una dozzina sono rimasti nella mia mano.
Quindi,
continuo per la mia strada, pensando che io la mia vendetta l’ho avuta.
Già
da un pezzo.
“Avrai
visto Edward, in questi giorni. No? Non ti ha raccontato nulla? Non ti ha detto
come si è divertito con me, dopo che te ne sei andata?”
Soltanto
una volta ho picchiato una persona, nella mia vita.
Questa,
è la seconda.
“Ora
state buone! Per favore! E tu, Bella, mi spieghi
cos’è successo?”
“E’ stata lei! E’ tutta colpa sua! Questa matta mi è venuta contro, iniziando a
picchiarmi!” Charlie non finisce nemmeno di parlare, perché
Jessica inizia immediatamente ad incolpare me.
E’
stato un colpo duro, per Charlie.
Appena
mi sono scaraventata addosso a Jessica – per prima cosa, tirandogli la
busta della spesa -, delle persone si sono radunate intorno a noi.
Tutti
incitavano la mora – cioè, io -, oppure la siliconata. Non c’è bisogno di dire chi sia, la
siliconata.
Per
fortuna, in mezzo a tutta quella gente c’era un uomo con del buon senso,
che ha chiamato la polizia di Forks.
E
quando lo sceriffo è sceso dalla volante con le manette, è
rimasto di sasso, scoprendo che proprio sua figlia era l’elemento clou della rissa.
“Tu”,
dice mio padre, indicando un uomo in divisa, che si godeva lo spettacolo dietro
di noi. “Porta via lei.” E con un dito, indica Jessica.
Rimango
basita, mentre lei con un sorriso e un’occhiata da ‘ora te la prendi nel deretano, e ti senti tu
i richiami dello sceriffo’, esce.
“Papà! Io non ho fatto
nulla!” Charlie si passa una mano sul volto, e poi si sistema i baffi.
“Bells, non
ci trovavamo in una situazione del genere nemmeno quando eri una ragazzina! Mi spieghi cosa ti
è successo?” Prendo un bel respiro, massaggiandomi il taglio sopra
un sopracciglio, che continua a pizzicarmi.
Infatti,
c’è un po’ di sangue che sta colando.
“E’ stata lei! Mi ha provocata!”
Mio padre aggrotta la fronte, davvero esasperato.
“Quante
volte ti ho detto, che non devi alzare le mani, se prima non le alza il tuo
avversario? E’ la prima cosa che ti ho insegnato, Bella!”
“Tu
non sai cos’ha detto!” Ribatto, ripensando alle sue parole.
Che
io, ho interpretato in un altro modo. Quella grande stronza, si è
ripassata un bel po’ di volte Edward, quando io non c’ero.
Quando
io pensavo a Jacob.
“E
dimmelo! Cos’ha detto di così meschino, da farti
arrivare ad alzare le mani?” Sorrido. Ma il mio non è un
sorriso ironico. E’ tirato, per niente convenevole.
“Non posso dirtelo. Mi dispiace, papà.” Mi alzo,
uscendo dall’ufficio.
Fuori
non c’è quasi nessuno. E fortunatamente, il mio cammino non
è intralciato.
Invece,
nel parcheggio c’è il Pick Up rosso, con
Edward appoggiato al cofano.
Mi
dirigo verso di lui, silenziosamente. Non voglio dirgli niente, se non
sarà lui a chiedermelo.
Salgo
sul posto del passeggero, e lui di conseguenza mi segue.
E
sempre in un silenzio tombale, di dirigiamo verso
casa.
“Insomma,
non ti ha ridotta poi così male.” Dice Edward, mentre continua a
tamponare la mia ferita.
Quella
piccola ferita che ho sopra il sopracciglio, è stata colpa
dell’unghia di Jessica.
Quelle
unghie lunghe cinque centimetri, con tanto di french.
Prima
di parlare, soffoca una risata “quanti capelli le hai staccato questa
volta?” Domanda, respirando praticamente sul mio viso.
Il
suo profumo mi annebbia i sensi.
“Nessuno. Non le ho staccato nessun capello.”
Ed il mio umore, non è dei migliori.
Quello
che mi ha detto Jessica, ancora è impresso bene nella mia mente.
Le
sue parole, non riescono ad andarsene.
Infondo,
sono consapevole che Edward aveva diritto a degli svaghi. Io, me ne sono andata
per due anni.
Edward,
aveva diritto di fare quello che più gli piaceva. Ma ora, quel groppo
che sentivo nello stomaco non riusciva ad andare via.
Quando
ebbe finito di tamponare, si diresse in cucina per buttare il tutto, poi
tornò da me.
“Cosa c’è? Ieri eravamo così in sintonia, oggi
non mi dici nulla.”
Sospiro,
passandomi una mano fra i capelli, e facendo attenzione a non staccarmi il
cerotto.
“E’ vero che sei andato a letto
con Jessica? Quando me
ne sono andata.”
Ora
è immobile, e posso scommettere che ha anche smesso di respirare. Poi,
rilascia un profondo respiro.
“E’
vero.”
Ecco,
ora, cosa volevi, Bella? Volevi che ti dicesse di no,
mentendoti? Almeno lui ti dice la verità, fino in fondo.
Capisce
che non ho niente da dire, quindi continua. “E’ successo
quasi dopo un anno. Pensavo che saresti tornata. Speravo che fosse soltanto un momento di pausa, il nostro. Invece
non è stato così. E’ per questo che vi siete picchiate, Bella?”
Annuisco,
tenendo lo sguardo basso. Lui prende le mie mani, stringendole. “Non puoi farmene una colpa, ma io non me lo perdono.
Volevo soltanto te. Voglio
ancora te.”
Alzo
lo sguardo, issandolo nei suoi occhi verdi.
Non
devo piangere. Devo trattenermi.
Mi
avvicino, posandogli un bacio.
Un
piccolo bacio sulle labbra. Casto.
Poi
mi alzo, dirigendomi verso il piano superiore.
Deve
aver capito che questo è il nostro ultimo bacio. Deve aver intuito, che sto per fare le valigie.
Il prossimo, credo proprio che
sarà il penultimo capitolo.
Vi avevo avvisato, che questa
era una mini fanfic.
Poi, mi prenderò una pausa.
Una pausa bella lunga, credo. Per
chi mi seguiva in tutte le altre storie, avrà notato che ho eliminato Coinquilino.
Uno: voglio portarla avanti
con calma.
Due: quando sarà
terminata, la ripubblicherò.
Ringrazio tutti voi, da chi
segue le mie storie, a chi recensisce e hai lettori silenziosi.
Volevo avvisarvi che ho
risposto alle vostre recensioni privatamente (da oggi in poi sarà
così), quindi avvertitemi se ci sono stati dei problemi.
Non ho da dire molto su questo
capitolo, diciamo che abbiamo scoperto una Bella gelosa, che per scappare da
quel sentimento che sente crescere giorno per giorno dentro di lei, decide di
andarse. Nuovamente.
Vi aspetto al prossimo
capitolo.
Grazie a
tutti, davvero.